Titolo:
L’incontro
Titolo del Capitolo: L’età giusta per scappare qual
è?
Fandom: Percy Jackson
Personaggi: Luke Castellan, Thalia Grace
Genere: Introspettivo
Rating: Verde
Avvertimenti: One-shot. What if. Missing Moment
Conteggio Parole:
Note: 1. Pur troppo non è betata
2.
Questa storia non è una Thake,
sono semplicemente Thalia e Luke
3.
Non mi piace affatto … Fino a
metà è leggibile, ma poi
4.
Il finale fa pena
5.
Luke avrebbe 12-13 anni e Thalia
10-11, esattamente non so quanti anni avessero quando si sono conosciuti
6.
Non siate crudeli nei commenti …
Buona Lettura
L’Incontro
Riuscire
a sfilare le
chiavi dalla tasca di un uomo alla fila della spesa, con il pane
nascosto sotto
la felpa assieme agli insaccati nei pantaloni, era un impresa che solo
un
figlio di Ermes poteva compiere e la sua fortuna era che lui lo era,
anche se
non lo sapeva. Sfilato le chiavi, era scivolato fuori senza far
scattare
l’allarme del supermercato, aveva trovato la macchina, una
mustang sgangherata,
c’era salito, posando i viveri sul posto accanto al conducente ed
era scappato
via.
Non
era la prima
volta che rubava un auto e cibo. Ormai era diventata un’abitudine
da quando era
scappato di casa, perché sua madre ormai aveva dato di matto.
Aveva imparato
tutti i trucchi, prendere stradine secondarie, perché un
ragazzino che guidava
un auto dava nell’occhio,
particolarmente se l’auto in questione era rubata.
Si
trovava lungo una
di quelle sferrate strade di campagna che non crederesti mai di trovare
in
America, quando l’aveva vista sul ciglio di una strada, seduta su
uno zaino
malconcio, con il braccio steso ed il pollice in su, ai piedi delle sue
scarpe
c’erano alcune bottiglie vuote e non sembravano di coca cola.
Massimo poteva
avere la sua età, non di più. Una ragazzina sul ciglio di
una strada di
campagna che faceva l’autostop.
Probabilmente,
se
avesse avuto più sale in zucca, non si sarebbe fermato,
rischiando di
trascinare quella ragazzina i una folle fuga dai mostri che lo
inseguivano. Si
accostò ed abbassò il finestrino, sbilanciandosi
parecchio, “Dove vai?” chiese
lui, “Non importa” rispose la ragazza, alzandosi dal suo
borsone, lui annui e
la invitò ad entrare, buttò il cibo sui sedili di dietro,
la ragazza si issò
sul sedile, buttando la borsa sui piedi, richiuse lo sportello con
forza.
Lui
la guardò e si
perse nell’ammirarla, aveva gli occhi blu elettrici, i capelli
nerissimi e le
lentiggini sul piccolo naso, era davvero bellissima. “Ragazzino
parti?” chiese
abbastanza nervosa, lui annuì e riparti. La ragazzina non chiese
niente, non si
informò sul perché un ragazzino della sua età
possedesse una macchina, sperò
solo fosse qualcuno come lei, che trovava più facile scappare.
Solo
dopo qualche ora
gli fece qualche domanda. “Dove andiamo?”, il ragazzino
alzò e le spalle,
continuando imperterrito ad andare dritto per la strada, lei
cominciò a
scrutarlo, capelli d’oro ed occhi chiari, con dei tratti elfici,
era carini e
si ritrovò a sperare non fosse un orribile mostro.
Avrebbe voluto chiedergli anche perché
guidava una macchina e perché anche lui andava via, ma non le
era sembrato
giusto, lui non l’aveva chiesto e lei preferì tacere.
