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Autore: braver than nana    09/06/2011    4 recensioni
E anche se i Warblers erano impegnati in chissà quale attività quando la voce un po’ strascicata del biondo pronunciò quelle parole tutti si fermarono, sincronizzati come sempre, girando il volto preoccupato verso il compagno. Blaine e Kurt avevano interrotto l’ennesimo bacio della serata, Trent aveva fatto cadere il pacchetto super gigante di patatine spargendole sul tappeto orientale di Thad, Flint e Las avevano lasciato perdere la playstation lasciando sullo schermo un povero Agente Speciale Jason Hudson morire sotto i colpi violenti dell’armata russa. La scritta GAME OVER era apparsa verde e luminosa alle spalle dei due. [Secondo tentativo con la Nick/Jeff **]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Like a Game-Over

 

La sera all’Accademia Dalton era sempre qualcosa di esagerato. Se non si organizzavano feste clandestine, in alternanza ai party che organizzava regolarmente il consiglio, solitamente i Warblers si ritrovavano in una delle stanze al quarto piano, quelle che la segreteria assegnava ai ragazzi più grandi, e che quindi erano quelle meno sorvegliate -erano davvero convinti che essendo quasi maggiorenni lasciargli più spazio non sarebbe stato un grande danno- per chiacchierare o guardare un film nel megaschermo che Andrew era riuscito a farsi portare in camera.
Quella sera, ancora leggermente traumatizzati e doloranti dalla festa che Wes aveva approvato dopo la sconfitta alle regionali, si erano ritrovati nella stanza di Thad per un torneo di Call of Duty Black Ops, ancora non sul mercato ma che Hatwood era riuscito ad avere in anteprima, alla sua playstation 3. Mentre il Capitano Alex Mason praticamente inceneriva un povero soldato che si trovava sulla sua strada e il Maggiore Neitsch lo finiva con il corpo a corpo nessuno badava a chi, come Richard si aggirava mezzo ubriaco e mezzo nudo per il resto della grande stanza che il membro del consiglio aveva tutta per sé.
Jeff si buttò stremato sul letto abbandonando il joystick sul cuscino e imprecando a bassa voce contro Blaine che, per essere un nano malefico, era terribilmente bravo a quei giochi di guerra e lo batteva ogni volta.
«Ma i gay non dovrebbero essere delle schiappe a certi giochi violenti?»
La voce un po’ stridula amplificata dall’alcol di Trent riempì la stanza superando il chiacchiericcio generale facendo scoppiare tutti a ridere e facendo arrossire il biondino che cercava di nascondere il viso sotto uno dei cuscini super soffici del letto di Thad.
«Appunto Jeff ha fatto cagare…» rispose per le rime Blaine facendogli un occhiolino, prima di battere il cinque al suo nuovo ragazzo che gli sussurrò qualcosa all’orecchio che somigliava tanto ad un distruggiamo gli stereotipi.

Nessuno aveva badato alla battuta del solista e solamente Nick, un po’ preoccupato per lo stato del suo migliore amico si avvicinò al letto e gattonando fino a quando la sua testa fu allineata con quella di Jeff. Leggermente spostò il cuscino che ancora gli copriva il viso rosso dalla piccola umiliazione della sconfitta e gli sorrise, sfregando di poco il naso contro il suo facendolo rilassare.
Si sedettero al bordo del letto quando Cameron passò distribuendo a tutti un altro giro di birre uscite da chissà quale nascondiglio. Le aprirono in silenzio, nonostante intorno a loro si stesse scatenando l’inferno -Thad decisamente ubriaco aveva deciso di sfidare il neo campione della serata provando a giocare con la sola forza del pensiero- e si guardarono per poco prima che Jeff, ripreso dallo shock della partita, iniziò a sospirare appoggiando la testa alla spalla dell’amico.
«Mi dici cosa c’è che non va?»
Lui chiuse solamente gli occhi provando a cancellare ogni rumore al di fuori del respiro tranquillo di Nick e al battito un po’ accelerato dalle varie birre del suo cuore, tranquillizzandosi un po’. Era stanco, terribilmente stanco, e voleva semplicemente dormire, magari per un paio di mesi di fila.
«È per le regionali?» insistette il moro, sussurrando direttamente nel suo orecchio per non distrarlo nel suo intento di isolarsi dal rumore che facevano quei strambi amici che si erano ritrovati.
Jeff scosse la testa bionda giusto di un po’, già leggermente addormentato e, deglutendo quasi rumorosamente, decise che quello era il momento giusto per parlarne. Non avrebbe voluto, era spossato e le chiacchierate pericolose e stancanti come quelle andrebbero fatte davanti ad un buon caffè, con la mente lucida e meno birre nello stomaco, ma a Nick certe cose non potevano restare nascoste. Glielo doveva.
«Mi ha chiamato mio padre ieri sera, prima della festa.»

