#
10 – The resolution of the case
Sto
per condurre il tenente Pierce al
Metropolitan Police Service. Mezz’ora fa Booth e gli agenti
dello Yard a lui assegnati
hanno beccato Hawkins all’aeroporto, in procinto di
svignarsela alle Barbados.
Al
tenente ho raccontato che lo stiamo
trasferendo per motivi di sovraffollamento. È banale ma non
mi è venuto in
mente altro. Tanto non credo che ci abbia fatto caso. Probabilmente il
dolore
che sente non passerà mai. Mi sento così in pena
per lui.
E’
quasi mezzanotte quando arriviamo fuori
dalla sede del MET.
“Cosa?
Perché siamo qui?” mi chiede
spaventato
“Solo
burocrazia..per il trasferimento da
una prigione all’altra…” adduco poco
convinto, lo ammetto.
Odio
mentirgli. Non ad un uomo ridotto così.
Ma
se sapesse la verità non aprirebbe più
bocca. Ho bisogno di vedere la sua reazione nel momento esatto in cui
vedrà
Hawkins al di là del vetro.
I
due sottufficiali lo tengono per le
braccia e lo scortano all’interno.
Io
li seguo e nel frattempo prendo il
cellulare e comunico a Booth che siamo arrivati.
Entriamo
nella stanzetta dietro il vetro. La
dottoressa è già li che ci aspetta.
Pierce
la guarda appena e poi riabbassa velocemente
lo sguardo.
“Questo
non è un trasferimento, vero?” dice
esausto “Perché non mi lasciate in pace? Tina
è morta ormai, non c’è più
niente
che posso fare!”
“Può
mandare in galera il suo assassino!”
dico deciso
“Questo
non me la riporterà indietro”
“Però
può impedire che muoia la donna di
qualcun altro” la dottoressa si avvicina a Pierce sostenendo
il suo sguardo.
La
porta della sala interrogatori si apre e
Booth spinge dentro un Hawkins molto contrariato.
Pierce
sbarra gli occhi terrorizzato. “Lo vede
quell’uomo?” prosegue la dottoressa
“Quello che ha fatto a Tina, lo rifarà
ancora e ancora. E ancora.”
Non
è poi così male con le persone, in fin
dei conti.
Pierce
solleva le mani ammanettate per
coprirsi il volto.
“Ci
aiuti a sbatterlo dentro. Cosicché non
possa mai più fare del male a nessuno”
Il
tenente abbassa le mani e mi guarda “Me
lo promette?”
Lo
so, lo so, non si dovrebbero mai fare
questo tipo di promesse ma… “Lo prometto,
Robert”
Volge
un ultimo sguardo al vetro. Hawkins
sbraita che vuole un avvocato e che non abbiamo il diritto di
trattenerlo.
Pierce lo guarda come se volesse bucare il vetro con lo sguardo e
saltargli
addosso. So che lo farebbe. E, personalmente, credo che lo lascerei
fare.
“E’
cominciato tutto due mesi fa. Tina non
ce la faceva più a pagare l’università
così le ho dato una mano. Avrei fatto
qualsiasi cosa per lei…”
“Ma
nemmeno con il suo contributo economico
riuscivate a coprire le spese, giusto?” chiede la Brennan
Il
tenente scuote la testa “una persona che
credevo amica mi ha confidato di avere avuto in prestito dei soldi da
Hawkins e
che non pretendeva di riaverli subito e senza interessi..”
Io
e la dottoressa ci lanciamo uno sguardo
eloquente.
“E’
stato stupido crederci, lo so, ma non
potevo permetterle di lasciare gli studi; questa persona bazzicava
l’università
di Tina, diceva di essere un fuori corso, in realtà era uno
scagnozzo di
Hawkins che ci aveva puntati!”
“Puntati?”
domanda perplessa.
Il
tenente ha le lacrime agli occhi e non
riesce a risponderle.
“Cercava
potenziali vittime bisognose di un
prestito e si è guadagnato la loro fiducia”
intervengo.
