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Autore: Aliens    13/06/2011    3 recensioni
Perché stai perdendo la testa
E dormi nel cuore delle bugie

[Where Is The Edge – Within Temptation]
Il cuore delle bugie di Emily e' la sua stessa vita. Ma oltre la sua prigione dorata esiste la vita reala che si schianta su di lei con una forza inauduta, improvvisamente. Capirà veramente come essere reale anche lei? Toccherà al suo giovane tutore farle capire cosa significa "vivere davvero",
Tom voltò lo sguardo verso di lei, le sorrise sornione e poi inclinò la testa «Benvenuta nel mondo reale Principessina».
Genere: Commedia, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU, Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Perché stai perdendo la testa

E dormi nel cuore delle bugie[Where Is The Edge Within Temptation]

 

 

 

1° Capitolo

 

 

«Ieri notte il banchiere, multimilionario Nicolas Trumann è stato arrestato con laccusa di associazione a delinquere, frode fiscale e truffa aggravata. Il mandato darresto è scattato quando la polizia di Los Angels ha iniziato a indagare sui bilanci stilati nelle banche della sua filiare scoprendo bilanci falsificati e uscite di denaro sospette. Il processo a suo carico si svolgerà…»

Un sorrisetto compiaciuto nacque, involontario, sulle sue labbra.

La voce di quella giornalista monotona non gli era mai sembrata così piena di buone notizie. Si sentiva dannatamente cattivo ma…

Oh come se lo meritavano!

O, almeno, lei se lo meritava.

«Che guardi?» esordì Georg buttandosi al suo fianco, fissando gli occhi contro la tv.

Non era granchè, si disse il piastrato mentre guardava lo schermo, ma di sicuro quellelettrodomestico era la cosa più costosa in quella casa dopo la chitarra di Tom, regalatagli dal padre prima di partire per Hannover, e comunque, continuò Georg, non gli era permesso nemmeno avvicinarsi quindi quella Gibson Les Poul non era contabile.

«I Trumann sono nella merda…» mormorò guardando attento le immagini che si susseguivano nello schermo.

Uno belluomo brizzolato si copriva il viso con una mano mentre veniva scortato verso la volante della polizia da alcuni uomini in divisa, circondato da giornalisti e fotografi.

«Frode fiscale, associazione a delinquere e truffa aggravata» si voltò verso lamico con un sorriso a trentadue denti «Hanno perso tutto»

Georg alzò un sopracciglio confuso «Beh, sono americani no? Cosa cazzo frega a noi quello che un coglione ha fatto?»

«Ben detto, che ci frega?» trillò Tom alzandosi dal divano dopo aver spento la tv.

Camminò verso il piano cucina aprendo il vecchio e piccolo frigorifero e ci infilò dentro la testa «Non puoi immaginare quanto mi abbia rallegrato la notizia che quella testa di cazzo ha perso tutto»

«Tom? Hai bevuto?»

Il moro fece uscire la testa dal frigorifero mentre teneva tra le mani due birre gelate.

Chiuse il frigorifero con un calcio e lanciò una lattina allamico «Perché?»

«Stai delirando» lo informò Georg afferrando la lattina di birra «Grazie comunque»

Tom lo liquidò con una mano e aprì la lattina alzandola in aria «Non sto delirando Frate, sei tu che non stai ricordando chi sono i Trumann»

Ancora una volta Georg lo guardò confuso «No, non ricordo di averli mai sentiti nominare…»

«Oh Hobbit» ridacchiò Tom portandosi la lattina alla bocca e prendendo un sorso.

Il liquido dolciastro colpì il suo palato mandandolo in estasi.

«Sono quei ricconi che mi hanno ospitato quando Gordon mi ha spedito in America per tre mesi, ricordi?»

«Quando sei andato in una di quelle scuole di arti sceniche ospite del migliore amico del tuo patrigno»

«Esatto» trillò Tom «Mia zia Irma lavorava nella loro villa di Los Angeles»

«Capisco» disse Georg «Ma perché ce lhai tanto con lui?»

