Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: Mayo Samurai    21/06/2011    5 recensioni
e se Arthur, per via di un suo stesso incantesimo tornasse piccolo? e se Alfred, costretto forze maggiori (il mio volere) dovesse prendersene cura?
un'altra long fic tutta made in Moniko-chan! :D
Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
  Sbatté gli occhi confuso, ancora insonnolito girò la testa, chiedendosi perché si sentisse la schiena scoperta, in preda agli spifferi. Rabbrividì e si sistemò il plaid, rendendosi conto solo ora di essersi addormentato sul divano con Arthur tra le braccia.
Sospirò e strofinò il viso sul cuscino, chiudendo gli occhi, mentre pian piano le immagini della sera precedente gli tornarono in mente, socchiuse le palpebre e spiò il visetto addormentato del bambino, trovandolo dannatamente indifeso, avvolto nella coperta con le manine che stringevano la felpa, guancie rosse e bocca semi aperta.
Sospirò una seconda volta e lo strinse maggiormente, poggiando il mento sulla testa del piccolo, accarezzandogli distrattamente i capelli sul collo morbido. Dopo quella notte si sentiva ancora più in dovere di difenderlo, come poteva lasciarlo tornare al suo tempo, dove sarebbe stato in pericolo costante, in balia delle grinfie delle altre nazioni?
Si sentiva uno schifo al solo pensiero di mandarlo indietro.
Sentì un mugolio e credette che Arthur si stesse svegliando, ma il piccolo si limitò a sfregare il viso sul petto di Alfred e far schioccare le labbra, sospirando sollevato, riprendendo a dormire.
America passò delicatamente il pollice sulle palpebre abbassate, studiando il volto addormentato del bambino. Gli pizzicò leggermente le guancie, trovandole morbide e lisce, Arthur aggrottò le sopracciglia, assumendo un’espressione adorabilmente buffa che fece ridere Alfred, che si sentì il cuore accelerare i battiti e le guancie scaldarsi.
 Sospirò di nuovo e gli scostò i capelli dalla fronte, sfiorandogliela delicatamente, nemmeno fosse di vetro.
Chiuse gli occhi di scatto e si scostò, alzandosi gli sistemò le coperte addosso e se andò in cucina, stiracchiandosi, per preparare una colazione coi fiocchi.
Quando Arthur si svegliò si spaventò non poco, non sentendo più la presenza di Alfred accanto si allarmò e si alzò immediatamente. Corse in cucina, guidato dal rumore di padelle, e quando vide la schiena di America si rilassò, sospirando sollevato.
Prese una sedia e l’avvicinò al bancone, salendoci sopra e spiando quello che stava facendo il ragazzo.
Rimase affascinato dal piccolo fuocherello che bruciava sotto la padella scusa e si nascose oltre il bordo quando un pezzo di carne, lungo e sottile, atterrò sul fondo, causando uno sfrigolio ed un odorino delizioso.
oh, good morning, sleep well?”
Il bambino annuì, completamente assorto dalla cottura del bacon. Alfred sorrise e tolse la carne ormai cotta e la mise su un piatto posato lì accanto, spense il fuoco e lo prese il piatto con la destra, mentre la sinistra andò a stringere una caraffa di succo, poggiando il tutto sulla tavola già apparecchiata.
Arthur lanciò un “wow” quando si accorse della colazione, composta da una pila di fette biscottate dal colore dorato, accompagnate da almeno quattro tipi di marmellata e un panetto di burro. Guardò con l’acquolina in bocca il bacon che ancora sfrigolava, accanto a un cestello contente brioche.
Alfred ghignò quando si accorse dell’espressione rapita del piccolo e scompigliandogli i capelli andò ad aprire alla porta, quando sentì il campanello suonare.
“oh, hi Matt!”
“hi Alfred, scusa se arrivo così all’improvviso, ma ho la mattinata libera e volevo vedere come stava andando la vostra convivenza.”
L’altro fece un gran sorriso:”benissimo direi! Guarda che colazione ho preparato!”
Canada guardò stupito la tavola imbandita, alla quale era già seduto Arthur, che si allungava sul tavolo cercando di raggiungere il piatto di bacon.
“wow.. ben fatto!” esclamò avvicinandosi.
“ciao Matthew! Hai visto che colazione eh?” il bambino balzò giù dalla sedia e raggiunse il ragazzo, che si chinò per salutarlo.
“Alfred ha preparato la migliore colazione del mondoooo!” esclamò allargando le braccia e sorridendo a trentadue denti.
“dai, siediti e mangia con noi!” si intromise Alfred, dandogli una pacca sulla spalla.
“oh… grazie… a dir la verità non ho ancora fatto colazione..” mormorò prendendo posto.
Si sedettero anche Alfred e Arthur, che si gettarono sul cibo come se non mangiassero da giorni. Matthew osservò incuriosito il comportamento del bambino, così diverso da quello a cui era abituato. Pensò che la fretta nei suoi movimenti fosse data dall’esperienza del lento che viene mangiato dal veloce.
Si mise in bocca un pezzo di brioche e lo guardò mentre masticava in fretta il bacon.
Ad Alfred c’era abituato, ma ad Arthur no.
“mangiate con calma.”
 