«È successo qualcosa?»
«Ha detto che gli hanno offerto un nuovo posto di lavoro, in Florida. Tallahassee è una bella città, mi ha detto, sono sicuro che ti farai tanti nuovi amici anche lì.»
E anche se i Warblers erano impegnati in chissà quale attività quando la voce un po’ strascicata del biondo pronunciò quelle parole tutti si fermarono, sincronizzati come sempre, girando il volto preoccupato verso il compagno. Blaine e Kurt avevano interrotto l’ennesimo bacio della serata, Trent aveva fatto cadere il pacchetto super gigante di patatine spargendole sul tappeto orientale di Thad, Flint e Las avevano lasciato perdere la playstation lasciando sullo schermo un povero Agente Speciale Jason Hudson morire sotto i colpi violenti dell’armata russa. La scritta GAME OVER era apparsa verde e luminosa alle spalle dei due.
Il silenzio avvolse la stanza per qualche secondo prima che ognuno di loro iniziasse a sbraitare qualsiasi cosa, inventando piani per costringere il padre di Jeff a lasciarlo alla Dalton e epiteti davvero poco carini contro qualsiasi oggetto a portata di mano per sfogare la frustrazione di quella notizia improvvisa e sconvolgente.
Dal canto suo Jeff si guardava attorno con la sua solita espressione un po’ stupita, come se non si aspettasse tutta quella considerazione dal resto del gruppo, per poi girarsi verso Nick che non aveva più pronunciato neanche una parola e che lo guardava arrabbiato.
Fece per alzarsi ma non riuscì a trattenerlo e solo quando la porta sbatté rumorosamente si decise ad alzarsi e a rincorrerlo per i corridoi. Nonostante la scuola fosse scura e silenziosa lui riusciva a muoversi con sicurezza, sapendo esattamente dove il suo amico si sarebbe nascosto.
Camminò per qualche minuto, ascoltando solamente i suoi passi e il rumore del sonno di qualche altro alunno della scuola, fino a quando non arrivò davanti alla stanza di Flint in fondo al corridoio del terzo piano, lasciata aperta di qualche millimetro.
«Nick? Sei qua?»
Come aveva immaginato lui non rispose ma senza perdersi d’animo accese la piccola lampada più vicina e vedendo il suo amico rannicchiato su uno dei letti si avvicinò con lentezza, stendendosi di fianco a lui e chiudendo gli occhi. Avrebbe anche potuto addormentarsi se lui non avesse iniziato ad accarezzare la sua testa con quei piccoli movimenti circolari che lo facevano impazzire. Il piccolo verso che gli sfuggì dalle labbra assomigliava talmente tanto a delle fusa che Nick non poté fare altro che lasciarsi scappare una risatina consapevole dell’effetto che aveva su Jeff.
«Sei arrabbiato con me?»
«Certo che no, Six. Sono solo triste…»
«Me lo aveva promesso, sai? Che sarei potuto rimanere qua fino al diploma, ma naturalmente non ci si può mai fidare della parola di certe persone.»
Lentamente Nick si lasciò scivolare su di un fianco stendendosi al fianco del suo amico eccessivamente lungo e baciò la punta del suo naso perfetto. Sentiva la pesantezza nella sua voce, consapevole che se avessero continuato a parlare di quello ancora per un po’ entrambi non sarebbero più stati consapevoli delle proprie reazioni.
«Mi mancherai, Jeff.» disse solamente prima di appoggiare le labbra rosse sulle sue.
«Io le mie promesse le mantengo, Three» con una mano, calda e sudata dall’emozione, accarezzò un fianco del ragazzo tirandoselo più addosso «non dubitare mai della mia parola, Nick. Mai.»
Lasciò quelle parole sulla sua pelle accaldata, appoggiando lievi baci sul retro del collo e continuando a soffiare cose insensate mentre gli sfilava la maglia del pigiama e gli accarezzava il petto. Era la seconda volta che si ritrovavano su quel letto e nuovamente si era ritrovati a baciarsi come se tutto il resto non esistesse. Doveva esserci qualcosa di magico nella stanza di Flint, o di profondamente afrodisiaco.
Sentiva le mani del più grande, Jeff, fin sotto la pelle mentre lo accarezzava o solamente lo sfiorava con le sue mani assurdamente piccole e delicate per essere quelle di un ragazzo. Fin da quando erano diventati amici aveva avuto una specie di fissa per quelle manine bianche e fredde, sempre bisognose di essere riscaldate d’inverso e pace per i sensi quando l’estate iniziava a farsi sentire verso la fine della scuola.
In quel momento però, mentre le sentiva vagare sotto la maglia azzurra che usava come pigiama, sembravano roventi. Si ritrovò seduto su di lui quasi senza rendersene conto e quando cercò di guardarlo negli occhi si accorse che entrambi erano sul confine, tra le lacrime e l’esaltazione, tra la passione più sfrenata e la paura più straziante. Riuscì solo ad abbracciarlo forte, facendo aderire ogni angolo, ogni muscolo a quello caldo e tonico del compagno, affondando la testa sul suo collo.
«Non ti lascerò mai, Nick.»
«Lo so.
Three-Six forever no?» risero entrambi, ancora mezzi nudi ed accaldati, mentre le uniche due lacrime disponibili scesero dai loro occhi mentre ancora si fissavano. Si incontrarono a metà strada in un ennesimo bacio umido sulle coperte assurdamente viola di Flint.

