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Autore: floflo    12/06/2011    5 recensioni
 No, Laura Pausini non c’entra niente.
Questo è un piccolo fuori programma dell' 11° capitolo della mia storia “Feuilleton”.
Qui troverete tutto quello che non avreste mai voluto sapere su Renèe e François…, perché voi avete capito dove sta andando Renèe quella notte, vero?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aramis, François
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il feuilleton del feuilleton'
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No, Laura Pausini non c’entra niente.
Questo è un piccolo fuori programma dell' 11° capitolo della mia storia “Feuilleton”.
Qui troverete tutto quello che non avreste mai voluto sapere su Renèe e François…, perché voi avete capito dove sta andando Renèe quella notte, vero?
Immagino che molti di voi dopo avere letto questa storia decideranno di condannarmi all’ergastolo o al 41 bis!
Buona lettura.


 

Stani Amori


Il suo cavallo procedeva al passo lentamente lungo il sentiero nel bosco.
Avrebbe potuto spronarlo, così sarebbe arrivata prima e si sarebbe tolta il dente subito, ma poi ci aveva ripensato.

Tutti a Palazzo d’Herblay erano immersi nel sonno (così pensava), anche suo marito sembrava dormisse quando era sgattaiolata fuori dalla stanza, perciò aveva tutto il tempo che voleva a disposizione.
Non si era certo preoccupata quando aveva deciso di fare quello che stava per fare, dell’ora tarda cui si sarebbe presentata a casa di François, del serio pericolo di doverlo buttare giù dal letto, lui e probabilmente parte del personale di servizio.
Percorrendo il sentiero illuminato dalla luce fioca della lanterna che aveva con sé, Renèe ripassava mentalmente il discorso che avrebbe dovuto fare una volta arrivata a destinazione.
Ma perché aveva scelto proprio la sera per fare quello che si era prefissa? Non avrebbe potuto farlo durante il giorno?
Sarebbe stato di gran lunga più semplice, sarebbe bastato annunciare la sua visita, nessuno avrebbe avuto niente da ridire.
Tuttavia, sapeva perfettamente che Athos aveva già preso la sua decisione, non avrebbe voluto sentire spiegazioni, se si sera messo in testa di mandare Eugèniè e Beatrix a Parigi, per lei e chiunque altro sarebbe stato impossibile fargli cambiare idea.
E poi chiedere aiuto a François …, ora le sembrava un’idea così bizzarra …, ma  lui era la sua ultima spiaggia: doveva fare almeno un tentativo.
Al diavolo!
Lei era una madre in pena, seriamente preoccupata per l’incolumità di una figlia testarda che si era incaponita di andarsene in giro per il mondo in barba a qualsiasi norma del buon senso! Non era quello forse il compito di un genitore? Vegliare sul proprio figlio impedendogli di compiere qualche sconsiderata avventatezza?
Se anche lei avesse avuto una madre capace di proteggerla in gioventù, forse la sua vita aveva seguito un percorso differente.
Per questo ora si sentiva fermamente decisa a fare qualsiasi cosa pur di risparmiare a Eugèniè tutto quello che lei aveva patito allontanandosi volontariamente da casa.

Eccolo il grande castello in cima alla collina, era arrivata a destinazione.

Varcò il cancello e si innoltrò nell’immenso parco.
Grossi cani da guardia le si avvicinarono ringhiando e abbaiando furiosamente provocando un gran fracasso.
- Ecco, ora saranno svegli tutti per forza! – pensò mentre cercava di scacciare le bestiacce.
Alcune finestre si illuminarono all’interno del palazzo, mentre uno dei garzoni addetti alla scuderia si dirigeva verso di lei.
- Madame?- disse sorpreso quando le fu vicino illuminandola con la lanterna.
- Ehm …, sono la baronessa d’Herblay, desidero incontrare il vostro padrone.- disse imbarazzata per la strana circostanza della sua visita.
- Seguitemi, vado a chiamare monsieur Jèrome.- rispose lo stalliere senza scomporsi minimamente.
Forse era abituato a ricevere visite ad orari insoliti...

