L’ultima
speranza
Risale
piano la grande scogliera che da sul mare di Grecia e il sole le brucia la
pelle chiara delle spalle. Tra le braccia stringe una moltitudine diversa di
fiori. Ha gli occhi asciutti, non una lacrima che minaccia di uscire; ormai non
piange più, e ha deciso che così sarà fino a quando non potrà nuovamente incrociare
le iridi splendenti di giustizia di quelle persone.
Si
ferma sul ciglio del burrone e guarda sotto: le onde del mare che s’infrangono
sulla scogliera le sembrano i flebili sussurri di coloro che non sono più tra
noi. E le pare quasi di poter sentire le loro
voci. Povera pazza! Ma il desiderio di loro è così forte da averla portata più
volte ad avere allucinazioni; questo fino a quando non ha deciso che
l’autolesionismo non li avrebbe mai riportati indietro, e che l’unica cosa da
fare era aspettare. Aspettare che il tempo scorra, e che ancora una volta il
Fato svolga il suo bellissimo e terribile ruolo.
Chiude
gli occhi per un momento – un momento solo! – e quando li riapre lascia che il
vento raccolga i fiori che stringe e li trasporti fino a farli posare sulla
superficie del mare. Quei fiori sono come le loro vite: anime lasciate in balia del destino che, nonostante
abbiano cercato di combatterlo, non hanno avuto epilogo diverso dal chinare la
testa a lui.
Sospira
a fondo prima di sedersi sul ciglio del precipizio con una gamba stretta al
petto e una che ciondola infantilmente. E chiudendo ancora una volta gli occhi li ricorda, e continua ad amarli.
Rivede
se stessa – quella ch’è stata – e la vita che l’ha portata ad essere ciò che
oggi è.
Non è
mai stata solo una ragazza; solo la figlia di un’ancella del Santuario e di un
soldato semplice dal volto sconosciuto; solo una persona qualunque fra tante,
il cui destino era già stato scritto. Non è mai stata solo Sophia.
Sin
dalla nascita ha sempre avuto un peso in più sulle spalle. Un destino già
scritto a cui non è potuto scampare. Un ruolo da rispettare e un compito da
portare a termine. Un dono che ci ha messo poco a trasformarsi in maledizione.
“ Sarai grande un giorno, Sophia. I
misteri del tempo si piegheranno a te. E molte saranno le vite salvate grazie
al dono di cui sei custode.”
Queste
erano state le parole di sua madre quando di anni lei ne aveva solo 4. Troppo
piccola per comprenderle davvero. Ma nemmeno troppo giovane per provare un
forte senso d’inquietudine nel suo piccolo cuore di bambina. Un’inquietudine
ch’era cresciuta nel tempo, aprendo una voragine che tutto trascinava via nel
suo petto. E troppo presto il dono s’era trasformato in maledizione. E la
misteriosa morte di sua madre non era stata che l’inizio di ciò.
Vedere
il futuro… Conoscere in anticipo ciò che lo scorrere del tempo ci porta a
vivere… Ma a cosa serve tutto questo se non si ha il potere di muovere un solo
dito per cambiare quanto si sa accadrà? A che cosa serve tutta la conoscenza se
poi si è inermi davanti agli eventi?
Sophia
se l’era chiesto continuamente mentre le voci correvano rapide al Santuario, e
i sospetti sul Grande Sacerdote Arles iniziavano a farmi pressanti. Sua madre
le aveva sempre intimato di stare lontana da quell’uomo la cui stessa esistenza
sembrava orbitare intorno a segreti inconfessati. Che fosse stato proprio lui
ad uccidere la donna che l’aveva messa al mondo? Sophia non l’avrebbe mai
scoperto. Sophia poteva vedere il futuro, ma non le cause e le azioni che lo
comportavano. Sophia poteva vedere il fine, ma non i mezzi. E così aveva visto
la morte di sua madre, ed era arrivata troppo tardi per impedirla.
