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Autore: LarcheeX    17/06/2011    8 recensioni
Rin è agorafobica, cioè ha paura degli spazi aperti, e non è mai uscita di casa nei suoi diciannove anni.
e allora che ci fa invischiata in un pazzo e sconclusionato viaggio on the road per tutta l'Europa?
e, ancora, cosa potranno mai Kagome, Inuyasha, Kikyo, Naraku, Shippo, Shiori, Miroku, Sango, Koga, Ayame, Kagura, Bankotsu, Jakotsu, Suikotsu e soprattutto Sesshomaru darle di importante nella vita?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Rika red <3

sakura_sama :D

rossy-chan <3

6. Il metrò, luogo infestante.

 

Non seppe cosa fu di preciso a svegliarla. Forse la trombetta da stadio suonata all’improvviso, o forse il coro di invettive lanciate in seguito, o forse ancora il grido soffocato e un’imprecazione non troppo gentile, fatto sta che si ritrovò su un pavimento, a quattro zampe, col fiatone e la tremarella.

Quando si ricordò cosa fosse successo durante l’intera e precedente giornata, ma soprattutto quando vide uno scarafaggio zampettarle davanti al naso, non poté fare a meno di lanciare un grido e rotolare sotto al tavolo di legno infisso sul fondo di Sengoku.

“Che succede?”

Entrarono praticamente tutti quanti, chi allarmato, chi semplicemente incuriosito. A prima vista non videro nessuno, almeno fino a quando a Inuyasha non venne la brillante idea di guardare sotto al tavolo: “Rin, che ci fai lì?”

“Sc… a… scafa… faragcsa-gi!” balbettò, sotto pressione e rossa per l’imbarazzo. Aveva il cuore che andava a mille.

Quando capirono, tutti gli sguardi verterono su Miroku, che sembrava abbastanza imbarazzato: “Sentite, io Sengoku l’ho pulito… non sono certo superman!”

Rin, uscendo da sotto al tavolo e sedendosi sopra di un sedile, notò che Sesshomaru era tornato tra loro. Si era già cambiato: indossava un paio di jeans e una camicia candida, che sembrava essere stata cucita apposta per le sue spalle larghe e magre, perché gli stava benissimo. Non sembrava avere quasi cento anni (capitan ovvio, nda), come non sembrava che avesse passato tutta la notte fuori: il suo viso era liscio e neutro come sempre, non una ruga, non un’occhiaia. Beato lui.

Dopo un silenzio imbarazzato, Sango decise che era ora di cambiarsi, dato che nel sacco a pelo aveva dormito con i vestiti del giorno prima, così come tutti gli altri. Miroku annuì: “Prendete le valigie e cambiatevi qui dentro, mentre gli uomini aspettano il proprio turno.”

Sango rimase basita. Miroku non aveva fatto storie, né battute di dubbio gusto. Stava per caso male?

Mentre i ragazzi uscivano, le ragazze presero ognuna il rispettivo bagaglio, anche se la valigia di Rin fu portata da Ayame perché lei non riusciva a sollevarla e, dopo essersi rinchiuse nel pulmino e aver ben controllato che dai finestrini non ci fosse nulla, azione che impiegò i cinque minuti in cui Miroku cercava di fare in modo di vedere qualcosa e in cui Sango lo picchiò a morte, cominciarono a cambiarsi.

Dovevano parlare sottovoce per paura che qualcuno sentisse i loro discorsi su argomenti come… “CAZZO!!”

Tutte, all’esclamazione di Kagura, saltarono di almeno tre metri, mentre Rin rotolò, in mutande e reggiseno, sotto al tavolo, di nuovo. “Ehm… non vi preoccupate, l’amico Red ha anticipato di nuovo.” Spiegò criptatamente, mentre le altre annuivano, gravemente.

Rin, rossa per la vergogna per essersi dovuta spogliare davanti ad altre persone, optò per una camicetta rossa, pescata a caso nella valigia, un paio di jeans lunghi e scarpe da ginnastica, e stava per mettersi un maglione quando Ayame glielo sequestrò: “Eh, no, non starai qui, davanti a me, tutta imbacuccata, a farmi morire di caldo, ora che hai finito di vestirti fila fuori!” e, non si sapeva come, si ritrovò in mezzo ai maschi, fuori da Sengoku.

