Childhood Games
«Giochiamo con le bambole, Kotori-chan?»
Hokuto Sumeragi, cinque anni, scrutava con sguardo critico una Barbie,
disegnando distrattamente sul pavimento i vestiti più in da affibbiarle.
Al suo fianco c’era una bambina bionda, con due occhi spenti e un sorriso così
dolce da ritrarre alla perfezione la follia.
«Bambole. Belle, bambole. Vestiti. Così belli anche i vestiti.» diceva, con
aria assente, stringendo in mano due Ken che la piccola onmyouji aveva
accuratamente accoppiato, rendendoli protagonisti di una tragica love story,
conclusasi con la morte di uno dei due tra le braccia dell’altro.
Nel vedere
che Kotori s’era nuovamente perduta nei suoi
sogni, Hokuto rimase per un po’ a giocherellare in solitudine.
Poi, saltellando scalza per la casa, decise di andare da suo fratello: forse
lui avrebbe giocato con lei, perché Subaru non le diceva mai di no – non diceva
mai di no a nessuno, era troppo gentile.
S’intrufolò piano nella stanzetta di Subaru. Oh, sospirò. Suo fratello stava giocando di nuovo con i suoi amici
immaginari. L’ultima volta s’era inventato una ragazza che voleva diventare un’attrice
famosa e bella.
Poi un nonnino con delle banane. Questa volta toccava a un cagnolino.
Hokuto conosceva un’altra bambina che parlava con un cagnolino immaginario.
Yuzuriha, si chiamava, e a scuola la prendevano tutti in giro. Un giorno l’avrebbe
aiutata, si disse, con convinzione.
Poi uscì dalla camera e andò a sbirciare nel salotto. C’era un amichetto di suo
fratello, un bambino orfano di padre, che giocava al girotondo con un altro
bambino che le pareva si chiamasse Fuuma.
«Casca il mondo, casca la Terra, e tutti
giù per terra! Non è divertente, Kamui?»
«Non lo so. Sarebbe più bello se rimanessero tutti in piedi, tutti sani e
salvi, anche tu e Kotori.»
«Ah.»
A dirla tutta, neppure Hokuto capiva che cosa ci trovasse Fuuma in quelle
parole, e poi non le andava di fare il girotondo. Cambiò stanza un’altra volta,
e pensò di andare a trovare Arashi.
Ad Arashi, però, non piacevano le bambole. A lei piacevano le spade ed i
coltellini e Assassin’s Creed, perché
c’erano le lame che uscivano dalle mani e per qualche motivo l’avevano sempre
affascinata.
Poi pensò di andare a trovare Karen. A lei le bambole piacevano, solo che
Hokuto le vestiva e Karen, invece, le svestiva. Alla fine decise. Sarebbe
andata a trovare Sei-chan!
Attraversò i lunghi corridoi dell’Istituto CLAMP, pensando che somigliavano a
passaggi segreti e forse l’avrebbero condotta sulla cima della Tokyo Tower e—bum.
«Oh! Scusa!»
Era andata a sbattere contro il bambino più apatico dell’intera casa. Nataku.
La nonna le aveva detto che aveva perso la sorellina, una certa Kazuki, ma non
era molto sicura che fosse andata così.
Nataku, in ogni caso, le passò oltre senza proferir parola; lei si diresse allora
verso la stanza di Sei-chan e spalancò la porta. «Seishiro-chaaaan! Oh. Stai giocando di nuovo con i tuoi
animaletti.»
Seishiro amava gli animali. Così tanto che ci giocava per ore ed ore, eppure
talvolta qualcuno spariva. E non tornava più. Hokuto era sospettosa – ma era una
detective, e prima o poi li avrebbe ritrovati; oh, sì.
«Sei-chan, dov’è Sorata? » gli chiese, gironzolando per la stanza – Seishiro sapeva
sempre molte cose sugli altri bambini, perché il suo falco giocattolo girava
per casa in continuazione.
«Tenta di convincere Arashi a giocare al dottore.»
«Aoki?»
«Fa finta di scrivere per un giornale importante.»
«Satsuki?»
«Gioca a The Sims.»
«Kakyou? Dorme di nuovo, vero?»
mormorò, con aria afflitta.
«Credo di sì, Hokuto-chan. Mi spiace.» le rispose il bambino, sorridendole ed
afferrando un anpan.
A quel punto, la bambina si rassegnò. Salutò Seishiro e tornò nella sua
cameretta.
Kotori aveva appoggiato per terra i due Ken e stava giocando con le Barbie – «Barbie
mamma. Barbie Saya. E questa, Barbie Tohru.» bisbigliava.
Hokuto prese in mano Ken e Kennino, ricordando la loro epica immaginaria love
story.
Avrebbe fatto bene a pensare alle ultime parole di Ken – che love story era,
senza ultime parole?
«Io ti amo» sarebbe stata una buona scelta. Classica, romantica…
O forse no. C’era qualcosa che mancava. O forse qualcosa di troppo. Poi capì.
«Io ti…»
Sì, così era davvero perfetto.
Sentite,
non
è colpa mia. E’ colpa di una mia amica che spara boiate crack, e io
le traduco in fanfiction.
Fuuma che canta la canzoncina del girotondo, per esempio, l’ha inventato lei. E
anche Subaru, Sorata e in parte Arashi.
Io poi ci ho ricamato su. E vabbè, è la fanfiction più scema dell’universo, ma
mi sono divertita un sacco a scriverla! XD