«Oh, io non ce lho con lui Hobbit: ce lho con la figlia»

«Ha una figlia?»

Tom gli fece locchiolino sorridendo e si appoggiò al piano di finto marmo «Oh siii»

Non si era mai trovato in una casa simile: se casa si poteva chiamare.

Quella villa si estendeva per più di due ettari di terreno, con tanto di giardino, piscina, campo da tennis e football per i nipotini del miliardario.

Costruita su tre piani ospitava più di cinquanta persone che vi lavoravano allinterno.

Il lusso che labbracciava gli fece venir voglia di togliersi le scarpe per non sporcare.

Si sentiva un pezzente, era innegabile.

Sua zia Irma si stava destreggiando ai fornelli e lo splendido odore di arrosto colpì le sue narici facendolo sorridere.

«Mi vuoi far morire prima di cena zia?» ridacchiò Tom appoggiato al piano americano, seduto su uno sgabello da bar, intento a studiare uno spartito dei Led Zeppelin.

Sua zia Irma si girò verso di lui, i capelli biondi ricci raccolti in una coda, il viso paffuto illuminato da un sorriso bonario e solare, gli occhi azzurri puntati contro di lui, i corpo curvilineo e robusto reso buffo dal grembiulino da cucina «Eh no Tomi, questo è tutto per la signorina Emily»

Tom aggrottò la fronte «Chi?»

«La figlia del Boss, oggi torna dal weekend con le amiche a Miami»

«A febbraio?» domandò stupito Tom «Già in vacanza?»

«Quella ragazza fa tutto quello che vuole tesoro mio, prende il jet privato del padre e va a fare spese a New York per poi tornare la sera per cena, sta la notte fuori per locali e poi me la devo subire in fase post-sbronza animalesca…» sospirò ridacchiando.

«Oh» sorrise Tom «Lei può permettersi questi lussi, noi, in Germania, dobbiamo accontentarci del centro commerciale, il supermercato sotto casa, il parco comunale e una mezza discoteca che sembra un cantiere e che chiude alle tre»

Irma fece spallucce «Sai accontentarti Tom, lei no» sorrise furba «Ha i mezzi per farlo!»

«Non la invidio, sai zia?» esalò Tom con sguardo furbo «Se hai tutto non ti godi quello che ti viene dato, sai di poterlo avere e lo pretendi, io non posso avere tutto e cerco di conquistarlo e sapere di aver desiderato ardentemente e sudato per quella cosa che hai tra le mani è la sensazione più bella che esiste!»

«Concordo con te tesoro»

«Grazie» sorrise Tom «E mi godo anche questo lusso tremendo prima di tornare in Germania»

«A proposito Tom, tua madre mi ha detto che tu e Bill vi trasferirete ad Amburgo».

Il rasta annuì mentre beveva un po della sua acqua «Sì, abbiamo deciso di abbandonare il nido, Loitsche non offre molte alternative e io e Bill vogliamo andare allUniversità o lavorare»

«Beh, è giusto che seguiate i vostri sogni e che riusciste a diventare un po più indipendenti, quello che mi preoccupa è che tu e Bill non sapete cucinare…»

«E qui ti sbagli zia» sghignazzò Tom allegro «Io so cucinare, Bill è impedito quindi ho imparato io, e comunque abbiamo deciso di convivere con altri due ragazzi»

«Chi?»

«Non so se ti ricordi di Gustav Schäfer e Georg Listing, quelli di Magdeburg» disse Tom «Quelli che suonano con noi»

La zia annuì.

«Beh, Georg abita già ad Amburgo perché studia Psicologia mentre Gustav ha deciso di iniziare lanno prossimo visto che la sorella si sposava» spiegò Tom «Non credo andrò allUniversità, ho già trovato un mezzo lavoretto in una scuola di musica mentre Bill vorrebbe fare Scienze della Comunicazione»

Irma annuì sorridendo e posando il pentolino poco distante da Tom, facendolo sporgere affamato.