Non seppe dire perché, ma diventò bordeaux. Forse erano gli sguardi di Miroku, Naraku, Koga e Bankotsu che scivolarono sul suo petto, straniti da chissà che cosa, così interrogativi da farle abbassare lo sguardo per vedere se ci fosse qualche strano insetto, che, però, non vide.

Quella situazione imbarazzante fu salvata però da Shiori, che, scendendo da Sengoku, inciampò in un gradino e le finì sopra, e, a mo’ di panino, anche Kagome fece lo stesso.

“AHI!” si lamentò, con le lacrime agli occhi, quando rivide la luce, mentre veniva pescata da una mano da terra e rimessa in piedi. Poi vide davanti a sé la figura di Koga: “Scusa piccola, ma sembravi quella messa peggio tra quelle tre.” Le disse, indicando con il pollice Shiori e Kagome, che cercavano di scusarsi l’una con l’altra.

“Oh, grazie al cielo vi siete cambiate in un tempo relativamente breve!” esclamò Bankotsu, dopo circa dieci minuti, quando anche Kagura si decise a scendere da Sengoku. “Lo dici come se te ne intendessi.” Gli ringhiò la yasha, dopo averlo squadrato da capo a piedi ed aver incurvato le labbra in un irriverente sorrisino relativo all’altezza del primogenito dei Ben. Decisamente bassa, soprattutto dall’alto dei suoi tacchi.

Bankotsu non se ne accorse, o forse la ignorò per gentilezza, ma fatto sta che in quel momento il suo problema era un altro: fratello numero 3, ovvero Jakotsu. Perché se c’era una cosa che lo eccitava, e che non mancava di fargli notare, era cambiarsi vicino a tanti bei maschioni (citazione necessaria).

“Lo sediamo?” sussurrò Suikotsu, mentre salivano su Sengoku dopo essersi presi i bagagli, riferendosi ovviamente a Jakotsu, che, da parte sua, stava sorridendo come un ebete, e ciò faceva presagire nulla di buono.

Sesshomaru, per fortuna sua, aveva avuto l’occasione di cambiarsi all’alba, quando tutti erano tranquillamente nel mondo dei sogni e quando lui era tornato dal suo giro. Non che fosse stato lontano, aveva semplicemente passeggiato nel bosco e aveva finito per arrampicarsi su di un albero, sfortunatamente a portata di orecchio da quello che si diceva intorno al fuoco.

Doveva farla pagare a quel cretino del fratello, anzi fratellastro! Se c’era una cosa che odiava era l’essere trattato come un vecchio bacucco, lo faceva incazzare così tanto da voler far fuori subito la causa della sua arrabbiatura, e si fermava solo per motivi più o meno legali. Sarebbe stato scomodo essere condannati a morte per l’uccisione di un misero umano, il gioco non sarebbe valso la candela.

Si appoggiò ad una delle pareti del pulmino, in attesa, preso dai suoi pensieri al punto di non accorgersi di Kagura che si avvicinava.

“Ciao.” Gli disse, sorridendo lievemente. Lui si limitò ad un’occhiata gelida, che intimorì la donna ma non ebbe l’effetto di scoraggiarla: “È una bella giornata, non trovi?”

Se trovò la giornata bella, se lo tenne per sé, e si allontanò senza dire nulla.

Kagura stranamente percepì un venticello artico scompigliarle i capelli, mentre la temperatura calava drasticamente. Rabbrividì.

Poi, all’improvviso, nel pulmino ci fu un movimento confuso, e tutti si precipitarono fuori, chi in boxer, chi con i pantaloni, chi con solo la maglietta, sotto lo sguardo perplesso delle ragazze e di Sesshomaru.

Rin, vedendo Suikotsu e Shippo in mutande, diventò dello stesso colore della camicetta, e si mise le mani sul viso, girandosi: “Oh, che vergogna!” esclamò contro sé stessa.

 

Manuale di sopravvivenza di Rin: 2) gli uomini in mutande portano solo vergogna e gote rosse. p.s. mai lasciare soli poveri ed indifesi uomini con Jakotsu.

 

Dopo circa dieci secondi scese Jakotsu, l’unico pronto e davvero rilassato: “Ah!” esclamò, allargando le braccia: “Che bella giornata!”

Tutti i maschi si rintanarono nel pulmino.

