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Autore: _Any    05/06/2011    8 recensioni
Quando mi trovavo alla The Wammy's House giravano strane leggende e tutte quante avevano come protagonista uno di noi, un assassino per l'appunto. Uno di noi che gli altri temevano, uno di quelli che nessuno avrebbe mai voluto incontrare sul proprio cammino. Persino il suo aspetto era spaventoso. Occhi rosso sangue, capaci di infondere il terrore con un solo sguardo. Malvagio, malvagio tanto da uccidere anche una ragazzina.
Devo ammettere che anche io, che mi reputo una persona alquanto razionale e non troppo timorosa, ho creduto a quelle leggende e mi sono permesso di giudicare quella persona in maniera perfida e meschina. Nessuno conosceva il suo nome, per noi era solo una lettera: B.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Beyond Birthday, L, Near
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Avevo infranto le regole. Ero eccitatissimo e senza nemmeno rendermene conto cominciai a correre. Io, il primo della The Wammy's House, io che ero amato da tutti gli insegnanti per essere sempre calmo e al mio posto, senza aver mai mostrato la seppur minima voglia di infrangere le regole, l'avevo appena fatto e non mi sentivo minimamente in colpa. Però non avrei potuto tornare nella mia stanza con quel quaderno lasciandolo in balia dei miei due compagni... Sarebbero stati capaci di distruggerlo in pochi minuti. Volevo leggerlo, ma non potevo farlo lì. Dove? Mi fermai un attimo e mi guardai intorno. La casa era davvero enorme quando non c'era nessuno in giro. Mi voltai e cominciai a camminare in direzione opposta alla mia stanza. Ripassai di fronte alla scala, ma non salii. Andando sempre dritto arrivai fino in fondo alla sala. Lì c'era una porta che conoscevo già, dato che spesso ci passavo davanti, ma non mi ci soffermavo e non l'avevo mai aperta. Piano spinsi la maniglia e la aprii. Come avevo supposto, dato che nessuno ci aveva mai messo piede, si trattava di uno sgabuzzino. Cercai la luce con la mano e poi vi entrai.

Finalmente al sicuro, almeno per un po'.

Avevo tra le mani il diario di B e ciò mi procurava una certa emozione. Il diario di un assassino.

Lo accarezzai con le dita quasi con affetto e poi mi decisi ad aprirlo.

Potei immediatamente notare che la scrittura era ordinata in modo quasi maniacale e che non c'era il minimo segno di cancellatura. Significava che era così attento da non aver fatto nemmeno un errore scrivendo? Davvero da pazzo.


Questo che hai tra le mani è il diario dell'assassino BB di Los Angeles.

Hai paura, mio caro lettore?

Non ho la più pallida idea di chi tu sia, dato che in questo momento non sono nella condizione di sapere che fine faranno i miei averi dopo la mia morte.

Forse tu credi di trovare il diario di un pazzo, di un malvagio assassino che ha ucciso persone senza un motivo logico, uno di quelli che prova piacere nel provocare morte, ma ti sbagli di grosso.

Credo che per farti capire cosa voglio dire dovrò raccontarti la mia storia, senza tralasciare nulla, nessun dettaglio dev'essere celato.

A partire dal mio nome. Ebbene puoi chiamarmi Beyond Birthday dato che non ricordo come mi chiamarono i miei genitori.

Te lo starai chiedendo: “Come puoi non ricordare il tuo nome?”. Allora partiamo dall'inizio, tornerò molto indietro, a quando sono nato.

Quando aprii gli occhi per la prima volta guardavo il mondo in maniera diversa dagli altri. Osservavo deliziato quei simboletti che danzavano davanti ai miei occhi, sulle teste delle persone.

Credevo che tutti potessero vederli e mi piaceva osservarli. Erano innocui simboli con forme diverse per ogni persona.

I miei genitori erano orgogliosi di me e mi volevano bene, mi davano tutto l'affetto di cui avevo bisogno, facevano ogni cosa per me e mi elogiavano decantando la mia intelligenza con i loro amici.

Non ricordo nulla del mio periodo da neonato se non che ero felice, semplicemente felice.


Pensai che la storiella era fin troppo allegra per un bambino simile, possibile? Ora ero più curioso che mai e senza aspettare ancora mi gettai di nuovo su quelle righe.