Conoscere…ma non cambiare…
Ecco
la maledizione, la vera faccia di quel suo dono. E lei ancora non sapeva a cosa
avrebbe realmente portato.
Era
iniziato per caso, ancora più lentamente di quanto non fosse successo per sua
madre. Erano stati solo incubi a cui non aveva nemmeno dato importanza visto i
mille compiti che ogni giorno era chiamata a svolgere. Erano state solo
emozioni all’inizio; emozioni che non comprendeva, emozioni che non ricordava
di aver mai provato. Poi erano arrivati
i volti.
Il
primo a comparire fu quello di una giovane ragazza, forse alle soglie
dell’adolescenza. Riusciva a vedere la carnagione di porcellana e gli occhi di
un blu stupefacente, irreali e sicuramente più che umani. Poi erano arrivati i
volti di quei 5 ragazzi, altrettanto giovani. E anche quelli non erano che visi
sfumati, somiglianti a quelli di fantasmi iridescenti, dove solo gli occhi
erano ben visibili.
Castani. Neri. Azzurri. Verdi. Blu.
E
infine erano apparsi anche tutti gli altri. Rapidamente e in una sequenza
precisa.
Aveva
solo 8 anni all’epoca, e non poco era il tempo che le ci era voluto per
districare quella massa informe di sensazioni e brevi flash. Flash che si erano
man mano trasformati in sequenze più complesse e caotiche, fino a definire
nitidamente il futuro che aspettava tutti quei volti. Un futuro che lei,
sebbene da semplice spettatrice, avrebbe vissuto sulla sua pelle.
La Battaglia delle 12 Case…
La Battaglia di Asgard…
La Guerra Sacra contro Nettuno…
Hades!
Mentre
lotte su lotte si susseguivano impossibili da arrestare Sophia aveva conosciuto
i protagonisti delle sue visioni. E a loro si era affezionata fino al punto d’amarli.
In
seguito alla disfatta di Arles era stata Atena – o Saori com’era solita
chiamarla la ragazzina – a prendersi cura di lei, a crescerla con l’amore prima
di una sorella maggiore e poi di una madre. Sophia era rimasta attonita vedendo
che quella ragazza dal perenne conflitto interiore sapeva del suo segreto –
perché di un segreto si trattava. E tale doveva rimanere. – e nonostante questo
non chiedeva mai. Non si opponeva al Destino barando, Atena, ma lottando sui
campi di battaglia.
Sophia
l’aveva amata incondizionatamente. E altrettanto era stato l’amore che aveva
rivolto a quei Cavalieri nei cui occhi splendeva vigorosa la Giustizia che
difendevano…
Chiude
gli occhi, Sophia, respingendo l’ondata di puro dolore che le attraversa il
petto: quella ferita continua imperterrita a sanguinare.
Li ha
visti cadere tutti, uno ad uno, in nome di quell’ideale superiore che
difendevano strenuamente. Li ha visti cadere uno dopo l’altro, quasi volessero
seguirsi per stare insieme ancora.
Erano
stati i Cavalieri d’Oro i primi, alcuni macchiati da colpe altri puri. Ma anche
coloro che aveva sbagliato si erano redenti, combattendo assieme ai loro
compagni in quell’ultima, difficile battaglia davanti al Muro del Pianto.
Sophia
aveva pianto come non mai, vomitando fuori il dolore che la bruciava
dall’interno. Ma era stato un dolore silenzioso e quasi invisibile, che aveva
trovato via d’uscita solo attraverso quelle lacrime argentee che, nel giorno in
cui il sole scompariva offuscato dal Male, erano sgorgate dai suoi occhi color
mare.
E
poi, ad una velocità troppo repentina, anche i Cavalieri di Bronzo l’avevano
lasciata.
Seiya
era stato il primo; s’era abbandonato alla morte come un Cavalieri qual era
avrebbe voluto: proteggendo Atena.