 

Dopo la parentesi di Jakotsu il maniaco tutti si ritrovarono in cammino verso il museo più famoso al mondo, il monumento che ha dato tanto lustro a Parigi dopo la Tour Eiffel: il Louvre.

“Giusto per informazione.” Cominciò Shippo, rivolgendosi a Miroku: “Quanto dista il Louvre da qui?” Miroku, per tutta risposta, si grattò la testa, con fare pensieroso: “Mah, direi più o meno dall’altra parte della città.”

Rin gemette a causa dell’informazione. Tutta la giornata sarebbe sfumata a camminare, e lei già si sentiva stanca. Aveva dormito decisamente male, ed aveva avuto un incubo terribile.

“Rin, tutto a posto?” le chiese una voce, che poi si scoprì essere quella di Jakotsu: “Più… più o meno.” Balbettò.

“Seenti, io volevo chiederti una cosa.” Cominciò, mettendole un braccio attorno le spalle e avvicinando le labbra al suo orecchio: “Ma quanto porti di reggiseno?”

Lei, a quella  domanda inopportuna e invadente, si bloccò, rossa come un pomodoro, ancor più scarlatta della tonalità decisa della camicetta. Nel suo cervello non quadrava nulla. Avrebbe potuto ascoltare, non accettare, chiariamolo, quella domanda da Naraku, forse, perché sembrava il più invadente, ma perché gliel’aveva fatta Jakotsu che, essendo dell’altra sponda, non aveva interesse per quelle cose? Forse la stava facendo a lei per conto di qualcun altro. Ma a chi poteva importare della sua taglia di reggiseno? Saranno stati anche fatti suoi!

“Naraku aveva ragione, i tuoi pensieri si leggono sul viso.” Ridacchiò Jakotsu, con la sua tipica risatina un po’ rauca: “Non farti troppi film mentali, la mia era curiosità, se mi dici la risposta ti spiego perché.”

“Qu-quasi una quarta.” Balbettò, rossissima.

Allorché Jakotsu, gridò, esaltato: “AHA!” ma così acutamente da far girare alcuni innocui francesi che stavano passando per la via: “Avevo ragione, ecco perché ti guardavano!”

“Eh?”

“Allora” cominciò, spiegando il suo, di film mentale: “Ieri avevi un maglione, quindi non si vedevano le tue grazie.” A quell’affermazione Rin arrossì, se possibile, ancora di più: “Ma quando sei stata buttata giù da Sengoku oggi, non ti sei sentita osservata?”

Annuì, ricordandosi di quello che era successo qualche minuto prima: in effetti si era sentita osservata un po’ troppo spudoratamente. “Ecco, diciamo che sono rimasti stupiti.” E, con questo, indicò Bankotsu: “Pensa che lui ha anche detto: insomma prima sembra piatta come una tavola e poi assorbe più curve di un’autostrada di montagna, non è valido!” l’imitazione di Jakotsu era perfetta, aveva la stessa tonalità di voce del fratello, resa però un po’ più stridula dalla sua.

“Ehi, ehi, ehi.” esclamò una voce dietro di loro: “Guarda che Rin è una mia paziente, non la puoi strapazzare così!” e, quando Jakotsu lasciò libere le sue spalle, Rin poté vedere la figura slanciata di Naraku ergersi a pochi passi da loro. Si bloccò: “Chi sarebbe la tua paziente?” borbottò, contrariata.

“Ma tu, tesoro.” Jakotsu ridacchiò e si allontanò con una malizia che Rin, essendo abbastanza ingenua poiché totalmente inesperta nel mondo al di fuori della sua casa, non riuscì a cogliere e, anzi, scambiò per un dispetto.

Incrociò le braccia e continuò a camminare, un po’ risentita del fatto di essere ancora sola con quello psicologo psicopatico. “Non è la prima volta che qual-”

“-cuno lo pensa.” Lo interruppe Rin, mimando con la mano una bocca che parlava troppo, scocciata.

Naraku rimase sorpreso: interrompere gli altri era una sua caratteristica, ma era la prima volta che qualcuno gli rubava le parole di bocca. Con molta soddisfazione, si disse che Rin non era un caso da studiare solo per agorafobia.

 

“Hai lasciato lo skateboard su Sengoku?” chiese Koga con strafottenza, avvicinandosi ad Ayame che, udendo la voce dell’odiato demone, si girò di scatto, astiosa: “Perché, volevi essere abbattuto di nuovo?” ringhiò, avvicinando il viso al suo.

