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Autore: Nackros    23/06/2011    6 recensioni
"Signorina Yakami?"
La ragazza smise di battere con i polpastrelli i tasti del computer ed alzò la testa dallo schermo sistemandosi una ciocca nera dietro l'orecchio con aria sufficiente.
Davanti a lei una donna la osservava con timore, nell'attesa di ricevere una risposta.
"Spero che lei abbia un valido motivo per disturbarmi in questo momento, non vede che sono impegnata?" rispose acida.
"Volevo solo ricordarle che è arrivato un ragazzo per il colloquio. Sa, per quel posto di lavoro..."
"Come, scusi?" rispose sorpresa.
"Non si ricorda? Il posto del signor Jones, l'addetto all'ufficio delle risorse umane. Dopo che è andato in pensione mi aveva chiesto di inserire un annuncio..."
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alejandro, Heather | Coppie: Alejandro/Heather
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Signorina Yakami?"
La ragazza smise di battere con i polpastrelli i tasti del computer ed alzò la testa dallo schermo sistemandosi una ciocca nera dietro l'orecchio con aria sufficiente.
Davanti a lei una donna la osservava con timore, nell'attesa di ricevere una risposta.
"Spero che lei abbia un valido motivo per disturbarmi in questo momento, non vede che sono impegnata?" rispose acida.
"Volevo solo ricordarle che è arrivato un ragazzo per il colloquio. Sa, per quel posto di lavoro..."
"Come, scusi?" rispose sorpresa.
"Non si ricorda? Il posto del signor Jones, l'addetto all'ufficio delle risorse umane. Dopo che è andato in pensione mi aveva chiesto di inserire un annuncio..."
"Ah, si, ho capito," la interruppe frettolosamente, "dovrebbe imparare ad esprimersi meglio se non vuole che metta un annuncio anche per chi cerca lavoro nell'ufficio amministrativo" Disse con tono altezzoso, inventando una scusa per mascherare la sua dimenticanza.
L'espressione della segretaria era sorpresa e spaventata, nonostante lo sguardo fosse pieno d'odio.
Sebbene tutti fossero abituati ai toni e alle risposte scortesi che spesso ricevevano in ufficio, la donna riuscì difficilmente a trattenersi dal rispondere. Sapeva che se l'avesse fatto avrebbe seriamente rischiato il licenziamento, come era già successo a molte altre prima di lei.
La signorina Yakami, soddisfatta, continuò il suo discorso.
"Allora, mi saprebbe almeno dire il nome di questo ragazzo?"
"Mi pare che fosse un certo Alejandro Burrobuerto... Burrocerto... Non sono sicura del cognome" Rispose, in attesa di chissà quale sfuriata per il fatto di essersene scordata.
La ragazza sembrò sorpresa e, drizzandosi sulla sedia, esclamò "Burromuerto!"
"Esattamente! Alejandro Burromuerto, adesso ricordo. Lo conosce, per caso?"
"Questi non sono affari suoi signora Allen" ribatté in tono duro.
"Oh, certamente, mi scusi. Comunque il ragazzo aveva già inviato il proprio curriculum qualche giorno fa, nel caso vi interessasse. Glielo avevo fatto trovare sulla scrivania insieme al caffè."
"Si, ricordo" tagliò in fretta.
"Vuole che lo faccio entrare?"
"Lo faccia entrare tra cinque minuti circa. Gli dica che sono impegnata al telefono"
"Perfetto, riferirò" e detto questo se ne uscì dall'ufficio con aria soddisfatta, felice di essere riuscita a cogliere impreparata la persona che tanto odiava.
Appena chiuse la porta la ragazza iniziò a maledirsi; Odiava essere colta alla sprovvista.
E poi il pensiero di Alejandro... Oh, ma non poteva essere lui per forza!
Quanti altri Alejandro Burromuerto ci potevano essere in tutto il mondo? Lui non poteva di sicuro essere l'unico su sei miliardi di persone!