Certo, mi piacerebbe fermarmi qui dicendo che passai una bella vita come tutti i bambini, ma i miei problemi cominciarono quando dovetti uscire di casa da solo, senza i miei genitori che erano sempre stati con me, per andare a scuola. Mi parlavano bene della scuola. Dicevano che era un posto dove avrei fatto tante amicizie e avrei imparato tante cose e a me andava bene. A volte mi dicevano che avrei dovuto fare il sacrificio di svegliarmi sempre presto, ma volevo farlo ugualmente, perché volevo vedere altre persone, altri bambini come quelli che vedevo alla TV.

Il giorno arrivò.

Mi svegliarono davvero presto come avevano detto, e mi prepararono facendo attenzione a ogni minimo dettaglio del mio aspetto, a partire dal vestiario. Mio padre scherzava dicendo che sarebbe iniziata la mia tortura e mia madre lo riprendeva dicendo di non spaventarmi, ma era impossibile provare paura in un clima così leggero ed ilare.

Uscii assaporando l'aria fresca del mattino, e presto raggiunsi la scuola. Inizialmente ero intimorito da tutti quei volti sconosciuti, alcuni bambini già si conoscevano e si chiamavano per nome. Sotto esortazione dei miei genitori mi avviai verso un bambino, uno qualsiasi che aveva il simbolo della mia classe appuntato al petto, e poi cominciammo a parlare per fare amicizia.

I bambini sono creature molto semplici, non hanno pregiudizi a meno che non gli vengano imposti. Però stranamente quel bambino notò immediatamente che c'era qualcosa che non andava.

All'improvviso additò il mio viso e cominciò a urlare: “Hai gli occhi rossi, come un cattivo!”. Io non capivo. Mi avevano detto che gli occhi possono essere di vari colori e io stesso ne avevo visti tanti nei disegni, nelle foto... perché i miei erano “cattivi”?

Suonò la campana e dovetti entrare. Ora avevo più paura e temevo che mi avrebbero giudicato, per cui tenni i miei occhi bassi per nascondere quel colore.

I giorni passavano in fretta, imparavo sempre più cose lasciando di stucco i miei insegnanti per la mia intelligenza, e presto nessuno fece più caso ai miei occhi. Nessuno oltre me.

Nel momento in cui imparai a leggere, scrivere e a contare mi resi conto che i simboli potevano essere visti solo da me ed erano lettere, parole, nomi e sotto ancora numeri che diminuivano lentamente, come un conto alla rovescia.


Feci una pausa nella lettura. Sembrava più un romanzo fantasy che un diario, avrei dovuto credere a tutte queste cose?


Inizialmente credevo che quei numeri fossero senza senso, ma capii presto che non era così. Un giorno mi trovavo in macchina con mia madre per andare a trovare una sua amica che abitava in periferia. Ricordo ancora che vidi un uomo correre. Il suo numero era particolarmente basso, molto vicino allo 0. Era inseguito, sembrava impazzito dalla paura. Immediatamente dietro un altro uomo con una pistola in mano. La puntò, la caricò e sparò. Il bersaglio fu colpito esattamente nello stesso istante in cui i suoi numeri si annullarono e nel giro di un secondo sparirono insieme al suo nome. Ero terrorizzato, quei numeri erano quanto restava ancora da vivere ad una persona? Avrei saputo in anticipo tutte le morti che sarebbero avvenute intorno a me?

Fui colto da una grande paura, non riuscii a guardare le persone in faccia per un po', ma decisi di non dire nulla a nessuno sui miei occhi. Era un segreto pericoloso, e come segreto doveva rimanere tale.

Imparai a leggere quei numeri, che erano diversi da quelli usati dagli umani.

Per quei numeri il tempo scorreva in maniera diversa da quello misurato da noi, forse i miei occhi appartenevano a una creatura non umana? Me lo chiedevo e mi chiedevo anche come potevo avere proprio io questa capacità.

Intanto il tempo tiranno passava in fretta ed è inutile, caro lettore, che io stia qui a raccontarti ogni dettaglio della mia vita scolastica, delle mie capacità che a volte ero fiero di possedere, che altre temevo.

Poteva essere divertente osservare, quasi spiare, le persone sconosciute, scoprire nuovi nomi solamente uscendo di casa, ma ancora non mi ero reso conto di quanto potesse essere orribile un potere simile.


All'improvviso sussultai. Un rumore secco mi aveva distratto dalla mia lettura. Probabilmente la sveglia era arrivata e non mi avevano trovato nella mia stanza.

Anche se a malincuore, dovetti richiudere il quadernetto e lasciarlo su uno scaffale della piccola libreria di metallo che avevo alla mia sinistra, sicuro che nessuno lo avrebbe preso lì.