Il brontolio insistente del suo stomaco la fece ridere.

«Non so dove metti quello che mangi in quel corpicino da modella» scherzò la donna «Tu e tuo fratello avete per caso venduto lanima al diavolo?»

Tom scoppiò a ridere «Può darsi…» infilò un dito nel pentolino affondandolo nella salsa che la zia aveva preparato «Alla Principessina non dispiace se divento il suo assaggiatore personale?»

Irma scoppiò a ridere ritirando il pentolino «A cuccia Tom»

«Yap!» abbagliò ironico «Tanto il nome da cane già ce lho!»

La risata che scosse Irma (suo nipote era il suo sorriso, di quello ne era certa) fu sovrastata dalla porta della cucina che sbatteva.

Tom voltò la testa verso la porta della cucina per incontrare la sagoma di una ragazzina di appena quindici anni.

I capelli castani scendevano ondulati sulle spalle, gli occhi di un colore così chiaro da sembrare ghiaccio lo perforarono appena intercettarono la sua presenza.

Si fermò a squadrarlo dalla testa ai piedi umettandosi le labbra, era una bella ragazza, si disse guardandola, ancora acerba anche se cercava di dimostrare più dei suoi anni.

«E lui chi è?» esordì senza salutare nessuno, sculettando verso di loro.

Fu in quel momento che linteresse che Tom aveva provato per lei, a pelle, svanì allistante.

Si sentì persino deluso.

«Salve Signorina Trumann…»Anche! Pensò Tom decisamente disgustato.

«Lui è mio nipote Tom, starà qui per qualche mese» spiegò la donna sorridendo bonaria «Ha vinto una borsa di studio per la Los Angeles School of Art» si gonfiò tronfia, facendo sorridere il nipote.

Tom allungò una mano inclinando la testa «Piacere di conoscerti» disse nel suo inglese perfetto.

La ragazza guardò prima lui, poi la sua mano, poi di nuovo lui, sventolò i capelli e si girò dallaltro lato «Non ho bisogno di presentarmi, Irma, da brava, puoi portarmi il mio integratore in camera e dire che non voglio vedere nessuno prima di cena?»

Tom alzò un sopracciglio stranito, seguendo con lo sguardo lo sculettare eccessivo della ragazzina provando un odio per il fantoccio che era.

«Certo Signorina Trumann…» acconsentì servile la bionda «Quale desidera?»

«Quello al limone, grazie tesoro» sculettò verso le scale voltandosi teatralmente «E per te Tim…»

«Tom»

«Fa lo stesso» lo liquidò co una mano «Mi piacerebbe avere anche te nella mia camera…»

Il rasta si voltò verso la zia che ridacchiava sotto i baffi per non farsi notare dalla ragazza e poi sorrise alla mora.

Inclinò la testa «Spero davvero che quei tacchi dodici ti si infilino per quel culo da stronza viziata con cui vai in giro…» sibilò in tedesco, conscio che il quoziente intellettivo della ragazza arrivasse a quello di una gallina e che di conseguenza la sua lingua suonasse quasi quando un ronzio fastidioso.

Di fatti quella lo guardò con un sopracciglio alzato, il viso totalmente confuso «Scusa?»

«Tom ha detto che ha la ragazza» disse Irma e Tom annuì.

«Beh?» squittì la ragazza «Quello che succede in America, rimane in America

Oh quanto godeva.

Il solo immaginare la faccia di quella ragazzina nel momento esatto in cui il suo mondo era crollato, lo mandava in estasi.

Ebbe paura anche di eccitarsi.

Aspettava quel momento da quando era stato costretto a stare con lei, ad insegnarle il tedesco togliendosi il gusto di insultarla senza che lei capisse.

Aveva continuato a sperarlo quando lei cercava di saltargli addosso e “violentarlo” e si era convinto che se non fosse scesa da piedistallo lavrebbe buttata lui giù godendo del suo tonfo nel baratro.