 
 
Quando terminarono di assaltare la colazione, i due ragazzi si misero a lavare i piatti mentre Arthur andava alla finestra per guardare fuori, rimanendo deluso dal pantano che era diventato il giardino.
“Alfred, hai trovato un modo per farlo tonate a casa?”
Il ragazzo si sbloccò, con le mani ancora in acqua:” ecco… ci sono state delle complicazioni…”
Matthew sospirò gravemente:” prima lo mandi indietro prima tornerà adulto.”
“mmm e chi te lo dice? Io… non so che tipo di incantesimo ha fatto… non so nemmeno come funzionano!” protestò.
“appunto per questo devi cercare qualcosa.” Canada fissò il fratello che stava in silenzio, guardandosi le mani insaponate.
“finito qui andremo in biblioteca e cercheremo qualcosa ok?”
Alfred annuì mesto mesto, ricominciando a lavare i piatti.
Quando finirono si avviarono immediatamente in biblioteca, seguiti da Arthur che gli trotterellava dietro. Non appena aprirono la porta ed entrarono il piccolo lanciò un grido sorpreso e si lanciò in mezzo agli scaffali.
“wow! Guardate quanti libri! Tantissimi libri! Che bello!”
Alfred e Matthew sorrisero a vederlo così contento, mentre schizzava da libreria a libreria e fermandosi solo pochi attimi per controllare i libri, prima di ripartire a tutta birra.
I due fratelli si misero alla ricerca del libro che li avrebbe aiutati, controllando la tipologia grazie alla targhette sugli scaffali.
“ALFRED!ALFRED!”
Arthur arrivò di corsa con un grosso libro sotto braccio :”guarda che cosa ho trovato!”
Il canadese e l’americano si scambiarono un’occhiata perplessa, che avesse trovato il libro? Si chiesero straniti, visto che con lui non ne avevano parlato.
“guarda!” esclamò il bambino sollevando il volume.
“fiabe… che c’è scritto qui?” chiese Alfred sistemandosi gli occhiali nel tentativo di capirci qualcosa, ma il nome dell’autore era rovinato e così faticava a comprenderlo.
“Come fai a non conoscerlo!? È famosissimo!” il piccolo guardò con occhi luccicanti il libro:”anche se non capisco come mai sia così vecchio… è appena uscito!”
I ragazzi sgranarono gli occhi, se quel libro era appena uscito quando Arthur era un bambino significava che aveva almeno mille anni!
“però è ancora leggibile.” Disse Arthur seduto sul pavimento, intento a sfogliare le pagine leggere e ingiallite.
“me le leggeresti?” chiese con occhi supplicanti, guardando in direzione di Alfred.
“erm… adesso non posso… dopo… forse” esibì un sorriso insicuro, sperando di convincere il bambino, aveva buttato un occhio alle pagine, rendendosi conto immediatamente che non riusciva a capire ciò che c’era scritto, essendo una scrittura mai vista prima.
Il bambino annuì, prese il libro e si allontanò, probabilmente alla ricerca di qualche altro cimelio.
Alfred sospirò e ricominciò la ricerca.
Dopo aver passato l’intera mattinata cercando un libro che aveva tutta l’aria di essersi volatilizzato, Alfred e Matthew si accasciarono sulle poltrone della biblioteca, allungando le gambe sotto il tavolino di legno.
“non ce la faccio più…” borbottò America togliendosi le scarpe coi piedi.
“non dirlo a me…” rispose il fratello, stanco tanto quanto lui.
Entrambi lanciarono un’occhiata torva ad Arthur, il quale non aveva ancora smesso di esplorare la stanza.
Quando tornò si arrampicò sulla poltrona dove stava Alfred e si sedette in grembo al ragazzo, poggiandogli il libro sul petto:”potresti leggermelo?”
L’americano guardò preoccupato il fratello che ricambiò.
Alfred prese il libro e osservò le pagine, non riuscendo a comprendere niente di quello che c’era scritto. Si rese conto però, che i simboli impressi sulla carta erano gli stessi usati da Arthur sul loto disegno.
Aprì la bocca e guardò il bambino, che lo fissava sorridente.
“quale vuoi che legga?”
“la prima! Comincia da lì!”
Si morse l’interno guancia e saettò lo sguardo ovunque, in cerca di aiuto.
Che arrivò dal campanello di casa, che squillò.
Arthur si voltò di scatto e scese dalle gambe del ragazzo, che sospirò sollevato e si alzò per andare a rispondere.
“Kiku!”
Il giapponese sorrise e fece un leggero inchino:” konnichiwa Alfred-kun, Matthew-kun, Arthur-san.” Entrò in casa e si tolse le scarpe:“credo di aver capito ce è successo… posso parlarvi in privato?”
I due annuirono e fecero per andare in cucina, ma anche Arthur li seguì.
“erm… Arthur? Vorremmo parlare noi, da soli… i grandi…” cominciò Alfred, abbassandosi alla sua altezza.
“anch’io sono grande!” esclamò offeso il bambino:”… non sarò molto alto ma le cose le capisco!” pestò il piede per terra e guardò il ragazzo con occhi lucidi.
America ricambiò lo sguardo smarrito e dispiaciuto, s’era scordato del “piccolo” complesso di inferiorità del bambino.
“lo so… ma è una cosa importante…” mormorò accarezzandogli la testa.
Arthur sbuffò e guardò il pavimento:” ok…” borbottò deluso.
Alfred sorrise dolcemente:”grazie.” Mormorò prima di andare in cucina e chiudere la porta.
Il bambino restò a guardare la porta ancora per poco, prima di prendere il suo mantello, voltarsi e uscire in giardino.
 
