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Autore: UnintendedChoice    12/06/2011    6 recensioni
«Abbiamo sempre sbagliato. Abbiamo sbagliato tutto fin dall’inizio.»
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                - Why can’t we start it over again?
 
 






«Una volta tanto potresti anche ascoltare qualche altra opinione.»
«Lo faccio sempre, ma non è colpa mia se le mie idee risultano sempre le migliori.»
«Che presuntuoso! Le tue idee risultano sempre le migliori perché non prendi mai totalmente in considerazione le nostre.»
«Non è vero. Lo faccio. Ho basato tante canzoni su un tuo giro di batteria, o su una linea di basso creata da Chris».
«Non intendo questo. A me sembra sempre che tu ci metta un piano più in basso al tuo. I Muse siamo in tre, insieme.»
«E va bene, Dom». Matt posò la Black Manson sul piano, in segno d’arresa. «Su, dimmi, qual è la tua idea?». Incrociò le braccia e lo fissò, in attesa.
«Lascia stare, Matt». Dom si alzò dal sellino e lasciò cadere le bacchette a terra. «Non ho bisogno della tua pietà.». Uscì dalla saletta sbattendosi la porta alle spalle.
Matt pronunciò un “fanculo” tra i denti, riprendendo la chitarra. «Ma cosa vuole? Qual è il suo fottutissimo problema?» domandò a Chris, che per tutto il tempo era rimasto in disparte, imbracciando silenzioso il suo basso e spostando la testa dall’uno all’altro.
«Non… non lo so, forse è solo sotto pressione…».
«Non può di certo sfogarsi su di noi… Anzi, su di me! Perché sono sempre io quello con cui se la prende. Mi sembra che, ultimamente, qualunque cosa faccia o dica sia un buon pretesto per litigare!».
Chris decise saggiamente di rimanere in silenzio, per non essere invischiato in qualcosa di cui non faceva parte.
Perché lui non c’entrava niente. L’aveva capito già da un po’, che quelli erano problemi che riguardavano loro due e basta.
 
 
 
Non erano tornati insieme alla Villa, quella volta. Accadeva spesso negli ultimi tempi, che qualche piccola o grande incomprensione li portasse a non parlarsi e non guardarsi per un po’.
Dom infatti se n’era andato prima, nel pomeriggio, e così facendo aveva lasciato Matt a piedi, che quella sera dovette affrontare le fredde strade invernali milanesi. Di sicuro ciò non ridusse il suo malumore.
Rientrò in casa vistosamente, sbattendo la porta e gettando le chiavi nel posacenere; quello di vetro, che faceva più rumore.
Perché cavolo aveva più di un posacenere, lui?
Ah, certo, era per quello stronzo di batterista che si ritrovava ad ospitare. Ingrato.
Dom, che sedeva sulla cima delle scale senza un buon motivo, quando udì le chiavi girare nella serratura saltò in piedi, rimanendo in disparte ad ascoltare le presumibili esecrazioni di Matt.
Si sentì un po’ in colpa quando si chiuse nella sua stanza. Ecco, queste erano le situazioni nelle quali odiava dover essere ospitato da Matt. Se le cose non si metteranno meglio, entro poco dovrò trovarmi un albergo, pensò.
Matt si tolse bruscamente la sciarpa e il cappotto e li gettò sul divano. Ci si buttò anche lui, accendendo la TV.
Cominciò a fare zapping, senza mai interessarsi a una trasmissione.
Per cinque minuti buoni era rimasto a fissare lo schermo, guardando ma mai vedendo. Quando se ne accorse, spense il televisore. Sbuffò.
La cena, ecco.
Proprio in quel momento ebbe il primo debole segnale dallo stomaco. Si alzò, dirigendosi in cucina.
Cucina dove si aspettava di vedere una metà della grande tavola preparata e apparecchiata, con due piatti belli pieni e una bottiglia di vino rosso, come gliela faceva trovare sempre Dom.
Un po’, ma solo un po’, sperò di trovarci anche lui, che lo attendeva per iniziare a cenare.
Ma quando entrò in cucina Matt non trovò niente di tutto ciò. La tavola sembrava intatta, e così i fornelli; e non c’era traccia della sua cena.
 
