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Autore: Kiichan_    20/06/2011    4 recensioni
« La stanza era un tripudio di rosso, quel colore che lo perseguitava »
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Matt, Mello
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era sul balcone.
Quel minuscolo balcone di quel fatiscente appartamento in periferia.
Era di un colore simile al grigio, un colore spento, che non avrebbe generato sensazioni piacevoli nemmeno
nella persona più felice in questo stupido mondo.
Le mattonelle rimaste integre erano davvero poche, su quel terrazzino angusto.
Ma si accontentava. Mello gli aveva sempre impedito di fumare dentro casa, era una cosa risaputa il fatto che il ragazzo
biondo odiasse a morte quei cilindretti cancerogeni. Il rosso non aveva voluto abbandonare quell'abitudine.
Matt si ritrovava solo, su quel terrazzino, fissando distrattamente l'infinito cielo notturno che si ergeva altezzoso
al di sopra della sua testa. 
Era nuvoloso. Non riusciva a intravedere nemmeno una misera stella che potesse fargli compagnia.
Era completamente nero.
Odiava il nero. Non gli era mai piaciuto ma.. ora lo detestava.
Gli ricordava Lui.
Mello.
L'unica persona che avesse mai amato.
Ed ora non c'era più.
Era rimasto completamente, inesorabilmente solo.
La sua lucky strike andava ormai consumandosi in un lento processo di autocombustione.
Lunghe scie di fumo denso e cinereo si levavano sinuose da quel minuscolo cilindro bianco e ocra, colmo di tabacco 
e altre schifezze, creando nell'aria fresca della notte le più svariate forme.
Era passato del tempo da quando Mello lo aveva lasciato, ucciso senza pietà per conto di Kira.
Ora l'era di quel bastardo si era conclusa. Aveva avuto la fine che meritava.
Ma nemmeno questo pensiero riuscì a confortare il ragazzo. il suo cuore arido non provava più
emozione alcuna, e la sua mente si rifiutava spesso di lavorare come doveva, ripescando esperienze e ricordi
che definire dolorosi per lui era alquanto riduttivo.
Un venticello freddo e frizzante scompigliò i capelli naturalmente rossi e disordinati di Matt,
riportandolo alla cruda realtà.
Notò che la sua unica e fedele compagna si era ormai spenta tra le sue dita.
La buttò via, accendendone prontamente un'altra.
Questa volta se la gustò. Quel vizio malsano era sempre stato parte di lui.
Se a Mello corrispondeva la cioccolata, a lui corrispondevano le sigarette.
Sbuffi di fumo e sospiri condensati si riversavano a ritmi regolari fuori dalle sue labbra schiuse e dalle sue narici,
impregnando per pochi secondi l'aria fredda della notte di un pungente odore di tabacco, che rapidamente si dissolveva nel 
nulla.
Terminò in breve tempo anche quel piccolo piacere, ma non si mosse.
Non gli importava granchè del gelo che sentiva piano piano penetrargli nelle ossa, fino al midollo.
Guardava il cielo.
Dicono che le persone non fanno mai caso al cielo, e che si perdono nell'infinito di esso solo quando sono innamorate.
Ed era vero. 
Ma ora l'unica sua ragione di vita era stata portata via, senza che qualcuno potesse impedirlo.
Il suo fiore era stato strappato senza pietà.
La vita di quel ragazzo dalle fatezze nordiche, incorniciate  dai suoi fini capelli color del grano, 
e i suoi occhi di un azzurro intenso quanto penetrante, era stata brutalmente spezzata.
Sentiva gli occhi pizzicare, Matt.
Non voleva piangere di nuovo.
Si chiedeva come potesse averne ancora, di lacrime da versare. Cercò di trattanerle. 
Fu uno sforzo vano. Piccole goccioline salate si riversarono velocemente fuori dai suoi occhi verde smeraldo. 
Occhi che un tempo erano luminosi ed espressivi,ora sono gonfi di pianto, vacui. Da essi non traspare nulla. Non più.
Le lenti aranncioni dei suoi strani occhiali da aviatore (che lo accompagnavano sin da quando era piccolo) si 
appannarono velocemente, e fu costretto ad abbassarli, lasciandoli ciondolare appesi al collo.
Le mani fredde e le dita esili premettero contro il marmo del davanzale.
Le lacrime continuavano a sferzargli il viso. La pelle oramai divenuta diafana,illuminata dalla luce della luna
gli donava una bellezza quasi eterea, nonostante fosse completamente distrutto.
Alzò di nuovo quei due piccoli smeraldi e li rivolse al cielo scuro.
