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Autore: DarknessIBecame    24/06/2011    6 recensioni
E poi ti senti bene, e ti viene voglia di scrivere una cosa dolce. Davvero dolce. FutureFic sulla mia pairing preferita. Go Puckleberry, go!
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Noah Puckerman/Puck, Rachel Berry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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First time

Annuncio importante. Questa FF è dedicata alla mia splendida sista Ainwen. Grazie, per tutto. Senza stare ad annoiare i lettori. XD

First time I’ve cried

Rosa. Due piccole strisce rosa possono cambiarti la vita.

Luna di miele. Un posto non meglio precisato, in una nazione non meglio precisata. E’ notte, c’è il mare di un blu così intenso da essere quasi incredibile ed una veranda con piscina riscaldata. Candele accese e profumate, profumo portato dalla brezza marina. Due giovani amanti consumano avidamente la prima notte di nozze, anche se non è la prima della loro vita insieme. Intorno solo il silenzio, il piccolo e pittoresco bungalow da loro affittato è stato appositamente costruito per quelle coppie che hanno particolari bisogni, come quello della privacy, magari anche dai paparazzi. Qualche fragola ed una bottiglia di “Möet & Chandon” riposano accanto alla vasca, colpiti a tratti da qualche schizzo d’acqua. Hanno già fatto il loro dovere.

Rachel Barbra Puckerman si alzò velocemente dal grande letto a baldacchino, calpestando coi piedini nudi il pavimento in legno trattato,senza neanche accorgersi dei tratti in cui lasciava il posto a freddo vetro, aggiunto apposta in punti strategici di quel mini appartamento per lasciar godere agli ospiti la vista dell’insenatura d’acqua cristallina su cui il bungalow era costruito. Era una specie di palafitta superaccessoriata. Si precipitò in bagno, le mani alla bocca, ma non arrivò neanche alla tazza. Dovette rigettare il contenuto dello stomaco nel lavandino in cristallo. Le veniva da piangere, al solo pensiero di sporcare quel bagno immacolato ed estremamente raffinato. Due braccia forti e bollenti le si strinsero attorno al petto, mentre una mano saliva alla fronte e le tratteneva i capelli lontano dal volto. Quando anche l’ultimo conato svanì, aprì il getto dell’acqua e sciacquò via tutto quel che c’era nel lavandino, mentre due mani premurose le passavano acqua fresca sul viso e sul collo.
-Shhh…è tutto passato. Ora starai meglio, piccola.- cos’era quel rumore che sentiva? Oh. Era lei. Dalla gola le uscivano dei lamenti bassi che neanche si era accorta di emettere. Fece un paio di profondi respiri, girandosi nell’abbraccio del marito. Lui le si avvicinò alla bocca col viso, ma lei scostò il volto di scatto.
-Noah! Ho appena vomitato fragole e insalata ai cereali. Che schifo!- stranamente era già tornata in forze, quindi puntò le manine sul suo petto nudo e lo spinse via. Ridacchiando, tornò in camera, cercando qualcosa da mettersi addosso. Lui le prese i polsi e li bloccò dietro la schiena nuda della donna.
-Non provare a rivestirti, signora Puckerman. Ho richiesto questo posto così che potessi godermi ogni piccolo particolare di mia moglie durante tutta la luna di miele. Adesso vado a recuperare un po’ di limone da farti mangiare, tu ti lavi i denti e poi ti lascerai fare ogni singolo giochino che mi viene in mente.- senza guardarla, inspirò il profumo dei suoi capelli, piegandosi per morderle il lobo dell’orecchio, mentre premeva il corpo contro il suo. Probabilmente Rachel sentì qualcosa risvegliarsi, perché ridacchiò, e, una volta che lui le ebbe lasciato liberi i polsi, corse nuovamente in bagno a prepararsi per il nuovo incontro sotto le lenzuola.