Si
era formato un
certo silenzio e non gli sarebbe dispiaciuto, se un posto di blocco in
lontananza della polizia non l’avesse messo in allarme. “La
polizia!” urlò,
accostando in mezzo a quella strada, la ragazzina sembrò capire,
forse non
sapeva se l’auto era sua o meno, ma immaginava che un ragazzino
di undici anni
che guidasse non era molto normale. “Quest’auto è
rubata, tu continua con l’autostop
se vuoi!” esclamò lui, aprendo lo sportello lei gli prese
il braccio,
“Sicuramente sono tra le ragazze scomparse” rispose, con un
sorriso malinconico
o forse non lo era, forse sua madre era così sbronza che non si
era neanche
accorta che lei era andata via, lui sorrise, ripresero le loro cose e
abbandonarono la macchina lì. Passarono per i campi, con il
cibo, la borsa che
tintinnava per le bottiglie di vetro all’interno e le scarpe da
ginnastica in
mano, i piedi nudi immersi nella terra.
Avevano
camminato per
molte ore, poi avevano trovato un vecchio fienile, vicino ad una
casetta,
abitata da una famigliola felice, si erano infilati lì e si
erano rintanati tra
la paglia. “Che onore nauseante!” biascicò lui,
sentendo l’odore del bestiame
in ogni stadio della vita, “Direi che va benissimo”
esclamò lei, che con
l’odore nauseabondo andava a nozze, più era forte
più lei era al sicuro. Aveva
aperto la borsa ed estrato una bottiglia di vetro con un liquido
trasparente,
che sembrava acqua, ma l’odore era più forte e pungente,
alchool, vodka. “Dove
l’hai presa?” chiese lui, lei sorrise, la stappò e
poi la trangugiò come se
fosse un’assetata bambina del terzo mondo, “Mia madre
è un’ubriacona” rispose
solamente, stenosi nella paglia e stiracchiandosi. Lui si stese accanto
a lei.
Durante
la notte si
erano ritrovati appiccicati e quando si erano svegliati, prima che il
sole
sorgesse, perché potessero andare via prima, si erano ritrovati
molto in
imbarazzo. Ripresero i viveri, ma lei dopo aver vomitato la vodka che
aveva
bevuto tutta la notte, abbandonò il resto delle bottiglie
lì, con l’eccezione
di una di un colorito rosato, del quale lui non chiese nulla. “Me
ne sono
andata perché ormai non avevo più una madre …
Avevo solo queste” rispose,
riferendosi che ormai sua madre ne era schiava, molto più di
lei, e assieme a
questo, in quella casa si aggirava un vuoto con i capelli biondi e gli
occhi
chiari, Jason che non c’era più. Gli occhi le luccicarono
al solo pensiero,
“Tuo padre?” chiese lui curioso, lei sorrise, avrebbe
voluto stappare la
bottiglia e berla, suo padre amava lei e Jason ed anche se era ancora
piccola
ricordava bene quanto si prendesse cura di lei, quand’era Giove
ovviamente e
non Zeus, caso volesse che Jason fosse figlio di Giove e lei figlia di
Zeus, ma
ricordava vividamente il giorno in cui era andato via per non tornare
mai più,
“Mia madre l’ha fatto scappare” scrutando con
attenzione il liquido nella
bottiglia, “Tu?” chiese.
“Oh
be … Di mio padre
non ne ho visto mai neanche l’ombra in nove anni e qualche anno
fa mia madre ha
dato fuori di brocca” rispose lui, non specificando in che modo,
che a causa di
quale assurda maledizione si fosse ritrovato una pazza preveggente come
madre
che desiderava essere l’Oracolo, un tizio implicato in non si sa
quale
maledizione. A lei sembrò così giù, che gli
allungò la bottiglia, ma il ragazzo
elfo declinò. Mai perdere il controllo, si ripeté a
mente. Continuarono a
camminare lungo i campi, prima di ritrovare una stradina che non era
neanche
asfaltata, si fermarono lì vicino, mangiarono e si rinfilarono
le scarpe, lei
aveva i piedi completamente massacrati ma non provava dolore.
