DICHIARAZIONE
Star Wars è proprietà di Lucas. Io ho scritto questa fiction solo per divertimento, senza fini di lucro.
ISTRUZIONI PER ALLEVARE UN EROE
OVVERO
OWEN LARS E LE TEORIE PEDAGOGICHE MODERNE
-Quei maledetti Jawa! Bisognerebbe impiccarne uno ad ogni vaporatore e lasciarli marcire al sole!-, l’irritazione di Owen Lars era tale che non si curava minimamente di dare spettacolo dentro la Stazione Tosche. –Un anno di risparmi! Vi rendete conto?-, proseguiva lo sfogo senza soluzione di continuità davanti ai suoi divertiti ascoltatori. – Ho pagato quel droide un anno di risparmi. Mi avevano assicurato che funzionasse alla perfezione e, invece, il motivatore è scassato. Sapete quanto mi costerà in pezzi di ricambio?!-, chiese in modo retorico senza aspettarsi davvero una risposta nel suo monologo.
-Mmh… cinquemila-, contabilizzò il negoziante, sommando le schede di
memoria, i pistoni, le valvole, i bracci meccanici, le rotelle, le viti,
i cavi e i perni ammucchiati sul bancone.
-Cinquemila?! Ma è un furto!-, protestò immediatamente Owen.
-E’ tutta roba di prima qualità-
-Come quella dei Jawa?-. Il colono si pentì del suo sarcasmo appena gli
uscì dalla bocca. Inutile prendersela con l’uomo che stava solo facendo
il suo mestiere: erano stati i Jawa a fregarlo, non lui.
-Facciamo un prezzo da amico: quattromila e cinquecento e non se ne
parli più-, sospirò l’altro, sapendo quanto potesse essere difficile
Lars quando era irritato.
Soddisfatto, Owen pagò senza ulteriori contrattazioni e, mentre
raccoglieva la merce in una cassetta, chiamò a tutta voce il nipote che
supponeva essere all’aperto: -Luke!-
Invece, il decenne Skywalker si trovava in un angolino dietro di lui e
sobbalzò alla menzione del suo nome. Si avvicinò a testa bassa,
strisciando contro il muro e chiese con un filino di voce: - Sì,
signore?-
Dopo la sorpresa iniziale di una risposta così rapida, lo zio gli
mormorò freddamente: -Già qui?! Credevo fossi a giocare con gli altri
bambini. Dammi una mano a mettere via, ‘ché poi andiamo a casa-
Luke annuì e, sempre a capo chino, si mise subito all’opera.
Owen lo contemplò per un po’. Da qualche giorno, il nipote sembrava più
schivo del solito e molto intimidito dalla sua presenza. Queste erano le
occasioni in cui si chiedeva se per caso non avesse ragione Beru, quando
gli rimproverava di essere troppo severo con lui.
Mentre portavano fuori la cassetta, il suo sguardo si soffermò su un
libro che negli ultimi tempi aveva fatto un tale successo in giro per la
galassia da giungere persino tra le remote sabbie di Tatooine
***
La cena si era svolta come sempre in quell’ultima settimana: Owen sbraitava ancora contro i Jawa, la moglie tentava di distrarlo da quel pensiero ossessivo e Luke stava in silenzio, non volendo per nessuna ragione attirare l’attenzione dello zio già tanto nervoso per i fatti suoi.
Non appena Beru iniziò a sparecchiare, il marito estrasse il voluminoso
manuale che aveva appena acquistato. Ne studiò con le dita la rigida
copertina cartonata rivestita di stoffa bordeaux e il titolo inciso in
preziose lettere dorate. Leggere era un’attività che svolgeva molto
raramente, ma era determinato a trarre il meglio dal suo acquisto,
sperando di trovarvi davvero dei buoni consigli e di dare una svolta
positiva al menage domestico. Ma per un apprendimento proficuo l’ultima
cosa di cui aveva bisogno erano moleste distrazioni intorno!
-Luke, è ora di andare a letto-, disse, senza distogliere lo sguardo dal
libro, al nipote ancora seduto a tavola.
-E’ presto-, protestò l’interessato.
-Ho detto di andare a letto-, rimarcò Owen, guardandolo dritto negli
occhi per assicurarsi che questa volta la sua affermazione fosse intesa
come un ordine, non un suggerimento.
-Ma…-, iniziò a piagnucolare il bambino.
Lo zio mollò una sonora manata sul tavolo e scattò minacciosamente in
piedi.
-Ripensandoci bene, sono un po’ stanco!-, corresse con sollecitudine il
nipote, prima di avviarsi verso la sua stanza.
