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Autore: Fatanera    23/06/2011    4 recensioni
(ST pre TOS e TOS) Non era come con tutti gli altri, come gli adulti che lo guardavano come se lui fosse una specie di strano esperimento, come i bambini che lo prendevano in giro, che erano cattivi con lui, gli dicevano cose che gli facevano male, anche se lui faceva del suo meglio per ignorarli e rimanere indifferente. A Jim non importava chi o cosa lui fosse, parlava con lui e gli sorrideva.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James T. Kirk, Spock
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Nota: stanotte non riuscivo a dormire (sembra che l'insonnia faccia benissimo a questo fandom ^^) e mi sono trovata a pensare a un disegno di Athew, che ritrae Jim e Spock da piccoli. Mi sono chiesta se sarei riuscita a scrivere una fiction su loro due da bambini e poco dopo questa storia era già nella mia testa. Non è mio genere ma l'ho buttata giù intanto che era ancora fresca e la posto subito ^^ 

Spock era fermo e impettito al fianco della madre, si stava sforzando di mantenere un’aria neutra e solenne e ogni tanto si morsicava l’interno della bocca perché le sue palpebre minacciavano di chiudersi. Suo padre, l’Ambasciatore Sarek di Vulcano, era all’altro capo della grande stanza e stava parlando ormai da un quarto d’ora. Prima di lui c’erano stati altri quattro Ambasciatori e funzionari della Federazione. I Vulcaniani non si annoiavano, ricordò a sè stesso, però la sua attenzione era svanita già da un pezzo e avrebbe dato qualsiasi cosa per avere qualcosa da fare, un libro da leggere, per poter anche solo lasciare la stanza e uscire a camminare sotto gli alberi alti e verdi che aveva visto quando erano arrivati. Raddrizzò le spalle che si stavano un po’ afflosciando e represse uno sbadiglio. Avrebbe volentieri bevuto un po’ d’acqua.

Ad un tratto sentì qualcosa che gli tirava una manica e si voltò verso la fonte di quel disturbo. Davanti a lui c’era un bambino umano che lo guardava con gli occhi più grandi che avesse mai visto. Il suo visetto abbronzato si apriva in un luminoso sorriso da cui mancavano diversi denti, ed era circondato da una massa di capelli biondissimi che qualcuno aveva inutilmente cercato di domare con del gel.
“Bimba… bimba…” ripeteva il bambino mentre gli tirava la manica. Spock si voltò ergendosi in tutta la sua se pur ancora scarsa statura ed esibendo un’aria annoiata e minacciosa. Il bambino umano gli arrivava appena alle spalle ma non sembrava per niente impressionato dalla sua espressione severa.
“Oh, ma sei un maschio…” cinguettò, passando in rassegna il suo abbigliamento e taglio di capelli. “Meglio! Vuoi giocare?” chiese e il suo sorriso sdentato si allargò ancora di più. Spock fece per rispondere che i Vulcaniani non giocano, ma poi ricordò che stava proprio aspettando un piccolo diversivo.
“Giocare?” chiese.
“Si” disse il bambino. “Vieni” e afferrò con la sua manina quella più grande e sottile di Spock e lo trascinò via senza dargli nemmeno il tempo di avvisare la madre. Lo shock di sentire quella mano intorno alla sua fu sufficiente a impedirgli di vedere dove il bimbo lo stava guidando e all’improvviso si trovò seduto sotto un tavolo, nascosto dalla lunga tovaglia. Il bambino aveva le guance rosse di eccitazione e gli occhi che scintillavano.
“Perché siamo sotto un tavolo?” chiese Spock. Senza rendersene conto si stava sfregando la mano che era stata toccata. Non era abituato al contatto fisico e solo sua madre lo prendeva per la mano. Nessun altro lo aveva mai fatto. Era una cosa… strana.
“Siamo in missione” gli spiegò il bimbo, con tono cospiratorio. “Missione segreta. Vedi laggiù?” chiese e spostò la tovaglia per mostrare qualcosa attraverso la fessura.
“E’ il tavolo del buffet” dichiarò Spock e il bimbo annuì.
“Siamo stati attaccati dai Romulani e quelle sono le loro scorte di cibo… dobbiamo impossessarcene!”
