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Autore: Slytheringirl093    18/06/2011    4 recensioni
Thiago scopre che sta per diventare padre.Si trova così a riflettere sul significato della parola 'padre' e 'famiglia'.
[4 stagione 'Casi Angeles' ]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vas a ser papà, Pela!

Mar &Thiago



 
Padre. Cosa vuol dire essere padre?
Me lo sono sempre chiesto. Fin da quando ero piccolo , ho sempre avuto un’dea alquanto distorta della concezione che tutti noi diamo ad un padre. Forse perché il padre che ho avuto io, non è proprio l’esempio più nobile della categoria. Dopotutto, proprio a me, di padre, non se ne può parlare dato che tra il mio vero padre , ovvero un pazzo di nome Juan Cruz che voleva uccidere me e tutto il resto dell’umanità, e quello che io ho sempre chiamato padre, ovvero il fratello del pazzo Bartolomeo, il quale ne ha combinate tante di quelle che nemmeno sto qui a dire, non si può certo dire che io nella mia vita abbia mai avuto una figura stabile accanto a me. All’inizio non era così, però. All’inizio le cose erano diverse.
 
Alla giovane età di 9 anni mio padre mi ha mandato a studiare all’Estero, precisamente a Londra, allontanandomi da lui, e da mia madre che tra l’altro avevo visto si e no, un paio di volte e di cui avevo un vago ricordo. Si, perché se la mia figura di padre è sempre stata incerta, quella di mia madre, non ne parliamo proprio. Abbandonato, ecco che ha fatto. Mi ha abbandonato. Poco importa il perché lo ha fatto, e poi come ci siamo chiariti in seguito, quando tutto è venuto allo scoperto. Avevo 9 anni, e mia madre mi aveva abbandonato, punto. Mio padre mi mandava via, e io mi ritrovavo solo, in una città troppo grande per me, per un bambino semplicemente bisognoso di quel po’ di affetto che mi era sempre mancato. Ecco di cosa avevo bisogno.
 
Affetto.
L’affetto è qualcosa che ho sempre desiderato più di ogni altra cosa. Più dei giocattoli, più dei soldi, più delle comodità che una vita agiata potesse offrirmi. L’affetto è un qualcosa che non si può comprare, specialmente quello dei tuoi genitori. Perché sono loro, se ci pensate, quelli che per primi dovrebbero darti affetto, quelli che dovrebbero insegnarti cos’è l’amore. Volete sapere a me chi ha insegnato il significato di questa parola? Shakespeare. Un libro. O meglio, i suoi libri. Grazie a questo autore, del quale adoravo i suoi libri, ho imparato il significato ‘allegorico’ della parola Amore, Gelosia, Odio, Rancore, Vendetta.. Tutto da lui. Nonostante ciò, però, nonostante sapessi di non avere una famiglia perfetta, una madre, un padre perfetto, vivevo ancora nella mia bolla di sapone. Una bolla di sapone, nella quale una volta tornato a casa, mio padre, nonostante non fosse perfetto, mi avrebbe accolto , amato e dato tutto quell’affetto che solo un padre poteva darmi.
 
Lui, era il mio modello.
Era una così brava persona ai miei occhi. Addirittura aveva aperto un centro di accoglienza e aveva in casa con se orfanelli che trovava per strada, senza pretendere nulla in cambio. Mi diceva sempre che era perché lui comprendeva cosa voleva dire crescere senza nessuno alle tue spalle, e io ci ho sempre creduto. Quando sono tornato a casa , dopo Londra, ho trovato mio padre pronto ad accogliermi, come avevo sperato. Ho trovato Justina , la governante, docile e premurosa nei miei riguardi e la mia bolla di sapone era sempre lì, e io non riuscivo a vedere nulla al di fuori di quello che avevo davanti agli occhi. Non riuscivo ad andare oltre l’apparenza, era tutto troppo perfetto per essere una bugia.
 
Bugie. Si dicono le bugie?
I genitori dovrebbero dire le bugie? La verità è che tutti mentiamo, solo che le persone con un minimo di coscienza e senso di colpa cercano di limitarne la quantità, e gettare una giustificazione che quasi sempre è ‘a fin di bene’. Riflettendoci, non credo che le bugie dette da mio padre si potessero definire ‘ a fin di bene’ . Eppure le bugie, se dette da una persona che ami, possono risultare talmente vere che a volte finiscono per surclassare la realtà e per distorcerla, cominciando a farti dubitare anche delle cose più evidenti. Mio padre mentiva, ma era pur sempre il mio papà, e io gli credevo.
 
