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Autore: Kat Logan    20/06/2011    4 recensioni
Alcune persone riescono a fermare il rumore che fanno i tuoi pensieri più profondi.
Un'incontro/scontro unirà quattro persone diverse: Cherry, una ragazza dal carattere difficile che se la prende con il mondo. Tiffany un'amica fedele. Gerard,un giovane talentuoso che ha rinunciato all'amore per inseguire i suoi sogni e Frank, l'amico che i sogni li aveva quasi persi dopo la scomparsa della propria ragazza.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Frank Iero, Gerard Way
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il fragore di un tuono rimbombò facendo tremare i vetri della casa immersa nell’oscurità.
Uno dei temporali più forti degli ultimi mesi si stava abbattendo su Los Angeles, che più che come la città degli angeli appariva come un vero e proprio inferno.
Tiffany scese correndo dalla propria auto parcheggiata alla buona nel vialetto.
L’ultima cosa a cui pensare era la macchina in quel momento.
Si coprì con la borsa la testa per raggiungere il piccolo portico della casa bianca dell’amica per poi suonare il campanello.
“Avanti Cherry, apri...” disse quelle parole sottovoce cercando di togliere più pioggia possibile dai suoi abiti ormai fradici.
Nessuno arrivò ad aprire la porta, così frugò nella borsa cercando il cellulare e chiamò il numero di Cherry.
Primo squillo a vuoto.
Secondo, a vuoto.
Terzo, a vuoto.
Quarto. La segreteria scattò pronunciando il messaggio automatico per lasciare un messaggio.
La ragazza buttò violentemente il cellulare dentro la borsa e prese a bussare con foga alla porta “CAZZO CHERRY APRI! SUBITO!” le mani battevano veloci e violente sulla superfice chiara con scarso successo.
“CHIAMO QUALCUNO E LA FACCIO SFONDARE STA CAZZO DI PORTA!”
Tiffany si fermò un momento sentendo Rocky abbaiare al di là della soglia.
L’ennesimo tuono accompagnato dalla pioggia battente coprì quelli che le sembrarono dei passi strascicati e lenti avvicinarsi.
La maniglia girò con un sonoro “clock” sbloccando la serratura e la porta venne semi aperta.
Entrò velocemente chiudendo fuori la tempesta  e il suo sguardo vagò per il salotto illuminato solo dalla flebile luce proveniente da fuori.
Rocky le corse incontro scodinzolante in cerca di coccole, accettò le poche carezze  veloci e i complimenti della ragazza per poi andarsi a rintanare sotto il divano.
Divano occupato da una figura sdraiata che si scorgeva appena.
“Cherry, stai bene?”  Tiffany mosse qualche passo verso di lei rischiando di inciampare in un mucchio di vetri e cocci di cui scorse le tracce sul pavimento.
“E’ una domanda del cazzo…” la voce dell’amica era flebile e aveva un che di confuso.
“Che è successo qui?” domandò Tiffany chinandosi per capire che cos’era stato distrutto e ora giaceva sul parquet di legno a pezzi.
Fotografie.
I suoi occhi scuri percorsero fin sotto al tavolino in vetro accanto al divano.
Un vaso, bicchieri, piatti, bottiglie…il cellulare.
Cherry mugugnò qualcosa e si girò dando le spalle all’altra, raggomitolata nella sua maglietta nera sembrava ancora più piccola e indifesa.
Tiffany le si avvicinò sedendosi sul bordo del divano e accarezzandole una spalla.
“Accendiamo la luce?”
“No”
“Puzzi di alcol. Oh Cher…”
“E’ un figlio di puttana.” Sbiascicò l’altra stringendo qualcosa al petto.
L’amica vide la bottiglia di vodka ormai vuota tra le braccia dell’altra, gliela prese via con la forza e l’appoggiò al tavolo.
“Si risolverà tutto…”
“No, Tiff.” La risposta le uscì secca. Il tono asciutto.
“Non ha richiamato…” aggiunse per poi concludere con un “Ha scelto lei…”
Non posso competere. Non ho mai potuto.
“Frank non sembra il tipo, anzi, sono sicura che non lo è! Ti moriva dietro!”
“Brava, usa il passato. E’ tornato il grande amore della sua vita e io sono stata fottuta!” una risata amara le uscì dalla bocca, pensando al doppio senso di quella parola. Avevano fatto l’amore quel pomeriggio, quando ancora c’era il sole, quando Jamia era ancora uno spettro.
“Fottuta un’altra volta!”
Rise ancora. Rise tra i singhiozzi.
sono ubriaca, suppongo e se sembra che stia ridendo, in realtà ti sto solo chiedendo di andartene.
Cherry si tirò su, scattò in piedi scrollandosi di dosso il tocco gentile dell’amica e si diresse verso la sua chitarra.
La guardò un momento e ci vide Frank. Prese l’oggetto e lo scaraventò contro al muro.
“Sei l'unica di cui ho bisogno”. La voce di Frank le rimbombò in testa, colpì più forte la chitarra vedendone volare un altro pezzo lontano da lei.
“Basta.” La voce di Tiffany fu più vicina a lei, le tolse l’unico pezzo dello strumento che l’era rimasto in mano e ripeté “Adesso basta…”
Gli occhi di Cherry si riempirono di lacrime che sgorgarono copiose sul suo viso, si morse un labbro e volse lo sguardo altrove.
Lei non voleva piangere. Lei non piangeva mai.
Tiffany l’abbracciò stretta anche se sulle prime l’altra tentò di divincolarsi per poi abbandonarsi nella sua presa “vai a riprendertelo se lo vuoi…tu sei di gran lunga migliore di quella, ne sono certa…”
Un singhiozzo coprì la risposta di Cherry e la pioggia continuò a cadere.
 