 
 
 
“come ho già detto prima credo di aver capito che cosa è successo.” Iniziò Kiku guardando i due fratelli:” e come ho già detto ad Alfred-kun, credo che Arthur-san abbia utilizzato un cerchio alchemico, l’unica cosa che non capisco è che fine abbia fatto.”
“sarà sparito no?” chiese Alfred.
Giappone scosse la testa:”mi sono informato, i cerchi di quel tipo scompaiono quando la magia si interrompe o li mago che l’ha eseguita muore, e siccome Inghilterra è ancora vivo e piccolo, ho da pensare che sia ancora attivo. Ma quello che mi stupisce è che non ne percepisco la presenza.”
“wow, puoi percepire la magia?” chiese Matthew ammirato.
“più o meno, più che altro uso questi” disse, e tirò fuori dei biglietti, lunghi e bianchi con delle scritte nere sul dorso.
“wow…”
“e funzionano?” i due si sporsero sul tavolo.
“certo, questi sono amuleti segnalatori e hanno sempre funzionato, solitamente si mettono a bruciare in presenza di magia… ma non capisco perché non abbiano ancora reagito, sono molto potenti, riuscirebbero a trovare tracce di magia ovunque.”
I tre fissarono i foglietti ancora per un attimo, prima si risedersi con un sospiro.
“se continuiamo così non arriveremo da nessuna parte…” mormorò Alfred, Matthew strinse Kumajiro a sé, guardando pensieroso il tavolo:”non… potremmo chiedere a lui?”
Gli altri due lo fissarono incuriositi.
“intendo… non dirgli che lui è qui per via di una magia, ma chiedergli come funziona… magari lo sa…”
Kiku si portò la mano al mento:”non sembra una cattiva idea… ma prima di coinvolgerlo preferirei dare un’occhiata al piano di sopra, magari gli amuleti provano qualcosa.” Mormorò prima di sparire dietro la porta.
Alfred fece un lungo sospiro e si accasciò sul tavolo, allungando le braccia davanti a sé.
“è dura prendersi cura di Arthur eh?”
Alzò lo sguardo e incontrò quello del fratello:” anche per un eroe è stancante no?”
America sorrise leggermente:” un po’… più che altro son le notti in bianco… eh,eh… già due…” guardò fuori dalla finestra, intravedendo il vialetto d’entrata.
“anche se abbiamo cominciato col piede sbagliato mi piace molto la compagnia di Arthur… è piacevole stare con lui, anche se è solo un bambino.” Concluse con un sorriso dolce.
Matthew guardò con affetto il fratello, prima che gli squillasse il cellulare:”oh pronto? Ah capo… cosa? Cioè, si, ok arrivo subito… ho capito.” Chiuse la chiamata e si alzò:”purtroppo mi ha appena chiamato il boss… se ci sono novità o problemi chiama pure ok?”
Alfred annuì e si alzò per accompagnare il fratello:”bhè, ci vediamo.”
Matthew sorrise e si allontanò per il vialetto umido.
Si chiuse la porta alle spalle e raggiunse Kiku al piano superiore, non prima di aver sbirciato il giardino, per controllare Arthur, il quale, seduto sulla staccionata, giocava con delle foglie, sgambettando e canticchiando.
“trovato qualcosa?” chiese avvicinandosi a Giappone, chino sul pavimento.
“non capisco… gli amuleti non rilevano nulla.” Mormorò perplesso, si alzò e guardò Alfred:”non so che fare… forse non ha eseguito la magia qui… magari in giardino?”
America scosse la testa:” non credo… o meglio, non so, ma me lo sento che non è lì.”
Kiku lo guardò pensieroso:”ok, al massimo lo cercherai tu, d’accordo?”
Alfred annuì.
“bene, tornerò quanto avrò trovato un modo per potenziare questi, così forse non sono abbastanza forti.”
Scesero le scale e si avviarono alla porta:” non una parola con Arthur e se trovi qualcosa-“
“lo so, lo so, me lo ha già detto Matt.”
Giappone sorrise leggermente e si rimise le scarpe, inchinandosi per salutare. Alfred alzò la mano e richiuse la porta, sospirando. Guardò fuori dalla finestra alla ricerca di Arthur.
Non trovandolo.
Aprì di scatto i vetri e si sporse, vedendo i cespugli poco più in là agitarsi, sospirò sollevato e si sedette sul divano, accedendo la Tv.
 