Spock rimase basito per qualche secondo. Romulani? Non c’erano Romulani nella sala conferenze e a lui non risultava nessun attacco. Forse il bambino aveva problemi mentali.
“Ora noi strisceremo fin laggiù e prenderemo due fette di quella crostata. Seguimi e rimani basso, non devono vederci” sussurrò e fece per partire gattoni ma Spock lo fermò tenendolo per la giubba.
“Se desideri del cibo, non devi fare altro che andare al buffet e prenderlo, nessuno avrà niente da obbiettare, il buffet è là apposta” cercò di spiegare ma il bimbo lo guardò come se il matto fosse lui.
“Dentro la crostata sono nascosti i pezzi per costruire un trasmettitore” spiegò il piccolo. “Ce li hanno messi i nostri compagni, capisci?” Spock lo guardava e si sentiva come fuori dalla realtà. Cosa stava dicendo? “Per salvarci!” esclamò il bimbo, come se fosse del tutto ovvio. Non ottenendo nessuna reazione, partì strisciando sotto i tavoli, nascondendosi fra i bordi delle tovaglie. Spock rimase un attimo fermo ma poi si trovò a temere che quel bambino si sarebbe messo nei guai e lui, per qualche strana ragione, non voleva che accadesse. Se era convinto di dovere raggiungere la crostata senza essere visto, lui lo avrebbe aiutato. Lo seguì e il bimbo si illuminò quando se lo trovò al fianco. Facendo gesti in codice come i militari (gesti che Spock non conosceva, ma che poteva capire applicando un minimo di logica), il bimbo lo guidò fra i tavoli e alla fine si trovarono proprio sotto il buffet. In un attimo due grandi fette di crostata furono afferrate dai due ragazzini e la tovaglia bianca si chiuse su di loro, formando un nuovo nascondiglio.
Con un sospiro di soddisfazione, il bimbo addentò la torta.
Spock lo guardava imbambolato.
“Come ti chiami?” chiese il piccolo, spruzzando intorno briciole e pezzetti di marmellata.
“S…Spock” rispose e il bimbo gli porse la manina sporca e appiccicosa.
“James Kirk… Jimmy” disse. “Ho otto anni” spiegò e attese mentre Spock guardava la manina cicciottella senza muoversi.
“I Vulcan non stringono la mano” disse quando si rese conto che Jimmy non avrebbe desistito tanto facilmente dal volergli stringere la mano.
“Oh” disse il bimbo. “E come fate per salutarvi?”
Spock sollevò lentamente una mano diafana e separò l’indice e il medio dalle altre dita. Subito Jimmy sorrise e cercò di fare altrettanto ma senza successo. Allora sollevò le spalle e addentò un altro boccone enorme di crostata.
“Quanti anni hai?”
“Dieci… quasi undici” disse.
“Non sei umano” disse e a Spock si accapponò la pelle. Poi si rese conto che nel tono di Jimmy non c’era nessun desiderio di canzonarlo o offenderlo. Era solo una semplice constatazione.
“Sono Vulcaniano” spiegò e poi, senza nessun motivo, aggiunse “per metà. Mia madre è umana”. Probabilmente in dieci anni, quasi undici, non aveva mai pronunciato quelle parole. Ma Jim continuava a sorridere. Poi scostò di nuovo la tovaglia e indicò una bella signora mora.
“Anche mia madre è umana, ed è quella” disse. “E quello è mio padre, il Capitano George Kirk”.
Spock stava ancora guardando Jim. A quanto pareva non era per niente sconvolto dal fatto che lui fosse un ibrido. Non gli sembrava una grande notizia, non ci aveva nemmeno fatto caso. Subito si sentì per la prima volta a suo completo agio con un altro essere che non fosse sua madre. Si sporse per vedere l’umano che Jimmy indicava. Era un uomo alto e dal fisico muscoloso nell’uniforme di gala, e si rese subito conto che Jimmy era il suo ritratto. Avevano i capelli dello stesso colore, anche se quelli dell’uomo avevano il taglio corto dei militari, e anche i lineamenti erano gli stessi. Ma il capitano aveva un’aria severa data dalle sopracciglia perennemente aggrottate, dalla profonda ruga che le separava, e dalla linea sottile e tesa delle labbra. Forse Jim sarebbe diventato come lui da grande, ma qualcosa diceva a Spock che non sarebbe stato così. Jim aveva una… luce, era come un piccolo sole e Spock era pronto a giurare che questo non sarebbe mai cambiato. A sua volta indicò i suoi genitori.