Koga rimase un po’ imbarazzato per quella vicinanza così repentina, e andò indietro con il busto per spezzarla, ma Ayame gli andò dietro e finirono di nuovo stesi per terra una sopra l’altro. “Ma si può sapere che ti prende, goffa lupacchiotta senza equilibrio?”  ringhiò Koga, alzandosi di scatto e costringendo Ayame a rotolare sul marciapiede, mentre sia i loro compagni di viaggio che i passanti si attorniavano al loro litigio. “Sarei io quella senza equilibrio?!” esclamò Ayame, sempre più irritata, tanto dal puntare un dito contro il petto del demone: “Tra noi due sei tu il cretino che non si regge in piedi, stupido lupastro!”

“Eh, non offendermi tanto, purtroppo sei della mia stessa razza.” Sibilò l’altro di rimando.

“No, perché lupastro è l’insieme di stupido lupo e impiastro.”

“Ah, e io sarei un impiastro? Ma ti sei vista? Non hai un briciolo di sex appeal!”

A quel punto si poteva pensare chiaramente a due fidanzatini isterici, tanto che i francesi che curiosavano non riuscivano a cogliere le gentilezze in lingua anglosassone che i due si stavano scambiando. Ayame sarebbe di sicuro saltata addosso a Koga a suon di botte per fargli capire cosa ne pensasse del proprio sex appeal se Sesshomaru non fosse intervenuto.

Rin pensò che Sesshomaru fosse stato semplicemente fantastico.

Il demone prese Koga per un orecchio, ignorando le sue proteste, invettive e i suoi tentativi di liberarsi e, dopo averlo allontanato dalla ragazza, lo spedì in avanti per tre metri con un poderoso calcio nel sedere, poi ritornò ad Ayame e fece la stessa cosa, mandandola indietro di tre metri con lo stesso metodo “Avvicinatevi più di così e vi butto nella Senna.” Dopodiché si avviò a grandi passi verso il metrò.

“Ma?” chiese Shippo, sorpreso dal fatto che i due non avessero opposto resistenza. Beh, neanche lui lo avrebbe fatto, vista la presumibile irritabilità di Sesshomaru e la potenza muscolare ostentata dal calcio distribuito sui didietro dei due lupi.

“Neanche si conoscono e già cominciano a punzecchiarsi.” Brontolò Sango, incrociando le braccia. “Non ti preoccupare.” Disse Naraku, con il suo solito sorrisino sornione: “In realtà si amano già alla follia.”

Noi non ci punzecchiamo.” Disse invece Miroku, avvicinandola a sé mettendole la mano su un fianco. Lei, piccata, gli diede uno schiaffo in omaggio. “No, affatto.”

Rin rimase basita.

La gente era pazza. Il mondo era pazzo! E lei, povera, ingenua e tremante fanciulla, era costretta in un mondo così pericoloso!?

Sobbalzò all’ennesimo tram che passava, girandosi di scatto per l’ennesimo fruscio di vento che le aveva fatto venire i brividi, dato che Ayame le aveva sequestrato il maglione. Poi, dalla tasca, provenne il suono di un trillo, il tipico e anonimo trillo del suo telefono, e, dopo averlo estratto dalla tasca, si accorse che a chiamarla era sua madre.

Rimase indecisa un paio di secondi sul rispondere o meno, poi si disse che in quel momento era ancora troppo arrabbiata con lei per poterle parlare civilmente e premette il tasto rosso. “Ti chiamano da casa?” chiese la voce limpida di Shiori, sporgendosi verso di lei. Rin, in quel momento, ringraziò mentalmente Shiori, perché, non essendo né troppo alta né troppo grande rispetto a lei, non la fece sentire una schifezza. Annuì: “Era mia madre.”

Shiori si fece un po’ pensierosa, come se quell’informazione le desse da riflettere, poi le disse, con un sorriso: “Allora è meglio che la richiami ora, non credo che nel metrò prenda.” Il suo tono era tra i più innocenti del mondo, e faceva quasi sorridere.

Stava per spiegarle il motivo per cui non voleva sentire sua madre, quando il suo cervello recepì la parola metrò. Rabbrividì.