< < Avevi promesso Mel. Avevi giurato che non mi avresti lasciato mai più da solo.> > Non urlava. La voce rotta dal pianto
inconsolabile di un ragazzo che ha perso tutto. Tremava.
Il suo corpo era scosso da singulti incontrollabili. 
Abbassò un'ultima volta il capo, poi gli sembrò che il suo corpo si muovesse da solo. Una specie di automa.
Con passo lento e cadenzato percorse il breve corridoio completamente al buio, e si ritrovò nella stanza da letto.
Quella stanza, dove lui e il ragazzo dagli occhi di ghiaccio avevano consumato il loro peccato, innumerevoli volte.
La trapunta rossa ammucchiata ai piedi del letto matrimoniale.
Si tolse la stramba maglietta a righe e si stese, Matt. Si sentiva incredibilmente spossato.
Ora le lacrime avevano smesso di correre lungo le sue guancie scarne.
Fissava il soffitto bianco e cadente, accarezzando con la punta delle dita le piccole cicatrici circolari 
che quei maledetti proiettili avevano lasciato sul suo corpo, quel giorno.
QUEL giorno. 
"Perchè io non sono morto?! Perchè mi hanno salvato?!" 
Ebbene si, quel 26 gennaio lui era sopravvissuto.
Una scarica di proiettili lo investì in pieno quella sera, tingendo i suoi vestiti di rosso. Rosso come i suoi capelli, 
come la sua auto. Era tutto incredibilmente rosso. Ed era effettivamente tutto ciò che il giovane ricordava.
 Miracolosamente riuscirono a salvargli la vita.
Non se ne capacitava, il ragazzo.
Cosa aveva di speciale?! Cosa gli donava il diritto di restare su questa terra!?
NIENTE.
Che senso poteva avere ora la sua vita?!
NESSUNO.
Era giunto soltanto a quella conclusione.
La sua mano malferma si mosse in direzione del comodino in mogano.
Con un gesto impacciato, ne aprì il cassetto, rivelandone il contenuto.
Sussultò quando le sue falangi entrarono in contatto con il metallo gelido, ma soprattutto quando rivelò quell'oggetto ai suoi occhi.
Una pistola. 
La pistola di Mello.
Di nuovo. Di nuovo le immagini sfocate, i pochi ricordi che aveva di quella sera gli riempivano la mente, offuscandola,prendendo 
il sopravvento su qualsiasi altro pensiero. Rosso.
Era tutto rosso. 
Come le vermiglie lenzuola del loro letto, come i suoi capelli rubicondi ormai lasciati liberi
di crescere come meglio credevano, come i suoi occhi rovinati dalle lacrime.
Le sue dita correvano lungo il profilo dell'arma, così lentamente da sentire ogni dettaglio scivolare sotto i polpastrelli.
Il silenzio irreale di quell'appartamento in periferia fu interrotto dal secco 'clack' della sicura che viene rimossa.
Aveva deciso. Era sicuro. Era conscio del fatto  che non avrebbe avuto un'altra chance.
Sapeva di non trovarsi all'interno del mondo virtuale, quello dei videogiochi che tanto amava.
No, non avrebbe avuto una seconda vita, una seconda vita dove avrebbe potuto ricominciare tutto da capo,
evitando di commettere gli stessi errori.
Chiuse gli occhi.
Sentiva il battito flebile del suo cuore accelerare, e divenire così forte da sentirlo rimbombare nelle orecchie. 
Credeva che di li a poco l'avrebbe visto balzare fuori dal petto.
Poi lentamente sollevò il braccio destro. Un leggero tremore ancora scoteva il suo corpo, apparentemente così fragile.
Quell'arma maledetta era posata sulla sua tempia. Un brivido lungo e profondo lo percorse.
Sentì lo stomaco stringersi violentemente in una morsa.
No, non sarebbe tornato indietro ora. Non aveva intenzione di continuare a soffrire.
Non sentiva più il bisogno di continuare a vivere. 
Nessuno lo avrebbe salvato questa volta. Nessuno poteva salvarlo da se stesso.
< < Aspettami Mel. > >
Sussurrò quella frase a fior di labbra, le sue parole erano appena udibili nonostante il silenzio fosse 
il sovrano indiscusso di quel postaccio.
Ma quel silenzio non durò.
Venne bruscamente interrotto da un rumore sordo, improvviso e violento.
La stanza era un tripudio di rosso, quel colore che lo perseguitava.
Il braccio del ragazzo ricadde esanime sul materasso. 
Per una volta nella sua misera vita, aveva trovato il coraggio di prendere una decisione, aveva avuto il fegato di compiere
una scelta.
E probabilmente era felice ora. 
  
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