Una
macchina si fermò
e ne scese un uomo, “Eccovi” mormorò un uomo con una
voce canuta, era veramente
inquietante ed anche se inconsapevole l’uno dell’altro i
due aveva compreso la
stessa cosa, era davvero inquietante quell’uomo,
“Eccoci?” mormorò lui, l’uomo
sorriso, scoprendo i denti appunta, sembravano quasi canini,
“Piccoli
mezzosangue” la sua voce sembrava quasi
sdoppiata, i due non avevano fatto caso al plurale ma si erano
alzati ed
avevano afferrato contemporaneamente le loro mani, quando l’uomo
sembrava fatto
di plastilina modellabile, perché stava improvvisamente mutando,
la testa si
era spezzata, allungandosi come due musi di cane, cani
rabbiosi, il corpo si era ricoperto di
peli e la spina dorsale si era allungata, formandosi come una coda, che
si era
rivelata un sibilante serpente. Adesso
davanti a loro c’era un enorme case bicefalo, con una coda di
serpente che
ringhiava, “Un ortro!” urlò la ragazzina, senza
badare al fatto che il
ragazzino non si era stupito di vedere una tale bestia, al contrario
dell’altro
che si era chiesto perché lei non si fosse stupità.
Presero
a correre
inseguiti dalla bestia. Non avevano armi, lei gli lanciò la
bottiglia d’alcool
i faccia, si spaccò su un muso, inondando anche l’altro
con l’odore acro e
infastidendo gli occhi, “Brava!” urlò lui, ma la
ragazza accelero la corsa, “Abbiamo
guadagnato un po’” urlò, ma non sapevano come fare,
non c’era un bosco, non
c’era un nascondiglio, solo erba incolta o campi. Avevano
continuato a correre
senza fermarsi, lui non sapeva neanche che fare, poi l’aveva
vista, strizzare
forte gli occhi, “Zesu, ti prego, aiutami!” e gli
sembrò strano che una mortale
invocasse il padre degli dei, ma questi gli ascoltò. Non seppero
mai ne come ne
perché, ma riuscirono a scappare da quell’ortro.
“Sei
una semidea
anche tu?” chiese il ragazzo, dopo che ripresero fiato, dopo la
lunga, “Che
significa anche tu?” implicitamente era una risposta, dopo averlo
detto, si
sentì tremendamente stupida. Si
lasciò
cadere accanto a lui, “Che facciamo?” chiese il ragazzo,
passandosi una mano
sui capelli biondi, “Continuammo a vagabondare senza metta”
biascicò lei, il
ragazzo Elfo sorrise, “Sperando di non finire sbranati dai
mostri” aveva detto
lei, passandosi una mano sui capelli neri, “Sono certa che in due
possiamo
sopravvivere” aveva esclamato il biondo, prendendo a bracciato la
ragazza, che
spaesata buttò la testa sulla spalla dell’altro semidio.
“Pensi esista un posto
per le persone come noi?” chiese il ragazzo elfo, chiedendosi se
dovesse o meno
accarezzare la testa di quella ragazza, alla fine non lo fece,
“No, non credo.
Chi mai penserebbe a noi” rispose lei, lasciandosi scivolare per
terra, mentre
riprendeva fiato, ma lui era più fiducioso, lui sapeva che quel
viaggio gli
avrebbe portati da qualche parte, ne era certo.
“Ci
pensi che sono
due giorni che viaggiamo insieme e non ci siamo ancora
presentati?” disse il
ragazzino, sedendosi accanto a lei, lì all’ombra di
quell’albero, lei curvò le
labbra in un sorriso, trovando la cosa divertente, “Dunque, mia
nuova compagna
di viaggio, io sono Luke Castellan figlio di qualche dio
sconosciuto” aveva detto il ragazzo
elfo, allungando una
mano verso la ragazza, che l’aveva
stretta, “Thalia Grace” rispose, dopo un sospiro aveva
aggiunto: “Figlia di
Zeus”, “Niente di meno” aveva imbeccato Luke,
guadagnandosi da Thalia una
gomitata in pieno sterno.
Erano
rimasti all’ombra
di quell’albero poco, si erano alzati ed erano andati per la loro
strada, per
finire quel viaggio ed incappare in mille avventure, alimentati
dall’assoluta
convinzione che si erano incontrati per una ragione e chi non si
sarebbero
lasciati mai.
Non
potevano però
sapere quanto drasticamente le loro via si sarebbero divise.
Però
allora mentre
cercavano la via per il resto della loro vita, erano certi che insieme
sarebbe
arrivati lontani.
Ovunque
era il loro
destino.
Luke
che scappava rubando
auto e cibo e Thalia che scappava con le bottiglie d’alcool ed
era perseguitata
da un fantasma.