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Autore: ChiaraLuna21    16/06/2011    1 recensioni
Fu inondato da pensieri forti che gli fecero venire il mal di testa.
… tra quei pensieri riconobbe anche quello di Oz, più forte di tutti gli altri …

La storia è ambientata in un punto qualsiasi della seconda stagione dopo la terza puntata.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nella scuola

I pensieri erano fortissimi. Non pensava di riuscire a controllarli. Quelli di Oz, poi, erano quasi inquietanti.
Cercò di concentrarsi sull’uomo davanti a lui che cercava di nascondersi dietro una colonna.
Quel tipo prese una ragazza per un braccio, la tirò a sé e le puntò la pistola alla testa.
«Entra, o la ammazzo!»
La ragazza era sull’orlo di una crisi e stava per mettersi a piangere.
«Okay! Okay, entro! Stia calmo, entro!»
Si alzò lentamente e iniziò ad avvicinarsi al cancello.
Appena varcò la soglia, l’uomo la chiuse dietro di lui.
 
«Ma cosa fa? Gli ha appena sparato! Cosa sta facendo?»
Oz era isterico. Si sentiva in colpa perché non era riuscito ad aiutarlo. E, in oltre non capiva cosa Toby stesse facendo, e questo lo rendeva solo più nervoso.
«Non lo so!» disse Michelle evidentemente preoccupata.
 
I ragazzi e i professori erano seduti a terra, con le spalle contro il muro, uno affianco all’altro.
L’uomo lascio andare la ragazza, che tornò a sedersi vicino alla sua amica.
Poi afferrò per il braccio destro Toby e strinse forte.
«Che ci fai qui? Confessa!» Parlava a denti stretti, con le labbra vicinissime al suo orecchio.
Doveva mantenere la propria copertura finché era possibile, anche perché spiegare il vero motivo per cui era lì non era facile.
«Sono un paramedico! Dovevo controllare l’incolumità degli ostaggi!»
Ci fu un attimo di silenzio che durò un secolo.
Fa che non mi scopra! Fa che non mi scopra! Solo allora Toby si accorse di ansimare.
L’uomo lo spinse a terra. Il ragazzo si girò e lo guardò in faccia.
«Voglio crederti. Ora vai con gli altri!»
Toby fece un cenno con la testa e strusciò fino al muro.
I pensieri degli altri erano ancora nella sua testa. Fece un respiro profondo, strinse leggermente un pugno e riuscì finalmente a sopprimerli.
L’uomo cominciò a camminare aventi e indietro per tutto l’atrio.
Toby girò la testa alla sua destra e vide un ragazzo e una ragazza: lui la stringeva tra le sue braccia cercando di tranquillizzarla.
I due lo guardarono negli occhi. «Si … signore, sta bene?» chiese il ragazzo.
«Sì … sì,sì, sto bene. Posso … posso chiederti quante persone siamo?»
Il ragazzo annuì, controllando che l’uomo fosse ancora distratto. «Siamo due classi da ventotto persone l’una, più due professor e lei … 59! Siamo 59!»
Toby annuì. «Bene! Come … come vi chiamate? »
«Io Scott e lei Tina.»
«Scott e Tina … va bene … io sono Toby … ragazzi, state calmi,okay? Si risolverà tutto!»
I due si strinsero di più l’uno all’atro e fecero un cenno con la testa.
Il paramedico guardò l’uomo in piedi che era deciso a camminare senza mai fermarsi.
Doveva trovare un modo per liberarli, a costo di fare qualcosa di davvero  stupido e pericoloso; tanto, peggio di così era difficile che andasse.
«Sa … mi sono sempre chiesto ciò che pensano le persone quando fanno qualcosa di avventato! Perché … perché non me lo spiega? Lei cosa pensava stamattina?»
«Che cavolo hai detto?!» disse l’uomo poggiando la schiena alla colonna. «Vuoi sapere cosa pensavo? Lo vuoi sapere davvero? Pensavo che quello stronzo doveva pagare!»
«Chi doveva pagare? Perché doveva pagare? Che … che centra con questo istituto?»
La spalla gli faceva un male atroce, tanto che a  malapena riusciva a ragionare.
Non riusciva neanche a concentrarsi sui pensieri di qual tipo. Generalmente gli veniva quasi naturale, ma ora … ora gli sembrava quasi impossibile.
«Chi deve pagare?! Il professor John Thomas deve pagare! E vuoi sapere perché? Lo vuoi davvero sapere? Perché mi ha rovinato la vita! Mia moglie mi ha lasciato! Mio figlio di 9 anni quando mi vede cambia strada! Ed è tutta colpa sua! È colpa sua se io …»
«Cosa … cosa è colpa sua?» Toby stava per raggiungere il suo obiettivo.
«Niente! Niente! Non posso dirti quali e quante colpe gli gravano sulle spalle!» improvvisamente quell’uomo gli sembrava maledettamente indifeso.
I suoi pensieri si fecero forti e, finalmente, Toby li vide.
 
C’erano molti macchinari.
L’uomo che ora gli era di fronte era disteso su un lettino senza maglietta in una stanza simile ad una sala operatoria, ma più scura.
Ansimava. Ansimava forte.
Un uomo barbuto con un camice da medico gli mise degli aghi nelle braccia.
«Andrà tutto bene …»sentiva l’eco di queste parole mentre il “dottore” gli sorrideva.
Sentì un forte dolore. L’uomo sul lettino ebbe le convulsioni. Urlò molto forte, e quell’urlo gli invase la mente.
Il resto era confuso:… il Gran Canyon,… un villaggio settecentesco,… un parco giochi,… un’arena romana con i leoni,…
 
Toby tornò alla realtà e vide che quel tipo gli stava puntando contro la pistola.
«Cosa era quella faccia?»
«È … è la ferita! Mi fa un male cane!»
La risposta dovette convincerlo, perché annuì e abbassò l’arma.
Toby non sapeva bene cosa aveva visto, anzi, non ne aveva la più pallida idea, ma doveva scoprirlo.
 