Le sere, all’Accademia Dalton era sempre qualcosa di particolare. Nessuno sapeva mai cosa aspettarsi, l’importante però era stare insieme, come amava ripetere David. E i Warblers, per quanto potessero essere un gruppo di ragazzi assolutamente assurdi e fuori dal comune, erano una famiglia.
Quando qualche settimana dopo, il signor Sterling scese dalla sua auto europea estremamente costosa, esattamente davanti al portone principale della scuola, tutti i membri di quella grande e strana famiglia erano raccolti attorno a Jeff che, mano nella mano con Nick, sorrideva a tutti promettendo visite imminenti e mail da mandare ogni giorno. Magari sarebbero potuti venire tutti nella sua nuova casa sull’oceano per le vacanze estive, magari sarebbe potuto tornare scegliendo un’Università da quelle parti.
Posò un ultimo bacio lungo e appassionato sulle labbra rosse e tormentate del suo migliore amico e si girò verso la figura alta del padre che gli aprì la portiera della macchina sorridendo triste.
«Lo sapevo io. Ecco perché perdeva tutte le partite a Call of Duty.» fu l’ultima cosa che sentì uscire dalle labbra di Thad mentre si sistemava sui sedili in pelle, e tutti gli altri scoppiavano a ridere.
Aveva perso quella partita ma aveva tutta la vita per richiedere una rivincita.

 

The End.

Volevo scrivere qualcosa di rosso, lo ammetto. Ma alla fine non ci sono riuscita T.T non so, mi sembrava forzato scrivere una lemon al punto in cui sono arrivata, mi sono sembrati troppo dolci per parlare di infila di là spingi di qua a quel punto. Sinceramente credo di essere stata troppo smielata ma avevo bisogno di qualcosa di zuccheroso e mi sono buttata su questa coppia che tanto mi sta piacendo in questi giorni. Tutti i nomi un po’ strani sono del videogioco che cito all’inizio e sul quale il mio ragazzo mi fa tanto di testa. DUEPALLE. Il titolo non so quanto mi sembri azzeccato, ma meglio di niente, ah? Questa storia è leggermente legata a Three-Six nel quale si racconta l'arrivo di questo Jeff e il primo incontro con questo Nick accennando anche al padre.

Beh vi lascio e se magari volete lasciare una recensione io sono sempre contenta **

   
 
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