Fiducia. Io avevo fiducia in lui.
Mi fidavo di lui, delle sue parole. Mi fidavo di quello che i miei occhi vedevano : un uomo che si prodigava verso il prossimo, che accoglieva che ne aveva bisogno, che dava loro un tetto e del cibo. Un uomo che anche se non era perfetto, si sforzava per diventarlo, per essere migliore e che soprattutto voleva farsi perdonare il fatto di avermi spedito a Londra così piccolo, cercando di darmi tutto quello di cui allora necessitavo. La fiducia era ceca. Io mi fidavo di lui. Poi la mia bolla di sapone, pian piano ha cominciato a diventare sempre più sottile, e la realtà pian piano a farsi spazio e a venire verso di me. E io non riuscivo a capire.
 
Lei, i suoi occhi.
Lei mi aveva insinuato il dubbio. Lei mi aveva convinto che qualcosa non fosse cosi roseo come io lo vedevo. I suoi occhi sofferenti, incapaci di mentire, orgogliosi ma allo stesso tempo incapaci di celare alcunché, mi avevano fatto pensare che qualcosa non tornava, che qualcosa non andava. E mio padre, che tentava di allontanarmi da lei, che tentava di separarmi da lei. E allora ecco, altre bugie, altri inganni, altri sotterfugi. Ma perché? Perché ?
 
La bolla di saponepoi, un giorno come un altro è scoppiata. E’ scoppiata così, all’improvviso lasciandomi senza ossigeno, e non avvisandomi. E io mi sentito solo, perso. Mi sono sentito un cretino, un idiota per non essermene accorto prima, per non aver fatto nulla, anzi per averlo inconsciamente aiutato, aiutato con le sue bugie, con i suoi inganni. Mi sono sentito vuoto, perso ma soprattutto solo. Mio padre era tutto ciò che avevo, era tutta la mia famiglia. Il mio idolo, il mio modello. Tutta una bugia. Mi crollò il mondo addosso.
 
La verità. E’ un concetto astratto, e molto soggettivo.
Conoscere la verità, ancora devo capire se sia un bene o un male. La verità fa male, e questo io lo so molto bene. Ho sofferto più per essere venuto a conoscenza della verità, che per altro in tutta la mia vita. Però è qualcosa di cui necessitiamo, di cui abbiamo bisogno, e che una volta accettato, ci rende le cose più facili, dopo. Nonostante ciò venire a contatto con la cruda realtà fa sempre male. Il fatto che Bartolomeo, fosse esattamente l’opposto della persona che credevo che fosse, mi sconvolse. Eppure era la verità. Ma come è che si dice?
 
Al peggio non c’è mai fine.
Fu questo che mi saltò in mente quando venni a conoscenza della verità assoluta, di chi fosse mio padre. Il mio vero padre. Sinceramente? Avrei preferito non saperlo, forse. Perché dal momento in cui sono venuto a conoscenza dei miei geni , di mio padre, tutto nella mia vita ha perso di significato. Ho iniziato a dubitare perfino di me stesso. Chi sono io? Se mio padre è .. quello, io cosa posso diventare , cosa posso essere? Poi finalmente go visto la luce.
 
La famiglia.
Ho capito finalmente il concetto di famiglia, per la prima volta nella mia vita.
C'è un vecchio proverbio che dice che non puoi scegliere la tua famiglia. È il destino che decide per te. E anche se non ti piace, se non l'ami o se non la capisci... tu ti arrangi. Ma c’è un altro tipo di famiglia, che può accompagnarti nel tuo viaggio, ed è quella che ti crei tu. Ed io mi sono creato una famiglia. Grazie a loro, a Nico a Cielo, ai ragazzi e soprattutto a Mar, finalmente ho smesso di sentirmi solo, di sentirmi perso. Loro mi hanno trovato, e io ho trovato loro. Loro sono stati la mia famiglia, e non potevo averne una migliore. Grazie a loro tutto è stato più chiaro, e anche Bartolomeo ha capito, e tutto ha avuto un senso. Alla fin fine, anche io ho avuto la mia famiglia, un po’ strana certo, allargata, ma perfetta nella sua imperfezione. Nonostante questo, mi sono fatto una promessa. Ho ragionato molto sul concetto di ‘padre’ e sono giunto alla conclusione, che nonostante io non abbia avuto grandi modelli, io voglio impegnarmi ad essere un padre come si deve, quando sarà il momento. Voglio che i miei figli non debbano mancare di nulla. Voglio dargli tutto l’affetto di cui avranno bisogno, voglio che abbiano fiducia in me, voglio che provino amore, voglio che sentano di appartenere ad una vera famiglia. Voglio che siano felici come lo sono io adesso. Voglio solo il meglio per loro.
 