 
***
 
“Non puoi comparire e scomparire a tuo piacimento Jamia!” Frank era ormai stanco di quella conversazione che era durata fin troppo per i suoi gusti, camminava da una parte all’altra della piccola stanza alzando le braccia tatuate al cielo e sbuffando rumorosamente.
La ragazza dal caschetto moro sedeva sul suo divano con le gambe incrociate e lo fissava con occhi supplichevoli di accettare le sue scuse e le sue spiegazioni, che per il ragazzo non stavano né in cielo né in terra.
“Sono stata stupida Frank!”
“Oh si lo sei stata!”
“Lo so però…”
“Non parlarmi di però! Anzi…non avresti nemmeno il diritto di parlare!” Gli occhi chiari di Frank si scontrarono con i suoi, ad un tratto lo sguardo aveva assunto una sfumatura minacciosa così come la sua voce.
“Non hai idea…di come mi hai ridotto.”
“Ho avuto paura, eravamo a un punto importante nella nostra relazione e…”
“E sei scappata! Non hai affrontato nulla! Te ne sei andata senza un messaggio, nulla! Ed io coglione che ho sofferto come una bestia!”
“Frank possiamo…”
“No, Non possiamo un bel niente!”
“Ma io sono tornata!” ribatté la ragazza alzandosi in piedi e avvicinandosi pericolosamente al suo viso.
“Sono tornata per rimediare…” disse con tono più dolce, quasi supplichevole.
Frank rimase immobile. Rigido.
Cercò un qualunque motivo per farsi convincere, cercò dentro di lui qualcosa che lo spingesse a perdonarla a recuperare i cocci di un amore durato anni che chiedeva un’altra possibilità.
Niente. Non sentì nulla. Nulla se non l’impulso di tirarle un ceffone, che si risparmiò perché lui era un signore e una donna non l’avrebbe mai toccata.
“Non c’è più niente da rimediare…” un sorriso gli illuminò il viso “Non siamo più niente. Tu…” fece una pausa guardandola “Tu, non sei più niente!”
Era libero. Libero dal fantasma di un amore che l’aveva annientato e ferito fin troppo a lungo.  Libero di amare, libero di stare con Cherry che ormai era il suo mondo.
“Non ti riconosco più…” disse Jamia allontanandosi e guardandolo con una punta di disprezzo.
“Chi sei?!”
“Uno che non ha chiamato la sua ragazza per colpa di una stronza opportunista che è tornata guarda caso ora che stiamo avendo successo” disse lui tutto d’un fiato.
Jamia tacque.
Fuori dalla casa di Frank, Cherry nel suo SUV, guidato dall’amica osservò il pik up ancora fermo nello stesso punto dove l’aveva trovato, ormai cinque ore prima.
Non se n’è andata…e lui non ha chiamato.
“E’ stato così occupato e preso da lei, che non ha chiamato me.”
“Cher, ci sarà una soluzione…”
“Smettila di dirlo.” Cherry la zittì interrompendola con quella frase.
Dalla piccola finestra senza tenda in cui s’intravedeva il salotto scorse la figura di Frank che abbracciava Jamia.
Il suo cuore sembrò volerle uscire dalla casa toracica all’istante.
“Me ne vado.”
“Cosa?” Tiffany si voltò verso di lei e vide alle spalle la stessa scena che doveva aver visto l’altra.
“Torno in Australia”.
Il Suv venne messo in moto e il rumore del motore arrivò all’orecchio di Frank che vide la vettura allontanarsi.
“No…” sibilò staccandosi dalla ex fidanzata che le aveva chiesto un ultimo abbraccio prima di tornare a sparire un’altra volta.
Frank corse fuori sotto la pioggia torrenziale osservando la macchina allontanarsi, in preda al panico.
 
