Annuncio importante. Questa FF è dedicata alla mia splendida
sista Ainwen. Grazie, per tutto. Senza stare ad annoiare i lettori. XD
First time I’ve cried
Rosa. Due piccole strisce rosa possono cambiarti la
vita.
Luna di miele. Un posto non meglio precisato, in una
nazione non meglio precisata. E’ notte, c’è il mare di un blu così intenso da
essere quasi incredibile ed una veranda con piscina riscaldata. Candele accese
e profumate, profumo portato dalla brezza marina. Due giovani amanti consumano
avidamente la prima notte di nozze, anche se non è la prima della loro vita
insieme. Intorno solo il silenzio, il piccolo e pittoresco bungalow da loro
affittato è stato appositamente costruito per quelle coppie che hanno
particolari bisogni, come quello della privacy, magari anche dai paparazzi.
Qualche fragola ed una bottiglia di “Möet & Chandon” riposano accanto alla vasca,
colpiti a tratti da qualche schizzo d’acqua. Hanno già fatto il loro dovere.
Rachel Barbra Puckerman si alzò velocemente dal
grande letto a baldacchino, calpestando coi piedini nudi il pavimento in legno
trattato,senza neanche accorgersi dei tratti in cui lasciava il posto a freddo
vetro, aggiunto apposta in punti strategici di quel mini appartamento per
lasciar godere agli ospiti la vista dell’insenatura d’acqua cristallina su cui
il bungalow era costruito. Era una specie di palafitta superaccessoriata. Si
precipitò in bagno, le mani alla bocca, ma non arrivò neanche alla tazza.
Dovette rigettare il contenuto dello stomaco nel lavandino in cristallo. Le
veniva da piangere, al solo pensiero di sporcare quel bagno immacolato ed
estremamente raffinato. Due braccia forti e bollenti le si strinsero attorno al
petto, mentre una mano saliva alla fronte e le tratteneva i capelli lontano dal
volto. Quando anche l’ultimo conato svanì, aprì il getto dell’acqua e sciacquò
via tutto quel che c’era nel lavandino, mentre due mani premurose le passavano
acqua fresca sul viso e sul collo.
-Shhh…è tutto passato. Ora starai meglio, piccola.- cos’era quel rumore che
sentiva? Oh. Era lei. Dalla gola le uscivano dei lamenti bassi che neanche si
era accorta di emettere. Fece un paio di profondi respiri, girandosi nell’abbraccio
del marito. Lui le si avvicinò alla bocca col viso, ma lei scostò il volto di
scatto.
-Noah! Ho appena vomitato fragole e insalata ai cereali. Che schifo!-
stranamente era già tornata in forze, quindi puntò le manine sul suo petto nudo
e lo spinse via. Ridacchiando, tornò in camera, cercando qualcosa da mettersi
addosso. Lui le prese i polsi e li bloccò dietro la schiena nuda della donna.
-Non provare a rivestirti, signora Puckerman. Ho richiesto questo posto così
che potessi godermi ogni piccolo particolare di mia moglie durante tutta la
luna di miele. Adesso vado a recuperare un po’ di limone da farti mangiare, tu
ti lavi i denti e poi ti lascerai fare ogni singolo giochino che mi viene in
mente.- senza guardarla, inspirò il profumo dei suoi capelli, piegandosi per
morderle il lobo dell’orecchio, mentre premeva il corpo contro il suo.
Probabilmente Rachel sentì qualcosa risvegliarsi, perché ridacchiò, e, una
volta che lui le ebbe lasciato liberi i polsi, corse nuovamente in bagno a
prepararsi per il nuovo incontro sotto le lenzuola.
Era già qualche giorno che continuava a star male,
le girava la testa e doveva ringraziare il cielo per la fissa del marito, che
lo spingeva a fare lunghe corse sulla spiaggia di primissima mattina, così che
lei potesse nascondergli i ripetuti attacchi di nausea che la costringevano a
rigettare qualsiasi cosa avesse o non avesse mangiato, tutte le mattine. Fu
facile fare qualche conto e collegare le cose. Ora si spiegava i pianti mentre
facevano l’amore, le risate durante l’ultimo film horror o le crisi isteriche
davanti alla scelta tra un croissant alla crema ed uno alla marmellata. Si
vestì velocemente e raggiunse a piedi il centro del villaggio in cui erano
ospitati. Alla prima farmacia, entrò e sorrise radiosa alla commessa. Erano
abituati a ricevere personaggi importanti, quindi la ragazza, giovane e dallo
sguardo simpatico riuscì a non saltellare in giro, vedendo arrivare la
famosissima stella di Broadway, del cinema e del panorama musicale, Rachel
Berry. La moretta sorrise alla giovane, e, decisamente felice, chiese tre test
di gravidanza. Le fece l’occhiolino e il gesto di avvicinarsi.