Un attimo dopo era già all’interno del palazzo, il maggiordomo di colore la stava conducendo senza nessuna esitazione e soprattutto senza fare domande da François.
“Meno male non stava già dormendo” pensò sollevata.
Se lo immaginava chissà perché nel suo studio, di fronte al camino acceso intento a leggere un libro, come era solito fare un tempo.

- Monsieur, c’è qui la baronessa d’Herblay che desidera incontrarla.- disse Jèrome annunciandola senza fare una piega.
Renèe trasalì, il maggiordomo aveva detto “la baronessa d’Herblay”, quanto tempo era che non si sentiva chiamare così…, eppure era stata proprio lei a presentarsi con quel nome, perché l’aveva fatto?
Per una frazione di secondo, il tempo che rimase in attesa, le sembrò di rivivere tutto quello che era stata la sua vita accanto a quell’uomo celato dietro la porta, che ora stava pronunciando quelle parole:
- Fatela accomodare.-
Oh, mio dio! Stava succedendo davvero!
Quanto tempo era passato? Quando si erano rivisti l’ultima volta? Cosa era successo nel frattempo?
Improvvisamente si sentì come non si sentiva più da tantissimo tempo, le sembrava di essere tornata di colpo quindicenne, quando si erano incontrati per la prima volta …
Com’era il suo vestito? E i capelli? Le stavano bene?
Istintivamente si lisciò con una mano la gonna dell’abito che indossava e si maledì mentalmente per non avere curato maggiormente la sua toeletta.
Chissà cosa avrebbe pensato lui vedendola…

- Baronessa! Che piacere rivedervi! Che si dice di bello a Bragelonne?- disse incredibilmente gioviale quando lei entrò nel piccolo salottino.
Era proprio come Renèe se lo era immaginato lungo la strada, accanto al fuoco con un libro in mano che aveva immediatamente deposto su un piccolo tavolino, poi alzandosi dalla sua seduta si era diretto a grandi passi verso di lei per abbracciarla.
Renèe si irrigidì al contatto con le sue braccia “ci si comporta così con una signora?” pensò stranita.
O forse lo faceva soltanto per vincere l’imbarazzo, per evitare tutti quei convenevoli che sarebbero certo stati fuori luogo, considerato il loro rapporto. Trattandola come una vecchia amica che non rivedeva da tempo avrebbero evitato tutti quei discorsi che francamente non aveva nessuna voglia di affrontare.

