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Autore: Lugichan    08/06/2011    0 recensioni
Beh, e che devo dire. Semplicemente, Ed e Al conosceranno, durante il loro viaggio, una personcina... Che si rivelerà nascondere qualcosa di grosso. Molto grosso.
Forse più grosso dei due stessi fratelli.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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 Amestris, Reole, agosto.

 
Un ragazzo di statura media, coi capelli biondi, si faceva largo a forza in mezzo alla gente, distribuendo in egual misura calci, pugni, spintoni ed anche pedate negli stinchi alla folla interminabile. Ed intimava di lasciarlo passare, con voce roca.
Dietro di lui sostava un'armatura, di quelle medioevali, la bocca ridotta ad una chiostra di denti spinosi sporgenti e col pennacchio sulla cima. Faceva davvero spavento, tanto che la folla si apriva in due per lasciarla passare... Perchè si, quell'armatura camminava.
Ed andava proprio dietro al ragazzo biondo, intimandogli di aspettarlo, con una voce che proprio non si adattava alla sua stazza. Era acuta, si, velata di una gioventù che quell'involucro di metallo non permetteva di vedere.
«Stà zitto, Al! Andiamo! E voi levatevi di torno! Dannazione, perchè c'e tutta questa folla?!» Imprecò il ragazzo, voltandosi verso il compagno di ferro, e mostrando alla folla la sua espressione di disappunto, mischiata a degli occhi dorati che mandavano bagliori rabbiosi.
«Non è che è tornato Don Cornello... ?» Disse timidamente l'armatura, Alphonse, girandosi da ogni angolazione per non andare a sbattere sulla gente già di persè spaventata.
«Può essere. Se sarà il caso, ripeteremo la scenetta della scorsa volta.» Disse il biondo, spingendo via una signora, che lo rimproverò indignata, mentre avanzava nella fiumana di persone. «Mi piacerebbe invece sapere come stà Rose...»
Già, rose. La ragazza dai capelli castani, con la frangia rosa, stregata da Cornello, che le aveva promesso di riportare in vita il suo ragazzo, morto in un incidente. Non le si poteva rimproverare nulla, se non il fatto di essere stata così ingenua.
«F-Fratellone, fermo!» Sentì esclamare Edward dalla voce di suo fratello. 
Troppo tardi.
Sbam!
Il biondo si sentì crollare all'indietro, e mentre cadeva al suolo fece in tempo a vedere uno sprazzo di cielo, un paesaggio magnifico, varie facce sconcertate, e poi il sole dritto negli occhi, mentre con un botto doloroso la sua testa faceva conoscenza con la terra arida ed indurita della città. 
«Benvenuto a Reole, ragazzo!» Scoppiò a ridere un vecchio di passaggio, additandolo.
Edward si rialzò, dolorante per la botta, massaggiandosi la testa, ed udì un pianto di moccioso trapanargli le orecchie. In genere i bambini gli piacevano abbastanza, li tollerava. Ma ora come ora, quel pianto dilaniante era del tutto fuori luogo, ed aveva solo l'effetto di far pulsare dolorosamente la sua povera testa.
«Allora? Chi è che frigna?! Eh?!» Ruggì, abbassando la testa. Il pianto proveniva dal suolo, dove una bambina di forse otto anni se ne stava seduta a terra, gli occhioni grigi traboccanti di lacrime ed i capelli castani scompigliati e pieni di terra secca. Le gambette erano ritirate, incrociate, e coperte poco sopra il ginocchio da un paio di pantaloni grigi, sbrindellati, mentre la pelle chiara, quasi albina, si ripuliva dalla terra con le gocce che uscivano dai suoi occhi.
Nello stesso momento in cui Edward abbassò la testa, fissandola irritato, la piccola si portò una mano alla guancia destra, per asciugarsi le lacrime che scorrevano abbondanti... O almeno cercò di portare la mano. Ma non ci riuscì, a causa delle lunghe maniche della giacchetta grigiastra, che le impediva di scoprire la manina. Così fu' la manica ad essere bagnata, non la sua stessa mano.
Dalla folla che ora guardava Ed borbottando, essendo dalla parte della bimbetta piangente, sopraggiunse Al, che vedendo la bambina ridotta in lacrime si rivolse allo stesso fratello con tono assai meno amichevole di prima.
«Fratellone, si può sapere cos'hai fatto a quella povera bambina?! Vieni, piccolina...» E la grossa armatura si chinò sulla piccina, prendendola sotto le ascelle e rialzandola, facendole poggiare i piedini scalzi a terra. Forse, per la prima volta a memoria di Al, la bambina lo fissò non con paura per la sua strana forma, ma con aperta curiosità, che si manifestò quando la piccola si arrampicò sulle sue spalle metalliche e si mise a giocare col pennacchio, rimanendo in equilibrio precario con le gambe strette attorno al suo 'collo'.
Al ridacchiò, prendendo con le sue mani fatte di cuoio le sue caviglie magre, il tutto sotto lo sguardo torvo di Ed.
«Quando hai finito...» Mormorò rabbiosamente il biondo, scoccando occhiatacce torve ai due. 
Al gli intimò il silenzio con un basso brontolio, mentre la bambina non accennava a scendere. Sembrava aver trovato nell'armatura animata un nuovo passatempo, che consisteva nel 'pettinare' il ciuffo dietro la testa. Non aveva ancora parlato, più che altro aveva piagnucolato fino ad ora... Ma in quel momento il silenzio si era impadronito di lei, zittendola.
«Al, senti. Vuoi mollare quella mocciosa qui? Avrà i suoi genitori che la stanno aspettando, quindi vedi di lasciarla da qualche parte e di riprendere a camminare.» Gli ordinò il fratello, riprendendo la marcia segnata dai borbottii della gente.
L'armatura obbedì, a malincuore: prese la bimba, la mise a terra e restò per qualche attimo girato verso di lei, per poi seguire il biondo, i passi scanditi dal tlack tlack tlack metallico delle 'scarpe'.
Arrivati in cima all'origine della folla, Ed si trovò davanti la statua del dio Leto, una cosa enorme che maneggiava un tridente, e con addosso solo un drappo. Ma nessuna traccia di un possibile ritorno di Cornello.
Solo una massa di morbosi fedeli ingenui che pregavano, entravano nella chiesa e ne uscivano, provocando una fiumana degna del giorno del giudizio.
Ed ci rimase malissimo. Quindi avevano lasciato Resenbool, Central City, ed infine erano giunti a Reole per nulla.
«BENISSIMO! SIAMO ARRIVATI QUI, IN MEZZO AL NULLA DEL NULLA PIU' ASSOLUTO PER NON FAR NIENTE!» Ululò Ed, dando sfogo alla sua frustrazione nel bel mezzo del piazzale, ed attirando su di sè gli sguardi offesi e scandalizzati degli abitandi del 'nulla del nulla più assoluto'. «Al, ce ne torniamo a Central City! ORA!» Comandò, invertendo la marcia e facendo il bastian contrario per buona parte della fila, distribuendo energici spintoni e ricevendone altrettanti.
Al si limitò a sospirare e lo seguì: sapeva che era sempre meglio star zitto quando suo fratello rimaneva deluso. Soprattutto se c'entrava la soluzione che li avrebbe dovuti riportare alla normalità. 
 
   
 
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