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Autore: Meggie    14/06/2011    8 recensioni
La vista dall’Empire è mozzafiato.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LE LUCI TI ISPIRERANNO 

La vista dall’Empire è mozzafiato. 
Si ricorda di quando c’è stato la prima volta e sembrava quasi una conquista. Salire su, fino alla cima, e vedere una città intera sotto i piedi. Pensare che no, quello non era più l’Ohio. Pensare di avercela fatta, pensare di essere libero. 
Pensare di essere felice. 
Blaine si ricorda di quella sensazione. Si ricorda della mano di Kurt nella sua. Del suo sorriso e del suo cappotto e dei capelli che non ne volevano sapere di rimanere in ordine, piegati da un’aria gelida che aveva costretto entrambi ad avvicinarsi l’uno all’altro più del solito. Blaine si ricorda di aver pensato, “è fatta”. 
La vista dall’Empire è mozzafiato. Lo è sempre stata, fin dalla prima volta, qualche anno prima. 
Sei. 
Troppo pochi. 
Blaine ricorda tutto. Ricorda che ha riportato Kurt su quella terrazza, dopo la laurea di entrambi, e ha ripetuto quelle parole, “è fatta”. Questa volta ad alta voce. Questa volta rendendo partecipe anche Kurt. E si ricorda della sua risata, di come si fosse appoggiato a lui, di come avesse chiuso gli occhi. “In realtà è appena iniziata, Blaine”, aveva mormorato. E Blaine, nella sua stupidità, ci aveva creduto e si era detto che andava bene. Che se ce l’avevano fatta fino a lì, se erano ancora insieme, dopo tutto quel tempo – e di alti e bassi, Dio, ce n’erano stati a tonnellate – ce l’avrebbero fatta anche in futuro. 
La vista dall’Empire è mozzafiato. 
Quella è la terza volta che Blaine sale su quella terrazza. La prima, beh, era stata una tappa obbligata. Una di quelle che ogni turista deve fare perché quella era New York, quella significava capire il senso della città, vedere le luci, chiudere gli occhi e vederle ancora e comunque, perché ti rimanevano dentro, perché non te ne liberavi mai. La seconda, Blaine aveva pensato fosse qualcosa di simbolico, dopo gli anni passati a studiare e a tirare avanti, e Kurt l’aveva accontentato e si era divertito e l’aveva baciato. 
Blaine chiude gli occhi. Se chiude gli occhi Kurt è lì accanto a lui e può allungare una mano per stringere le dita attorno alle sue. Se chiude gli occhi New York lo fa sentire ancora sul tetto del mondo, lo fa sentire ancora come se potesse conquistare qualsiasi cosa, come se nessuno potesse riuscire a fermarlo. Se li riapre, le luci lo riportano alla realtà e il vento è più freddo ci quello che c’è nei suoi ricordi e l’assenza di Kurt diventa reale. 
Quando riapre gli occhi, Blaine lancia un’ultima occhiata alla città sotto di lui. Ai grattaceli attorno, al cielo scuro sopra di lui. Là sotto, da qualche parte, è dove si è perso Kurt. Blaine ha provato a cercarlo. È andato nel punto esatto in cui si è perso, nel punto esatto in cui quella Toyota RAV4 ha frenato troppo tardi, ma non l’ha ritrovato. 
Blaine ogni tanto si chiede dove sia. Ogni tanto si chiede se Kurt pensa a Blaine tanto quanto Blaine pensa a Kurt. Ogni tanto si chiede se viene mai a trovarlo ed è lui, perso in tutto ciò che deve fare, a non vederlo. 
Ogni tanto si chiede se smetterà di aspettarlo a casa. O di sentire le dita intrecciate con le sue. Ogni tanto si chiede se lo ritroverà mai. 
Blaine ogni tanto si chiede se anche gli altri, da lassù, provano un senso di vertigine così forte da desiderare di cadere. Ogni tanto si chiede perché Kurt sia così testardo da impedirgli sempre e comunque di raggiungerlo. Forse non gli manca abbastanza. Forse è a Blaine che manca di più, ecco tutto. 
Forse Kurt lo ama ancora troppo. Forse è quello il problema.
Fa scorrere i suoi occhi tutto attorno, prima di girarsi e dirigersi verso l’ascensore. 
La mano che ha in tasca si stringe a pugno e Blaine pensa che in quella morsa ci siano le dita di Kurt. Che sia lui a trascinarlo giù, tirandolo per una manica, come un bambino, perché deve passare in quel negozio che c’è all’angolo del loro appartamento e no, non può proprio rimandare. 
Blaine vede le porte dell’ascensore chiudersi e sospira. 
Stringe forte la mano attorno a delle dita inesistenti, e si sente meglio. Forse è lui che lo ama ancora troppo, ecco tutto. 
Forse è quello il problema.

Note: Il titolo è un verso tradotto della canzone “Empire State of Mind” di Jay-Z. 
Non sono soddisfatta di questa cosa. Avrei potuto fare così tanto di meglio che mi viene voglia di cestinarla, quando la guardo. È raro che mi capiti di provare una sensazione del genere, quando scrivo, ma va beh. Non escludo, un giorno, di riprendere in mano l’idea da cui ero partita e di ampliarla, dandole giustizia, questa volta.
   
 
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