 
 
Quando il suo stomaco brontolò capì che era ora di pranzo, si alzò e uscì in giardino, sperando che se avesse fatto scegliere ad Arthur cosa mangiare forse l’avrebbe perdonato.
“Arthur! Vieni fuori, ti voglio chiedere una cosa!”
Silenzio.
Il ragazzo pensò che fosse offeso e non rispondesse apposta, quindi iniziò a perlustrare i cespugli.
“Arthur? Se vieni fuori ti preparerò la più grande bistecca che tu abbia mai visto, Arthur? Arthur?”
Si fermò sotto la grande quercia e si guardò attorno smarrito:“Britannia?” tentò.
Ma ancora niente.
“Arthur!” urlò spaventato e arrabbiato allo stesso tempo.
Ma nessuno rispose.
Deglutì rumorosamente e continuò la sua ricerca. Si poggiò alla staccionata e guardò tra gli alberi scuri dietro casa:”Arthur!?” chiamò per l’ennesima volta.
Strinse le dita attorno al legno, chiedendosi dove poteva esser finito.
“non può esser uscita da davanti, l’avrei visto, e poi non ha il coraggio di aggirarsi da solo per la città…” mormorò a sé stesso:”può esser andato solo…” alzò lo sguardo verso la foresta:”qui dentro.”
 
 
 
Arthur camminava tranquillo tra le foglie, calciandole e facendo cadere pioggia dorata, rossa e marrone tutt’intorno.
La piccola fatina al suo fianco fece una capriola in aria e gli atterrò sulla testa, sistemandosi tra i capelli.
“hanno da parlare loro.” Borbottò calciando un sasso:”cosa da grandi.” Disse ancora passando la mano sotto il naso:”io non gli servo… come al solito…” mormorò con gli occhi lucidi, fermandosi si guardò attorno e si rese conto di essersi allontanato parecchio:”forse dovrei tornare indietro…” ma la fatina gli tirò una ciocca e lo incitò a proseguire, e si spostò poi al suo orecchio.
“hai ragione Nancy, non gli servo… andiamo avanti.” E riprese a camminare, con la fatina che gli sussurrava all’orecchio.
“cosa!? Rainbowfairy è qui!?” la piccola creatura annuì e Arthur sorrise:” è fantastico! Sbrighiamoci! È da un sacco di tempo che non la vedo!” esclamò mettendosi a correre e addentrandosi sempre di più.
 
 
 
“ARTHUR! ARTHUR!” abbassò le mani e si guardò attorno, perché non rispondeva? Che si fosse fatto male?
Si girò e cercò la figura della casa dietro di sé, la intravide tra gli alberi e si voltò di nuovo, rimettendosi le mani attorno alla bocca e chiamando a gran voce il bambino, con il peso sul cuore che diventava ogni attimo sempre più pesante.
 
 
 
“RAINBOWFAIRY!” urlò Arthur accelerando il passo.
Un magnifico cavallo bianco, con un corno sulla fronte, alzò il muso al richiamo del piccolo, che gli si lanciò addosso abbracciando il muso candido dell’animale.
“oooh! Che bello rivederti!” esclamò strofinando il naso sul pelo raso del cavallo, che con le morbide e calde labbra fece per mangiucchiarli i capelli, facendo ridere la piccola nazione.
L’animale era piuttosto sorpreso di ritrovare il suo padroncino tornato piccolo, ma conoscendolo capì immediatamente che era sotto l’effetto di un incantesimo, difatti odorava non poco di magia, che riconobbe come quella del’inglese, per cui, non si allarmò.
Arthur si staccò e si specchiò negli occhioni blu dell’unicorno, che nitrì dolcemente spingendolo un po’.
“certo che và tutto bene! Sono qui perché… volevo vederti!”
Rainbowfairy nitrì di nuovo, questa volta con tono serio, ammutolendo il bambino.
Il piccolo abbassò lo sguardo dispiaciuto:” è-è la verità!” protestò stringendo i pugnetti.
L’unicorno sbuffò e scosse la morbida criniera.
“… non voglio tornare… non adesso…” mormorò a capo chino.
Nancy guardò dispiaciuta Arthur, Rainbowfairy era una creatura saggia e buona, ma vedere il piccolo Britannia così le spezzava il cuore, così si avvicinò all’orecchio dell’animale e lo supplicò di far fare un giro ad Arthur sulla sua groppa, poi lo avrebbero riportato a casa.
L’unicorno passò lo sguardo dalla fatina al bambino un paio di volte, prima di sbuffare e dare un buffetto al piccolo.
Nitrì e lo vide aprirsi in un enorme sorriso, prima che gli abbracciasse stretto stretto il muso:”grazie!” esclamò al settimo cielo, si frugò nel mantello, cercando la tasca interna, e tirò fuori un paio di zollette di zucchero:”tieni, non sono come i dolcetti che ho di solito ma sono buonissime lo stesso!”
Il cavallo riconobbe subito i piccoli cubetti bianchi e nitrendo felice li spazzolò in un attimo.
“li avevo presi come scorta per le esplorazioni, ma se ne vuoi ancora dimmelo! Ne vuoi una anche tu Nancy?”
La fatina annuì gioiosa e ne prese una tra le minuscole braccia,stringendola come se fosse oro. Se ne mise una in bocca anche Arthur, prima che Rainbowfairy lo afferrasse per la collottola e se lo caricasse in groppa.
 