Soddisfatto, Owen si risedette e tornò al suo libro:Come allevare i
bambini con la comprensione e il dialogo.
Sfogliò avidamente l’indice, rimanendo però subito in disappunto: nessun
capitolo, neanche un paragrafetto dedicato ai bambini sensibili alla
Forza o ai figli dei Sith.
Superata la delusione, iniziò la lettura, saltando qua e là alle
questioni che gli sembravano più urgenti nel suo caso. A notte inoltrata
abbandonò controvoglia, sfinito, ma contento: si era fatto un quadro
generale della linea da tenere. Si ripromise di tornarci sopra con uno
studio più sistematico, mentre già l’indomani avrebbe iniziato ad
imprimere un nuovo corso al suo rapporto con il nipote.
***
“Dialogo” era la parola d’ordine,
rimuginava tra sé e sé Owen, mentre lui e Luke lavoravano in silenzio al
vaporatore del crinale sud. Osservò un attimo il bambino che regolava i
rubinetti di sfogo dell’umidità, stringendo e allentando le viti per
allinearli alle staffe. Per la prima volta, si rese conto quanto fosse
pesante quel silenzio che lui stesso imponeva per il timore di venire
distratto dal lavoro.
Ma da dove partire adesso? Si asciugò il sudore sul retro del collo e
pensò che era giusto lasciare al suo piccolo interlocutore la scelta di
un argomento: -Perché non facciamo due chiacchiere? C’è qualcosa di cui
vorresti parlare?-
A stento il nipote mascherò l’improvvisa agitazione. Fece un rapido
conto mentale di tutte le marachelle che era riuscito a nascondere
nell’ultimo periodo, chiedendosi con ansia quale lo zio volesse fargli
confessare. Per non rischiare di rivelargli qualcosa che non avesse già
scoperto, scosse il capo in diniego e aspettò di essere spinto nella
giusta direzione.
-Non vuoi fare due chiacchiere?-, chiese sorpreso Owen.
Luke negò nuovamente.
-Beh…io sì! Di cosa parliamo?-, fece pressione lo zio che iniziava ad
essere irritato dall’evidente mancanza di collaborazione.
-Perché?-, chiese sospettoso il nipote.
-Come perché?!-, questa volta il tono di Owen aveva passato il livello
della conversazione civile: possibile che questo monello dovesse essere
sempre così difficile? –Perché ne ho voglia! Ora dimmi di cosa ti
piacerebbe parlare o…-
-Vorrei_sapere_come_mai_non_ho_i_genitori-, sputò fuori Luke tutto d’un
fiato, facendosi scappare la prima cosa che gli passava per la testa.
Lo zio si pentì immediatamente di aver tanto insistito. Ma a quel punto
non poteva rimangiarsi la parola o arrabbiarsi senza perdere la fiducia
del nipote. Era sicuro di aver letto qualcosa del genere la notte
precedente.
Sospirò. Certo non si sentiva ancora pronto per questa domanda, ma aveva
studiato con molta attenzione il capitolo sui figli adottivi e cercò di
riordinare le idee.
Prima regola: dire la verità.
Una parola! Pensò rapidamente ad una versione della realtà tollerabile
per l’equilibrio psichico di un bambino.
-Dunque, vedi tua madre è morta di parto e tuo padre…tuo padre era
navigatore su un’astronave da carico. Qualche mese prima della tua
nascita, la sua nave fu attaccata dai pirati e tutto l’equipaggio
ucciso-
Owen osservò preoccupato il nipote, tentando di capire quanto si fosse
bevuto di quella storia. Ma, con sua grande sorpresa, Luke appariva
assai soddisfatto: era la prima volta che quella curiosità otteneva una
risposta invece di un rimprovero.
Incoraggiato, passò al consiglio numero due.
Per non togliergli fiducia nell’affetto materno o in sé stesso, sarà
importante far capire al bambino che i suoi genitori lo amavano.