Bevve la sua birra sorridendo sornione sapendo che quel sorriso sarebbe stato difficile da rovinare.

«Capisco, e tu te la sei scopata?»

«Preferisco farmi Bill, davvero» confessò Tom disgustato «Io non mi faccio le puttanelle viziate» posò la birra sul bancone «Aveva anche proposto di pagarmi»

Georg sgranò gli occhi «Ma allora sei scemo!» esclamò scioccato «Potevi farti un mucchio di soldi…-

Tom lo guardò con indifferenza, si portò una mano sul cavallo dei pantaloni stringendo il suo “pacco” «Questo, amico mio, non è in vendita e nemmeno in affitto»

Georg aprì la bocca per rispondere proprio mentre il telefono iniziava a squillare.

Tom, con tanto di sorriso tronfio in viso, contento di aver lasciato Georg senza parole, corse verso il telefono, sepolto sotto due felpe nere, sicuramente appartenenti a Bill.

Si portò la cornetta del telefono allorecchio e trillò un gioviale (merito del suo umore) «Pronto?»

«Tom, tesoro, sono Irma».

La voce della zia lo fece sorridere.

Adorava sua zia Irma, era sempre una fonte inesauribile di buon umore, proprio come sua madre.

«Zia!» trillò allegro «Che piacere sentirti!».

Lo era davvero, le chiamate intercontinentali, i fusi orari e il lavoro rendeva difficile la comunicazione, rare erano le volte che i due potevano sentirsi.

«Anche per me tesoro mio, come stai?» domandò apprensiva la donna.

«Al solito zia, si tira avanti» ridacchiò guardando lo stato pietoso in cui era ridotto il loro appartamento, nessuno di loro aveva il tempo necessario per pulirlo davvero «Tu? Ho saputo dei Trumann» non si impedì di sorridere e alzare il volume della voce.

In fondo la zia sapeva benissimo cosa pensasse lui di certa gente.

«Tom?»

«Sì?»

«So che stai sorridendo quindi ti ordino di smetterla» disse autoritaria.

«Ma zia…» si lamentò Tom appoggiandosi al mobiletto di legno su cui era posato il telefono stando ben attento a non toccare i boxer sporchi di Bill che erano finiti, chissà come, vicino al telefono.

Sesso telefonico con quella troia del corso di Comunicazione?

Anche suo fratello era un pervertito bello e buono.

«Niente ma Tom…»

«Ok…» esalò sconfitto.

«Comunque» incominciò la donna più tranquilla «Va malaccio, sto tornando in Germania»

Il viso di Tom si illuminò.

Erano anni che sua zia Irma non tornava a casa. Il suo lavoro americano le impediva di solcare lOceano e tornare dai parenti più stretti.

«Stai scherzando?» esclamò concitato attirando lattenzione dellamico seduto sul divano «Non ci credo! Dove stai?»

«Siamo appena arrivate a Berlino» lo informò.

«Perfetto ti vengo a- » Tom si bloccò di colpo, sbiancando «Siamo?»

Il lungo silenzio che venne dalla cornetta gli mise agitazione.

Cera qualcosa che gli puzzava tremendamente dopo quella frase.

«Ehm…» esitò la donna «Tom, tesoro, lo sai che ti voglio tanto, tanto, tanto bene»

Ora ne aveva la conferma.

Il suo sorriso scivolò verso il basso mentre uno strano presentimento gli attagliava lo stomaco.

«Tom che hai?» chiese Georg individuando il repentino cambio dumore dellamico.

«Perché ho la sensazione che quello che mi dirai non mi piacerà affatto?» domandò retorico.

Irma ridacchiò nervosa «Non essere così drastico».

«Oh si che lo so, tu e mamma, quando dovete darmi le brutte notizie iniziate sempre con la classica frase “Tom, tesoro, lo sai che ti voglio tanto bene”»

La zia stette in silenzio per alcuni secondi poi ridacchiò «Sei molto attento a queste cose»

«Non mi lascio fregare»

«Ti devo chiedere un favore…» sospirò in fine.

