Una
ragazza stava ferma, seduta su una poltroncina.
Le mani facevano avanti ed indietro. La consistenza soffice e delicata
del
cotone le solleticava il palmo. Sospirò, affranta.
Qualcuno
entrò nella stanza, ma lei non poteva
vederlo. Strinse la mani e si accorse di averle sudaticce e fredde. Si
irritò
ancora di più e sbuffò. I passi si avvicinarono a
lei e si fermarono proprio
davanti a lei.
“Sei
in ritardo, Alex. Come al solito” mormorò la
ragazza. Il ragazzo davanti a lei non rispose. La conosceva bene e
sarebbe
stato inutile protestare, quella ragazza sapeva essere testarda. Si
chinò
davanti a lei e prese ad osservarla.
Con
una mano le sfiorò la guancia. Era morbida,
calda e soffice. Non riusciva a non sfiorarla; gli era impossibile
resisterle.
Le sue dita passarono su quelle labbra carnose e morbide, lo
stuzzicavano e lo
invogliavano ad assaporarle. Socchiuse gli occhi, doveva contenersi;
non poteva
fare la figura del maniaco. Il suo compito era quello di assisterla,
era il suo
"infermiere personale". Ogni giorno le andava a farle visita e passava
del tempo
insieme a lei. Ma non aveva calcolato di innamorarsi di lei. La sua
scorbutica,
testarda, orgogliosa e dolce Leyla. Leyla, un nome fantastico: Buia
come la
notte. Un significato che la rispecchiava molto bene. Dopo
l’incidente la sua
vita cambiò e per vedere usava le mani.
“Portami
fuori, Alex. Non c’è la faccio più a
stare
rinchiusa in queste quattro mura” gli chiese. Non era un
ordine, Alex nella sua
voce aveva percepito quella nota di disperazione. La sua mano si
staccò dalla
pelle delicata.
“Leyla…
Lo sai benissimo che ancora non puoi uscire”
le disse, con un tono più possibilmente dolce. Vide la mano
della ragazza
carezzare il peluche che teneva sempre al suo fianco,
l’ultimo regalo da parte
di suo padre prima che l’abbandonasse.
Scosse la testa, non era quello il momento di essere
nostalgici. Il pelo
morbido ma ruvido, la compatibilità era soffice ma allo
stesso tempo era duro,
segno che col tempo passato ad impolverarsi sul comodino, si era
indurito come
l’anima della padrona. Alex non poteva toglierle gli occhi di
dosso. La trovava
carina sotto quella frangia di capelli neri, come la pece, che
coprivano la faccia
che le impediva di vedere.
“Per
favore, Alex” disse. Quelle parole fecero
ricapitolare il ragazzo. Andò dietro la sedia a rotelle e
mise le mani sui
manici di plastica e la portò fuori dalla stanza.
Sentiva
i suoi della natura ma la ragazza non voleva
sentire, le dava fastidio; lei voleva toccare le cose,
l’unico modo che aveva
per riconoscere il mondo che la circondava. Aveva escluso ogni suono,
l’aria le
sferzava la faccia. Poi qualcosa di liquido e freddo le cadde sul naso.
Si
riscosse e ritornò alla realtà. Una goccia
d’acqua. Tese una mano e poté
sentire un’altra goccia caderle in mezzo al palmo. Chiuse la
mano.
“Sta
piovendo” disse Leyla. Alex restò in silenzio,
guardò verso il cielo.
“Rientriamo,
prenderai freddo e ti ammalerai” disse.
Si fermarono e Alex fece per tornare indietro ma la mano della ragazza
lo
fermò.
“No,
ti prego. Non voglio, mi piace sentire la
pioggia sul viso” disse. Alex non era convinto di dover
soddisfare quel suo
desiderio, non voleva che si ammalasse per colpa sua, ma cedette.
Camminò fino
ad arrivare sotto la chioma di una grande quercia e si sedette vicino
alla
ragazza. Le prese la mano, tracciando ghirigori immaginari,
procurandole dei
brividi di piacere.
“Qual
è il tuo desiderio?” domandò
improvvisamente
la ragazza. Alex, mentre continuava a disegnare quei ghirigori
deliziosi sul
suo braccio, poggiò la testa sul tronco
dell’albero, pensando alla risposta.
“Vederti
felice” rispose, alla fine. Si quello era
il suo desiderio e voleva realizzarlo. La ragazza sorrise- felice? Di
cortesia?- a quella risposta. Alex attese una risposta che non sarebbe
mai
arrivata. La mano della ragazza scivolò via dalla presa del
ragazzo.
“E
tu? Qual è il tuo desiderio?” domandò
il ragazzo,
voltandosi verso di lei. La mano di
Leyla si sollevò, sfiorandogli i capelli cortissimi, che le
facevano pizzicare
le dita. Una scossa le attraversò la schiena e la mano scese
verso il volto.
Leyla si posizionò in modo da averlo di fronte e si
abbassò verso di lui. Le
dita femminili sfiorarono quelle labbra sottili ma che aveva sempre
desiderato
baciare, toccare e le sarebbe anche
piaciuto sentire quelle labbra su di sé. Il sorriso si
ampliò.
“Cosa
desidero?” domandò, ghignando. I loro visi si
avvicinarono, la mano di Leyla sfregava la mano contro la guancia resa
ruvida
dalla barbetta del ragazzo.
“Sei
tu- disse con un tono malizioso- Sei tu che mi
rendi felice. Perché pensi che ti rimproveri sempre ogni
volta che arrivi in
ritardo?” continuò. Alex sorrise a sua volta.
Prese il volto della ragazza fra
le mani e la baciò.
Finalmente
potevano assaporare le labbra l’una dell’altro.
Quelle del ragazzo erano calde, soffici ed accoglienti; quelle della
ragazza
erano carnose, provocatorie e assolutamente irresistibili.
L’unica
cosa che riuscì a vedere, con le sue mani,
fu il volto dell’amato.
E' la mia prima storia originale e sero che vi sia piaciuta... ^^
Commentate!
A presto
Bacioni