«Dove saranno? Perché non fa richieste? E se … e se la pallottola avesse colpito un’arteria? E se avesse colpito il cuore? E voi cosa state facendo? Toby è là dentro, probabilmente sta morendo, e voi cosa state facendo? Eh? Cosa?»
Oz sembrava una macchina spara domande rotta: continuava a fare supposizioni surreali che non facevano che deconcentrare Michelle e farla preoccupare ancora di più.
«Oz … ascolta … noi ora non possiamo che aspettare. Poi, per quanto riguarda la ferita, anche se non sono un paramedico, mi sembra che non abbia centrato un’arteria, e, inoltre, se fosse stato colpito al cuore, non sarebbe riuscito ad alzarsi, non credi?»
Il paramedico annuì con vigore, visibilmente confortato.
Si voltò e tornò all’autovettura.
 
Toby optò per una nuova idea, sperando solo di non irritarlo troppo e costringerlo a sparare.
«Sa, non capisco perché trattenga tutti questi ragazzi. Infondo … infondo loro che centrano? Su, li lasci. Scommetto che non sanno neanche chi sia questo … Thomas.»
La proposta era allettante, ma non era convinto, glielo leggeva in faccia. A Toby questo non  bastava.
«Senta … senta Signor … Signor …?»
«Matt. Il cognome non serve.»
«Bene, signor Matt. Vede, secondo me lei non è uno stupido. Perciò penso che non ci sia bisogno che sia io a dirle che più tempo stiamo qui senza dare notizie, più è pericoloso per lei, come penso che sappia che tenere molti ostaggi è una garanzia … ma può anche essere molto pericoloso. Ad esempio … ad esempio prenda il caso che … che a questi due ragazzi venga in mente un piano geniale.» con queste parole puntò un dito contro i ragazzi che gli erano affianco «Potrebbero diffonderlo e poi metterlo in atto. Pensi a … a 59 persone che le vengono contro. Cosa farebbe?»
«Ho una pistola apposta.»
«Già … una pistola … quanti colpi ha una pistola? E, ipotizzando che lei abbia abbastanza colpi per sparare a tutti, crede di poterli far partire tutti contemporaneamente? E, inoltre, vuole davvero essere anche accusato di omicidio? E poi per cosa? Per sessanta ragazzi spauriti. Pensa di riuscirci? Ma, soprattutto, pensa che ne valga la pena?»
Quel Matt iniziò a sudare freddo.
In quel momento poteva avere due reazioni: ucciderli tutti, o dare retta alle parole di Toby.
«Fingiamo che io … io decida di accettare … senza ostaggi la polizia non avrebbe motivo di non entrare, giusto?»
Il paramedico temeva quel momento, ma sapeva che prima o poi sarebbe arrivato.
«Bene, allora tenga me come ostaggio. Infondo sono l’unico che può fare un identikit. Chi altro credi ci riesca? Questi ragazzi che si prendono ancora la zuppa di latte la mattina? Oppure questi professori rincitrulliti?»
Sperava ci cascasse, perché quella poteva essere la loro ultima spiaggia.
Matt annuì. «Bene, allora loro vanno, ma tu resti …»
C’era riuscito. Non sapeva come ma c’era riuscito.
L’uomo si avvicinò alla finestra e iniziò a parlare con la polizia.
Toby si girò verso Scott e Tina, già più tranquilli.
«Scott, senti, devo chiederti un favore: là fuori c’e una mia amica agente e un mio amico paramedico. Quando esci devi andare da loro de dirgli che sto bene, ma soprattutto devi aiutare il più possibile la mia amica. Lei si chiama Michelle McCusey. Okay? Me lo prometti?»
«Ragazzi, tutti fuori prima che cambi idea!»
Scott annuì a Toby. «Certo! Lo farò. Buona fortuna, e grazie di tutto.»
Detto questo scomparve nella folla con Tina.
 
Oz non aveva sentito una sola parola di quello che aveva detto l’uomo nella scuola, ma aveva visto i ragazzi uscire uno dopo l’altro, poi i professori, e poi … poi basta!
Dove era Toby? Perché non era uscito con gli altri?
Si precipitò da Michelle. «Dove è Toby?»
Non era sicuro di voler sentire la risposta.
«Oz, senti, quel tipo ha deciso di tenere un ostaggio …»
Non voleva ascoltare le parole che avrebbero seguito. Non voleva, perché gli avrebbero fatto troppo male. Ma le udì comunque.
« … ha deciso di tenere Toby!»
Le emozioni che provò erano molte e opposte: rabbia, paura, isteria, preoccupazione, angoscia, dolore,…
Le stava ancora elaborando quando uno degli ostaggi si avvicinò a Michelle.
« È lei l’agente McClusey?»
La donna annuì.
Poi il ragazzo disse quelle parole magiche: «Salve, mi chiamo Scott. Mi manda Toby!»
 

 
 
 
 
Ho deciso di non aspettare troppo per il capitolo successivo.
Ringrazio tutti quelli che hanno letto e che leggeranno la storia.
Qualche commento non dispiace, ma grazie anche a chi fa valere il suo silenzio come mille parole. 

 

   
 
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