Era già qualche giorno che continuava a star male, le girava la testa e doveva ringraziare il cielo per la fissa del marito, che lo spingeva a fare lunghe corse sulla spiaggia di primissima mattina, così che lei potesse nascondergli i ripetuti attacchi di nausea che la costringevano a rigettare qualsiasi cosa avesse o non avesse mangiato, tutte le mattine. Fu facile fare qualche conto e collegare le cose. Ora si spiegava i pianti mentre facevano l’amore, le risate durante l’ultimo film horror o le crisi isteriche davanti alla scelta tra un croissant alla crema ed uno alla marmellata. Si vestì velocemente e raggiunse a piedi il centro del villaggio in cui erano ospitati. Alla prima farmacia, entrò e sorrise radiosa alla commessa. Erano abituati a ricevere personaggi importanti, quindi la ragazza, giovane e dallo sguardo simpatico riuscì a non saltellare in giro, vedendo arrivare la famosissima stella di Broadway, del cinema e del panorama musicale, Rachel Berry. La moretta sorrise alla giovane, e, decisamente felice, chiese tre test di gravidanza. Le fece l’occhiolino e il gesto di avvicinarsi.
-Posso chiederle di tenere il segreto? Vorrei che mio marito, in caso positivo, lo sapesse da me, prima che dalla tv.- si guardò intorno, il locale era deserto. Tornò al suo posto e scambiò uno sguardo complice con la ragazza. Questa annuì velocemente, sparendo dietro alcuni scaffali e tornando con tre scatolette. Le mise in una bustina di carta, con sopra stampato il nome di un farmaco, e gliela porse.
-Addebito a nome Puckerman?- arrossì, anche il marito della donna era altrettanto famoso. Più che altro, era talmente bello che, ogni volta che compariva in televisione, le donne provavano una fitta al cuore e le loro gambe diventavano di gelatina. Rachel annuì un paio di volta, ringraziò e si diresse a passo spedito nuovamente verso il loro perfetto rifugio. Una volta arrivata, si svestì velocemente, corse in bagno e ripeté tre volte lo stesso test, tanto per esserne sicura.

L’uomo rientrò sotto il sole delle 9, spense l’iPod che teneva in una fascia legata al braccio e si asciugò dal sudore con l’asciugamano che ogni mattina lasciava sul bordo della staccionata che circondava il bungalow. Attraversò silenziosamente il patio e deviò verso la porta-finestra che portava in camera loro. Sperava di sorprendere quella dormigliona della moglie ancora addormentata, ma fu lei a sorprenderlo. Già sveglia, mangiucchiava della frutta, sdraiata sul letto. Era in costume, e le gambe abbronzate si muovevano ritmicamente, piegandosi fin quasi a farle toccare i glutei con la punta dei piedi. Sfogliava distrattamente una rivista, canticchiando una vecchia canzone che molto tempo prima aveva sentito al glee club. Ne era certo. Quando lo vide entrare, si illuminò come se un angelo fosse stato mandato apposta per lei in quella camera. Questo era uno dei mille e più motivi per cui amava Rachel Berry. Lo faceva sentire importante anche con un semplice sguardo. Si avvicinò cauto, facendo il giro del letto per sedersi dal suo lato, mentre lei rotolava a pancia in su, sempre distesa, ed allungava le braccia verso di lui, che non perse l’occasione per fargliele allacciare intorno al collo e chinarsi a baciarla. C’era qualcosa di diverso in quel bacio? Sembrava più…pacato. E profondo. Velocemente si portò sopra di lei, benché sapesse di stare lasciando della sabbia tra le lenzuola color cobalto.
-Buongiorno, mia attraente principessa. Vedo che ti sei svegliata di buon umore.- sorrise sulle sue labbra, quando lei gli morse quello inferiore.
-Non potevo svegliarmi in modo migliore. Ho persino una sorpresa per te!- cinguettò, facendo forza su un braccio per portarsi seduta. Lui la seguì di malavoglia, colpito dal pensiero che fosse uscita di prima mattina per fargli trovare una sorpresa. Oppure si era fatta consegnare qualcosa fin lì? L’idea non gli andava comunque a genio. Non voleva che ricevesse sconosciuti, mentre era sola in un luogo sperduto come quello. Avevano già avuto brutte esperienze con i fan, quindi era diventato decisamente protettivo nei confronti della moglie.
-Una sorpresa? Ti sei fatta portare qualche vestitino da sexy infermiera, per caso?- malizioso, cercava di nascondere la preoccupazione. Ma lo sguardo della donna lo convinse a tacere. Era serena, ma risoluta.
- Noah…amore…sono incinta.- lo disse con voce ferma, ma sentiva una gioia profonda permeare quelle quattro, semplici parole. La stessa gioia che si fece pian piano largo nei suoi pensieri, nel suo corpo, mentre assimilava e comprendeva quanto avesse detto Rachel. Doveva essere rimasto muto e con la bocca spalancata per più di un minuto, perché vide gli occhi di lei adombrarsi. A quel punto non poteva più resistere.
-Diventeremo papà? Voglio dire, d-diventerò papà? Davvero?- incredulo, scuoteva il capo senza quasi credere a quelle parole. Lei gli prese delicatamente la mano tra le sue, e se la portò sulla pancia piatta, scoperta.
-Qui dentro sta crescendo nostro figlio o nostra figlia, tesoro.- il suo sorriso l’avrebbe fatto secco, se non fosse che già con quell’annuncio ci era quasi riuscita. E sarebbe morto altre venti volte, pur di sentir pronunciare da quelle labbra che tanto amava una frase qualsiasi, che comprendeva le parole “nostro” e “figlio”. Quelle labbra su cui si avventò, continuando a tenerle la mano sulla pancia calda, buttandola nuovamente sul letto e bloccandola sotto il suo corpo.
-Non posso crederci, fino a pochi giorni fa avrei giurato che vederti su quell’altare fosse stato il momento più bello della mia vita, ma questo…questo li batte tutti.- soffiò, la voce bassa e stranamente tremante. Sentì qualcosa di caldo solcare la guancia, ed un sapore salato in bocca. Lei catturò le lacrime successive con piccoli baci, non riuscendo a trattenersi dallo scoppiare a piangere. Era pur sempre una donna eccessivamente emotiva, lo era sempre stata.
-Rach? Credo che tu mi abbia fatto piangere, per la prima volta nella mia vita. Tu e…ed il nostro bambino. Dio, non sai quanto ti amo.- le sussurrò all’orecchio, asciugando il volto tra quei morbidi boccoli.

