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Autore: Spartan117    22/06/2011    1 recensioni
Il giovane Malcolm Reed viene assegnato come ufficiale sulla USS Skyline, la punta di diamante della Flotta Astrale umana.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Skyline

Il sole stava calando ancora una volta, illuminando con la sua forte luce la superficie terrestre perpendicolarmente. Gli alberi si scuotevano al ritmo irregolare del vento, gli uccelli cantavano nei loro nidi ed i fiumi scorrevano limpidi nei loro letti. Ma quel giorno stava per accadere qualcosa di più importante, qualcosa che intendeva rivoluzionare tutto ciò che era stato creato in passato.

In una casetta in periferia della grande città un giovane sedeva su un letto, leggendo e rileggendo le stesse righe centinaia di volte.

“... il periodo di apprendimento è terminato e sei risultato idoneo al servizio. Presentati domani sera alle nove all'area di atterraggio numero due ed imbarcati sulla navetta 43.”

Guardò l'orologio, erano quasi le otto e mezza ed era ormai ora di partire. Si alzò dal letto, mostrandosi in tutta la sua altezza: egli aveva capelli ed occhi scuri, era alto circa un metro e ottantacinque ed era di fisico robusto. Portava una maglietta a maniche corte nera ed un paio di jeans, si mise lo zainetto in spalla ed uscì da quella casa per l'ultima volta, probabilmente non l'avrebbe più rivista. Si incamminò lentamente lungo la strada sterrata con il sole che si abbassava alle sue spalle, poteva già vedere il punto d'arrivo che distava solo qualche migliaia di metri da casa sua, e percorse in una ventina di minuti il tragitto, pensando a come sarebbe potuta essere la sua carriera futura, magari avrebbe fatto strada, magari sarebbe morto di lì a poco, nessuno poteva saperlo. Le aree di atterraggio erano tutte vuote, eccezion fatta per la numero due, ove vi era una vecchia navetta grigiastra con sopra il numero 43. Egli si avvicinò al lato destro di essa, afferrò la maniglia del portellone e lo sollevò, aprendolo verso l'alto. Entrò all'interno e si scelse un posto, riponendo poi il suo zainetto al di sotto di esso. Poté così osservare meglio il suo interno: si trovava in un piccolo ambiente debolmente illuminato, con due posti sul lato destro e tre sul sinistro, mentre davanti si trovava la cabina del pilota, separata da una paratia metallica.

(Evidentemente la flotta stellare avrà qualcosa di meglio in cui spendere il denaro...)

Pensò e, sedutosi nella fila di posti a sinistra, notò che sulla fila di destra, nel posto più avanzato, vi era un'altra persona di sesso maschile che leggeva qualcosa su un D-Pad. Ad un tratto il portello posto davanti a lui si aprì nuovamente, permettendo l'entrata ad una figura femminile alta circa un metro e sessantacinque, illuminata posteriormente dal sole accecante. Chiuso il portellone poté osservarla meglio: aveva lunghi capelli biondi accompagnati dai suoi occhi marroni, la sua carnagione era rosea, e portava maglia nera ed un paio corti pantaloncini di jeans. Ella fece appena in tempo a sedersi nel posto opposto al suo, che la porticina che li separava dalla cabina di pilotaggio si aprì, rivelando una figura in uniforme di circa un metro e settanta e di circa trent'anni che, con un D-PAD in mano, controllò le identità dei tre passeggeri e si apprestò a prendere la parola. Disse:

“Buongiorno signori, sono il marinaio Turrell. So che questo è il vostro primo giorno di attività nella Flotta Stellare, siete stati destinati alla USS Skyline, una nuova nave a cui mancano alcuni ufficiali....”

Egli non fece in tempo a finire che la ragazza gli rivolse subito la sua prima domanda:

“Ma parla di quella USS Skyline, quella nave di nuova generazione con la quale saremo in grado di spingerci ad esplorare zone dove non siamo mai arrivati prima?”

Il marinaio Turrell rispose prontamente:

“Si signore, proprio quella. Dobbiamo partire subito, il capitano vi sta aspettando.”