Uscii da quel luogo angusto e mi vidi correre incontro alcuni compagni, che con il loro vociare insistente mi chiedevano dove ero stato, o mi dicevano che avevo fatto preoccupare tutti, compresi gli adulti.

Li tranquillizzai rispondendo che mi ero solo svegliato in anticipo, ma non avevo fatto nulla di rilevante, se non passeggiare un po'.

Con lo sguardo salutai lo sgabuzzino e poi tornai nella mia stanza dove trovai un Mello nervosissimo, che non perse nemmeno questa occasione per insultarmi: “Ehi! Dove sei finito, nanerottolo albino?”. Probabilmente ora era infuriato con me dato che avevo fatto preoccupare tutti impedendogli di dormire.

Anche con lui utilizzai la stessa scusa che avevo usato con gli altri miei compagni, ma non diede segno di crederci: “Il placido e tenero Near che se ne va a spasso? Sì, scusa plausibile per gli altri, ma non per me. Forse hai infranto le regole per un volta e ovviamente cerchi di nasconderlo?”.

Mello è sempre stato molto intuitivo, e probabilmente sarebbe stato il primo se non fosse stato per il suo più grande difetto: l'impulsività.

Non replicai per non rischiare di tradirmi con il tono della voce, ma non riuscii a trattenermi dal fare una domanda: “Mello, Matt... Cosa sapete di B?”. Entrambi tentennarono di fronte a una domanda simile. Fu Matt a rispondermi: “Che domanda strana da parte tua, comunque non ci sono belle storie sul suo conto. Dicono che è stato la pecora nera della casa, che all'improvviso abbia cominciato ad uccidere persone a Los Angeles e che fosse tanto malvagio da aver ucciso la sua fidanzata quando era qui nella casa. Poi è fuggito... È un mostro sanguinario, come può aver fatto cose simili?! Se lo avessi incontrato ne sarei stato alla larga, non ci avrei nemmeno pensato un secondo di più.”. Mello stette qualche attimo in silenzio a riflettere e poi parlò: “Mi hanno raccontato che è stato il peggiore qui e che persino personaggi come Watari ne avevano paura. Certo che però è strano che uno simile sia diventato di punto in bianco un assassino, no? Forse c'è qualcosa dietro e non voglio fare come voi sciocchi che credete alla prima cosa che vi raccontano. E poi non esiste nemmeno una stanza dove è stato. Magari non è nemmeno mai esistito in questo luogo...”. Mello si alzò annoiato e si diresse nel suo angolo preferito della stanza, dove teneva le sue cianfrusaglie. Scavò un po' e ne tirò fuori un grande pezzo di cioccolato fondente.

La stanza di B, l'avevo visitata, ma di certo non potevo dirlo a un soggetto simile: in un attimo di ira sarebbe stato capace di spifferarlo agli adulti e di farmi punire anche abbastanza pesantemente.

Eppure io non avrei mai fatto lo stesso con lui.

Matt si era lasciato innervosire dalle parole del compagno: “Ehi Mello, non siamo mica sciocchi. Finché non hai la prova materiale che quello lì non sia mai stato qui non puoi accusare chi crede di sì. Poi è una leggenda che gira da prima del nostro arrivo nell'istituto, forse da prima che nascessimo, quindi non può essere negato con tanta sicurezza. Sinceramente io ci credo e credo anche che se quell'essere è stato arrestato un motivo c'è di sicuro, quindi non mi interessa chi sia o cosa abbia fatto: ha ucciso delle persone che nemmeno conosceva, per me è da rinchiudere!”.

Credevo anche io alle parole di Matt, ma stranamente avevo la sensazione di essere dal lato del torto. Senza rendermene conto avevo cominciato a sviluppare quasi un affetto nei confronti di quel quaderno e una certa simpatia per il suo proprietario, forse era solo curiosità di sapere che cosa gli era accaduto davvero? In effetti se la storia non fosse stata reale non ci sarebbe stato motivo di nascondere il quadernetto, ma perché non distruggerlo a questo punto? Forse era sfuggito alla sorveglianza? O forse ritenevano che sarebbe stato irrispettoso distruggere così l'ultimo resto di un genio come B?
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Authoress' words

Ed eccomi qui col mio secondo capitolo. Avverto che la storia da qui in poi diventerà molto triste, quindi non vi aspettate troppa allegria.

Inoltre credo di essere scesa qualitativamente dal primo capitolo, ma aspetto la vostra opinione per saperlo, dato che sono molto autocritica...

Grazie mille per essere arrivati qui ancora! Continuerò ad aggiornare ogni domenica, quindi ci rivedremo tra una settimana!

Bye-bye!

Any

   
 
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