 
 
“ARTHUUUURRR!?” ormai non aveva più voce, tossì un paio di volte e deglutì, mordendosi le labbra, mentre il pensiero di Arthur ferito gli riempiva la testa, impedendogli di pensare normalmente.
Aveva una gran voglia di piangere, e di farsi del male per la sua stupidità, come poteva permettere ad Arthur di allontanarsi così? Come eroe non vali niente, gli sussurrò un vocina.
Con mani tremanti afferrò il cellulare e chiamò Matthew, avvertendolo del problema.
“è-è terribile! Alfred non fare scemenze e chiama la polizia! Anche se sei una nazione non ha i super poteri! Se ti addentri lì da solo rischi di perderti pure tu!”
“NON POSSO ASPETTARE ANCORA!!” sbraitò furioso:” e se fosse ferito? E se fosse in pericolo? Io chiamo la polizia ma entro! Non cercare di fermarmi perché tanto sono già dentro!”
“Alfred! Per piacere ragiona!”
“NO! Devo trovarlo prima che sia troppo tardi! E poi…” alzò lo sguardo al cielo:” sta per piovere.”
 
 
 
Arthur rise e si aggrappò alla criniera, stringendosi per bene:” più veloce, più veloce!!” strillò euforico, mentre le zampe di Rainbowfairy atterravano esperte sul terreno umido, lanciando dappertutto foglie e zolle di terra.
Saltò un tronco e il bambino scoppiò a ridere, mentre Nancy si teneva ai suoi capelli, contenta tanto quanto il padroncino. L’unicorno prese una curva così stretta che per poco non scivolava, facendo sbiancare i due fantini, che risero di nuovo, quando la “vettura” si ristabilì.
“è bellissimo stare di nuovo con voi!” esclamò Arthur, stringendo le gambe al dorso caldo dell’animale, che nitrì contento.
Il bambino notò uno spiazzo libero poco più in là, e pensò che fosse un posto perfetto dove fermarsi a riposare un attimo:”hey! Guarda! Di là, di là!”
L’animale scrollò la testa e si diresse verso la direzione indicata dal piccolo.
“ecco proprio qui!” urlò Arthur, indicando il terreno.
Ci fu un grosso scoppio.
Rainbowfairy nitrì spaventata e cominciò a sgroppare, Nancy si coprì le orecchie a punta con le manine e volò via terrorizzata e Arthur, il quale avendo mollato la presa sulla criniera per indicare il luogo, tentò di ristabilirsi, cercando di afferrare i fili bianchi.
Ci fu un secondo scoppio.
Questa volta l’unicorno impennò e si eresse sulle gambe posteriori, facendo cadere il bambino dalla sua groppa, nitrì sgomenta e dopo aver scalciato come un matto corse nella foresta, spaventata a morte del quei rumori.
Arthur, rimasto a terra si rannicchiò su sé stesso, premendosi le mani sulle orecchie, chiedendosi quale mostruosa creatura avesse provocato quei bruttissimo scoppi.
Sentì una terza esplosione e scoppiò a piangere terrorizzato, se fosse stato un po’ più grande avrebbe capito che chi causava quegli scoppi erano fucili, di cacciatori passati lì vicino, ma essendo solo un bambino di sei anni con la mentalità ferma nel medioevo rimase dov’era, tremando e pregando il signore che qualsiasi cosa fosse non si avvicinasse e se ne andasse senza accorgersi di lui.
Rimase immobile come una statua per qualche minuto, spiegando le orecchie per captare qualsiasi suono che gli confermasse che la cosa se ne fosse andata. Quando fu sicuro che non c’era più nessuno si azzardò a sollevare il viso, sporco di terra, foglie e lacrime ancora calde, che sgorgavano dagli occhi.
E solo in quel momento, solo nella foresta si rese conto di essersi perso, e che i suoi amici fatati fossero scomparsi, spaventati tanto quanto lui.
Cercò di trattenersi ma non riuscì, e sentì lacrimoni bollenti scivolargli dalle guancie e bagnare ancora di più i pantaloni sporchi.
Si portò le manine sbucciate al viso e tentò di pulirsi le lacrime, chiamando a gran voce il nome di America, sperando che lo sentisse e lo salvasse.
 
 
 
Alfred evitò l’ennesima scivolata e schivò un ramo umido.
Si fermò un attimo solo per cercare di captare qualche suono, rumore o richiamo che gli avrebbero confermato la presenza del bambino.
“ARTHUUUURRR!!” chiamò mettendosi le mani a coppa attorno alla bocca.
Niente.
Solo il fruscio delle ali di uccelli spaventati e il gracchiare di cornacchie.
Sentì qualcosa di umido colpirgli il naso, e si rese conto che era un grosso gocciolone, appena caduto dal cielo, e nel giro di due minuti, Alfred stava cercando Arthur nel bel mezzo di un acquazzone
 
 
 
 
Il bambino riuscì a mettersi in piedi,nonostante le gambe gli tremassero dal freddo e dal dolore, si strofinò il naso e si guardò attorno: era pur sempre una nazione lui! E prima di incontrare Alfred questa cosa gli era capitata un sacco di volte!
Ma in una foresta che conosceva, qua, nonostante America gli avesse detto che era casa sua, non riusciva a riconoscere niente.
Tirò su col naso e chinò il capo, sconfortato. Fece un paio di passi per accertarsi che le non si fosse rotto niente e si mise alla ricerca di un riparo.
 