5° mese

Quel bimbo si che ci dava dentro! Sembrava che nella pancia di Rachel, a volte, ci fosse qualcuno a ballare la rumba. Non che si meravigliasse, i genitori erano entrambi sicuri che avessero fatto le stesse cose, nelle pance delle rispettive mamme. Insomma, erano pur sempre Puckzilla e Rachel “Sottuttoio/VincoTuttiIPremi”, i genitori. La donna aveva cominciato a mangiare di più, prendeva diverse medicine consigliate dalla ginecologa di fiducia e si stancava facilmente, ma mai come in quel periodo si era sentita meglio. Dopo aver passato incolume i primi quattro mesi di gravidanza, adesso sembrava andare tutto a gonfie vele. Due volte a settimana aiutava persino Kurt ad arredare la cameretta del bambino. Era così perfetta che sarebbe andata bene sia per un bimbo che per una bimba. Gli amici erano letteralmente impazziti alla notizia, ed i tabloid c’erano andati a nozze. Avevano fatto vendere molto, ultimamente, ai giornali nazionali e forse anche oltre oceano, ma la prima vera intervista, quella in cui rivelavano di essere “incinti”, l’avevano data alla rinomata trasmissione della Signorina Pierce. Lopez-Pierce, per la precisione. La biondina ovviamente ne era a conoscenza, e non aveva fatto altro che ridacchiare durante tutta la puntata.
Adesso però, in quella saletta asettica ma comunque accogliente, i coniugi Puckerman volevano lasciare fuori dalla porta tutte le chiacchiere e concentrarsi sul loro bimbo. Anzi. Sui loro gemelli. Era quella la vera notizia bomba, che non avevano voluto rivelare, se non ai futuri nonni. Ed a Kurt. Dopotutto le due culle avrebbero potuto insospettirlo. L’avevano scoperto ad una delle prime visite in cui già si potevano contraddistinguere le forme del bebè. A Noah era quasi venuto un colpo, seguito dal tentativo di soffocare Rachel in un abbraccio tale da farle quasi perdere i sensi. Entrambi sapevano quanto lui avesse sofferto per la mancanza di un vero padre, e quanto Beth gli fosse mancata, nei primi due anni della sua vita. Poi con coraggio, e sostenuto dalla ragazza, aveva cercato di far parte della sua vita. Ed ora la vedeva regolarmente, le raccontava di quando avrebbe avuto due sorelline o due fratellini di cui prendersi cura…vedere in quegli occhioni verdi l’orgoglio e la serietà che cercavano di esprimere anche ad un’età ancora tenera lo rendeva un papà al settimo cielo. Erano una grande famiglia allargata, e non poteva che ringraziare Rachel per questo. L’aveva completato in tutti i sensi. Probabilmente era questo il significato dell’espressione “l’altro pezzo della mela”. Lui si sentiva così, almeno.
E mentre osservava i due figli da una diversa angolazione, perché cominciavano a girarsi nella pancia della mamma, anche se a fatica, sentiva il cuore volare, lontano dal suo petto…non troppo lontano, visto che il suo cuore era tutto per quella piccola donna che lo aveva incantato con la voce, il carattere, l’aspetto…si perse un attimo di troppo in quei pensieri, mentre la dottoressa passava delicatamente il gel sulla pancia della signora Puckerman e cominciava a muovere la sonda collegata al monitor sul rigonfiamento che già si poteva notare ad occhio nudo. Avrebbe potuto scrivere mille canzoni su quei battiti perfetti, ma si limitò a guardare lo schermo con aria sognante. Ancora quattro mesi ed avrebbe tenuto in braccio i suoi figli. Finalmente.