Egli si girò e tornò nella cabina di pilotaggio, mentre la ragazza tornò a sedersi, visibilmente eccitata a pensare alla loro prossima destinazione, tanto da suscitare la curiosità dell'altro ragazzo che stette ad osservarla senza però fare domande in proposito. Anche gli altri due si sedettero nuovamente, così il pilota poté partire. Attivò bruscamente i razzi di manovra posti al di sotto della navetta provocando non poco disagio ai passeggeri e, attivati i propulsori principali a massima potenza, tracciò una rotta per uscire dall'atmosfera e recarsi al luogo prefissato. Un piccolo schermo posto in una posizione opposta alla cabina di pilotaggio mostrava l'attuale rotta della navetta ed il tempo di percorrenza stimato, ed indicava circa cinque minuti. Ancora cinque minuti ed avrebbe finalmente avuto inizio la loro prima avventura a bordo di un vero vascello della Flotta, una delle navi più avanzate disponibili alla razza umana per poter arrivare dove nessuno era mai giunto prima. Chiuse gli occhi, ed in un attimo gli tornò in mente una frase in particolare, di cui non ricordava esattamente la provenienza:

(La sua missione: esplorare strani nuovi mondi, trovare nuova vita e nuove civiltà, per arrivare dove nessun uomo è mai giunto prima.)

Arrivare dove nessuno è mai giunto prima, questo è sempre stato il suo obiettivo. Imitare i grandi del passato, riuscire a superarli scoprendo cose a cui nemmeno loro erano riusciti ad arrivare.

Pensava, quando una giovane voce lo riportò alla realtà: era la ragazza seduta davanti a lui che lo stava chiamando.

“Ehi, tu! E la prima volta che ti viene affidato un vero incarico?”

Egli aprì gli occhi e le rispose:

“Sì, e immagino sia la prima volta anche per te, a giudicare dall'emozione che hai provato quando il marinaio ha nominato il nome di quella nave. Mi chiamo Malcolm, Malcolm Reed, e vengo da un posto poco lontano da dove siamo partiti.”

“Reed come quello dell'Enterprise?”

“Si, proprio come lui. Mio padre era un sottufficiale facente parte della squadra di sicurezza sull'Enterprise e Reed gli salvò la vita una volta, così decise di chiamarmi come lui.”

“Io invece sono di origine italiana ma, avendo prestato servizio per la Flotta Stellare, la mia famiglia si è trasferita qui. Mi chiamo G...”

La sua frase fu interrotta da uno scossone e dal suono sordo dell'interfaccia di attracco che si congiungeva con il portello d'attracco della nave, seguita dalla voce del marinaio Turrell che annunciava il loro arrivo. Il portello si aprì e ad accoglierli trovarono due sottufficiali membri della squadra di sicurezza. Ognuno dei tre passeggeri prese il proprio bagaglio ed uscì dalla navetta e, a quel punto, uno dei due sottufficiali disse poche parole:

“Buongiorno Signori, il capitano ci ha ordinato di mostrarvi i vostri alloggi e di dirvi che avete dieci minuti per vestire l'uniforme e di fare rapporto nei suoi alloggi, che sono adiacenti alla plancia. Se volete seguirci vi mostreremo la via.”

Il gruppo formato da cinque persone superò un paio di corridoi e poi svoltò a destra, dove gli uomini indicarono loro tre diverse porte, dietro le quali si trovavano i rispettivi alloggi. I corridoi erano totalmente freddi e metallici, percorsi da grandi condotti che emettevano flebili suoni. I due sottufficiali si congedarono, lasciando ai tre libera entrata. Malcolm osservò la porta: sembrava fatta di materiale robusto e nel centro vi era posizionato il simbolo della Flotta Stellare. Sulla destra vi era un piccolo pannello con due pulsanti, il primo a sinistra serviva per emettere un avviso sonoro per chi era all'interno, mentre quello a destra serviva per aprire la porta. Egli aprì ed entrò. La stanza si estendeva verso destra: davanti alla porta c'era un armadietto e, giratosi di novanta gradi, poteva vedere lungo la parete sinistra una scrivania con un computer, lungo la parete destra invece un letto, mentre in quella di fronte a lui c'era una paratia che dava verso l'esterno, con un oblò di piccole dimensione dal quale si potevano osservare le buie profondità dello spazio illuminate soltanto dalla luce di infinite stelle distanti chissà quanti anni luce. Posò il suo zaino sulla scrivania metallica e si avvicinò all'armadietto e, dopo averlo aperto, tirò fuori quella che sarebbe stata la sua uniforme. Essa era di morbido tessuto blu, sulla parte anteriore sinistra vi era lo stemma rappresentante la Skyline, mentre dal collo fino spalle vi era una linea colorata di colore rosso, che indicava il suo campo di specializzazione. Si vestì velocemente e si avvicinò al computer sopra la scrivania e, premendo un tasto, esso mostrò la mappa della nave.

(Il turboascensore per la plancia è vicino, ottimo.)

Uscì dai suoi alloggi, voltò a sinistra e ancora a destra, arrivando al turboascensore più vicino. Premette un tasto e la porta si aprì, vi entrò ed osservò il suo interno: era un ambiente circolare non troppo piccolo e bene illuminato, con un pannello che indicava tutti i ponti raggiungibili. Premette “plancia”, ed in un attimo le porte si chiusero ed il turboascensore partì violentemente, scuotendolo, ed altrettanto velocemente arrivò a destinazione, spalancando le porte.

