L'azzurro lo feriva, feriva crudelmente gli occhi di Leo, li metteva a nudo e sorrideva loro.
Poi scompariva, sempre, tra le lacrime.
E lui si ritrovava solo con il ricordo del suo eroe, nient'altro.
[Spoiler del capitolo 61.]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Elliot Nightray
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Era
solo, completamente solo nel vasto maniero dove
si era nascosto in seguito al patto stretto con Vincent, patto
suggellato da
lacrime e rabbia.
Il suo sottoposto era assente, i suoi languidi
occhi, l'uno rosso sangue
e l'altro dorato, erano altrove, a scrutare chissà cosa
dietro la loro opaca
patina di apatia.
Leo si sentiva libero senza quello sguardo irritante su di lui,
finalmente
poteva concedersi il lusso di guardare il cielo senza scandagliare i
dintorni.
Le iridi ametista che aveva maledetto infinite volte, quelle stesse
iridi che
riuscivano a vedere oltre gli altri e che avevano condannato Elliot,
ora si
persero nello spicchio di cielo azzurro che splendeva fuori dalle ampie
finestre
gotiche.
Quell'azzurro, così terso e senza nuvole, gli ricordava gli
occhi dell'amico,
era dello stesso colore disarmante e sereno.
La vista gli si annebbiò all'improvviso, mentre gli angoli
degli occhi
iniziavano a bruciare di lacrime.
Afferrò una sottile penna stilografica e la intinse con
decisione nel calamaio,
per poi posarla ancora gocciolante d'inchiostro su un foglio di carta
da
lettere e iniziare a ferirlo, riempirlo di pensieri vogliosi di uscire
dalla
sua mente disperata.
La sua mano non smise di tremane finché non chiuse il foglio
in una candida
busta e lo incarcerò con un sigillo scarlatto.
Scivolò silenziosamente verso i cancelli in ferro battuto
del cimitero, stando
attento che nessuno lo vedesse.
Dal giorno della morte di Elliot era scomparso, si era unito alla causa
dei
Baskervilles senza neanche rendersene conto, e non voleva tornare
indietro.
Percorse a passo rapido e silenzioso il vialetto di acciottolato
brillante sino
a raggiungere l'elegante zona dedicata alla casata dei Nightray.
Oltrepassò con ampie falcate le tombe più
antiche, ormai ricoperte d'impietosa
edera e dimenticate dal mondo, per fermarsi bruscamente davanti a una
svettante
lapide marmorea bianca come il latte.
I rampicanti non avevano ancora avuto tempo di compiere il loro lavoro
ma Leo
si chinò lo stesso a strappare alcune erbacce minacciose,
depositando al loro
posto un mazzo di fiori di campo.
Nulla di vistoso, solo semplici e profumati fiori appena raccolti.
A lui sarebbero piaciuti.
Le labbra inturgidite dai segni dei morsi che si infliggeva per non
piangere si
aprirono in un lieve sorriso, al ricordo di un ragazzo fiero
come Elliot
che si scioglieva davanti a una distesa fiorita e socchiudeva le
palpebre per
lasciarsi pervadere dalla leggera fragranza delle infiorescenze.
Si riscosse ed estrasse da una tasca la lettera, per poi posarla sopra
i fiori.
Gli arrivò un vociare sommesso alle orecchie, probabilmente
era qualcuno che
veniva a fare visita a un antenato, oppure degli avvoltoi curiosi
pronti a
ridere della strage della sventurata famiglia dei Nightray.
Digrignò i denti con rabbia, ma non poteva restare
lì a difendere l'onore di
quelle persone, non più.
Deglutì a fatica e scomparve dietro un'imponente e maestosa
sequoia,
appoggiando le spalle contro quel ruvido tronco.
Inaspettate, lo raggiunsero le voci di Oz e Gilbert che si scambiavano
strozzati e sporadici commenti davanti alla tomba del fratello di
quest'ultimo.
Leo trasse un sospiro di sollievo, Elliot era con persone che gli
volevano
bene... Poteva andarsene da lì.
Una solitaria lacrima cristallina gli scese lungo la guancia,
dissolvendosi
appena toccata terra, mentre il ragazzo spariva oltre il muro di
mattoni del
cimitero.
Caro Elliot,
Questa lettera è per te, per risponderti anche se non puoi
sentirmi, non più.
Scusami, avrei dovuto confidarmi con te.
Avrei dovuto avere fiducia nel mio signore, nel mio amico che mi ha
raccolto
dal freddo pavimento di quel rifugio e mi ha portato via con
sé.
Invece mi sono rinchiuso nei miei problemi e ti ho lasciato solo quando
avevi
più bisogno di me.
Mi dispiace, tanto.
Ma ti odio, ti detesto, se fossi ancora vivo ti prenderei a schiaffi
fino a
farti sanguinare.
Perché ti sei legato a me?
Ti ho condannato con le mie stesse mani, avresti dovuto tenerti lontano
da Sablier,
lontano dall'Abisso.
E invece per salvarti, per legarti ancora alla mia fragile esistenza,
ti ho
fatto bere il sangue che ha infettato il tuo corpo algido, corrodendolo
secondo
dopo secondo.
Ti odio perché, nonostante tutto, sei rimasto lo stesso
immutabile Elliot che
conoscevo.
E sei cambiato solo al momento della tua morte.
Tu odiavi Edward, eppure ti sei sacrificato come lui, per salvare gli
altri.
Non è giusto, Elliot.
Io sarei dovuto morire per te, io che ho attirato quel maledetto chain.
Gli eroi come te sono da disprezzare, spezzano solo i cuori delle
persone a
loro care, li calpestano credendo di salvarli.
Sai, ho smesso di nascondermi.
Ormai i miei occhi maledetti che tu tanto agognavi di vedere si sono
tolti la
maschera.
Forse l'ho fatto per vedere meglio il cielo, a volte, quando la brezza
soffia
via le nubi e il sole è libero di splendere, l'aria ha lo
stesso colore dei
tuoi occhi.
Quelle sono le giornate peggiori, tutto quell'azzurro crudele si
riversa dentro
di me, entra a forza e perfora il mio cuore.
Ogni sguardo è una stilettata, mentre le tue iridi di cielo
mi sorridono
inesorabilmente irraggiungibili.
E maledico le mie lacrime, che mi impediscono di guardarle oltre.
Quando mi asciugo gli occhi, il tuo viso non c'è
più.
Ti odio, stupido eroe.