Aveva
sentito un rumore sordo, in quel momento, la piccola Sophia. E per un breve
istante aveva creduto fosse il suo cuore, andato in pezzi a causa del troppo
dolore che la pervadeva. Ma si era ben presto accorta che il dolore maggiore
era quello di Atena… No! Era quello di Saori! Era suo il cuore che si era
frantumato con quel suono terrificante.
E da
quel momento, Sophia lo ricorda con una lucidità inquietante, la vita aveva
cominciato a correre troppo…troppo…velocemente. Le sue visioni erano confuse,
intricate, incredibilmente rapide e illogiche. Continuava a vederli morire. Chi
già se n’era andato e chi aspettava quieto il suo turno sapendo che alternativa
non v’era. Il passato, il presente e il futuro si erano confusi nella sua testa
mescolandosi nel caos totale. E quando poi le persone se ne andavano veramente
era anche peggio.
Infine,
dopo 10 anni dall’inizio dell’agonia, le uniche superstite erano lei e Atena.
Atena…
Saori… Il corpo e il viso ormai pienamente maturi, modellati dal tempo e dagli
avvenimenti; il carattere di lei sembrava essersi piegato ai voleri della vita,
plagiato da una sofferenza ma anche da una speranza che Sophia non sapeva da
dove venisse; gli occhi blu erano l’unica cosa che era rimasta tale e quale al
tempo della sua prima visione, bellissimi e più che umani.
Anche
Sophia era cresciuta. Di anni ormai ne aveva 18, ma la sua vita di ancella non
era cambiata. E lei la odiava. Odiava restare ferma ad aspettare che le sue
visioni si compissero; odiava quel suo ruolo che la escludeva dalle battaglie
che avrebbe voluto combattere; odiava quel compito che la rendeva inerme e nuda
alle occhiate lascive dei soldati del Santuario. Non voleva essere come sua
madre. Lei voleva cambiare le regole.
Non
era mai stata una ragazza ubbidiente e rispettosa, anzi. Proprio come il suo
nome indicava era testarda ed orgogliosa – anche troppo! -, non ascoltava i
consigli che le erano dati e proprio per questo finiva spesso nei guai. E
chissà come riusciva sempre ad uscirne anche.
E in
qualche modo avrebbe spezzato le catene che la imprigionavano in quella vita
d’immobilità e avrebbe lottato come sapeva giusto esser.
“ Il tempo delle battaglie non si è
concluso, Sophia. Forse quest’epoca non vedrà altro sangue, ma sicuramente il
tempo che verrà prospetta Guerre che non si potranno evitare. E i Cavalieri e
Atena scenderanno nuovamente sui campi di battaglia a difendere la Giustizia e
la Pace per gli uomini.
Sii sempre la persona meravigliosa che
sei, Sophia. Non cercare di recidere i tuoi ricordi o il tuo potere: un giorno
non lontano qualcuno trarrà beneficio dalle storie che conservi nel cuore e
nella mente. Fino a quel giorno però non
rivelarle.
Presto o tardi saremo di nuovo
insieme…”
Furono
queste le ultime parole che Atena pronunciò durante il tramonto di una giornata
d’estate ormai morente. Morente come lei.
Sophia
la vide chiudere gli occhi e abbandonare il capo contro la sua spalla; sulle
labbra aleggiava un sorriso infinitamente dolce e materno. Atena, Dea della
Giustizia, abbandonava nuovamente le sue spoglie mortali. E come ultimo regalo
le aveva donato un po’ di quella Speranza che le aveva fatto brillare gli occhi
in quegli anni in cui il dolore era stato assordente tra le pareti del suo
cuore.
E da
quel momento per Sophia erano iniziati i cambiamenti.
Il dolore
che come un veleno la corrodeva fino nei reconditi angoli della sua anima era
stato messo in secondo piano, un po’ da quella Speranza donatale da Atena, un
po’ dalla mancanza di tempo materiale nella sua vita. Aveva iniziato l’Università
– Saori le aveva lasciato fondi sostanziosi – e in più si occupava di
amministrare la Fondazione Grado. Si, Saori le aveva lasciato anche quella, con
la promessa di usare il potere conferitole nel migliore dei modi.