Avrebbe potuto avere una conferma guardando il curriculum... Se su quello lei non avesse rovesciato il caffè! Non lo aveva neanche degnato di uno sguardo che l'aveva preso e gettato nell'immondizia definendolo "inutile cartaccia".
Iniziò a cercarlo nel bidone sotto la sua scrivania, in modo veloce e lanciando fuori tutti gli altri fogli. La cosa la schifava, e anche tanto, ma lei aveva bisogno di sapere se fosse stato veramente lui. Dopo un'inutile ricerca rigettò i fogli del cestino.
Non era difficile immaginare che gli addetti alla pulizia avessero già gettato l'immondizia di giorni fa. L'avrebbero svuotata anche ogni ora pur di evitare i suoi rimproveri che tanto temevano. In compenso poteva dire di avere uno degli uffici con la pulizia più impeccabile del Canada.
Si alzò dal pavimento e si lasciò andare sulla sedia, facendosi leggermente scivolare indietro.
Sperava almeno che non ci fossero state telecamere di sorveglianza che l'avessero ripresa; quegli stupidi della sicurezza si sarebbero divertiti a guardare la scena.
Ad un certo punto sentì bussare alla porta.
“E' permesso?”
Quella voce. No, non era possibile.
Erano anni che non la sentiva, dalla fine del reality. E l'ultima discussione che aveva avuto con lui se la ricordava bene; non era stata delle migliori.
Si sistemò i capelli velocemente e con un occhiata fugace controllò che non fosse rimasta nessuna traccia delle sue ricerche sul pavimento.
“Avanti” disse cercando di mantenere il tono di voce più sicuro possibile.
Quando entrò, lui sembrò stupito e preso alla sprovvista quanto lei.
“Heather?” domandò incredulo.
Si avvicinò alla sedia posta davanti alla scrivania e tenendo lo sguardo fisso sul suo viso si sedette.
“Non ci posso credere! Lavori qui?” continuò, sorridendo per l'incredulità.
Quel sorriso inaspettato lasciò Heather ancora più stupita. Si sarebbe aspettata chissà quale reazione dopo le conseguenze del loro ultimo dibattito. Ed invece ciò che otteneva era un sorriso. Quel solito, stupido sorriso.
“Un po' più di rispetto per quella che potrebbe diventare la tua nuova datrice di lavoro” rispose con tono distaccato, riuscendo a mettere da parte l'ansia del momento. Sperava vivamente che non avesse notato il rossore delle sue gote.
“Oh, mi scusi signorina, vedo che ha mantenuto i suoi modi di fare garbati. Mi scusi ancora se ho manifestato nuovamente le mie emozioni in sua presenza; dovrei smetterla di farlo con lei. L'ultima volta non mi ha giovato molto, sa?”
Heather era stata colta alla sprovvista da quella risposta.
E la vista di una cicatrice che si poteva scorgere lungo braccio, nascosta dalla manica della camicia, non aiutava molto la situazione a suo vantaggio.
“Va bene Al...” sospirò appoggiando i gomiti alla scrivania e portando le mani al mento “diamoci pure del tu, proprio come se fossimo vecchi amici, se proprio la cosa sembra renderti più felice”.
“Oh, perfetto... Mi Amour” rispose utilizzando lo stesso tono di sfida.
Noncurante, ma comunque infastidita, Heather riprese a parlare.
“Ottimo. Ora basta parlare d'altro. Sbaglio o sei venuto qui per un colloquio di lavoro?” ribadì, col tentativo di non riprendere argomenti relativi al loro passato.
Del resto se si chiamava passato un motivo c'era, e non era sicuramente quello di starne a parlare nello stesso modo in cui gli anziani fanno i conti sulla propria vita vissuta.
Il ragazzo affermò ed Heather continuò il suo discorso.
“Bene, potrei vedere il tuo curriculum?”
“Certamente,” disse porgendogli una cartella rossa “Mi sembrava di averne inviata una copia circa quattro giorni fa, non so se l'hai già letta...”
“No, l'ho bagnata con del caffè e l'ho buttata” rispose bruscamente, continuando a tenere lo sguardo fisso sui fogli che stava leggendo.