-Vedi-, proseguì, -loro ti volevano tanto bene, erano così felici del
tuo arrivo. Avrebbero tanto desiderato poterti crescere-
Lo zio non credeva ad una virgola di quello che stava dicendo. Non aveva
dubbi che per Luke fosse stato molto meglio non dover vivere con quegli
irresponsabili di genitori che si era ritrovato. Per il tempo rimanente
della sua vita, Padmé non si era mai scomodata a procurarsi informazioni
su come stesse suo figlio. E in quanto ad Anakin…beh al fratellastro
preferiva non pensare nemmeno! Ma per il bene del nipote Owen non aveva
problemi ad imbellettare un po’ la realtà. Anzi, ritenne necessario
rimarcare quel concetto: -Sai nessuno può amare un bambino come i suoi
propri genitori!-
Luke si sentì improvvisamente triste: non aveva mai realizzato quale era
stata l’entità della sua perdita. Nella sua ingenuità, aveva sempre
creduto che gli zii lo trattassero come avrebbero fatto con un figlio
proprio! Abbassò lo sguardo, non volendo palesare il suo dispiacere con
lo zio, che per la prima volta sembrava tanto disposto al dialogo.
Ma Owen non mancò di cogliere l’espressione preoccupata sul volto del
nipote e si rammentò subito del consiglio numero tre.
Alcuni bambini possono nutrire il segreto timore di essere
abbandonati dai genitori adottivi. Bisognerà dunque chiarire che mai in
nessuna circostanza questo accadrà.
-Ma Beru ed io ti vogliamo bene e non ti lasceremo mai-, proseguì,
compiaciuto dall’evidente sollievo del bambino. Pensò che per
tranquillizzarlo ulteriormente sarebbe stato meglio legare questa
certezza a qualcosa di più concreto di un generico affetto: -Al podere
due braccia in più sono sempre comode e noi ti terremo per sempre qui a
lavorare con noi-
Luke annuì silenzioso. Dunque era questo il motivo per cui l’avevano
accolto in casa loro? Diede una rapida occhiata al paesaggio, sentendosi
vagamente soffocare. Per sempre qui! Le ampie distese desertiche gli
apparvero impenetrabili pareti di una prigione.
***
-Tutto a posto oggi sul crinale sud?-
Owen sollevò lo sguardo dal libro per incrociare quello sospettoso della
moglie, che si apprestava a raggiungerlo nel letto.
-Sì, perché?-, rispose difensivamente, non riuscendo a capire cosa
potesse avere da rimproverargli.
-Non so, questa sera Luke mi è sembrato come…turbato-
Owen sorrise. Senza false modestie si reputava non solo innocente, ma
addirittura da lodare.
-Oh no, sta solo riordinando le idee! Oggi mi ha chiesto perché non ha i
genitori… e io gli ho risposto quello che si poteva-, si affrettò ad
aggiungere, prima che Beru si accigliasse, sapendo quali scenate
solitamente seguivano quella domanda. Davanti allo stupore di lei,
proseguì indicando il libro che teneva fra le mani: - Vedi qui spiega
come trattare questi argomenti. Certo, non ho potuto dire tutta la
verità, ma sono sicuro che l’ho messo tranquillo-
-Oh! Sono così orgogliosa di te-, si complimentò la moglie con
sincerità, mentre si rasserenava. –Hai deciso finalmente di fare questo
passo! E addirittura ti sei informato come farlo al meglio!-
***
Il giorno seguente, Luke tornò da scuola taciturno e,
appena finita la cena, scomparve in camera sua con insolita rapidità.
Gli zii decisero con uno scambio di sguardi di ignorare per il momento
il suo comportamento.
Beru si alzò come al solito per riassettare la cucina, mentre il marito,
rimasto pensieroso al suo posto, vide ricomparire esitante il nipote con
il palmare fra le mani e, dopo averglielo fatto scivolare sotto gli
occhi, attendere nervosamente, tenendosi ad una certa distanza.
Owen sospirò: sapeva già di cosa si trattava. Nonostante gli ottimi
risultati scolastici, Luke di tanto in tanto mancava in disciplina,
litigava con i compagni e faceva a pugni. Lo zio aveva sempre represso
con la massima severità questi comportamenti, ma il bambino non sembrava
migliorare la sua condotta. Prese il palmare fra le mani, lesse
distrattamente la consueta nota di demerito e toccò lo schermo per
lasciare la sua impronta digitale, firma non falsificabile che aveva
ricevuto la comunicazione dell’insegnante.
Forse era giunto il momento di tentare una nuova strategia.
Cercate di comprendere a fondo le motivazioni di un comportamento
sbagliato, ripassò mentalmente Owen e si sforzò con fatica di rimanere
calmo.
-Perché ti ostini a fare a pugni con i tuoi compagni?-, chiese infine,
sempre fissando lo schermo del palmare.
Confuso dalla mancanza di reazione, Luke non capì neanche la domanda:
-Non faccio a pugni con tutti i compagni, solo con Fixer!-
-E allora perché fai a pugni con Fixer?-
-Perché dice che mia madre era una poco di buono e mi ha abbandonato,
non sapendo chi fosse mio padre-, rispose il bambino con il tono di
raccontare qualcosa di scontato ed inutile.