Ora erano in piedi uno di fronte all’altra, i loro occhi si incrociarono per un attimo che sembrò loro eterno.
Renèe lo osservò come se lo incontrasse per la prima volta, si soffermò a lungo sul suo viso: sì, era sempre lui, non vi erano dubbi, i suoi occhi erano sempre gli stessi così belli ed espressivi, nonostante fossero contornati un leggero reticolato di leggere increspature.
Probabilmente anche lui stava facendo altrettanto con il suo viso, e non appena lei se ne rese conto abbassò lo sguardo arrossendo per l’imbarazzo.
“Mio dio, sono così sciupata! Ma perché ho deciso di venire qui proprio stasera!- pensò maledicendosi per essere stata così avventata.
- Vi prego di accomodarvi, madame. – disse lui lasciandola, dopo avere notato il suo disagio.
- Vostro marito, il conte de la Fère, non è con voi?- domandò subito dopo.
“Oh, cielo! Athos!” pensò subito dopo Renèe,” non devo dimenticare il perché sono qui.”
- Sapete, ieri al tramonto ci siamo incontrati nel bosco. Ho conosciuto anche le vostre graziose figlie, sapete? Un incontro piuttosto insolito, direi …- continuò François.
- Ah, già!- trovò infine la forza di biascicare Renèe cercando riacquistare lucidità – in verità sono venuta proprio per questo, monsieur …-
Le sembrava così strano dargli del Voi …, da che si ricordava non si era mai rivolta a lui in quei termini, l’aveva sempre chiamato col suo nome e basta. Ma questo era stato una vita fa!
- Volevo ringraziarvi ancora una volta per avere soccorso mia figlia Beatrix l’altro giorno durante il temporale!- disse recuperando un certo contegno - e poi, ecco, vorrei chiedervi un parere …-
- Un parere, dite? Di che si tratta?-
- Ecco, voi avete viaggiato molto. Avrete sicuramente fatto esperienze diverse e interessanti …, mio marito dice che siete stato anche oltreoceano.-
- Certamente.- rispose tranquillamente, e subito dopo aggiunse – sapete, mi piacerebbe sapere perché nella vostra famiglia siete tutti così interessati alle colonie oltreoceano... Sia vostra figlia Beatrix che vostro marito il conte, mi hanno fatto un sacco di domande…, anche quel giovane, come si chiama?-
- Raoul?-
- Ah, si chiama così? Sapete, non sono cose che mi riguardano, ma credo sia attratto dalla vostra figlia maggiore.-
- Proprio per questo… Vedete, François, Raoul è innamorato di Eugèniè la più grande delle mie figlie. Purtroppo è il figlio cadetto del marchese di Loungeville, sia ben inteso che sia per me che per mio marito questo non è un problema…, ma il suo sogno sarebbe di intraprendere la carriera militare. Sfortunatamente nell’esercito francese non è stato accettato, lui e la sua famiglia sono protestanti. Temo che presto intenda lasciare la Francia, e quel che è peggio mia figlia Eugèniè vuole seguirlo!- disse Renèe tutto d’un fiato.
- Senza il vostro consenso?- domandò perplesso l’uomo.
- Senza il nostro consenso.- ripetè Renèe.
- Deve essere un vizio di famiglia! – esclamò François.
- Vi prego, non vi burlate di me! Sono seriamente in pena!-
Improvvisamente Renèe capì di avere fatto un grosso errore nel chiedere aiuto proprio a lui.
Probabilmente si stava rendendo ridicola e patetica.
Ma come le era venuta un’idea simile? Andare così alla chetichella a notte fonda a casa del suo ex fidanzato, che lei aveva lasciato da un giorno all’altro senza dare nessuna spiegazione … Come dare torto a François se ora lui se ne approfittava prendendola in giro?
Abbassò lo sguardo, si sentiva un groppo alla gola, e tanta voglia di non essere mai entrata in quella casa.
“Maledette lacrime! Andate via! No, non devo piangere proprio ora…” si ripeteva mentalmente sentendo gli occhi riempirsi di pianto, ma più si sforzava di ricacciare indietro le lacrime, e più queste si rifacevano avanti.
- Su, su, non fate così, Renèe – disse alfine François leggendo la sua sofferenza – non intendevo certo burlarmi di voi! Farò qualsiasi cosa mi chiediate di fare, ve lo giuro sul mio onore!-
Mise una delle sue grandi mani sopra quelle della donna.
- Scusatemi…- disse lei con la voce rotta dal pianto che inutilmente si sforzava di trattenere.
- Oh, no! Perdonatemi voi. Il mio comportamento è stato a dir poco riprovevole! Credo di immaginare come vi sentite in questo momento. Il vostro unico pensiero in questo momento è per vostra figlia, non permettereste mai che ella fugga da casa, voi sapete bene a quali terribili sofferenze sarebbe sottoposta. Non è vero?- disse poi pacatamente.
- E’ esatto. Raoul vuole andare nelle colonie inglesi oltreoceano. E’ convinto che là sarebbe più facile per lui…- rispose Renèe asciugandosi le lacrime con una mano, mentre con l’altra continuava a tenere saldamente la mano di François.
- Ma gli avete spiegato che per rifarsi una vita non è necessario andare così lontano? – domandò lui.
- Sapete anche voi come sono questi giovani d’oggi! Hanno la testa dura! E poi lui vuole fare il soldato.-
- Già, e voi sapete bene cosa significa essere la donna di un soldato.- rispose tristemente lui.
Attimi di silenzio.
- Beh, ci sono molti paesi in europa che non si fanno scrupolo di accettare ufficiali di religione protestante. Sapete che sono stato al servizio dell’ambasciatore francese? Ho buone conoscenze nell’ambiente. Vi prometto che il vostro futuro genero non avrà bisogno di andare fin oltreoceano per realizzare il suo sogno. E vostra figlia avrà un bellissimo matrimonio a Bragelonne!- esclamò alla fine con convinzione François.
Era esattamente quello che Renèe si augurava di sentire! Si sentiva immensamente più leggera, ma anche incredibilmente ridicola!
Che brutta figura aveva fatto!
- Vi ringrazio enormemente François!- disse raggiante e al contempo imbarazzatissima.