-Posso chiederle di tenere il segreto? Vorrei che mio marito, in caso positivo,
lo sapesse da me, prima che dalla tv.- si guardò intorno, il locale era
deserto. Tornò al suo posto e scambiò uno sguardo complice con la ragazza.
Questa annuì velocemente, sparendo dietro alcuni scaffali e tornando con tre
scatolette. Le mise in una bustina di carta, con sopra stampato il nome di un
farmaco, e gliela porse.
-Addebito a nome Puckerman?- arrossì, anche il marito della donna era
altrettanto famoso. Più che altro, era talmente bello che, ogni volta che
compariva in televisione, le donne provavano una fitta al cuore e le loro gambe
diventavano di gelatina. Rachel annuì un paio di volta, ringraziò e si diresse a
passo spedito nuovamente verso il loro perfetto rifugio. Una volta arrivata, si
svestì velocemente, corse in bagno e ripeté tre volte lo stesso test, tanto per
esserne sicura.
L’uomo rientrò sotto il sole delle 9, spense l’iPod
che teneva in una fascia legata al braccio e si asciugò dal sudore con l’asciugamano
che ogni mattina lasciava sul bordo della staccionata che circondava il
bungalow. Attraversò silenziosamente il patio e deviò verso la porta-finestra
che portava in camera loro. Sperava di sorprendere quella dormigliona della
moglie ancora addormentata, ma fu lei a sorprenderlo. Già sveglia,
mangiucchiava della frutta, sdraiata sul letto. Era in costume, e le gambe
abbronzate si muovevano ritmicamente, piegandosi fin quasi a farle toccare i
glutei con la punta dei piedi. Sfogliava distrattamente una rivista,
canticchiando una vecchia canzone che molto tempo prima aveva sentito al glee
club. Ne era certo. Quando lo vide entrare, si illuminò come se un angelo fosse
stato mandato apposta per lei in quella camera. Questo era uno dei mille e più
motivi per cui amava Rachel Berry. Lo faceva sentire importante anche con un
semplice sguardo. Si avvicinò cauto, facendo il giro del letto per sedersi dal
suo lato, mentre lei rotolava a pancia in su, sempre distesa, ed allungava le
braccia verso di lui, che non perse l’occasione per fargliele allacciare
intorno al collo e chinarsi a baciarla. C’era qualcosa di diverso in quel
bacio? Sembrava più…pacato. E profondo. Velocemente si portò sopra di lei,
benché sapesse di stare lasciando della sabbia tra le lenzuola color cobalto.
-Buongiorno, mia attraente principessa. Vedo che ti sei svegliata di buon
umore.- sorrise sulle sue labbra, quando lei gli morse quello inferiore.
-Non potevo svegliarmi in modo migliore. Ho persino una sorpresa per te!-
cinguettò, facendo forza su un braccio per portarsi seduta. Lui la seguì di
malavoglia, colpito dal pensiero che fosse uscita di prima mattina per fargli
trovare una sorpresa. Oppure si era fatta consegnare qualcosa fin lì? L’idea
non gli andava comunque a genio. Non voleva che ricevesse sconosciuti, mentre
era sola in un luogo sperduto come quello. Avevano già avuto brutte esperienze
con i fan, quindi era diventato decisamente protettivo nei confronti della
moglie.
-Una sorpresa? Ti sei fatta portare qualche vestitino da sexy infermiera, per
caso?- malizioso, cercava di nascondere la preoccupazione. Ma lo sguardo della
donna lo convinse a tacere. Era serena, ma risoluta.
- Noah…amore…sono incinta.- lo disse con voce ferma, ma sentiva una gioia
profonda permeare quelle quattro, semplici parole. La stessa gioia che si fece
pian piano largo nei suoi pensieri, nel suo corpo, mentre assimilava e
comprendeva quanto avesse detto Rachel. Doveva essere rimasto muto e con la
bocca spalancata per più di un minuto, perché vide gli occhi di lei adombrarsi.
A quel punto non poteva più resistere.
-Diventeremo papà? Voglio dire, d-diventerò papà? Davvero?- incredulo, scuoteva
il capo senza quasi credere a quelle parole. Lei gli prese delicatamente la
mano tra le sue, e se la portò sulla pancia piatta, scoperta.