-COSA?!-, trasalì lo zio, stupito e scandalizzato. Sollevò lo sguardo
verso il nipote. –Ma perché non me lo hai mai detto?-
-Non credevo fosse importante-, si difese Luke, preoccupato di aver
aggravato la sua situazione.
E come poteva pensare che lo fosse, se non glielo aveva mai chiesto
prima? Owen si sentì improvvisamente in colpa: come aveva fatto ad
essere tanto ingiusto da non aver mai indagato? Sarebbe bastato così
poco.
Ma era in tempo per rimediare!
-Vieni con me!- si alzò in piedi e afferrò per un braccio il bambino
che, aspettandosi la consueta punizione, deglutì.
***
-Ma, zio, ho freddo e sono stanco-, implorò Luke, osservando la seconda luna apparire all’orizzonte, mentre l’aria notturna gli faceva venire la pelle d’oca.
-Smettila di frignare come una femminuccia e colpisci nel modo in cui ti
ho insegnato-, ordinò Owen.
Il bambino chiamò a raccolta tutte le sue ormai scarse forze e mollò un
gancio destro sul palmo dello zio.
-Owen, questa è una cosa assurda!-, la voce di Beru risuonò nella corte
sotterranea, mentre appariva in camicia da notte dalla porticina
dell’abitazione. Aveva le mani strette con decisione sui fianchi:
brutto segno!, pensò il marito, voltandosi nella sua direzione.
-Affatto! E’ gracilino-, fece notare pizzicando leggermente lo scarno
bicipite di Luke- senza un po’ di tecnica non è in condizione di
farcela-
-Ma NON deve fare a pugni!-
-Dovrà pur difendere l’onore di sua madre!-
-Certo, ma nei modi giusti-. La donna poi rivolse la sua attenzione al
nipote: -Domani dici a Fixer che, se si permette di nuovo di dire della
roba del genere, ne andiamo a discutere con i suoi. E adesso tutti a
letto, ‘ché siamo stanchi!-, sentenziò con un tono definitivo al quale
il marito non seppe reagire.
***
I giorni seguenti trascorsero tranquilli come non mai. Il nuovo corso inaugurato da Owen aveva prodotto qualche risultato apprezzabile: Luke era apparso un po’ più sereno e molto collaborativo. Ma mai il colono avrebbe potuto immaginare quanto collaborativo! E fu, quindi, con vivo stupore che quel pomeriggio, entrando in garage, sorprese il nipote impegnato a lucidare con cura maniacale il nuovo droide, a cui mancavano ancora alcuni pezzi di ricambio per funzionare a dovere.
Quando si accorse della sua presenza, il bimbo iniziò a balbettare:
-Io…io volevo solo…-.
-Sei stato molto bravo nel pulirlo senza che te lo avessi chiesto-, lo
rassicurò lo zio, assai compiaciuto dalla libera iniziativa del nipote.
Decise che Luke meritava qualcosa in più di una semplice lode.
Cercate di premiare il bambino con un po’ del vostro tempo libero,
piuttosto che con un giocattolo: per lui la vostra attenzione è più
importante.
Owen ricordava molto bene questa indicazione, perché l’aveva
particolarmente apprezzata. Gli sembrava che facesse un po’ di equità
sociale, non imponendo esborsi insostenibili per i genitori meno
abbienti. Quindi, proseguì: -Mi stavo solo chiedevo, non avresti voglia
di giocare?-
Luke annuì incerto, ma si voltò un attimo ad osservare di nuovo il
droide, come se si sentisse in colpa a lasciare il lavoro a metà.
-Non ti preoccupare: prima che saremo riusciti a ripararlo del tutto, ne
avrai di occasioni per finire- lo prevenne lo zio nei suoi dubbi. –Dai
vieni a giocare… con me!-
Il nipote lo guardò perplesso e azzardò: -Non potresti invece
accompagnarmi da Biggs, per favore?-
-No, no, niente amici. Oggi facciamo qualcosa noi due insieme!-
-D’accordo-, si arrese subito il bambino deluso, sapendo che
difficilmente si poteva smuovere lo zio dalle sue decisioni ed era più
saggio prendere senza troppe discussioni ciò che passava il convento.
Nonostante l’imbarazzo iniziale, Owen scoprì ben presto come fosse
facile dimenticarsi della propria età, mentre si accucciava dietro un
angolo per giocare a predoni contro coloni. Si sentiva davvero
spensierato come se avesse avuto di nuovo vent’anni in meno.