 
Una piccola parte del nervosismo accumulatosi nella giornata Dom l’aveva lavato via con una bella, calda doccia. Ora si era richiuso in camera; deciso a non dover sostare oltre fuori da essa, si era portato l’asciugacapelli con sé.
Mentre inseriva la spina, udì i passi di Matt che salivano pesantemente le scale e poi attraversavano il corridoio.
Non si aspettò certo, però, che piombasse in camera sua.
Matt spalancò la porta ed entrò, prima di accorgersi di Dom in boxer e capelli bagnati. Restò un momento inebetito, così come l’altro.
Dom affilò gli occhi. «Si bussa. È camera mia.»
«È casa mia.» ribatté nello stesso tono Matt.
«Be’, che vuoi?».
Matt incrociò le braccia. «Voglio sapere cosa cazzo ti ho fatto.».
Dom, per tutta risposta, accese il phon che aveva in mano e iniziò a passarselo tra i capelli, senza degnarlo di uno sguardo.
Matt attese, pazientemente; quando le punte non sgocciolavano più stacco la spina. Prese l’apparecchio dalle mani di Dom e lo buttò sul letto. Tornò a lui, quasi lo stesse sfidando.
Dom non parlò per i successivi dieci secondi.
«Ma che vuoi? Lasciami in pace, sono stanco.»
«Sei stanco? Be’ io più di te. Dimmi che cazzo hai contro di me.»
«Matt, davvero, lascia perdere. Non ne voglio…».
Matt lo immobilizzò con lo sguardo. «Invece me lo dici, ora, subito…»
«No…»
«Dom». Matt lo afferrò per le spalle, costringendolo a voltarsi.
«Toglimi le mani di dosso!» sbottò l’altro, liberandosi. «Davvero non capisci cos’ho? Te l’ho anche detto, oggi, e non solo oggi. Ti odio, Matt, non ti sopporto più.»
«Che ho fatto?! Merda, Dom, ora fai incazzare me. Ti comporti come un bambino! O fai scenate in sala prove, o mi lasci a piedi, o ceni per i cazzi tuoi. Che è successo, che ti ho fatto? Dimmi cosa è cambiato in me che a te non va più bene.»
«Non è cambiato niente, è questo il punto. Sei sempre stato così, hai sempre fatto le cose in un certo modo, hai sempre avuto gli stessi comportamenti, e non è cambiato mai niente.»
«Quando scriviamo i pezzi, da sempre noi…»
«Lascia perdere i pezzi!». Dom era esploso. «Lascia fuori la band per un secondo, e pensa a qualcos’altro.».
Matt corrugò la fronte. «Qualcosa come…?».
Dom lo fissò, dritto negli occhi. «Qualcosa come noi, magari.»
Matt credé di non capire. «Di… di che parli? Cosa c’è che non va tra noi?».
Dom non pensò mai come in quel momento a quanto la geniale mente dei Muse potesse essere ottusa.
«Matt…». Gli si avvicinò, quasi minaccioso. «Non fare il finto tonto come fai sempre. Lo sai… lo sai benissimo cosa c’è che non va, tra… noi».
Matt non riusciva a parlare sensatamente, e ci pensò Dom a continuare.
«Quando la smetterai? Anzi… quando la smetteremo? Andare avanti così fa male a entrambi. O forse solo a me, non so perché ma mi sembra sempre che la cosa non ti freghi altamente…».
«N-non…».
«Zitto. Io ho finito, Matt. Ho finito in questo preciso istante di essere un bugiardo. Ho appena smesso di mentire a me stesso. Ora non negherò mai più che c’è qualcosa, una stramaledetta cosa tra noi due, che io… che io non so nemmeno dire quand’è iniziata, se c’è sempre stata, Matt. Però mi sta facendo impazzire. È lampante, cazzo, è tangibile! E sono quindici fottuti anni che sopporto, e che nascondo, e anche tu». Gli occhi di Dom erano quasi più umidi dei capelli. «Tu quando la smetterai di mentire a te stesso?».
Matt si allontanò, piano.
«Hai anche il coraggio di… prendertela con me. Davvero ci riesci, Dom? Davvero credi che a me non importi nulla, che non ci soffra? Che non mi senta uno sporco ipocrita a continuare così, o un traditore? Lo so, lo so bene, quello di cui parli. Ma trovamela una soluzione, su! Trovamela! Trovami un modo semplice per uscirne. O per iniziare, non so. Dimmi innanzitutto cos’è. Cosa c’è tra noi? Spiegami perché cazzo sei il punto fermo nella mia testa, e perché ho scritto tutte le mie canzoni pensandoti. Spiegami perché ho bisogno di te nei momenti peggiori e vorrei averti accanto in quelli migliori. Dimmi perché sei l’unica persona che mi capisce davvero, che l’ha sempre fatto; l’unica che sono sicuro non mi abbandonerà, e con la quale vorrei vivere fino in fondo tutti i giorni della mia vita. Dimmelo.».
Dom si sentì sfinito, come se un peso l’avesse improvvisamente buttato a terra. Gli si avvicinò.
«Matt… n-non dev’essere per forza così difficile… È tutto nella tua testa. Ma in realtà è la cosa più semplice del mondo…».
«No, Dom». Matt scosse la testa, asciugandosi velocemente l’unica lacrima che gli rigava il volto. «È difficile, è assurdo. È inconcepibile.»
«Matt…». Dom gli era ormai vicino. Alzò una mano e l’avvicinò al volto di Matt. Lui la bloccò, stringendolo per il polso.
«Dom, è difficile…».
«Non lo è». Gli occhi di Dom bruciavano in quelli dell’altro. «Ti amo, Matt. È semplice».
Matt si sentì fuoriuscirei da un mare di acqua torbida, salmastra, fredda. Godette a pieni polmoni di quell’aria nuova, pulita, che lo riempiva totalmente, in ogni parte.
Lasciò il polso di Dom e le mani s’intrecciarono tra i suoi capelli, quell’oro colato umido e fresco, che risaltava gli occhi arrossati e più verdi del solito.
«Abbiamo sempre sbagliato. Abbiamo sbagliato tutto fin dall’inizio.».
Matt sussurrò queste parole e senza terminare l’ultima sillaba posò le labbra su quelle di Dom.
Le bocche si conobbero ben presto, quasi fossero destinate a dover rimanere unite, come se lo facessero da sempre.
Dom strinse a sé il busto minuto di Matt, fragile e forte al contempo.
Matt carezzò i capelli, le spalle, il viso, la schiena di Dom per tutta la sua lunghezza.
L’enfasi aumentò. Matt lo spinse in avanti, facendolo atterrare sul grande letto, e lo sovrastò completamente.
Il blu era attratto, rapito, e totalmente immerso nel grigio, e così il grigio nel blu.
«Ti amo» disse ancora Dom.
A Matt scivolò giù un’altra lacrima. «Perché non possiamo semplicemente ricominciare daccapo?».
Si rilanciò sulle sue labbra, con veemenza.
Lentamente, Dom iniziò a spogliarlo della camicia, e del resto.
Si guardarono per un’ultima volta negli occhi; poi lasciarono che fossero i loro cuori a guidarli, quella notte.
 