 
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“Amore? Puoi venire qui un secondo!”
Una voce mi risveglia dai miei pensieri. Seduto su questo divano, dove mi ero perso nei ricordi, mi guardo intorno riprendendo contatto con la realtà. Mi alzo leggermente intontito e vado verso il corridoio , richiamato da quella voce, dalla sua voce. La incontro fuori la porta del nostro ‘Lugar distinto’ , del nostro luogo speciale. Mi sorride vedendomi arrivare. E’ bella, come sa esserlo solo lei. Con quel sorriso che le dona quella luce in più.
“ Aspetta” mi dice prima di posizionarsi dietro di me, e mettere le sue mani sui miei occhi.
“Che succede?” le chiedo divertito, ma lei non mi dice nulla e mi sussurra all’orecchio di aprire la porta. Non vedo nulla, ma l’accontento e lascio scattare la maniglia, sentendo la porta aprirsi. Mi spinge ad entrare, tenendo sempre le mani sui miei occhi. Comincio a temere di andare a sbattere contro qualcosa, se non toglie le mani dalla mia faccia.
“Mar, lasciami dare un occhiata, dai! Aspetta, non correre..” le dico e lei finalmente toglie le mani dai miei occhi  andandosi a posizionare al centro della stanza. La guardo curioso, guardandomi un po’ intorno.
“ Ti piace?” mi domanda un po’ incerta, sorridendomi. Mi guardo intorno.
“ Si.. si. E’ uguale .. come sempre..” dico cercando qualcosa che prima magari era sfuggito al mio sguardo. Lei annuisce, ma sorride attirando la mia attenzione di nuovo.
“Si, certo. Ma non vedi qualcosa di diverso..?” chiede guardandomi negli occhi. Continuo a girarmi intorno. La stanza è luminosa, anche se piccola. Ci sono dei cuscinetti sparsi qui e lì, qualche piccolo quadro appeso alle pareti, e un enorme tappeto sotto di noi, al centro della stanza. Alla mia destra la libreria, di fronte il caminetto, e altri cuscini. Non ci vedo niente di diverso, in realtà..Poi mi volto osservando lei, che sembra nervosa. E’ strana. Continua a fissarmi come se qualcosa fosse sfuggito al mio sguardo, come e volesse farmi capire qualcosa, e volesse che ci arrivassi da solo.
“ A te che succede?” chiedo guardandola, incitandola a dire qualcosa. Lei però scatta sulla difensiva.
“No, niente! Ti avevo chiesto se notavi qualcosa di diverso. Non ti accorgi di nulla davvero?” chiede cominciando a gesticolare nervosamente. Mi passo una mano fra i capelli, voltandomi e fissando per l’ennesima volta la piccola stanza.
“Non so di cosa non mi accorgo, amore! Mi sembra uguale come sempre..” cerco di dirle, ma lei mi guarda puntigliosa.
“No! C’è più spazio non vedi?” dice coprendo la mia voce. Beh, si. L’avevo notato ma non pensavo si riferisse a quello. Sorrido, guardandola malizioso.
“Per..” chiedo avvicinandomi di più a lei. Lei sorride, abbassando lo sguardo. So di aver fatto la domanda giusta. Si sposta con la mano nervosamente una ciocca di capelli, mentre io avvicinandomi le prendo entrambe le mani, sorridendo.
“ Che c’è? Vuoi avere più spazio per fare qualcosa di diverso..?” le chiedo con un non so che di malizioso, a cui lei risponde scuotendo la testa con un sorriso. Le lascio un bacio su entrambe le mani , per poi dargliene uno sulle labbra.
“No..” risponde lei sorridendo e dandomi un altro bacio a fior di labbra.
“ C’è più spazio perché tra pochi mesi ne avremo bisogno.. “ mi dice poi fermandosi e guardandomi dritto negli occhi. Aggrotto le ciglia confuso, ma poi le poso le mani sulle guance. Voglio un altro bacio.
“Chi..?” le chiedo, ma lei mi allontana subito.
