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Autore: aliciamaria    24/06/2011    0 recensioni
'Volevo sentirtelo dire' rispose.
Era vero, ci eravamo rivolti la parola pochissime volte, le nostre discussioni erano tutte per iscritto o si limitavano ad occhiate.
Mi scusai pentita di averlo evitato durante la settimana e gli chiesi cosa potevo fare per rimediare.
Lui senza dire niente mi prese la mano sotto il banco e la stinse per tutta l'ora rimanente.
Sentivo il calore della sua pelle a contatto con la mia, quasi mi sembrava di percepire il suo profumo che sapeva di lavanda.
Dal giorno dopo finirono le conversazioni con i bigliettini, ma non ebbi il tempo di rimpiangere perché erano state sostituite da lunghe ore passate a contemplarlo mano nella mano.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA COINCIDENZA CI FARA' INCONTRARE

(2010)

 

 

 

Alla mia amica Nina,

Che è stata l'unica ad incitarmi

a scrivere in tutti questi anni.

 

01.L’incontro

Quando entrai nel liceo "Pascal" , il corridoi che portava nel laboratorio di fisica mi sembrò infinito.

Ero in ritardo e questo bastava a farmi innervosire. Era tutta colpa di mio padre, come al solito. Infastidita, arricciai il naso. Mi sarebbero toccati altri tre mesi di agonia prima di avere la tanto desiderata macchinina.

Tutta rossa per la vergogna aprii la porta, un forte odore d’alcool puro m’invase stordendomi. Con l’area un po’ spaesata cominciai a cercare un posto a sedere. Erano tutti occupati tranne uno in seconda fila accanto ad un ragazzo con gli occhi verdi, che mi fece cenno di sedermi lì.

“Oh mamma” dissi tra me e me, ma ubbidii senza tante storie e ancor di più imbarazzata mi sedetti.

La lezione procedeva noiosa come previsto, quando all'improvviso mi ritrovai un bigliettino tra le mani. -molto interessante la lezione, non trovi?-

Io, sorridendo, risposi di si e gli dissi che mi avevano costretta a seguire quel corso di potenziamento e che avrei volentieri sprecato il mio tempo in maniera diversa.

Un pretesto stupido come questo bastò per avviare la conversazione.

Arrivati quasi a fine lezione ancora non sapevo il suo nome, questo dettaglio rendeva il tutto ancora più interessante e misterioso.

La professoressa, vedendoci distratti, gli fece una domanda impossibile per coglierlo in fallo. Io sbiancai preoccupata, ma lui diede la risposta con un tono calmo e quasi di sfida.

«Bravo Ian» rispose irritata la donna.

Estasiata dal suono del suo nome, gli scrissi: -quindi è questo il tuo nome! È bellissimo-. Lui sorrise e scrisse –e il tuo?-

Prima che potessi rispondere suonò la campanella che segnava la fine di quella lunga lezione.

Risposi «Gloria» con un filo di voce. Lui sorrise nuovamente ed uscì dalla stanza.

Il giorno dopo raccontai emozionata alle mie amiche dei bigliettini che mie ero scambiata con quel ragazzo. Mi sembrava così surreale, che non ero troppo convinta di averlo vissuto veramente.

La mia infinita timidezza per una volta non mi aveva bloccato.

Ero piacevolmente colpita dai suoi modi di fare eleganti, dal suo gesticolare educato, dal suo parlare deciso, dalla sua intelligenza e specialmente dai suoi occhi.

 

Per circa un mese passammo tutti i giovedì e venerdì pomeriggio a parlare scrivendoci bigliettini e riuscii ad ottenere qualche informazione in più.

Finalmente avevo il suo numero, anche se, a quanto pare, non aveva quasi mai il telefono con sé.

Scoprii che si era iscritto nella mia scuola a metà dell'anno precedente e che andava in II F.

Tutta soddisfatta un sabato mattina alla ricreazione, dopo l'obbligatorio resoconto con le mie amiche, uscii a fare un giro.

In pieno corridoi mi raggiunse un ragazzo minuto, che mi porse un biglietto e un fiore, dicendomi che erano da parte di 'uno' e indicò la classe alle sue spalle.

Sbalordita e emozionata mi sporsi oltre questo ragazzino e vidi che davanti all'aula si trovava Ian che mi sorrideva.

Non feci in tempo a realizzare l'idea che si era già girato e si era allontanato.

Non trovai il coraggio di ringraziarlo fino al giovedì successivo durante quel corso che cominciavo a non detestare più.

Presi l'iniziativa io, sapendo che toccava a me:  'Voglio ringraziarti per il biglietto e per il fiore è stato un pensiero molto gentile :) '

'Volevo sentirtelo dire però' rispose.

Era vero, ci eravamo rivolti la parola pochissime volte, le nostre discussioni erano tutte per iscritto o si limitavano ad occhiate.

Mi scusai pentita di averlo evitato durante la settimana e gli chiesi cosa potevo fare per rimediare.

Lui senza dire niente mi prese la mano sotto il banco e la stinse per tutta l'ora rimanente.