 
 
Matt sentiva un peso sullo stomaco.
Aprì gli occhi, e vide che il braccio di Dom lo schiacciava da una parte all’altra. Con calma lo spostò, riadagiandolo sul fianco del proprietario.
Si voltò. Dom ronfava dolcemente; a Matt parve quasi un angelo, con quel viso delicato e le ciocche di capelli dorate e mosse. Alla fine non li aveva più asciugati.
Restò disteso a guardarlo, in pace, per un po’.
Il peso sullo stomaco però perdurava. Quando capì che era fame, molta fame, impose poco volentieri a se stesso di alzarsi.
Scese in cucina. Il silenzio e la tranquillità regnavano sovrani, così come in tutta la casa. Quella mattina il sole gli sembrò addirittura filtrare tra le finestre, incredibile a dicembre.
Matt versò il caffè del giorno prima in una tazza e aprì lo sportello del microonde per riscaldarlo.
La tazza urtò qualcosa. Matt si abbassò e vide, lì dentro, un enorme piatto di maccheroni al sugo, un po’ secchi ormai.
Mollò la tazza.
Sorrise, e corse al piano di sopra, nella camera da letto, da Dom.
 
 
 
Just let us start it over again, and we’ll be good!
This time we’ll get it right.
It’s our last chance to forgive ourselves.

 
 
 
 
 





Fa schifo, okay. È surreale, utopica e tutto ciò che volete. Ma è stato divertente (e bellissimo) immaginare tutto ciò.
Recensite? Anche poco.
Alla prossimaaa! :)
   
 
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