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Autore: _marty    14/06/2011    9 recensioni
Damon/Elena 1864 - "You should have met me in 1864. You would have liked me"
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Holding a Heart.



 

«Divertiti alla festa».
Ripensò alle parole del fratello, abbassò lo sguardo, mise le mani dentro le tasche dei pantaloni e entrò all’interno della tenuta Lockwood. George Lockwood si ostinava a riprendere un’antica tradizione americana che diceva che coloro che arrivavano in città, i “nuovi”, avrebbero dovuto essere presentati alla società attraverso una festa. Così anche quella volta lui aveva organizzato una festa piuttosto pomposa per introdurre alla piccola società di Mystic Falls i nuovi arrivati. Ciò comprendeva il fatto che tutte le famiglie della cittadina dovevano presenziare all’evento ed ecco il motivo per cui lui, Damon Salvatore, si trovava lì. Quella sera era il turno dei Gilbert o per lo meno la seconda parte della famiglia Gilbert. Jonathan Gilbert si trovava a Mystic Falls già da alcuni mesi ma il fratello con la sua famiglia era arrivato da pochi giorni. La loro era una famiglia normale ,come tutte le altre: moglie, marito e due figli. Il ragazzo si avvicinò al tavolo del buffet e prese in mano un bicchiere pieno di liquido color prugna. Annusò il contenuto che avrebbe dovuto essere vino e ,schifato, riposò l’oggetto in vetro sul tavolo. Spostò la sua attenzione sulle persone che si trovavano in quella stanza e riconobbe almeno un membro di ogni famiglia fondatrice. I cittadini di Mystic Falls erano piuttosto monotoni secondo il giudizio di Damon, avevano sempre qualcosa da dire su qualsiasi nuovo arrivato di quella città e anche i Gilbert erano stati soggetti a quelle critiche. Damon passò la mano sui suoi capelli portandoli all’indietro e si rese conto di come lui fosse diverso da quelle persone : a lui non interessava niente della nuova famiglia insediata a Mystic Falls. Si guardò ancora una volta intorno prima di girare le spalle e uscire fuori dalla casa. Sarebbe andato nel suo solito “rifugio”, quel labirinto fatto di erbe che i Lockwood avevano fatto costruire apposta. Aveva una trama intricatissima ma nonostante ciò Damon era arrivato fino alla fine, nessuno si era mai disturbato a intraprendere quel sentiero e quindi si aspettava di non trovare nessuno lì dentro. Si incamminò dentro quel sentiero fatto di siepi e pieno di fiori. Il signor Lockwood si vantava di tutte le tipologie di fiori che aveva fatto piantare in quel giardino e Damon non poté che dargli, ancora una volta, ragione. Camminando l’odore dei gelsomini notturni appena schiusi si insinuò delicatamente dentro al suo naso e poi invase, letteralmente, i polmoni. Si limitò a sorridere sentendo quell’odore, riflettè su quanto fosse bella e caparbia la natura e continuò a seguire il percorso. D’un tratto, quasi alla fine del sentiero, si trovò davanti una ragazza. Lei era con le spalle girate e stava lì a contemplare una rosa rossa appena sbocciata così lui rimase dietro la siepe a osservare i suoi lineamenti e i suoi atteggiamenti poiché gli sembravano tutto, eccetto che familiari: sapeva di non averla mai vista.

Breathe in, hold it, hold it
Go on, begin
To let go, ´cause there´s no reason


Si sporse di più per guardarla meglio ma un rumore di cespugli gli fece capire di aver fatto un passo falso; lei, con il cuore in gola, si girò di scatto. Si guardarono per un attimo, abbastanza da fare incastrare i loro occhi color cioccolato e color lapislazzulo. In quei momenti, che sembravano eterni, i due ragazzi si scrutarono, si capirono e si assaporano semplicemente con uno sguardo poi lei abbassò gli occhi, sollevò con decisione il vestito ottocentesco e passò accanto a lui. Non fece in tempo a superarlo che lui le fermò un braccio.
“Dimmi almeno il tuo nome”
Lei abbassò lo sguardo e sussurò più a se stessa che a lui.
“Devo andare”.
Damon lasciò la presa e la fece andare via. Passò minuti a pensare e a tormentarsi sulla bellezza della ragazza e a come fosse riuscita ad entrare nel labirinto e poi si decise a seguirla ma di lei non c’era più nessuna traccia. Iniziò a cercarla per tutto il giardino, arrivando fino al punto più profondo della vegetazione ma lei non c’era. Sconsolato rientrò all’interno delle quattro mura di quella casa ma non ebbe il tempo di oltrepassare l’ingresso che il padre, Giuseppe, lo prese per il braccio e lo portò nella stanza a fianco per rimproverarlo.
“Dove sei stato? Ti ho cercato per un’ora intera. Io sono il vice-sindaco della città e non puoi permetterti di scomparire così, nel nulla”.
Quasi gridava il padre.
“Ti ho portato qui perché hai il compito di ballare con la figlia del signor Gilbert e non puoi tirarti indietro. L’ho già deciso da settimane.”
Damon cercò di replicare ma il padre non gli permise di dire una parola, gli occhi del giovane si accesero di odio e lo portarono a maledire il padre e quella festa. Se ci fosse stato Stefan lui avrebbe preso il suo posto, quello era il compito di Stefan alle feste: fare ciò che a Damon non andava di fare. Scocciato si diresse verso le scale che portavano al primo piano di quella casa. Da lì sarebbe scesa la figlia dei Gilbert e lui aspettò con fare impaziente che la ragazza arrivasse. Odiava quell’imposizione fatta dal padre ma doveva fare ciò che era giusto per l’occhio sociale.

