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Autore: Mushroom    02/06/2011    6 recensioni
Suonato abilmente, fin troppo. Ami quel pezzo e ne hai una lucida memoria.
Tormentato, dolce, soave, perfetto.
Dalle cadenze cattive e permalose, misteriose, andava via via a assumere un tono più caldo, docile, fedele. Coraggioso.
Io sono così, lo ricordi?
Gli occhi si aprono di scatto, ammirando un semaforo rosso e una fila interminabile di automobili.
Genere: Dark, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Soul/Maka
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Madness
Rating: Giallo
Personaggi:  Maka Albarn, Soul Eater Evans, un po' tutti
Genere: Introspettivo, Generale, Romantico
Note: AU, OOC (non voglio esagerare, perchè personalmente l'OOC non mi piace, ma in questa storia è necessario)
Disclaimer: 'Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà del rispettivo autore; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro



Prologue
Madness is contagious

Nelle leggende di Death City te l’hanno ripetuto tante volte: la follia è contagiosa.

Ma cosa è la follia? Quella vera, che ti logora dentro. Quella che non ti lascia in pace, che picchia al tuo interno, come un tamburo ritmato.
Ah, sì, la follia è ritmata.
Lo sai bene, no?
Ritmata.
Lo fissi. Sembra un dejà-vù, ma non lo è.
Lo conosci, ma lui non conosce te.
Non sa chi sei.
Non ti ha mai visto prima.
Ti presenti, un poco impacciata, sicura di non stare impazzendo.
Quello che hai vissuto è reale, lo sai, ne sei più che certa.
La tua vita, i tuoi ricordi, i tuoi stessi sentimenti… no, non sono stati partoriti da un insulso gioco mentale.
Lo fissi, ancora e ancora. Il volto familiare, eppure così diverso. Marcato, stanco ma rilassato. Ha un sorriso di cortesia impresso in volto, i capelli spettinati e l’aria composta.
È un professionista, l’ha detto anche tuo padre.
Da quando gli dai retta? Da quando ti fidi di quello che dice?

Lo guardi, ancora e ancora.
È strano. Una delle cose più strane che abbia mai visto. Più strano di quel sole, la fuori. Quella palla di fuoco, che non sorride e non ghigna; quell’impersonale aureola che illumina un etereo cielo piatto.
A stento si distingue, quando l’orizzonte sembra una macchia d’olio azzurro.
<< Signorina Albarn >> Ah, non ti avrebbe mai chiamata così, nel contesto della Shibusen. Mai.
Il professor Franken Stein ti fa cenno di sederti davanti a lui, e lo fai.
Devi spiegarglielo. Devi dirglielo che non sei pazza. Non hai sognato, non ti sei immaginata tutto.
Era reale. Tutto reale.

Ma non ci riesci. Fissi la sua nuca, priva di qualsiasi vite; il suo colorito bianco e naturale, la sua compostezza, il suo insieme, la sua normalità.
C’è anche lui, in questo mondo. È frustrante.
Ma se prima non lo conoscevi, perché popolava il tuo mondo?
<< I medici hanno richiesto un consiglio psichiatrico >> ricapitola. Ti mordi le labbra. La stanza inizia a diventare improvvisamente troppo piccola, la sedia troppo scomoda, l’aria troppo difficile da rilevare.
<< Esatto >> soffi, abbassando lo sguardo.
<< Dimmi >> sorride incoraggiante << Cosa è successo? >>
<< Un incidente, hanno detto >> ora alzi lo sguardo, punti dritta ai suoi occhi. Occhi normali.
Non sono pazza ti ripeti.
Se non lo sei, le tue crisi di panico sono immotivate?
Esatto.
Il coraggio riaffiora. È poco, ma c’è ancora.
È il riverbero di ciò che eri. Lo senti, lo afferri e ti aggrappi a esso.
Sì, quella è la tua anima.
Il professore ti guarda, non parla. Sembra volerti intimare a raccontare.
<< Mi hanno detto che ho avuto un brutto incidente, e di conseguenza a questo sono rimasta in coma per un mese >> alzi le spalle. È tutto qui, alla fine.
<< Ma qualcosa è cambiato, giusto? >>
Lo fulmini dritto negli occhi.
<< Tutto è cambiato >> ringhi << Tutto >>
<< “Tutto” è un termine molto relativo, Signorina Albarn >>
<< Tutto è uguale, ma tutto è cambiato >>
<< I medici dicono che si tratta di shock post-traumatico. Ha subito una commozione, ma certe cose non possono essere guarite dalla medicina. Mi permetta di aiutarla >>
In quel momento, le parole ti attraversano da parte a parte. Ti parla come se avessi bisogno di comprensione, di aiuto. Come se quello in cui hai creduto fosse solo un cristallo infranto.
<< Raccontami di questo mondo, di Death city >>
<< È come questo >> inizi << C’è tutto quello che c’è qui, ma con qualche differenza >>
Assume un aria pensosa, e si accomoda meglio sulla sedia. In quel suo modo di fare, un po’ rivedi le sue lezioni. Ti guarda come se fossi un animale da dissezionare. Per qualche strana ragione, ne sei felice.
<< Il sole, per esempio, nel mio mondo era animato. Le persone, invece, sono sempre le stesse. Sono loro ma non lo sono. Semplicemente, hanno tutti ruoli diversi. Però… >> le parole ti muoiono in gola. Le senti echeggiare nella stanza. Le riascolti, ancora e ancora.
Sei convinta che sia così, il mondo?
<< Però… ? >> domanda, in attento ascolto.
<< Manca qualcuno >> stringi i pungi. Eh, già. Lui non c’è.
<< Chi? >>
<< Lui >> rispondi, come se dicesse tutto << Manca Soul Eater >>

   
 
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