“Dove?” chiese, non credendo alle proprie orecchie, ma intervenne Shippo, che circondò le spalle di tutte e due le ragazze con le braccia: “Beh, Miroku ha detto che a piedi ci metteremmo troppo quindi abbiamo optato per il metrò.” Spiegò, con aria allegra e tosto Rin si diresse a grandi passi verso quella specie di organizzatore, a metà tra l’arrabbiato e lo spaventato.

Passi per essere stata trascinata anche in quel giorno in un luogo pieno di germi, passi per la lunga camminata che probabilmente avrebbe dovuto sopportare, ma entrare in un orribile posto pieno di sporcizia come il metrò le sembrava decisamente troppo!

Tirò Miroku per una manica, distogliendolo dalla sua chiacchierata con Inuyasha, sussurrandogli, concitatamente: “Possiamoandareapiedi?”

Lui, capendoci più o meno la p, alzò un sopracciglio, interrogativo: “Eh!?”

Rin prese un bel respiro e, dopo essersi quanto meno data una calmata, disse: “Possiamo andare a piedi?” Inuyasha a quel punto, udendo finalmente il preoccupato borbottio della ragazza, scoppiò a ridere, tanto da attirare l’attenzione di qualche francese di passaggio: “Ehi, stiamo scherzando?” ridacchiò: “A piedi non vado nemmeno morto!”

“Strano che tu sia così poco resistente.” Ghignò Koga, avvicinandosi all’improvviso di tre metri: “Forse è per il fatto di essere un mezzodemone. Mezza tacca.” Ridacchiò, dopo aver posizionato le dita a forma di L sulla fronte.

Perdente. Inuyasha chinò un po’ il capo, frustrato: sempre, sempre, tutti, Sesshomaru per primo, gli avevano sempre fatto sgarbatamente notare il suo essere mezzodemone, tanto che lui ormai ci aveva fatto l’abitudine. Ma, se forse riusciva a trattenersi dal saltare addosso a Sesshomaru, non poteva certo accettare il fatto di essere stato chiamato perdente da un quasi sconosciuto!

“Parla per te: sei un demone completo e neanche riesci a reggerti in piedi.” Ringhiò, con gli occhi accesi di rabbia.

Miroku sgranò gli occhi: uno a zero per Inuyasha! Certo, lui lo conosceva bene in quanto suo amico dalle elementari, ma mai si era azzardato ad una risposta così pungente e cattiva nei confronti di qualcuno. Wow.

“Certo che i maschi non fanno altro che litigare!” sospirò Kagome, abbassandosi mentre si fingeva così esasperata dal mimare la caduta delle proprie braccia. Era vestita con una gonna fino al ginocchio a righe gialle e arancioni accostata con una canottiera estiva color cielo che faceva a pugno con il resto del vestiario. Provocava un contrasto così evidente da sembrare praticamente volontario. Kikyo le diceva sempre che aveva un terribile gusto nel vestirsi, che abbinava i colori in un modo così assurdo da sembrare daltonica, ma per lei, ovviamente era facile parlare.

Kagome, essendo la sorella gemella di Kikyo, era sempre soggetta ad un confronto anche perché, chi le conosceva, si metteva in condizioni di adorare la ragazza più seria e composta e calcolare come nulla quella più esuberante e fastidiosa, ma a lei, Kagome, questo non dava particolarmente fastidio, anzi. Voleva bene a Kikyo e non vedeva il motivo per cui dovesse risentirsi di qualcosa che pensavano gli altri.

Ma se c’era qualcosa che le pesava allora era il comportamento altezzoso e saccente che questo modo di pensare provocava nella sorella. Kikyo, quella più bella, quella più sexy, quella più arguta, quella più brava, quella più tranquilla. Era ovvio che poi la diretta interessata si sentisse stracarica per quelle lusinghe e soprattutto, si sentisse in dovere di umiliarla. Magari non lo faceva nemmeno apposta, ma, alla fine, era sempre Kagome a essere ignorata.

A scuola, all’università, con gli aiuti della sorella, Kikyo era diventata l’alunna più brillante, mentre lei veniva dimenticata.

In famiglia, dove ovviamente gli errori di Kagome sembravano enormemente più gravi di quelli della sorella.