 
Un’ora e mezza dopo.
Casa di Gerard.
 
Frank entrò come una furia nell’abitazione dell’amico.
“Merda!” il rosso sobbalzò portandosi una mano al petto “dimentico che hai le chiavi!”
“Dov’è?!” domandò con tono isterico Frank e gli occhi che sembravano volergli schizzare fuori dalle orbite.
Era stato a casa di Cherry. Aveva visto la stanza vuota, la chitarra semi distrutta e i vetri. Non aveva trovato nessuno e nella sua testa comparve nuovamente l’immagine di quell’unico pezzo di carta sul tavolo della cucina, accanto ad una foto che gli aveva scattato mentre dormiva.
“Give me a shot to remember
and you can take all the pain away from me.
A kiss and I will surrender
The sharpest lives are the deadliest to lead
A light to burn all the empires
So bright the sun is ashamed to rise and be
In love with all of these vampires
So you can leave like the sane abandoned me”
“E’ andata via!” disse Gerard per poi aggiungere “Hai fatto un gran casino, amico! Devi essere proprio idiota…”
“Mi son perso a parlare con Jamia, mi ha fatto talmente incazzare e…non ho chiamato!”
“Tiffany mi ha detto anche altro…”
 
Frank per un momento sembrò confuso. Poi ricordò l’abbraccio. L’abbraccio d’addio.
“Bene. Me ne vado.” Jamia disse quelle parole con voce stizzita e con lo sguardo piccato, gli voltò le spalle avviandosi verso la porta, ma poi sembrò cambiare idea.
Ti chiedo solo un ultimo abbraccio Frank, per uscire dalla tua vita. Per sempre.”
Frank ricordò di non aver risposto a quella richiesta. Non aveva nessuna intenzione di abbracciarla, ma lei senza attendere oltre si buttò fra le sue braccia, così lui si ritrovò incastrato.
“Bella trappola di merda.”  Disse scrollandosi quel pensiero dalla mente infastidito.
“Hanno frainteso Gee!”
“Ah ecco allora non sei così coglione!”
Frank sorrise “non voglio perdere Cherry…” l’amico ricambiò quel sorriso, lo guardò dritto negli occhi “posso capirti…” la mano di Gerard si appoggiò alla spalla del moro per poi stringersi.
“Vai, fermala! Finché sei in tempo!”
Frank non se lo fece ripete due volte. Uscì urlando un “poi ti racconterò tutto” e salì sul suo furgone sgasando e facendo stridere le gomme sull’asfalto bagnato, pronto a raggiungere l’aeroporto.
 
LAX International Aereoport.
 
Numerosi voli erano stati cancellati a causa del maltempo che sembrava essersi placato.
Quello diretto a Sidney spiccava luminoso in cima alla lista di quelli che non avevano subito ritardi e di li a poco sarebbero partiti.
Cherry aveva salutato Tiffany singhiozzante, invitandola ad andare perché il suo cuore in quel momento non poteva reggere un altro addio.
Le aveva affidato Rocky per un tempo imprecisato, sapendo che poteva fidarsi solo di lei e promettendo che sarebbe tornata a riprenderlo presto.
Ancora non poteva crederci.
Nel giro di poco aveva riacquistato la fiducia, aveva trovato l’amore e la felicità, per poi perderlo miseramente in meno di un giorno.
Cherry sbuffò. Un altro aeroporto. Ne aveva visti fin troppi nell’ultimo periodo.
Guardò il biglietto che teneva in mano.
L’Australia. Il suo paese di origine che ormai non ricordava più come fosse fatto, ma avrebbe rimediato presto a quello.
Doveva tornare alle origini per ritrovarsi, perché questa volta era consapevole che solo con l’aiuto della sua amica, lì a Los Angeles non ce l’avrebbe fatta.
 