(La definizione “turbo” è più che azzeccata...)

Fece un paio di passi in avanti, arrivando a vedere tutta la plancia e ne rimase sbalordito. Era a pianta circolare e il turboascensore era situato ad ore sette rispetto al centro, dove si poteva vedere la sedia di comando del capitano, circondata dalle altre postazioni tempestate di luci che si accendevano quasi ritmicamente. Un grosso schermo a ore dodici inquadrava le profondità dello spazio, mentre a ore cinque vi era la porta che dava accesso agli alloggi del capitano. A ore dodici, davanti allo schermo, vi era la postazione del timoniere, a ore dieci la postazione delle comunicazioni, a ore otto quella dell'ufficiale scientifico ed a ore quattro quella dell'ufficiale tattico, mentre ad ore sei c'era una stanza leggermente più piccola della plancia a pianta rettangolare con una grossa postazione per la lettura delle mappe stellari, una specie di sala tattica. Mentre osservava la plancia anche la ragazza che aveva incontrato sulla navetta uscì dal turboascensore e, per lo stupore, riuscì a malapena a soffocare un grido. Entrambi si diressero velocemente verso gli alloggi del capitano e, avvisando del proprio arrivo, fu loro aperta la porta. Davanti a loro si aprì così la vista di una stanza grossa almeno il doppio delle proprie, con spazi più ampi e comodi. Sulla sinistra vi era prima una scrivania e poi il letto, posto sotto ad un grande finestrone, mentre sulla destra vi erano diverse sedie ed armadi. Al centro della stanza vi era quello che avrebbero chiamato capitano per un bel pezzo, un uomo di neanche quarant'anni con corti capelli castani alto circa un metro e ottanta, con lineamenti che parevano amichevoli. Entrambi gli ospiti presero la parola:

“Buongiorno signore, siamo appena stati imbarcati e siamo qui per fare rapporto.”

Egli li squadrò e li analizzò per un secondo, poi prese fiato e disse:

“Siete qui per fare rapporto? Siete stati veloci ad arrivare. Benvenuti, sono il capitano Avery Johnson, siete stati destinati a questa nave perché abbiamo bisogno soltanto dei migliori per riuscire ad esprimere efficacemente le potenzialità di questa nave, in ogni campo. Abbiamo selezionato i migliori uscenti dai propri corsi proprio perché abbiamo bisogno di ufficiali addestrati per svolgere le proprie mansioni su una nave avanzata come questa. Purtroppo non siamo ancora pienamente operativi, ma dovremmo riuscire a partire fra circa cinque giorni, intanto potrete prendere familiarità con i sistemi e dare una mano dove serve. Se non avete nulla da chiedere è tutto, guardiamarina e sottotenente.”

Entrambi si congedarono dal capitano con il saluto ed uscirono dai suoi alloggi, tornando in plancia. Appena furono usciti la guardiamarina si rivolse a lui con tono imbarazzato:

“S-signore, pensavo anche lei fosse un guardiamarina, non volevo sembrare irrispettosa rivolgendomi a lei in quel modo quando eravamo sulla navetta, la prego di scusarmi.”

Lui la guardò e accompagnando una piccola risata disse:

“Non darmi del lei e non chiamarmi signore, se non in presenza di ufficiali superiori, così mi fai sembrare vecchio! Adesso andiamo, da domani ci aspetteranno giornate faticose.”

Mentre parlavano entrò in plancia anche il terzo ragazzo che aveva viaggiato con loro fino alla Skyline, che li superò velocemente entrando negli alloggi del capitano, senza degnarli di un saluto.

Non ci diedero molto peso ed entrambi entrarono nel turboascensore, ed entrambi si ritirarono nei propri alloggi per la notte. Malcolm si avvicinò al proprio zaino e lo aprì, tirandone fuori un modellino in scala dell'Enterprise di classe NX, appoggiandolo di fianco al terminale del computer. Era sempre stata la sua preferita, era stata quella che aveva portato una prima rivoluzione per la terra grazie al motore a curvatura cinque per lunghi viaggi spaziali, ma adesso anche quella era stata superata dalla nave in cui prestava servizio attualmente, ancora più avanzata e più veloce per potersi spingere ancora più in là, per esplorare strani nuovi mondi e per scoprire nuove forme di vita e nuove civiltà. Si tolse la divisa e la ripose nell'armadietto dove l'aveva trovata poco prima e, messosi qualcosa di più comodo, si coricò sul letto, dove si addormentò osservando le distanti stelle dall'oblò.

  
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