 
 
America raggiunse uno strano spiazzo, dove c’erano un sacco di sfoglie smosse e terra rivoltata, ansante si fermò nel centro, osservando gli alberi fradici attorno a lui, alla ricerca di altri segnali: forse Arthur era stato lì.
Si chiese come mai erano presenti anche orme di cavallo, piuttosto profonde e sconnesse, come se il cavallo che le aveva lasciate fosse terrorizzato.
Non sapeva quanto aveva ragione.
Fece il giro completo della radura, non più larga di venti passi, ma non trovò niente che appartenesse al bambino.
Con la pioggia che gli appiccicava i vestiti addosso e il caldo causato dalla corsa probabilmente si sarebbe beccato un broncopolmonite con i fiocchi, ma non gli importava, primo doveva trovare Arthur, chissene della sua salute quando c’era in gioco quella della persona che amava di più al mondo, e secondo, lui era l’eroe, che non si arrende mai e non conosce la malattia e la fatica!
Si schiarì la gola e si sistemò gli occhiali, riprendo a marciare, seguendo quella che sembrava una scia, lasciata da piccoli piedi strascicanti.
 
 
 
 
Non riusciva a trovare nessun riparo, vagava da quanto ormai? I piedini, gelidi e doloranti, gli imploravano di fermarsi, ovunque, ma di fermarsi. Ma il cervello, molto più ostinato comandava di proseguire, finche non avrebbe trovato un buon posto dove riposare.
Si fermò solo per sistemare il mantello sulle spalle, ormai zuppo pesava tantissimo e faticava non poco a portarselo dietro. Rabbrividì quando lo poggiò sulle spalle, toccando le pelle del collo, e si voltò, si sentiva stranamente osservato o braccato. Forse era la mancanza della presenza di Alfred che causava questo, lui era sempre braccato, ma quanto stava in compagnia del ragazzo si sentiva al sicuro come non mai, protetto da tutto e da tutti.
Tirò sul col naso e senza risultati se lo strofinò sulla manica, non poteva arrendersi ora, non l’aveva mai fatto e mai lo avrebbe fatto, doveva proseguire anche se aveva paura, freddo ed era stanco, senza la pioggia che gli picchiava come tanti chiodi in testa sarebbe riuscito a pensare correttamente e a trovare la strada di casa, ne era certo.
Sentì un ramo spezzarsi poco più in là e fece un balzo all’indietro, guardingo.
Purtroppo inciampò in una radice infima, ebbe solo il tempo di sbirciare al di là della propria spalla prima di iniziare a ruzzolare giù per un leggero pendio. Tentò di aggrapparsi alle foglie o rami, ma era tutto troppo scivoloso e non riuscendo a far presa su niente tentò di riparasi con le braccia e di rannicchiarsi, mentre rotolava giù, trascinando con sé foglie e terra.
Quando finalmente si fermò la testa gli doleva e girava vorticosamente, cercò di mettersi seduto nonostante il capogiro, ma un fitta al polso lo fece desistere.
Si raggomitolò su sé stesso, tremante, gli faceva male tutto, il mondo non smetteva di girare e aveva freddo, tanto freddo.
Tossì e strinse i denti, cercano non piangere:”Alfred non mi troverà mai, e io rimarrò qui per sempre…” pigolò sconfortato, mentre i grossi lacrimoni tornarono a scivolare dagli occhi: ”Alfred, dove sei?”
 