Ma cos’era quello strano calore sulla sua mano? E perché non riusciva a spostarla?
François continuava a stringere la sua mano attorno a quella di lei.
- Devo andare. Si è fatto molto tardi.- disse lei balzando in piedi.- Ne parlerò con mio marito, vedrete che troveremo una soluzione. Grazie di nuovo per il vostro interessamento.-
- D’accordo. Farei qualsiasi cosa per voi, lo sapete bene. Ed in oltre so bene come un genitore possa sentirsi preoccupato per un figlio.-
- Avete figli, François?- domandò mentendo, in quanto già conosceva la risposta.
- Uno soltanto: Laurent. Sapete sono tornato in Francia per lui, l’ho sempre trascinato in giro per il mondo da quando è nato. Non ha mai visto il suo paese. A giorni partiremo per Parigi, sarà un viaggio molto istruttivo, conoscerà il bel mondo. – aggiunse con una punta di amarezza.
- E la madre di Laurent?- chiese lei timidamente.
- E’ mancata molti anni or sono.-

Ecco, era successo di nuovo. Perché Renèe da quando aveva messo piede in quella casa non riusciva a fare a meno di pensare alla sua vita passata quando era ancora la baronessa d’Herblay e a quello che poteva essere la sua vita se avesse sposato François?
Certi pensieri le davano i brividi, eppure non riusciva a non pensarci.
Molti anni addietro si era segretamente rallegrata che lui avesse deciso di partire, di andare il più lontano possibile dalla Francia dove lei e Athos avevano deciso di vivere, così avrebbe dimenticato tutto più in fretta “lontano dagli occhi, lontano dal cuore” aveva pensato.
Renèe si sentiva molto confusa, avrebbe tanto voluto andarsene il prima possibile, ma i suoi piedi si ostinavano a rimanere attaccati al pavimento rifiutandosi di obbedire al suo volere.
E perché sentiva che si stava abbandonando col cuore in capriole negli occhi di François?
Perché le sembrava che ora le sue mani cercassero quelle di lui?
Ora il viso di François si stava avvicinando pericolosamente al suo, e le sue labbra sembrava che si protendessero come per cercare di catturare quelle di lui.
Ma cosa stava succedendo???
Oh, mio dio! Renèe conosceva fin troppo bene quella sensazione …
Dapprima le labbra che si sfiorano, poi dolcemente si uniscono e infine si schiudono spalancando le porte ad un turbine di emozioni: amore, passione, desiderio, bramosia di possesso.
Sebbene Renèe avesse baciato molte volte François ai tempi del loro fidanzamento, questa volta sentiva qualcosa di diverso.
A quel tempo i suoi baci erano quasi casti e timorosi, le sembrava di sentire sempre nelle orecchie la voce di zia Benedicte che le diceva: “è sconveniente fare certe cose”, allora non conosceva niente dell’amore fisico, del desiderio e di tutte quelle cose “sconvenienti” che una signorina non dovrebbe mai fare.
A quel tempo le bastava stringersi nelle braccia di François, il solo contatto col suo corpo le dava una strana sensazione di languore, che giudicava la cosa più peccaminosa possibile, che le faceva sentire le gambe improvvisamente molli.
Adesso era tutto diverso, ora conosceva anche lei la passione ed il desiderio, e in quel momento stava facendo un sacco di cose "sconvenienti", che avrebbero fatto rivoltare nella tomba la povera zia Benedicte.
I loro corpi avvinghiati in quella maniera, le loro mani ardenti che frugavano dappertutto, le dita della mano di lui che sfioravano la sua schiena, ne percepiva chiaramente il tocco anche attraverso il corpetto dell’abito.
Il respiro che diveniva via via più affannoso, i gemiti …, ormai lui aveva sfondato tutte le sue difese, quelle dita che percorrevano la sua schiena soffermandosi proprio nell’incavo dei suoi lombi …, no, doveva fermarlo ADESSO, o sarebbe stato troppo tardi!