La chiamata del suo volo echeggiò all’auto parlante.
“Sembra si torni a casa…”
 
***
 
La guida di Frank in quel momento rispecchiava lo stile di Cherry.
Urlò nervoso a un'altra macchina facendo un sorpasso degno di Fast and Furios, consapevole di aver superato  nuovamente il limite di velocità.
Guardò l’orologio con l’espressione di chi non può assolutamente perdere tempo.
Mancano quindici minuti. In cinque sono li, parcheggiò e mi fiondo dentro.
I pensieri correvano con lui.
Per un momento si ritrovò a pregare che il tempo potesse fermarsi, doveva averlo dalla sua parte perché non poteva fallire quell’impresa.
Non avrebbe permesso a quella ragazza di partire.
“Senza di me non vai da nessuna parte Cherry Ryan!”
 
***
 
Cherry arrivò al gate.
Per un momento si voltò per controllare che fossero tutti li con lei.
Ma i volti di Mikey, Ray, Gerard, Frank e di Tiffany non c’erano. Sospirò.
Avanti, Cher…un altro passo e ci sei. Fallo.
Deglutii mostrando alla Hostess il suo biglietto per poi imbarcarsi.
 
***
 
Frank poteva già vedere le luci dell’ LAX.
Si sentii quasi sollevato a quelle visione, doveva solo attraversare l’incrocio e sarebbe giunto a destinazione. Si ripeté in testa che aveva ancora tempo. Che poteva farcela.
Scalò la marcia, doveva riuscire a passare con quell’arancione a tutti i costi.
Il piede sull’acceleratore.
Lo sguardo fisso davanti a lui che riusciva a guardare solo la sua meta sottovalutando la strada.
Era praticamente arrivato, a separarla da lei c’era solo quel semaforo.
Quel maledetto semaforo.
Alla sua destra un Rang Rover di fretta quanto lui attraversò a tutta velocità.
La visuale del ragazzo venne oscurata dal veicolo che quasi senza rendersene conto stava entrando violento nella sua fiancata.
Il rumore dell’impatto.
Lo stridere dei freni.
Le lamiere che si scontravano e fendevano l’una con l’altra.
L’airbag che si apriva come un candido pallone davanti ai suoi occhi togliendoli il respiro nello schianto col suo petto.
Maledetto stronzo!
L’urto con l’asfalto.
Si sentì tirare dalla cintura, le braccia si staccarono dal volante, gli occhi si strinsero chiudendosi mentre la macchina si capottava lasciandolo a testa in giù.
Sentì qualcosa di caldo scorrergli lungo la guancia quando finalmente l’auto fermò la sua folle corsa, si portò la mano dolorante al viso, riuscì con un dito a toccarsi la faccia mentre il liquido caldo gli arrivò alle labbra.
Ferro.
Intuì che doveva essere sangue.
Aprì e richiuse gli occhi veloce.
La luce gli provocò bruciore alle pupille. Strinse nuovamente le palpebre e vide Cherry.
Gli stava sorridendo con quella sua aria sbarazzina.
Cherry.
Decisamente meglio che aprire gli occhi.
Sto arrivando, non partire.
Una fitta di dolore alla testa.
Sono qui.
Il buio invase tutto quanto.
 
***
 
La spia delle cinture si accese sopra la testa di Cherry che si era già premurata di allacciarla.
A pochi sedili da lei, uno dei passeggeri ritardatari stava spiegando al vicino di posto che c’era stato un incidente proprio fuori l’aeroporto e che aveva rischiato per quello di perdere il volo.
“Si sa qualcosa di chi guidava?”
L’altro scosse il capo in segno negativo “non saprei. E’ stato davvero un brutto botto. Un Rang Rover contro un furgone, entrambi andavano a una velocità pazzesca!”
Alla parola furgone Cherry pensò alla macchina di Frank, ebbe una stretta al cuore e un senso di angoscia la pervase.
Stupida. Sta tranquilla non è certo lui.
A quel pensiero se ne aggiunse un altro sarà a consolarsi con Jamia a quest’ora.
Avrebbe voluto vomitare anche l’anima se avesse potuto. Proprio come quella sera prima d’incontrarlo.
Spense il cellulare, di cui Tiffany aveva recuperato il pezzo mancante dal pavimento di casa sua. Ancora funzionava per lo meno.
L’areo decollò e mentre si dirigeva tra il cielo di nuovo chiaro di Los Angeles un sms della sua amica arrivò silenzioso senza poter essere letto.
 
“Frank ha avuto un incidente”.


Note dell'autrice:

Ed ecco il penultimo capitolo. Sicuramente non uno dei più rosei. Non mi uccidete! O poi non posso scrivere la conclusione no?!
Maledetti fraintendimenti che rovinano le coppie!
Come finirà tutto questo casino? BOOOH! Lo scopriremo nell'ultimo capitolo, la prossima settimana! :P
   
 
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