 
“Arthur!” accelerò il passo quando sentì uno strano rumore, di foglie smosse e terra che frana.
Ne era sicuro, pochi attimi prima era riuscito a vedere una piccola figura più avanti, a causa della pioggia e degli occhiali ormai appannati non aveva capito bene di che si trattasse, ma qualcosa dentro di lui li aveva suggerito che poteva essere Arthur.
Finalmente raggiunse il punto dove aveva visto la figura e notò che il terreno più avanti non era mosso, quindi, voleva dire che Arthur era lì vicino!
Con rinnovata speranza lo chiamò di nuovo, deglutì e rimase in attesa di risposta.
“A-Alfred…”
Rizzò le spalle e cominciò a guardarsi attorno febbrilmente, era la voce di Arthur! Ne era sicurissimo!
“Arthur! Dove sei!?”
“qui!”
“qui dove?!” non riusciva a capire da dove provenisse, lo scrosciare dell’acqua e l’eco che si disperdeva tra gi alberi non lo aiutavano affatto.
“qui Alfred!” capiva dal tono che era spaventato e che stava mettendo tutta la sua forza per rispondere.
“dove!?” ripeté l’americano. Facendo un passo per poco non scivolò per un pendio, fortunatamente riuscì ad aggrapparsi e non cadde, guardò giù e notò che nella terra era stata lasciato un solco, sconnesso, che terminava con un fagotto verde scuro.
“Alfred sono qui!” urlò il fagotto, e il ragazzo capì.
“ARTHUR!” urlò anche lui e li lasciò andare, tenendo le gambe ben salde e busto ritto, in modo da scivolare senza pericolo. Non appena sentì il terreno piano sotto i piedi si lanciò verso il bambino, inciampando nei suoi stessi passi.
“Arthur! Arthur!” chiamò, afferrando il fagotto e voltandolo; rannicchiato tra le pieghe del mantello verde c’era Arthur, in lacrime, con il viso sporco di terra e foglie.
Alfred tremò e gli tolse lo sporco, prima di abbracciarlo stretto. Sentì le manine del bambino aggrapparsi tremanti alla felpa e il visetto affondare tra le pieghe, in cerca di riparo.
“cosa ti salta in mente di allontanarti così!? Eh?!” urlò America stringendolo:”almeno dirmelo! Maledetto! Mi hai fatto correre sotto la pioggia! Ti rendi conto del pericolo che hai corso?! E se non ti trovavo più!?” lo scostò per parlargli in faccia, e lo guardò negli occhi.
“a cosa stavi pensando?” sussurrò, abbassando improvvisamente il tono della voce.
Al bambino tremò il labbro e si passò la mano sugli occhi, nel tentativo di asciugarli:”v-voi… dovevate stare da soli, i-io so-no piccolo e d-debole, non vi servo vero!?” strillò e tirò sul col naso:”i-io sono sempre inutile… anche gli altri me lo dicono… inutile e debole!”
Alfred lo guardò senza capire:”ma che dici!? Non è vero che sei inutile, se qualcuno dice che non serve il tuo aiuto o la tua presenza non vuol dire che sei inutile! Io non credo che tu sia inutile, sai cacciare, sei agilissimo, e la prima volta che ci siamo visti mi hai anche steso a terra ricordi!?”
Arthur lo fissò in silenzio, con viso stravolto.
“sei un bambino incredibile, forse perché sei una nazione, ma come bambino sei spettacolare…” sorrise dolcemente vedendo di esser riuscito a calmarlo:”non sei inutile, e ti basterà crescere per capirlo, devi solo portare pazienza.”
“d-diventare grande…?”
“si, adulto… sono sicuro che diventerai una grande nazione.” Concluse Alfred, carezzandogli i capelli. Con quel gesto si rese conto di una cosa.
“aspetta…” poggiò la mano sulla fronte del piccolo e impallidì:”ma tu sei bollente!” ci poggiò anche le labbra per esser sicuro, e sentì chiaramente la fronte del bambino andare in fiamme:”dobbiamo andarcene subito da qui e tornare a casa!” esclamò balzando in piedi:”ma come si fai a non accorgerti che hai la febbre?”
La piccola nazione si strofinò la fronte, mugolando leggermente:” sono abituato… però mi fa male il polso…” pigolò mostrandoglielo.
Alfred lo afferrò con due dita, muovendolo delicatamente e facendo sfuggire un gemito di dolore dalle labbra del bambino.
“non è rotto, è solo slogato, appena arriviamo a casa lo sistemiamo ok?”
Arthur annuì e si nascose tra le sue braccia. Il ragazzo sorrise leggermente e pian piano cominciò a risalire, alla volta di casa.
 
 
 
 
“ODDIO ALFRED!!” Matthew gli corse in contro sbracciandosi, quasi inciampando nel terreno umido, lasciandosi alle spalle due volanti della polizia e un’ambulanza, con le sirene accese.
Non appena i due furono a portata di braccio li strinse forte, piangendo dalla gioia.
“siete due scemi lo sapete? Mi avete fatto morire di paura!” gli urlò contro staccandosi e guardandoli entrambi.
“grazie per l’accoglienza Matt, ma preferirei portare Arthur in un luogo asciutto…” mormorò Alfred sorridendo, ma prima che potesse portarlo dentro lo raggiunge un poliziotto, seguito da due infermieri.
“aspetti, è questo il bambino dato per disperso?”
Alfred annuì.
“bene, dovremmo fare dei controlli, non sembrate messi molto bene…” si introdusse un infermiere, allungando le braccia per prendere in braccio Arthur, ma America si ritrasse, stringendolo di più.
“faccio da solo grazie…” mormorò. I due infermieri si guardarono perplessi, mentre il poliziotto aggrottava le sopracciglia.
“Alfred non fare lo scemo, vogliono solo accertarsi che stia bene, e faresti bene a farti vedere pure tu.” Lo riprese Matthew, guardandolo severamente.
Il ragazzo tentò di replicare, ma il fratello aveva ragione, quindi lasciò che lo prendessero in braccio e li seguì nell’ambulanza.
 