- …E’ sconveniente …- furono le uniche parole che riuscì a pronunciare col cuore in tumulto staccandosi improvvisamente.

Lui la fissò basito e sconvolto.
- Devo andare.- disse alla fine sconvolta almeno quanto lui.
- Vi accompagno.-
- No! – rispose quasi gridando, e abbandonò di fretta la stanza fuggendo poi lungo un dedalo di corridoi all’interno del castello.

Mentre stava per guadagnare l’uscita scorse Jèrome, il maggiordomo, che dormiva appoggiato ad una cassapanca di fianco al portone principale.
Decise che sarebbe andata via senza il suo mantello, non voleva svegliarlo, sgattaiolò fuori e recuperò il cavallo.
Per fortuna anche il garzone della stalla si era addormentato, così nessuno avrebbe visto lo stato in cui si apprestava a lasciare il palazzo.
Non aveva nemmeno con sè la lanterna dell’andata e così si trovava a percorrere il sentiero verso casa solo grazie alla luce ingannevole della luna.
“Meglio così” pensò.
Al buio nel bosco se mai avesse incontrato qualcuno, non avrebbe notato le sue lacrime.


* * *


Non sapeva che ore fossero quando arrivò finalmente a casa, di sicuro era tardissimo, non si preoccupò nemmeno di coprire le tracce della sua fuga notturna, abbandonò il cavallo nella scuderia ancora sellato.
L’unica cosa che desiderava ardentemente era Athos, vederlo, parlargli, stringersi a lui …

Quando si trovò nella stanza ai piedi del letto lasciò scivolare tutti i suoi abiti a terra, infilandosi sotto le coperte senza niente addosso.
Athos dormiva, lo capì chiaramente dalla regolarità del suo respiro.
Era la cosa che più la riempiva di tenerezza, accoccolarsi di fianco a lui e cingergli l’addome con le braccia appoggiando la guancia alla sua spalla.
- Mi sei mancato tanto …- gli sussurrò dolcemente ad un orecchio.
- … ma se sono sempre stato qui …- rispose con la voce impastata di sonno lui muovendosi impercettibilmente.
- Meno male …- sospirò lei strofinando il viso tra i capelli di lui sparpagliati sul cuscino.
Non aveva nessuna intenzione di mettersi a dormire, e si avvinghiò ulteriormente al corpo di Athos.
- Si può sapere cosa ti prende?- domandò ormai completamente sveglio.
- Niente.- rispose Renèe cominciando a tormentargli il lobo dell’orecchio.
- Tu hai delle idee …- disse girandosi a pancia in sù.
Renèe allora gli balzò sopra a cavalcioni e guardandolo dritto negli occhi nella semi oscurità disse:
- Ti amo.-
Lui la osservò a lungo senza dire nulla, era seduta sopra di lui completamente nuda, e i suoi occhi sembravano implorarlo.
- Anch’io ti amo.- rispose.
Era esattamente quello che voleva sentirsi dire, in verità non aspettava altro che quelle parole per chinarsi su di lui e baciarlo appassionatamente.







 

   
 
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