Le piaceva
studiare e le piaceva mandare avanti quell’enorme società. Era qualcosa che
solo lei poteva fare, qualcosa che la rendeva capace di fare le sue scelte; era
rispettata – e al Santuario, per lei, il rispetto era sempre stato un optional –
e la sua voce valeva davvero. Era stato un periodo di serenità e libertà. Un periodo
che però non era quanto da lei ce si aspettasse.
Era ricominciato
tutto da capo, all’improvviso come la prima volta. Le visioni, scomparse dopo
la morte di Atena, erano tornate a tormentarla più violente di prima. E c’era
una ragazza nei suoi sogni, con i capelli neri e un’armatura d’argento al cui
centro del petto era ben visibile uno strano zaffiro. Una ragazza sconosciuta a
lei.
Si era
messa ad indagare con i mezzi che aveva, e con pazienza aveva preso a
districare quel nuovo mistero che i suoi poteri la portavano a conoscere. E non
si era fermata fino a quando, una sera tornando dall’Università, non era stata
aggradita.
Poveri
sciocchi!, pensa ora Sophia con un piccolo ghigno. Se solo avessero saputo con
chi avevano a che fare…
Un cosmo
che non aveva mai sentito dentro di se aveva preso a bruciare all’improvviso,
richiamando da chissà dove la stessa splendente armatura che da mesi vedeva nei
suoi sogni. Era lei quel Cavaliere misterioso. Era se stessa che vedeva ogni
notte. Aveva visto il suo destino senza nemmeno rendersene conto.
Sophia
si chiede ancora come sia stato possibile tutto ciò. E ancora non trova una
risposta. Sa solo che da quel momento il corso che la sua vita ha preso è stato
quello che nemmeno con le sue visioni aveva saputo vedere. È divenuta un
Cavaliere – e senza addestramento! – ed è tornata al Santuario. Non più catene
ad imprigionarla. Non più sguardi lascivi ad accarezzarla al suo passaggio. Poveri
gli sciocchi che ci avessero provato!
Ciò che
di più strano c’è stato, pensa ora la ragazza seduta ancora ad osservare cielo
e mare, è stato il non possedere una maschera come quelle che Marin e Shaina
aveva sempre indossato. Non ha mai compreso il perché di questa mancanza, ma ha
deciso per una volta di accettare senza fare domande.
E ora
è lì, sul ciglio del baratro, mentre il vento inizia ad aumentare. E sembra
quasi che anche lui stia cercando di avvisarla: presto ci saranno nuovi cambiamenti!
Lo sa.
Ormai ne è conscia. Perché da mesi a quella parte le visioni sono tornate. Ma almeno
per una volta non hanno portato dolore e desolazione nella sua vita. No, non
questa volta.
Perché
lei li ha visti. Tutti loro. Proprio come Saori le aveva detto quel giorno di
ormai tanti anni prima…
“ Presto o tardi saremo di nuovo
insieme…”
E ora
Sophia ha la certezza che sarà così. Lei l’ha visto. Ha visto se stessa, ormai
invecchiata dagli anni, sedere accerchiata da tanti bambini e ragazzi. Sono i
Cavalieri che torneranno. E c’è anche Atena nelle sue visioni.
E ora,
finalmente, la donna comprende a chi gioverà ciò che lei ha da raccontare. Proprio
a loro. Loro che torneranno – si reincarneranno una volta ancora! – per combattere
ancora in difesa degli Uomini. Torneranno! E saranno di nuovo assieme.
Sorride
Sophia. Il solo è quasi tramontato ormai. Lei si alza piano: è il momento di
tornare al presente. Per il passato e il futuro ci sarà tempo…in futuro!
Salve a
tutte/i!
Sinceramente
parlando non ho idea da dove sia uscita questa ff, ma
mi sembrava carina come idea. Fatemi sapere che ne pensate.
Baci Baci