9° mese

-Noah! Prendi quella diamine di borsa e portami subito in ospedale, hai capito bene??- a pieni polmoni, la donna urlava tutto il suo malessere, pretendendo di essere portata subito in clinica. Come un fulmine, Noah scese le scale di casa, già vestito e pronto. La borsa era piazzata dal mese prima nell’armadio dei soprabiti, quindi in un battibaleno furono fuori casa. Data la velocità con cui si era mosso a quell’ordine, la moglie non poté che guardarlo comprensiva, e felice. Poi una nuova contrazione si fece sentire, e, senza che neanche se ne rendesse conto, era già stata fatta accomodare in un letto d’ospedale, stanza privata, ovviamente, con fili e poli attaccati al corpo, per i primi controlli.
Tre ore dopo, mentre una marea di gente si era radunata fuori dall’ambulatorio, Noah Puckerman vedeva nascere i suoi bambini. O meglio. Allyson e Christopher. Si inginocchiò accanto alla moglie, porgendole il figlio maschio, e tenendole vicino la femmina. Era tutto così perfetto, quei corpicini…quelle piccole dita che cercavano di stringere convulsamente l’aria, prima di attaccarsi ad un dito del padre ed una ciocca di capelli sudata della madre. Mentre lei cadeva in un profondo sonno ristoratore, i bimbi vennero portati alla nursery, dove si sarebbero presi egregiamente cura di loro. Noah invece si diresse con passo deciso fuori dalla sala operatoria, per dare la notizia delle nascite. Come aveva immaginato, ogni singolo amico lì presente gli saltò addosso. C’era persino Quinn, con i bigodini ed il pigiama con sopra stampate tante paperelle sorridenti, bella come non mai, che teneva per mano Finn. Sfoggiavano un sorriso complice, e sinceramente felice. Avevano tutti le lacrime agli occhi. Quello era il paradiso, ne erano tutti sicuri.
Quando riportarono Rachel in stanza, lui era già lì, a sonnecchiare su una poltrona di pelle, il gomito puntellato su un bracciolo imbottito, ed il mento posato sulla mano, così che la testa non ciondolasse troppo. Al minimo rumore balzò in piedi, correndo verso la moglie ed aiutando gli infermieri ad adagiarla sul letto. Aspettò che fossero soli per sdraiarsi accanto a quel piccolo corpo, che seppur reduce da una gravidanza, non perdeva le forme che tanto lo facevano impazzire. Anzi. Posò il mento sul suo capo, voltandosi su un fianco e cercando la sua mano sotto al lenzuolo.
-Resterai sempre con me, mio piccolo sogno?- chiese l’uomo, senza guardarla in volto. Lei portò una mano ad accarezzargli la guancia ruvida, l’accenno della barba non tardava a farsi sentire, e ne catturò il volto, così da portarlo alla sua altezza.
-Se anche dovesse crollare il mondo, io, te, Allyson, Beth e Chris non ci separeremo mai. Ma preferisco pensare che il mondo non crollerà, ed io potrò ancora sentire gli urletti esasperati di Kurt e Blaine, o le risate strafottenti di Santana.- ridacchiò, accoccolandosi sul suo petto e respirando a fondo il profumo dell’uomo che amava. La tranquillità stava prendendo il sopravvento, e loro si addormentarono come dopo quella prima notte di nozze, convinti che il mondo girasse finalmente per il verso giusto, e che nessuno avrebbe mai potuto privarli l’uno dell’altra.

 

Niente…che posso dire. A me piace. Piace tanto. Al solito, più per l’idea che per come è scritta, ma quello è un altro conto. Spero sinceramente che piaccia anche a voi. Quindi ancora una volta mi scuso per i vari orrori di battitura ed ortografia e vi abbraccio fortissimamente.

BascioCascio
Vevve

   
 
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