 
 
“è tutto a posto, abbiamo fasciato il polso e somministrato degli antibiotici, ora deve solo riposare, siete stato bravo e fortunato a trovarlo subito, se fosse rimasto sotto la pioggia ancora un po’ la febbre avrebbe potuto peggiorare.” L’infermiere fece un gran sorriso ad Alfred, mentre chiudeva le porte posteriori dell’ambulanza.
“grazie per averlo curato... e mi dispiace di aver reagito così…” mormorò chinando il capo.
L’altro scosse la testa:” non c’è problema, è normale esser attaccati così tanto a una persona da non volerla lasciarla andare, se si tratta di un bambino poi, indifeso. E’ una reazione comune, guardi, ho dovuto strappare tante volte pazienti moribondi dalle mani dei parenti, troppo scioccati per lasciarli, ma poi tutti si scusano. È lo shock del momento, è normale.” Concluse aprendo invece la porta dalla parte del guidatore:”lo tenga al caldo ma non lo faccia sudare, o la situazione potrebbe peggiorare… non ho mai visto un bambino così strano, non si è lamentato neppure una volta, e sembrava lucido come se non avesse niente.”
“ci è abituato.” Rispose meccanicamente Alfred.
L’infermiere lo guardò stralunato ma il ragazzo scosse la testa:”scusi, riflesso incondizionato…”
L’altro lo guardò per qualche secondo, prima di salire in macchina, accenderla e partire. Alfred lo guardò allontanarsi, poi si voltò e tornò in casa, raggiungendo il fratello e il bambino.
 
 
 
Gli sistemò per la terza volta la pezza sulla fronte, si accasciò sulla sedia e si strofinò gli occhi, stanco.
Forse era stata una cattiva idea quella di mandare Matthew a casa, dicendogli che poteva farcela da solo, tanto, doveva solo badare a un bambino malato, che non si muove e non fa rumore.
Ma non aveva fatto i conti con i sensi di colpa e con l’angoscia della sua visione nel letto, leggermente tremante con viso impegnato in un’espressione dolorante.
Sospirò e chiuse gli occhi, sapeva che era solo una leggera febbre, e che le nazioni guariscano molto più in fretta delle persone se non si tratta di una pestilenza o un contagio popolare, ma nonostante questo non riusciva a calmarsi, e continuava a contare i rantolii e i respiri sconnessi del bambino, terrorizzato dall’idea che si potessero fermare.
“sei un’idiota…” mormorò a sé stesso, nascondendo il volto tra le mani e poggiando i gomiti sulle ginocchia:”dovevi controllarlo meglio… sei o non sei l’eroe?” continuò scuotendo leggermente la testa.
Alzò lo sguardo sul piccolo e lo tenne fisso sugli occhi chiusi, un po’ strizzati.
Arthur si mosse nel sonno e la pezza gli cadde, mentre Alfred allungava la mano per sistemagliela, pronto a farlo molte altre volte in quella notte.
 
 
 
 
 
 
 
 
E finalmente ho finito! Cribbio! Questo capitolo è venuto lunghissimo! 9 pagine! Si, sto cercando di cambiare discorso del fatto che sono in ritardo stratosferico, mi ero immaginata la mia estate passata a scrivere fic su fic, completando i lavori lasciati indietro e cominciandone di nuove, ma l’estate è corta, e io ho questi 3 mesi pieni come un uovo, quindi, se il capitoli non arrivano prendetevela con… l’estate e il caldo, visto che la scuola è finita (bene) e non ho più questa scusa.
Bhè, una piccola spiegazione, sto tentando di “studiare” l’essere chiamato nazione, di capire come funziona il suo corpo, così simile a quello umano ma anche così differente… come teoria iniziale e di cui ne sono sicura e che scrivo qui è quella della malattia abbreviata, cioè, se si ammala il “corpo” della nazione, la malattia, qualunque fosse durerebbe la metà del tempo, o anche di meno, solo se la malattia colpisce il popolo come pestilenze o robe simili, allora la malattia dura tanto quanto dura la pestilenza… comprendete? XD colpa di Jack, amo quell’uomo.
E comune ho tante altre teorie, e quando arriverò a una conclusione intelligente per tutte le esprorrò *si sente molto scienziata, scienziata pazza, come dice il profe di gestione:”siete tutti scienziati pazzi!” (aggiungete accento del sud)*
E non so quanti capitoli mancano, perché se la musa ispiratrice è gentile con me forse ne vengono fuori almeno altri… due o tre, altrimenti il prossimo dovrebbe essere l’ultimo, ma siccome son testarda questa fic la voglio più lunga dell’altra! E scritta meglio… adesso vado a correggerla, che è meglio!
Se il formato è piccolo fatemelo sapere, grazie ^^ è per voi.
E con questo credo di aver finito… e non prendetemi per una maniaca, capisco di esserlo fino al midollo peggio di Francia, ma mi piace tantissimissimo il piccolo Britannia, E’ UNA COSA ADDORABBILE! *badilata volante*
Ok, scusate e tornate pure a fare quello che stavate facendo prima di leggere il capitolo, ci vediamo alla prossima- NdAltraMe
CIAOSSU!!! *altra badilata*
Perdonate gli errori, ma siccome Zazzy, nonostante la sua bravura, non credo che riesca a correggere 10 pagine in un’oretta, quindi portate pazienza e spero che ce ne siano pochi.
E poi non ho voglia di rileggere 10 pagine per la… quarta volta.
 






commentate! Perché i commenti sono il cibo per noi scrittori, non costiamo tanto e regaliamo sorrisi e risa, e anche qualche lacrima! Quindi orsù! Sfamate le bocche insaziabili degli artisti! *fa un inchino teatrale*
Ciaossu!

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Mayo Samurai