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Autore: saltlordofold    06/06/2011    6 recensioni
Northwest, Canada. Davanti a loro si apriva un gigantesco mare di neve, reso quasi fosforescente dal contrasto con l' orizzonte ancora azzurrita dagli ultimi fiacchi raggi di un sole scomparso da ore, e interrotto da alcuni boschi di sottili conifere. Il silenzio assoluto si scontrava con il ronzare dei motori a doppio giro, che rimbombava amplificato fra i tronchi dei pini quando attraversavano una macchia di vegetazione. [...]Sono Lucifero caduto in picchiata dal paradiso, bruciandosi le ali per l' attrito, piombato con tutta la sua furia sull' uomo, lo stupido, insignificante e insolente essere umano.
Un' alleanza fra B.S.A.A e Governo degli Stati Uniti sta per affrontare, ancora una volta, il suo incubo infinito.
Questa fanfiction è dotata di alcune scadenti illustrazioni, e dopo l'uscita di Re6 è diventata di forza una 'What If?', siccome il Canon si è trovato in contraddizione con il contenuto della trama.
Genere: Azione, Drammatico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chris Redfield, Leon Scott Kennedy
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Resident Evil: Never Ending Nightmare
[Undead Snow Queen]

Prologue: Incubo






Buio.
Un buio caldo, umido, organico.
Divorato da un mostro, ecco come mi sento. Rannicchiato nel cuore di un gigantesco stomaco, avverto sulla pelle una sensazione bagnata, unta, di liquido amniotico o di succhi gastrici.
 Fili e tubi di ogni sorta mi trapassano il corpo, li sento pulsare come nuove vene nelle braccia, nel collo, fra gli organi e perfino sul viso.

So di essere il mostro, la bestia pronta a essere sguinzagliata sulle sue prede.
Tutti sono la mia preda, li prenderò tutti, senza ridicola distinzione di sesso o di età. Li divorerò, saranno miei, assorbiti da me, digeriti, riconvertiti in nuova carne, nuove ossa, nuovo sangue.
Ripenso alla mia morte,  quel mio bianco inizio, quella mia nascita nel fuoco e nel calore di un esotico inferno, e so che la mia seconda venuta al mondo sarà almeno così eclatante.

Io sono la farfalla della teoria del caos, chiusa nella sua crisalide, per ora, ma presto capace di spalancare le ali nere e viscide per scatenare sbattendole tempeste e cataclismi.
Io sono Ragnarok, la bestia dell' Armageddon, la creatura dell' Apocalisse con le sue teste e tutti i suoi nomi blasfemi.
Sono Lucifero caduto in picchiata dal paradiso, bruciandosi le ali per l' attrito, piombato con tutta la sua furia sull' uomo, lo stupido, insignificante e insolente essere umano.
Aborto di Dio eppure molto più potente, sono destinato a prendere il suo posto sul trono dei cieli.
So, nel sentire battere forte nel mio petto il mio cuore solo parzialmente formato, che il momento della mia discesa si avvicina.

E riderei, se avessi una bocca, una gola e dei polmoni per farlo.


***



Jody Keller sentiva l' agitazione pulsare nell' aria e storcerla, accartocciarla come una brillante e rumorosa carta d' alluminio. Tutti correvano, tutti fremevano, mettendo in salvo il loro lavoro, il lavoro di una vita, negli appositi contenitori argentati.
Nella sua valigetta trovò lo spazio per la foto incorniciata che teneva sulla scrivania. Attraverso il vetro vide il sorriso di sua figlia e le si strinse il cuore.
Per te, Tracy, pensò, è per te che faccio tutto questo.
Presto, presto, dovevano far sparire tutto. Digitò rapida sulla tastiera del computer per trasferire tutti di dati in suo possesso su un disco rigido che infilò in fretta nella borsa. Rispose al sorriso teso dei colleghi con un cenno della testa: erano pronti a partire. Si gettò un' ultimo sguardo dietro le spalle. Le scrivanie vuote gli fecero una strana impressione, e le provette rilucevano fredde, scintillando come in un muto addio. Sospirò, rassicurata. Una volta terminata questa frenetica corsa, tutto sarebbe tornato alla normalità, il suo lavoro, il tran tran quotidiano, il caffè fra colleghi e le lunghe ore passate a strofinarsi gli occhi lacrimanti per aver fissato troppo a lungo lo schermo dei computer.
Mentre Jody si voltava ed estraeva la chiave magnetica per chiudere definitivamente il posto di lavoro, spalancò gli occhi.
Aveva appena sentito un suono inconfondibile. Uno schiocco chiaro e il rumore del vetro infranto.
Il panico le afferrò il cuore. Era il suono che aveva imparato a temere più di ogni altro.
Il suono dell' infrangersi di una provetta.
   
 
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