“Quella è mia madre, Amanda, e quello” e indicò l’uomo alto e austero che stava parlando al microfono “è mio padre, l’Ambasciatore Sarek”. Disse il nome del padre con una punta di orgoglio ed ebbe un brivido piacevole quando il viso di Jim si illuminò.
“Wow! Un Ambasciatore!!! Sei figlio di un Ambasciatore!” e guardò Spock come se si sentisse l’essere più fortunato del mondo a conoscerlo. Spock non poteva crederci. Non era come con tutti gli altri, come gli adulti che lo guardavano come se lui fosse una specie di strano esperimento, come i bambini che lo prendevano in giro, che erano cattivi con lui, gli dicevano cose che gli facevano male, anche se lui faceva del suo meglio per ignorarli e rimanere indifferente. A Jim non importava chi o cosa lui fosse, parlava con lui e gli sorrideva e… lo ammirava… lo guardava come si guarda una cosa buona. Spock non aveva mai provato una cosa del genere. Voltò il viso perché sentiva che stava mostrando ciò che provava e non doveva farlo, sarebbe stato inappropriato, anche se Jim era solo un bambino.
“Scusa per prima…” disse Jim, ingoiando l’ultimo boccone di crostata. “Ti avevo scambiato per una femmina, sai, per il vestito e i capelli…” Spock lo fronteggiò di nuovo, riprendendo il controllo della sua espressione, anche se non del tutto quello del suo cuore.
“Questo non è un vestito, è un abito da cerimonia” disse, riprendendo la sua naturale postura rigida. “E i capelli sono lunghi perché su Vulcano i bambini portano i capelli lunghi. Vengono tagliati all’epoca del primo Pon Farr” spiegò e subito Jim sgranò gli occhi.
“Cos’è il Pon Farr?” chiese. Spock, per l’ennesima volta in mezz’ora era rimasto senza parole. Aveva forse qualcosa a che fare con quella bambina, T'Pring, che gli avevano presentato un paio d'anni prima, ma la verità era che non ne aveva idea, e non era felice di ammetterlo.
“Non lo so” disse gelido.
“Non lo sai?” chiese il piccolo.
“No, è una cosa di cui non si parla” spiegò, sperando di fermare la curiosità di Jim ma questo gli diede una gomitata nelle costole e sul visino arrossato si dipinse un’aria furbetta.
“Se è una cosa di cui i grandi non parlano, allora ha a che fare con il sesso” e disse l’ultima parola a bassa voce, come se fosse una parola proibita ma che lui era orgoglioso di conoscere, come se ritenesse un atto di coraggio il solo fatto di pronunciarla.
“Sesso?” chiese Spock. Non faceva parte del vocabolario che conosceva, e Jim annuì velocemente. “Cos’è?” chiese.
“Non lo so. Ma quando i grandi non parlano di qualcosa, ha a che fare con il sesso. Me l’ha detto Sam”. E scostò ancora la tovaglia indicando un adolescente che poteva essere Jim stesso fra tre o quattro anni. Il ragazzo indossava l’uniforme degli scout. Anche Jim indossava un qualche tipo di uniforme, probabilmente entrambi i ragazzi erano inquadrati in una organizzazione della Flotta Stellare, come il padre.
“Sam?” chiese.
“George Samuel. E’ mio fratello. Ha dodici anni” disse con l’orgoglio che gli esplodeva fuori dagli occhi. “Lui sa tutto. Vuole fare lo scienziato” spiegò e a Spock si allargarono gli occhi.
“Anche io voglio diventare scienziato” disse. Anche quelle erano parole che non aveva mai detto a nessuno. Certo, Sarek voleva che lui entrasse all’Accademia delle Scienze di Vulcano, e lui non avrebbe mai potuto sottrarsi al volere di suo padre, ma lui voleva davvero diventare scienziato. Forse anche il padre di Jim desiderava che il figlio seguisse le sue orme. Ancora una volta si trovò gli occhi di Jim piantati in faccia, come se stesse guardando una persona degna di tutta la sua ammirazione. Notò che erano occhi di un colore che non aveva mai visto, troppo scuri per essere verdi e troppo chiari per essere marroni. Era un colore caldo, come tutto il resto di Jim, il suo sorriso, il suo modo di muoversi, la sua pelle accarezzata dal sole. Jim era caldo e dorato e Spock si trovò a pensare che sarebbe rimasto a guardarlo per sempre. Potendo scegliere, sarebbe rimasto accanto a lui per sempre.