Sentivo il calore della sua pelle a contatto con la mia, quasi mi sembrava di percepire il suo profumo che sapeva di lavanda.

Dal giorno dopo finirono le conversazioni con i bigliettini, ma non ebbi il tempo di rimpiangere perché erano state sostituite da lunghe ore passate a contemplarlo mano nella mano.

 Il corso era quasi giunto al termine, era questione di poche ore di lezione e poi non avrei più avuto il pretesto per rivederlo.

Una di quelle monotone mattine, Ian si presentò alla ricreazione. Io, per una volta sicura di me, gli andai incontro tranquilla.

Dopo averlo salutato con un sonoro bacio sulla guancia, lui mi chiese se mi andava di fare una passeggiata.

Io ammutolita, annuii.

Camminammo tranquilli. Iniziammo a parlare del più e del meno, come se ci conoscessimo da dieci anni invece che da quasi tre mesi.

Notai solo allora che con me non si era mai dimostrato timido e riservato.

Gli piaceva passare inosservato, non gli interessavano gli sguardi delle altre ragazze che, quando era arrivato a scuola, lo guardavano ammaliate.

Lui viveva costantemente nel suo mondo e sembrava che io fossi riuscita a rientrarvi.

Cercai di vincere la mia timidezza e gli strinsi la mano.

Mi sentivo sicura di quel che facevo, non c'era più timore dei miei gesti. Sembrava che sapessi proprio cosa fare e come comportarmi.

Era riuscito ad abbattere la mia barriera d’insicurezza e paura, non potevo che essergli grata.

A metà di un racconto, quasi noioso, si bloccò e io ne approfittai per chiedergli di cosa mi voleva realmente parlare.

Nella seconda parte della conversazione sembrava che stesse cercando di prendere tempo, si rese conto che me ne ero accorta.

«Per la verità volevo invitarti ad andare al cinema sabato. È uscito un nuovo film che sembra essere interessante» disse guardandomi perplesso.

«Accetto volentieri, mi va proprio di andare al cinema» gli sorrisi e mentre riprendemmo a camminare.

Al suono di quella odiosa campanella, Ian mi riaccompagnò al secondo piano.

I corridoi scarni di quella scuola erano vuoti e accompagnavano il grigio di quella giornata, ma nonostante tutto non riuscirono a trasmettermi la loro tristezza.

Mi fermai all'angolo prima del bagno delle ragazze, da dove sentivo provenire la voce delle mie amiche.

Gli sorrisi e l'abbraccia, lui ricambiò dandomi un bacio tra i capelli e poi si allontanò.

Aspettai che scendesse le scale, con le mani in tasca e con l'andatura tranquilla di chi non ha fretta di andar via, e raggiunsi il resto del gruppetto in bagno.

 

Il sabato successivo ci vedemmo al cinema Tiffany dove trasmettevano un film dell'orrore per niente adatto per una prima uscita.

Disgustati da quelle scene senza senso, lui mi portò fuori.

"Era ora!" pensai, «Film azzeccatissimo! La prossima volta scelgo io!» dissi facendolo ridere.

«Va bene! Devo ammettere che non andavo al cinema da molto tempo» disse come per scusarsi.

«Non importa. Ora ce ne siamo scappati prima del tempo ed è meglio lasciar perdere questo film dalla trama impossibile da ripetere!» dovevo lasciar perdere le frasi lunghe più di due proposizioni, mi ero persa nelle mie stesse parole. Immancabilmente arrossii.

Sorrise e mi propose di passare da un bar lì vicino dove facevano un'ottima cioccolata calda.

Accettai. Quel posto sapeva molto d’antico, l'odore che emanava era di pulito e di caffè tostato messi assieme.

Parlammo per un po' davanti ad una bella tazza fumante e poi uscimmo a passeggiare davanti le vetrine dei negozi che ormai erano chiusi.

Le nubi coprivano i colori caratteristici del tramonto, l'arancione si faceva strada a stento in qualche punto, ma ai mie occhi l'atmosfera era lo stesso meravigliosa.-

Tornati davanti al cinema, senza dire una parola, si avvicinò e mi baciò.

Fu solo per un attimo, sentii le sue labbra fredde posarsi sulle mie e il suo respiro sul mio volto.

Senza che potessi obbiettare, mi sussurrò all'orecchio: «Ci rivediamo Gloria» e  si allontanò.

 

Il mese successivo lo passai tutto il tempo a rivivere quella scena immaginando che tutto il mondo fosse rosa e fiori , che nessun pericolo potesse intralciare la mia felicità.

Ovviamente mi sbagliavo e una triste verità era in arrivo.

Ci vedevamo molto spesso da me, anche solo per studiare.

Si era guadagnato la fiducia di mia madre e la stima di mio padre che vedevano di buon occhi i nostri pomeriggi davanti al dizionari di latino o alla calcolatrice.

Ian era una persona fantastica, un vero genio incompreso.

La sua media era vertiginosa e studiare con lui mi faceva sentire la persona più inutile, stupida e senza futuro di questo mondo.

I risultati non si fecero attendere, la mia media era migliorata in due o tre materie e noi eravamo ancora più uniti e intimi.

Ero felice.

 

  
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