“Ah, ma che stupido che sei! Come sarebbe a dire ‘chi ‘ ? “ dice guardandomi sconvolta. Incrocio le braccia al petto confuso, peggio di prima. Lei mi allontana con le braccia.
“Guardami, dai Guardami..” dice facendomi indietreggiare mentre lei si mette di profilo, sorridendomi. Io la guardo, come dice lei ma non vedo nulla di diverso. E’ bellissima, come al solito. Avrà tagliato i capelli? No, non mi pare. Nuovo vestito? Davvero mi chiamerebbe per questo..? Ma di che sta parlando?
“Non mi vedi con il .. baule più carico..?” dice sorridendomi e facendomi l’occhiolino. Inclino la testa per guardare il suo ‘baule’, ma lo vedo, sinceramente, sempre uguale. Bello era prima, e bello è anche ora.
“ Mi sembra uguale, come sempre..” dico. Lei sbuffa, come rinunciando al fatto che io possa arrivarci da solo. Poi sorridendomi si posa le mani sulla pancia.
“Non ti confondere! Io parlavo .. di questo baule..” dice. Improvvisamente qualcosa comincia a farsi spazio nella mia mente, un’idea, assurda quanto possibile, e una lampadina di ovvietà comincia a brillare nel mio cervello. La guardo, sorride. Non ci credo..
“Davvero..?” sussurro, guardandola, incredulo. Mi sto sbagliando? Ho capito una cosa per un'altra, forse? No, ditemelo.. poi lei si volta completamente verso di me, e sorridendo non smette di fissare i miei occhi. Anche i suoi occhi sorridono. Io comincio a tremare, per l’emozione.
“Diventerai papà, Pela..” poi dice finalmente rendendo tutto chiaro. Quasi sento il mio cuore perdere un battito, mentre aumenta ad una velocità supersonica. Improvvisamente tutto intorno a me comincia a girare e sulla mia faccia un sorriso da ebete fa capolino. Corro verso di lei, abbracciandola e facendola girare tra le mie braccia, mentre sento di poter morire di felicità. E la bacio, una volta, due tre.. perdo il conto.
“Oh, scusate noi stavamo.. volevamo solo prendere un disco..” dice improvvisamente Valeria, entrata con Simon nella stanza, e imbarazzata ad averci interrotto. Io e Mar ci stacchiamo voltandoci verso i due, che ci guardano straniti. Ci scambiamo uno sguardo, come per decidere se dirlo o no, poi io alzo lo sguardo verso Simon.
“ Simon..” lo chiamo. Lui mi guarda incerto, come se avesse fatto qualcosa di male. Io sorrido.
“Diventerai zio.. “ dico. Ci vuole qualche secondo, prima che Valeria capisca e con un urletto eccitato salti letteralmente addosso a Mar per la gioia mentre Simon, intontito si lancia verso di me, abbracciandomi, come solo un fratello sa fare, che importa sia di sangue o no.
 
Papà.
Diventerò Papà. E’ arrivato il mio momento, adesso. Dio quasi non ci credo. Mio figlio, o figlia. Guardo Mar, sorridere accarezzandosi la pancia. Dio solo sa quanto amo quella donna. Lei mi ha cambiato la vita. Lei è la mia vita. Lei si accorge del mio sguardo e mi si avvicina sorridendo e legando le sue mani dietro al mio collo.
“Sarai un papà meraviglioso, pela..” mi dice prima di schioccarmi un bacio sulle labbra.
“Si, lo so. Perché con me ci sarai tu, amore mio” le dico. E sorride. Vivo dei suoi sorrisi. La felicità rischia di uccidermi precocemente, rifletto.
“Allora, sei pronto per diventare papà?” mi chiede Simon, emozionato. Annuisco, sorridendo.
 
Si, sono pronto. Sono pronto per la mia famiglia. Sono pronto per essere papà.    







Spazio autrice

Ed eccomi qui a pubblicare questa shot , che mi è venuta in mente ieri sera,
Mentre per l'ennesima volta rivedevo il video su youtube
http://www.youtube.com/watch?v=tEwW0gTBb-c
Spero la shot vi piaccia :)

Baci.

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