«Spara»

Ormai ci aveva fatto il callo, non si preoccupava più delle notizie della madre e della zia, anche perché sapeva che poteva opposi quanto voleva ma il suo buon cuore lo spingeva sempre ad esaudire i loro voleri.

Succedeva così anche con Bill, bastava un miagolio in più e cedeva.

«Mi hanno affidato Emily» disse criptica.

Il moro si sentì infinitamente dispiaciuto per lei.

Si abbacchiò intristito «Dio!» sospirò «Non sapevo! Condoglianze»

«Tom, su, smettila di fare il sarcastico»

«Non sto facendo sarcasmo zia, dico sul serio, quella stronzetta viziata ti manderà in ospedale»

Sentì un lungo sospiro da parte della donna.

«Sarà più difficile di quanto pensassi» mormorò a se stessa e senza volerlo si fece sentire dal nipote.

«Zia?» tremò visibilmente.

Quellultima frase non laveva convinto affatto.

«Tom, è meglio che ti siedi» gli consigliò la donna conscia dello shock che avrebbe provocato al nipote.

Tom non seppe perché ma convenne che la zia dovesse avere ragione.

Si buttò seduto atterra con la cornetta del telefono premuta contro lorecchio, il viso spaventato e il cuore a mille.

«Io devo tornare in America Tom, la nostra casa era la villa dei Trumann e gli inquirenti non se la sono sentita di licenziare i domestici durante le indagini, il signor Trumann oltre ad avermi lasciato la custodia della figlia mi ha lasciato i suoi possedimenti che devo continuare a mandare avanti, riceviamo il compenso minimo dallo Stato ma dobbiamo comunque lavorare…»

«E…» la esortò a continuare il ragazzo.

«Ed Emily non può rimanere in America, tutto le si sta rivoltando contro poverina»

«Non cè la sua “Grande amica” Paris?» domandò con disprezzo Tom.

«Non le parla più!»

«Oh che sorpresa» esalò sarcastico Tom «Per lappunto zia, adesso sono sarcastico»

«Sei cinico tesoro, ma non importa adesso» sospirò la donna «Sto portando Emily in Germania»

«Ok, va bene, ma io cosa centro?»

«Ecco vedi, volevo affidarla a tua madre ma lei, come ben sai, è impegnata con vostra nonna».

Il cuore di Tom perse un battito in quel momento.

Sgranò gli occhi quando le intenzioni della zia gli furono finalmente chiare e la cosa non gli piaceva affatto.

«Zia, non dirmi che…»

«Il Signor Trumann ha deciso che sarai tu il suo tutore legale, domani dovrai firmare solo delle carte, visto che abiti da solo e hai più o meno la sua stessa età potresti aiutarla a scoprire qualcosa in più del mondo…»

«Mi prendi per il culo?!?!» urlò nel panico Tom saltando in piedi, una vena pulsava pericolosamente sulla sua fronte «Quella non ha bisogno di scoprire qualcosa in più del mondo, quella deve conoscere ancora la realtà!»

«Appunto per questo laffidiamo a te Tom, chi meglio di te può insegnarle a vivere il mondo vero?»

«Un istituto di igiene mentale» esclamò esasperato «Zia io non so trattare con i pazzi!»

«Tom non è così tragica la cosa, Emily non-»

«No?» urlò Tom «Mi ha proposto, dopo cinque minuti che mi conosceva, di fare sesso con lei: A PAGAMENTO!!! Mi ha chiamato TIM per tre mesi interi perché, sue testuali parole, il mio nome non aveva alcuna importanza!»

«Lo so»

«Perché dovrei ospitarla a casa mia e prendermi la responsabilità per tutte le cazzate che SICURAMENTE farà?» dovette toccarsi la fronte per assicurarsi che la vena non fosse scoppiata «Non ci penso neanche zia! È fuori discussione».

   
 
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