-Qui dentro sta crescendo nostro figlio o nostra figlia, tesoro.- il suo
sorriso l’avrebbe fatto secco, se non fosse che già con quell’annuncio ci era
quasi riuscita. E sarebbe morto altre venti volte, pur di sentir pronunciare da
quelle labbra che tanto amava una frase qualsiasi, che comprendeva le parole “nostro”
e “figlio”. Quelle labbra su cui si avventò, continuando a tenerle la mano
sulla pancia calda, buttandola nuovamente sul letto e bloccandola sotto il suo
corpo.
-Non posso crederci, fino a pochi giorni fa avrei giurato che vederti su quell’altare
fosse stato il momento più bello della mia vita, ma questo…questo li batte
tutti.- soffiò, la voce bassa e stranamente tremante. Sentì qualcosa di caldo
solcare la guancia, ed un sapore salato in bocca. Lei catturò le lacrime
successive con piccoli baci, non riuscendo a trattenersi dallo scoppiare a
piangere. Era pur sempre una donna eccessivamente emotiva, lo era sempre stata.
-Rach? Credo che tu mi abbia fatto piangere, per la prima volta nella mia vita.
Tu e…ed il nostro bambino. Dio, non sai quanto ti amo.- le sussurrò all’orecchio,
asciugando il volto tra quei morbidi boccoli.
5° mese
Quel bimbo si che ci dava dentro! Sembrava che nella pancia di Rachel, a volte,
ci fosse qualcuno a ballare la rumba. Non che si meravigliasse, i genitori
erano entrambi sicuri che avessero fatto le stesse cose, nelle pance delle
rispettive mamme. Insomma, erano pur sempre Puckzilla e Rachel “Sottuttoio/VincoTuttiIPremi”,
i genitori. La donna aveva cominciato a mangiare di più, prendeva diverse
medicine consigliate dalla ginecologa di fiducia e si stancava facilmente, ma
mai come in quel periodo si era sentita meglio. Dopo aver passato incolume i
primi quattro mesi di gravidanza, adesso sembrava andare tutto a gonfie vele.
Due volte a settimana aiutava persino Kurt ad arredare la cameretta del bambino.
Era così perfetta che sarebbe andata bene sia per un bimbo che per una bimba.
Gli amici erano letteralmente impazziti alla notizia, ed i tabloid c’erano
andati a nozze. Avevano fatto vendere molto, ultimamente, ai giornali nazionali
e forse anche oltre oceano, ma la prima vera intervista, quella in cui
rivelavano di essere “incinti”, l’avevano data alla rinomata trasmissione della
Signorina Pierce. Lopez-Pierce, per la precisione. La biondina ovviamente ne
era a conoscenza, e non aveva fatto altro che ridacchiare durante tutta la
puntata.
Adesso però, in quella saletta asettica ma comunque accogliente, i coniugi Puckerman
volevano lasciare fuori dalla porta tutte le chiacchiere e concentrarsi sul
loro bimbo. Anzi. Sui loro gemelli. Era quella la vera notizia bomba, che non
avevano voluto rivelare, se non ai futuri nonni. Ed a Kurt. Dopotutto le due
culle avrebbero potuto insospettirlo. L’avevano scoperto ad una delle prime
visite in cui già si potevano contraddistinguere le forme del bebè. A Noah era
quasi venuto un colpo, seguito dal tentativo di soffocare Rachel in un
abbraccio tale da farle quasi perdere i sensi. Entrambi sapevano quanto lui
avesse sofferto per la mancanza di un vero padre, e quanto Beth gli fosse
mancata, nei primi due anni della sua vita. Poi con coraggio, e sostenuto dalla
ragazza, aveva cercato di far parte della sua vita. Ed ora la vedeva
regolarmente, le raccontava di quando avrebbe avuto due sorelline o due
fratellini di cui prendersi cura…vedere in quegli occhioni verdi l’orgoglio e
la serietà che cercavano di esprimere anche ad un’età ancora tenera lo rendeva
un papà al settimo cielo. Erano una grande famiglia allargata, e non poteva che
ringraziare Rachel per questo. L’aveva completato in tutti i sensi.
Probabilmente era questo il significato dell’espressione “l’altro pezzo della
mela”. Lui si sentiva così, almeno.