“Quindi neanche te sapevi che mi avresti visto... E' stata una sorpresa per entrambi.”
“Cosa pensi? Di ingannarmi ancora con i tuoi trucchi facendomi credere che non te lo saresti mai aspettato? Andiamo Alejandro, lo sai che non ci casco più.” disse infastidita.
Era stufa di quel suo modo di fare. Aveva scambiato un colloquio di lavoro per un appuntamento?
“Vedo che non riesci proprio a fidarti di me. Ogni volta che sono sincero, tu pensi che io menti! Anche se ti dico quello che provo per te tutto quello che ottengo è il venir lanciato giù dal ciglio di un vulcano!”
“Adesso basta Alejandro! Non mi interess...”
“Oh, no cara la mia Heather!” la interruppe, “A me interessa! Hai idea dell'inferno che ho passato per colpa tua? Di come mi sia sentito? E pensare che io ti amavo, Heather, ti amavo! E sarei così stupido da darti ancora una possibilità adesso, se solo tu lo volessi!”
Heather rimase basita da quelle parole. Non si era mai pentita così tanto per nessuna scelta presa in passato, ma quelle parole l'avevano sconvolta, non riusciva a ribattere.
Era così che ci si sentiva in colpa? Come un verme, anzi, come una zecca. Una schifosissima zecca che sopravvive nutrendosi del sangue delle sue stesse ed inconsapevoli vittime.
La ragazza si lasciò sprofondare sulla sedia; solo in quel momento entrambi si erano resi conto di trovarsi in piedi.
Dopo un lungo silenzio durante il quale l'unico rumore udibile, oltre a quello delle auto lungo la strada, era il respiro pesante del latino, Heather prese i fogli sparsi sulla scrivania ed alzandosi glieli riconsegnò.
“Il tuo curriculum l'ho letto un po' prima. Le qualifiche più o meno le ho viste; mi sembrano veramente notevoli.Non ho guardato la parte relativa agli interessi; durante i colloqui sono utili per comprendere la personalità di chi deve essere assunto. Ma di questo non ne ho bisogno, ho avuto già modo di conoscerti bene nello stesso modo in cui tu hai avuto occasione di conoscere me... Grazie per esserti presentato, ti farò sapere. Hai ottime qualità per quel posto di lavoro.”
Disse il tutto con voce calma e pacata, lo sguardo basso, fisso sulla cicatrice che marcava il braccio.
Lui stesso si meravigliò di quel comportamento così insolito e dal tono di voce afflitto.
Non stava fingendo, lo sapeva.
Se solo anche lei avesse capito che neanche lui stava mentendo quel giorno...
“Grazie” rispose semplicemente, avviandosi verso la porta.
“Ah, Alejandro...” aggiunse timidamente lei, “Scusami”.
Lo disse con una tale sincerità, guardandolo fisso in quei profondi occhi verdi, che lui stesso esitò sul ciglio della porta mezza aperta, con la mano ancora poggiata sulla maniglia.
Continuarono quel contatto visivo ancora per qualche secondo, poi lui se ne andò salutandola prima con un “Arrivederci Heather, è stato un piacere rivederti”.
Era incredibile ed inspiegabile per la ragazza la sensazione di leggerezza che aveva provato subito dopo aver chiesto scusa. Ed inspiegabile era anche la speranza che quell'arrivederci gli aveva riempito il cuore.
Si sentiva sfinita, come se avesse appena corso sotto il sole.
Appoggiandosi al bordo della scrivania si lasciò sfuggire un sospiro.
In quel momento entrò la segretaria.
“Signorina Yakami, va tutto bene?”
“Si, si... Mi porti solo un bicchier d'acqua, per cortesia”
“Certamente, glielo porto subito” rispose uscendo dalla stanza, colpita dalla richiesta posta in modo tanto gentile.
Va tutto bene, si ripeté mentalmente.
Tutto bene...
Eppure tra i tanti cretini che erano venuti per quel posto di lavoro lui aveva veramente i requisiti esatti.
Forse, chi lo sa, l'avrebbe assunto sul serio... 

   
 
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