Superata l’iniziale diffidenza, anche Luke si era velocemente adattato
all’insolito compagno di giochi e, dopo una breve azione diversiva,
riuscì a sorprenderlo da dietro. Puntandogli un’immaginaria pistola
laser alla nuca, tutto eccitato lo minacciò: -Dannato Tusken! Ti impicco
al primo vaporatore e ti lascio marcire al sole!-
La violenza di quell’ingiuria era però troppa perché lo zio potesse
ignorarla. Voltandosi, si alzò di scatto e urlò: -Da chi hai imparato a
parlare in quel modo, giovanotto?-
Luke si accigliò e, con un’insolita aria di sfida, rispose: -Da te!-
Forse i soli avevano raddoppiato improvvisamente i loro raggi o un
silenzioso vento caldo si era alzato da sud. Fatto sta che Owen si sentì
il viso bollire e le idee confondersi, mentre si rivedeva pronunciare
quelle esatte parole con la convinzione che il nipote non fosse stato
presente. Imbarazzato si chinò di nuovo all’altezza del bambino e,
appoggiandogli una mano sulla spalla, cercò dei termini molto semplici
per esprimere un concetto molto difficile:
-Vedi, a volte, una cosa è grave secondo le circostanze. Ora stiamo solo
divertendoci ed è proprio fuori luogo usare un linguaggio del genere per
gioco. I Jawa, invece, ci hanno fatto un danno enorme e io ero tanto,
tanto arrabbiato. E’ diverso, lo capisci, no?-
Nel vedere Luke annuire debolmente e abbassare lo sguardo con aria
colpevole, lo zio si stupì davvero che quel breve predicozzo avesse
potuto colpire tanto nel segno. Quando, ripreso il gioco, il bambino non
riuscì più a divertirsi come prima, Owen iniziò a sentirsi a disagio e a
sera, vedendolo comparire in sala da pranzo ancora rattristato, si
preoccupò proprio. Aveva forse sbagliato qualcosa? Consultò il suo
fedele libro per cercare una risposta. Niente! Il suo comportamento nei
confronti del nipote era stato letteralmente da manuale. L’unica cosa
rimasta da tentare era chiedere spiegazioni all’interessato: -Luke, c’è
qualcosa che non va?-
Il bambino tacque pensieroso, valutando il da farsi.
-Lo sai che se hai qualche problema, ne possiamo parlare
tranquillamente-, pressò Owen con gentilezza.
Luke lo fissò incerto per un altro lungo istante e poi iniziò a
singhiozzare: -Non è colpa dei Jawa! Sono stato io! Il motivatore
funzionava benissimo prima che lo pulissi! Ma avevo fretta di finire il
lavoro per poter andare a giocare e così mi sono dimenticato di
controllare la lubrificazione. Quando ho rimesso in funzione il droide,
il motore ha preso fuoco e si è bruciato in buona parte. Allora, ho
tentato di riparare subito tutto quello che potevo, ma i pezzi non mi
bastavano e non sono riuscito a finire… -, e mentre si calmava un po’,
supplicò: -Zio Owen, ti prego scusami!-
Ma, per una volta tanto, lo zio era senza parole. Si alzò in piedi,
cercando di calmare la sua rabbia. Impietrito osservava il nipote
tremante, che continuava a piangere sommessamente per il rimorso e la
paura. Il colono non aveva la più pallida idea di come gestire la
situazione. Nelle mani stringeva ancora il libro di pedagogia, come se
potesse riceverne qualche suggerimento per osmosi, mentre nella sua
testa frullava solo un pensiero: “Un anno di risparmi e lui si
dimentica la lubrificazione… Un anno di risparmi e lui si dimentica la
lubrificazione…. Un anno di risparmi e lui si dimentica la
lubrificazione…”
***
-Ahu! Ohi!-
Luke non riusciva a trattenere quei vocalizzi ogni volta che la garza
faceva contatto con il taglio appena sopra il suo sopracciglio sinistro.
-Porta pazienza, tesoro: ho quasi finito-, cercò di incoraggiarlo la
zia, mentre disinfettava la ferita. –Per fortuna, hai la testa dura!-,
aggiunse in contemplazione del livido nero che gli copriva metà della
fronte e la rigonfiava leggermente nel punto dove il libro aveva urtato
con violenza. Scuotendo il capo, sospirò: -Speriamo solo che, la
prossima volta, tuo zio studi come diventare un genitore comprensivo su
un’edizione tascabile-