 



****




Il corsetto venne stretto ancora di più e i lunghi capelli castani vennero spazzolati per mantenere la loro lucidità e la loro forma. Elena era pronta a presentarsi alla cittadina di Mystic Falls ma la madre, Miranda, voleva che tutto fosse perfetto. Così perfetto che continuava ad imprecare il cielo chiedendosi perché la figlia avesse scelto di andare sull’erba e sporcarsi ,sebbene impercettibilmente, le scarpe italiane ricoperte da pietre preziose. Nonostante la madre continuasse a parlare, Elena aveva smesso molto tempo prima di ascoltarla. Aveva smesso nel momento in cui vide una rosa rossa vicino alla finestra. Chiuse gli occhi e ripensò a quei due occhi, azzurri come il ghiaccio ma allo stesso tempo profondi ed intensi. Il viso bianco come il latte era incorniciato da capelli corvini mossi da un leggero vento. Nel frattempo la madre aveva alzato il tono di voce ed Elena fu costretta a riaprire i suoi occhi.
“Ma mi stai ascoltando?”.
Elena guardò la madre e annuì con la testa. Una ragazza annunciò Elena agli invitati e Miranda sistemò velocemente i capelli e il vestito della figlia per poi spingerla vicino alle scale. Elena camminò in fretta, rischiando d'inciampare sopra il suo vestito. Non aveva idea di chi l’avrebbe aspettata alla fine di quelle scale ma sperava che fosse qualcuno che l’avrebbe aiutata in quella danza. Lei non sapeva affatto ballare. Scese il primo scalino ed ebbe la sensazione di cadere, al secondo voleva solo togliere le scarpe e correre scalza giù per le scale per poter scappare via, il più lontano possibile.

I´ll try all I can
To find a soft place to land
Come down, come down, come down


Lo sguardo era ormai fisso ai suoi piedi per paura di cadere. Lei non era abituata a tutta quella pomposità, non era abituata a niente di tutto quello che si trovava attorno a lei quella sera. Scese scalino dopo scalino continuando a fissare i piedi e solo quando arrivò all’ultima parte di quel lungo percorso guardò negli occhi la persona che aveva davanti. Per un momento non capì se stesse ancora sognando ad occhi aperti o stesse vedendo la realtà: quei due occhi glaciali da cui era fuggita erano davanti a lei. Di nuovo.
Elena fece un inchino, sorrise e prese la sua mano. Cercò dentro se stessa una sicurezza che non aveva mai avuto, lei era fin troppo timida ma, per una volta, sarebbe stata un’ Elena diversa. I due ragazzi si diressero verso il centro della stanza e tutti continuavano a guardarli incantati. Frasi e parole sussurrate erano il sottofondo del loro ballo. La ragazza era visibilmente imbarazzata ma, nonostante ciò, la sua bocca si schiuse spontaneamente pronunciando parole che mai si sarebbe sognata di pronunciare.

Stand up straight
Hey
Breathe it, hold it


“Insegnami."
Gli disse sussurrando.
Lei era troppo orgogliosa per ammettere di non saper fare una determinata cosa e ora aveva abbassato totalmente le sue difese con un estraneo, un perfetto sconosciuto. Il ragazzo sfoderò un sorriso rassicurante e le mostrò quei passi di danza. Destra, centro, sinistra, dietro, centro, avanti e così via, fino a quando quei movimenti divennero del tutto naturali. Durante quei minuti ai due ragazzi sembrò di essere da soli in quella stanza. Continuarono a fissarsi senza dire alcuna parola. Elena questa volta non aveva gli occhi fissi sui suoi piedi e alla sua sbadataggine ma li avevi fissi su di lui. Esplorava ogni singola espressione facciale del ragazzo e lui, di rimando, faceva lo stesso. D’un tratto i violini smisero di suonare, i ragazzi si staccarono l’uno dall’altra e continuarono a guardarsi. Damon prese la mano di Elena, la avvicinò alla sua bocca e le posò un leggero bacio, poi la guardò e disse sorridendo:
“Benvenuta a Mystic Falls, Elena. Spero che ti troverai bene qui con noi.”
Elena ricambiò il sorriso, lo guardò andare via e poi avvicinò la propria mano al suo naso per sentire il profumo emanato dal ragazzo. Non avrebbe dimenticato quella sera. Non avrebbe mai dimenticato quell’odore di gelsomino che le aveva invaso i polmoni.

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Ho scritto questa One shot in occasione del TVD fest, cliccando qui
potrete capire cos'è e farvi prendere, così come ha preso me *_*
Spero che questa storia sia di vostro gradimento a me è piaciuta davvero
tanto scriverla ^^

   
 
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