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Autore: ailinon    05/06/2011    0 recensioni
Se avete letto "Lex", e trovate che quella sia la vera fine delle leggende arturiane, ebbene ecco cosa successe alla corte di Camelot, mentre il prode Lancillotto e il grande re Artù, erano spariti nel nulla...
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Bedivere, Gawain, Kai, Mordred
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Lex'
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CAPITOLO 25 – GRAALDALIS

CAPITOLO 25 – GRAALDALIS

 

Mordred mosse appena gambe, trattenendo il respiro come se avesse il timore di rompere un incantesimo. Forse un sogno.

Guardò l’uomo steso nel letto accanto a lui. Si, decisamente un sogno.

Neppure i piedi gelati di Galahad erano più un fastidio quella notte. Anzi, erano una sua adorabile caratteristica che svaniva dopo il sesso.

Dopo il sesso anche il corpo di Galahad si scaldava, sciogliendosi tra le sue braccia in un aroma di gigli splendenti. Sciogliendosi…

Il fiatò gli si spezzò nel petto al ricordo della loro nottata. Respirò sulla sua fronte addormentata, tra i suoi capelli  dorati.

Provava un senso di beatitudine insolita. Come un legame nuovo che si era creato con quel ragazzino che si abbandonato nelle sue grinfie con il candore delicato di una vergine.

E poi… Il paradiso. (Così lo chiamavano i cristiani vero?) L’elisio, il paradiso. Un mondo di eterna pienezza. Soddisfazione. Ed era per merito suo. Tutto suo. Suo.

Avrebbe uccido per qualcosa di molto meno prezioso di quella notte col suo ragazzino.

Il suo ragazzino.

Non conosceva quella strana possessività. Quella sensazione al petto che provava ora nel guardarlo; ma era felice di averlo accanto. Davvero. E non avrebbe permesso a nessuno di portarglielo via. Che solo ci provassero!

 Come percependo le sue emozioni, Galahad si mosse e aprì gli occhi, puntandoli nei suoi.

«Buongiorno» bisbigliò in un sorriso dolcissimo.

Mordred gli scostò i capelli biondi dalla fronte con la punta delle dita: «Bonjour mon cher ami»

Le guance di Galahad s’imporporarono malgrado tentasse di non farlo notare.

«Stai bene?» domandò Mordred, con una curiosa nota d’ansia.

L’altro riuscì a fare un cenno col capo: «Ho fatto un sogno sai…»

 Il figlio di Artù inarcò un sopracciglio con aria sospettosa, e Galahad sorrise: «Ho sognato di entrare in una chiesa, mano nella mano con te. E che Dio mi parlava…»

Mordred non riuscì a trattenere il sarcasmo: «Oh Dea, io in una chiesa? Allora mi devo preoccupare…»

Galahad rise rannicchiandosi contro di lui: «No, no! Nessuna preoccupazione»

 «Non credevo che il fare sesso con me, ispirasse viaggi mistici» ridacchiò ilare il moro.

Il francese spiegò: «Ho spiegato a Dio quanto tengo a te e lui allora mi ha dato un dono»

Mordred rammentò qualcosa riguardo ai doni dei greci ma preferì ascoltare il seguito delle parole dell’altro reggente.

«Dio mi ha detto che allora lavorerà attraverso di noi. Che il mio corpo sarebbe diventato il calice che raccoglie la volontà divina e che… Con il tuo…Attraverso di noi, la sua beatitudine e la sua grazia si propagherà ai cavalieri della tavola rotonda e poi a tutta la corte. E poi, come una cascata di grazia, a tutto il popolo e al regno. E oltre ancora. Fino ai cieli»

 «Attraverso di noi?» borbottò Mordred incredulo. Galahad annuì.

 «Attraverso i nostri corpi? Quando facciamo sesso?»

Galahad arrossì: «Non proprio in quel senso. Egli opererà la pace e l’amore attraverso di me, e poi di noi. Non è magnifico?»

«Come fossimo un vaso dove si versa da bere?» ribatté il principe delle Orcadi, sempre più scettico.

«Un calice se vuoi» corresse Galahad: «Il mio Dio mi disse anche un nome preciso ma, non lo ricordo più ora… Era una visione così ampia e mistica che…»

 «L’hai scordata»

«Non l’ho pienamente compresa» corresse il francese, e guardò l’altro timidamente per cercare di comprendere il suo parere.

Mordred lo sbirciò poi lo strinse con forza tra le braccia, tirandoselo addosso: «Per me il tuo Dio può far quello che vuole, basta che non abbia da ridire se facciamo sesso insieme»

Imbarazzato Galahad si lasciò accarezzare dal suo corpo nudo. Scosse il capo.

 Niente ira divina. Ottimo, pensò soltanto Mordred. Lo sfiorò ancora poi, con un colpo di reni, lo fece ruzzolare sul letto.

Galahad lo lasciò fare, ridendo.

A Mordred quel suono argentino strinse il cuore.

Dio quanto l’amava il suo ragazzino.

Si riscosse, alzandosi sulle braccia. Che fosse possibile quello che aveva pensato?

Amava quel suo ragazzino?

 «Cosa succede Mordred?» domandò l’altro giovane, prendendogli il viso: «Sei così impallidito»

L’altro scosse il capo e gli posò una mano dietro al collo, tirandolo vicino: «Nulla, mio piccolo graaldalis sporcaccione e visionario. Basta che ti fai assaggiare ancora. Adoro bere dai piccoli calici pieni di grazia, specialmente se hanno capelli d’oro e labbra succose e invitanti, al sapore di ciliegia»

Galahad sorvolò sui suoi commenti un po’ empi. Era certo che prima o poi anche Mordred avrebbe compreso la potenza del dono del suo Dio. Perciò, fiducioso lo abbracciò: «Si, Merdraut…» sussurrò in modo così innocente e sensuale da far tremare l’anima dell’altro.

«Baciami pure, mon cher roi Merdraut»

E il figlio di Artù non fu mai così felice di obbedire ad un ordine divino.

***

 

   
 
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