Persino in amore, dove, quando ad entrambe piaceva un ragazzo, Kikyo si impegnava a conquistarlo per prima, lasciando a lei il nulla. Basti pensare che Onigumo, l’ex-futuro marito di Kikyo, era l’uomo per cui Kagome si era innamorata dai tempi del liceo, soffiato dalla sorella.

“Posso dirti che i tuoi pensieri puzzano di sventura?” chiese Kagura, poggiandole una mano sulla spalla. Kagome, dal canto suo, si risvegliò all’improvviso dalle sue riflessioni, sobbalzando un pochino: “Ehm… penso proprio che sia la definizione giusta.” Mormorò.

Sango aveva immediatamente capito a cosa l’amica stesse pensando, tanto che si rabbuiò anche lei. Le sorrise, rassicurante, e le suggerì di pensare a qualcosa di più allegro.

 

“NON CI CREDO!” gridò a pieni polmoni, cercando di risalire le scale. Voleva tornare a casa, voleva tornare a casa!

Fu agguantata dalla mano di Naraku, che la prese per i capelli e la costrinse a ritornare giù, nella galleria del metrò: “E dai, dovrà pur passarti ‘sta agorafobia.” Mugugnò, senza lasciarla e facendole obliterare, controvoglia, il biglietto.

Rin cominciò a piagnucolare, tremando. Era nel metrò, era nel metrò, porca miseria! Era tutto buio, e spaventoso, e sporco! si vedevano macchie di umido sui soffitti polverosi – e non poté fare a meno di lanciare uno strilletto alla vista di un ragno – e chissà quante gomme da masticare per terra! E poi c’erano tante, troppe persone! Erano le otto e mezza e, a quanto pareva, era ora di punta, perché sembrava che tutti i francesi di Parigi dovessero in quel momento prendere la metro.

Dovettero appiccicarsi tutti e sedici al muro per evitare di essere travolti dalla folla che usciva dal primo – e sporco! – treno, e per lei fu un’altra mazzolata di strizza. Prese la mano della persona che stava alla sua sinistra, in quel caso Kagura, e la strinse con quanta pi forza aveva.

L’altra rimase sorpresa: non aveva mai sentito tanto terrore in una persona in una volta sola, e le faceva quasi pena sentire sulla pelle tutta la paura di quella scricciola che, evidentemente, se la stava facendo sotto, e avrebbe di sicuro cercato di darle un po’ di conforto se la sua mano non avesse perso la sensibilità a causa della sua stretta. “Ehm… Rin?” la chiamò, quando ormai le sue dita erano diventate rosse. Lei, arrossendo di botto, lasciò la sua mano e si scusò almeno mille volte.

“Muoviamoci, prendiamo il prossimo!” gridò Miroku, agitando le braccia, e tutti si incamminarono di corsa alla banchina.

Rin, sbattendo e facendo slalom tra la gente, non fece altro che seguire la lunga e candida chioma di Sesshomaru che, tra l’altro, sembrava non avere veri problemi nel camminare, oramai suo unico punto di riferimento in quella marmaglia di gente.

Che schifo che schifo che schifo! Piagnucolò mentalmente, con le lacrime agli occhi per l’agorafobia, mentre cercava di rincorrere, insieme a Kagura, il resto del gruppo, sempre andando dietro a Sesshomaru, ma così dietro che, quando finalmente arrivarono sulla banchina, Rin gli finì addosso, tremando come una foglia.

Certo che la sua camicia da così vicino era davvero bianchissima… come aveva fatto a mantenersi così linda in un macello simile?

Quasi come a voler cercare una risposta a quella domanda, alzò il viso in direzione di quello del demone con un’espressione così interrogativa da risultare quella di un’ebete, scoprendo poi negli occhi dorati del suo atterraggio di fortuna la più cocente irritazione. Si staccò immediatamente: “Scu-scusami!” esclamò, rossa per la vergogna e l’imbarazzo. Sesshomaru, per la terza volta in due giorni, sembrò vertere l’attenzione su di lei, e doveva avergli fatto davvero schifo, perché fece in modo da mettere più passi possibili tra le sue goffe scuse e la propria demoniaca magnificenza.

 

Manuale di sopravvivenza di Rin: 3) il metrò è un luogo altamente infestante e pericoloso per la vita, soprattutto in presenza di certi demoni.

 

“Dai Rin, siamo quasi arrivati!” la consolò Shiori, tenendole la mano. Lei, come aveva fatto con Kagura, scaricò tutta la sua tensione in quella stretta, anche se Shiori fu tanto delicata da non farle notare il fatto di starle quasi per staccare le dita.