“Invece
dopo una settimana Hawkins ha
preteso il triplo dei soldi che ci aveva prestato” esclama
asciugandosi le
lacrime.
“E
quando non avete potuto pagare ha
minacciato i genitori di Tina sfasciandogli
l’automobile” conclude la
dottoressa.
“Si,
quello è stato il primo avvertimento,
poi…” scoppia in singhiozzi.
È
chiaro che non c’è stato un secondo
avvertimento.
“Lo
so che è dura, ma deve andare avanti” lo
sprono.
“Avevamo
appuntamento al parco. Eravamo
riusciti a racimolare qualcosa e volevamo dimostrargli la nostra buona
volontà..ma lui si è presentato con i suoi
scagnozzi e i con i suoi tre
doberman. Quando ha visto che non avevamo tutto il
denaro…”
“Ve
li ha aizzati contro. Ma lei come ha
fatto a rimanere illeso?” chiedo perplesso
Il
tenente scuote nuovamente la testa,
restando in silenzio.
“Come
è andata?” domanda la Brennan in un
soffio
“Loro
mi tenevano fermo, volevano che
guardassi…” non riuscì a dire altro. Si
accasciò a terra tremando.
Mi
volto verso la dottoressa: ha gli occhi
lucidi e una mano sulla bocca. Fissa al vetro Booth e Hawkins
nell’altra
stanza. Vorrei dirle qualcosa per confortarla, ma non sono molto bravo
in
queste cose. Poi me ne accorgo. Sta fissando solo Booth, solo lui. E
credo che
il filo dei suoi pensieri sia simile ai miei…
…Dio
Mac se ti accadesse una cosa del genere…
Poco
dopo si riscuote, mi indica l’altra
stanza e io annuisco. Capisco che vuole avvertire Booth. Faccio un
cenno alle
guardie che rimettono in piedi Pierce. Basta per questa notte.
Usciamo
dall’edificio e lo riporto in cella,
in attesa del processo.
Dopo
una notte popolata unicamente da incubi
sto per varcare la soglia del Jag. Voglio avere assolutamente notizie
da Booth.
Svolto
l’angolo a passo di carica e
attraverso il parcheggio. Alzo lo sguardo verso l’ingresso e
sorrido. Sono già
qui ad aspettarmi. Probabilmente non sono andati a dormire.
“Non
sei contento di vederci Rabb?” mi
chiede Booth sorridendo
“Dipende
se Hawkins ha confessato..”
“Ha
confessato” conferma lui “Intorno alle
quattro di mattina..” dice con fare meno divertito.
“Andate
a riposare allora, a me aspetta un
processo da preparare”
Sorridiamo
alla mia battuta. Probabilmente
la nostra collaborazione finisce qui.
Un
po’ mi dispiace.
“E’
stato un piacere, agente Booth” dico
tendendo la mano.
Aspetto
che lui la afferri e poi mi rivolgo
alla sua destra “Dottoressa Brennan”
Lei
mi regala un sorriso caldo “speriamo di
averle riportato un pezzetto di Washington” esclama infine.
Sono
sorpreso. Che ne sa lei che mi manca
Washington? Avevo accennato la cosa solo a Booth. Lo guardo di sbieco e
la sua
faccia da schiaffi mi sorride imbarazzato.
Va
bene ho capito. Anche io e Mac in fondo
ci dicevamo sempre tutto.
“Si…
è stato bello” lascio la presa e mi
avvio all’entrata.
Mi
volto un attimo per guardarli un’ultima
volta. Sono di spalle. Quelle della dottoressa si avvicinano di
più “Era un
segreto? Perché non me l’hai detto
Booth?” la sento domandare
“Credevo
non ce ne fosse bisogno…”
Ah, questa volta sono io che alzo gli occhi al cielo, entrando nell’edificio.
Angolo dell'autrice:
eccoci quasi alla fine di questa storia. il prossimo sarà l'epilogo e poi mi toccherà spuntare la casella 'completa'.
spero che vi abbia tenuto compagnia come l'ha tenuta a me scriverla!
Al prossimo ultimo ns appuntamento!!
Ivi87