“Io diventerò capitano della Flotta, come mio padre. E comanderò la nave più grande e bella che sia mai stata costruita!” disse e Spock pensò che, si, Jim non avrebbe mai potuto fare niente altro. Era nato per quello, per comandare una nave stellare.

Poi la tovaglia si scostò e una voce dolce lo chiamò.
“Spock” disse Amanda. “Vieni, tesoro, la conferenza è finita e tuo padre vuole presentarti ad alcune persone, prima che ce ne andiamo”. Spock uscì da sotto il tavolo e Jim lo seguì. La moglie dell’Ambasciatore sorrise a Jim.
“Tu sei il figlio del Capitano Kirk, se non sbaglio” e Jim annuì, con il viso sporco di briciole e marmellata. “Ti ringrazio per avere tenuto compagnia a Spock” disse e Jim salutò mettendosi sull’attenti come un piccolo soldato, ma il suo sorriso non si spense. “Saluta, Spock” lo istruì la madre e Spock sollevò la mano.
“Ciao Spock” disse Jim e il suo sorriso si affievolì. “Mi piacerebbe giocare ancora con te” disse.
“Ciao Jimmy” ripose Spock e il suo cuore era stranamente gonfio e la sua gola stretta. L’indomani sarebbe tornato su Vulcano. Non sapeva quando sarebbe tornato di nuovo sulla Terra e anche allora le probabilità di rivedere Jimmy Kirk erano scarse.
Poi fu inghiottito dalla folla. Più tardi cercò ancora con lo sguardo quel piccolo sole, ma non riuscì più a vederlo.

***

Spock stava scorrendo il padd seduto al tavolo del loro alloggio, quando sentì il ciaf ciaf di due piedi nudi sul pavimento. Sollevò gli occhi perchè sapeva chi fosse. Infatti dalla porta della camera comparve Jim, con indosso solo gli slip regolamentari, che entrava in cucina come un ladro e si avvicinava di soppiatto al pensile della cucina, sollevava un lembo di un tovagliolo che copriva una bellissima crostata alla marmellata di albicocca che aveva preparato Leonard la sera prima.
“Jim, sai che Leonard si infurierà se ne prendi ancora una fetta” lo avvisò con la voce atona che risuonava però di un sorriso nascosto.
“E’ buonissima!” esclamò il capitano e saltellò fino al primo ufficiale per stampargli un bacio pieno di briciole sulle labbra. Spock scosse il capo.
Dopo quell’incontro alla conferenza, Spock non aveva più visto Jim se non nove anni dopo, prima dell’Accademia. Da allora le loro strade si erano unite e non si erano separate mai del tutto. Jim non gli aveva mai detto di ricordarsi di quella strana avventura sotto i tavoli della sala conferenze, ma Spock poteva capirlo. Per Jim quella era stata una giornata come un’altra e lui era stato solo uno degli innumerevoli compagni di giochi che Jim aveva avuto. Come poteva ricordarsene? Nella stanza accanto Leonard, come previsto, stava urlando come un matto.
“Ne hai già mangiate due per colazione!”.
Jim attraversò la cucina di corsa spingendosi in bocca tutta la fetta per impedire che Bones gliela togliesse dalle mani. Il dottore lo aveva rincorso e poi lo aveva placcato ed erano caduti entrambi sul divano dove Jim rideva, masticava e bofonchiava scuse intorno alla torta, tutto nello stesso tempo. Leonard lo insultava ancora ma Spock sapeva che non avrebbe continuato ancora per molto. Jim sapeva sempre come farsi perdonare.
Spock sorrise apertamente. Lui invece non aveva mia dimenticato l’incontro con quel bambino, quel suo piccolo splendido sole che, dopo tanti anni, illuminava e scaldava ancora la sua vita.
   
 
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