E mentre osservava i due figli da una diversa angolazione, perché cominciavano
a girarsi nella pancia della mamma, anche se a fatica, sentiva il cuore volare,
lontano dal suo petto…non troppo lontano, visto che il suo cuore era tutto per
quella piccola donna che lo aveva incantato con la voce, il carattere, l’aspetto…si
perse un attimo di troppo in quei pensieri, mentre la dottoressa passava delicatamente
il gel sulla pancia della signora Puckerman e cominciava a muovere la sonda
collegata al monitor sul rigonfiamento che già si poteva notare ad occhio nudo.
Avrebbe potuto scrivere mille canzoni su quei battiti perfetti, ma si limitò a
guardare lo schermo con aria sognante. Ancora quattro mesi ed avrebbe tenuto in
braccio i suoi figli. Finalmente.
9° mese
-Noah! Prendi quella diamine di borsa e portami subito in ospedale, hai capito
bene??- a pieni polmoni, la donna urlava tutto il suo malessere, pretendendo di
essere portata subito in clinica. Come un fulmine, Noah scese le scale di casa,
già vestito e pronto. La borsa era piazzata dal mese prima nell’armadio dei
soprabiti, quindi in un battibaleno furono fuori casa. Data la velocità con cui
si era mosso a quell’ordine, la moglie non poté che guardarlo comprensiva, e
felice. Poi una nuova contrazione si fece sentire, e, senza che neanche se ne
rendesse conto, era già stata fatta accomodare in un letto d’ospedale, stanza
privata, ovviamente, con fili e poli attaccati al corpo, per i primi controlli.
Tre ore dopo, mentre una marea di gente si era radunata fuori dall’ambulatorio,
Noah Puckerman vedeva nascere i suoi bambini. O meglio. Allyson e Christopher.
Si inginocchiò accanto alla moglie, porgendole il figlio maschio, e tenendole
vicino la femmina. Era tutto così perfetto, quei corpicini…quelle piccole dita
che cercavano di stringere convulsamente l’aria, prima di attaccarsi ad un dito
del padre ed una ciocca di capelli sudata della madre. Mentre lei cadeva in un
profondo sonno ristoratore, i bimbi vennero portati alla nursery, dove si
sarebbero presi egregiamente cura di loro. Noah invece si diresse con passo
deciso fuori dalla sala operatoria, per dare la notizia delle nascite. Come
aveva immaginato, ogni singolo amico lì presente gli saltò addosso. C’era
persino Quinn, con i bigodini ed il pigiama con sopra stampate tante paperelle
sorridenti, bella come non mai, che teneva per mano Finn. Sfoggiavano un
sorriso complice, e sinceramente felice. Avevano tutti le lacrime agli occhi.
Quello era il paradiso, ne erano tutti sicuri.
Quando riportarono Rachel in stanza, lui era già lì, a sonnecchiare su una
poltrona di pelle, il gomito puntellato su un bracciolo imbottito, ed il mento
posato sulla mano, così che la testa non ciondolasse troppo. Al minimo rumore
balzò in piedi, correndo verso la moglie ed aiutando gli infermieri ad
adagiarla sul letto. Aspettò che fossero soli per sdraiarsi accanto a quel
piccolo corpo, che seppur reduce da una gravidanza, non perdeva le forme che
tanto lo facevano impazzire. Anzi. Posò il mento sul suo capo, voltandosi su un
fianco e cercando la sua mano sotto al lenzuolo.
-Resterai sempre con me, mio piccolo sogno?- chiese l’uomo, senza guardarla in
volto. Lei portò una mano ad accarezzargli la guancia ruvida, l’accenno della
barba non tardava a farsi sentire, e ne catturò il volto, così da portarlo alla
sua altezza.
-Se anche dovesse crollare il mondo, io, te, Allyson, Beth e Chris non ci
separeremo mai. Ma preferisco pensare che il mondo non crollerà, ed io potrò
ancora sentire gli urletti esasperati di Kurt e Blaine, o le risate strafottenti
di Santana.- ridacchiò, accoccolandosi sul suo petto e respirando a fondo il
profumo dell’uomo che amava. La tranquillità stava prendendo il sopravvento, e loro
si addormentarono come dopo quella prima notte di nozze, convinti che il mondo
girasse finalmente per il verso giusto, e che nessuno avrebbe mai potuto
privarli l’uno dell’altra.
Niente…che posso dire. A me piace. Piace tanto. Al
solito, più per l’idea che per come è scritta, ma quello è un altro conto.
Spero sinceramente che piaccia anche a voi. Quindi ancora una volta mi scuso
per i vari orrori di battitura ed ortografia e vi abbraccio fortissimamente.
BascioCascio
Vevve