Per lei fu un incubo quando arrivò il treno stranamente vuoto, nonostante il sostegno di Shiori le avesse infuso una misera percentuale di coraggio, e si ritrovò abbarbicata, sempre con Shiori la santa a farle da antistress, al palo giallo nel bel mezzo del corridoio del mezzo.

Però, ovviamente, i problemi non erano finiti. Figuriamoci.

Stava per essere frullata chissà dove dalle scosse del treno, o perché quello andava troppo veloce o perché lei era troppo leggera, fatto sta che si ritrovò spiaccicata – di nuovo! – contro Sesshomaru.

Sembrava davvero incavolato. Percepiva i suoi muscoli in tensione. Ma, prima che potesse anche solo accampare qualche scusa maldestra, fu scaraventata con stizza nel sedile immediatamente dietro di lei.

Sango, dopo aver provato a protestare per la poca delicatezza usata da Sesshomaru nei confronti della piccola Rin e dopo essere stata liquidata da una spaventosa occhiataccia da parte del suddetto, si sedette sopra di Miroku invece che sopra uno dei tanti sedili vuoti, lasciandolo sorpreso. Per mascherare la sua sorpresa, comunque, Miroku provò a posare per l’ennesima volta la mano sul sedere della fidanzata, giusto per rilassarsi, ma, prima di poter compiere il misfatto, fu ammonito: “Provaci e ti ritroverai lungo su i sedili mentre qualcuno cercherà di farti rinvenire.” Ma lui, imperturbabile, le rivolse un’occhiata rilassata: “Allora speriamo che sia una bella donna.” E lei, per ripicca, incrociò le braccia: “Invece spero che sia un grassone vecchio e pelato.” Ma, oramai, si era capito che non stessero dicendo sul serio.

“Siete imbarazzanti.” Li ammonì Inuyasha, girando molto al largo del fratello e sedendosi a due sedili di distanza dai piccioncini: “Se volete tubare potreste farlo in privato.”

Naraku pensò immediatamente che la delicatezza e il tatto non fossero qualità conosciute dal mezzodemone che corrispondeva al nome di Inuyasha.

Ma Miroku, invece, con molta non-chalance, ammiccò verso l’amico: “In-vi-dio-so.” Sillabò, e Inuyasha, suo malgrado, non poté far altro che scoccare un’occhiata a Kikyo e rimanere in silenzio.

Già, Kikyo. Era rimasta in silenzio per tutto il percorso, senza parlare a nessuno. Chissà perché era così taciturna. Beh, l’unica cosa che poteva in quel momento su di lei era che la sua bellezza e la sua grazia erano nettamente superiori a quelle dell’odiosa sorella.

Palais Royal – Musée du Louvre.

 

Pronunciò la voce metallica dell’annunciatrice, e finalmente tutti poterono risalire all’aria aperta della città di Parigi.

“Bene” disse Miroku, facendoli stringere in cerchio: “Siete liberi di fare quello che volete. La visita al Louvre per noi è gratis ma siete liberi di usufruirne o meno.” Annuirono: “Ci rivediamo qui alle sei e mezza.”

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no, non sono morta :D mi ricordo sempre di voi :D

capitolo di mezzo prima del Louvre. oggi niente canzoncina, mi dispiace :(

AVVISO: d'ora in poi verranno calcolati come vincitori solo il primo che azzecca correttamente sia il titolo che l'autore, anche perchè sennò i "punti" per la comparsa rimangono sempre pari a loro stessi.

dunque... Rin ha constatato da (molto) vicino quanto potrebbe essere pericoloso toccare Sesshomaru, Bankotsu è basso, Jakotsu è un maniaco, Ayame e Koga si odiano amano già alla follia [cit. Naraku], Inuyasha occhieggia dalla parte di Kikyo, la vecchia volpe di Naraku ha già delineato le proprie prede, la mano di Shiori è in briciole, Miroku e Sango sono imbarazzanti e l'autrice è bella che sciroccata.

alla prossima :D

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prossimamente:

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CAPITOLO 7: I SIGNORI CLIENTI SONO PREGATI DI EVITARE DI DAR FUOCO AI QUADRI ESPOSTI, GRAZIE.

  
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