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Autore: Be_Fashion    25/06/2011    2 recensioni
parte tutto da un sogno. un sogno che prevede la serie(anche se non tutti i personaggi), e stranamente anche la protagonista del libro che sto scrivendo. non so come sia venuta fuori la cosa, sta di fatto che a forza di pensarci ho deciso di continuare la trama, anche se brevemente, per vedere come far finire la faccenda. è uno dei miei primi lavori e la maggior parte è stato scritto durante le lezioni di diritto a scuola, ma magari non è tanto pessimo...magari.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Varcai la soglia di casa. La luce che veniva da fuori dava al legno scuro dei mobili tonalità chiare e brillanti. Il corridoio rifletteva le luci bianche che venivano dalle stanze, che si affacciavano sul giardino curato. La cucina era immacolata, un velo di polvere sul bancone. Mi concessi un mezzo sorriso: tra poco sarebbe tornata a funzionare... Camminai fino alla soglia del salotto. Era identico a come lo avevo lasciato; le pesanti tende di velluto bordeaux cadevano rigide ai lati delle enormi finestre; il carrello d’acciaio che conteneva le bottiglie di liquore stava ancora vicino al camino, spento da poco; il mio pianoforte era lì, nel suo angolo, chiuso. Chissà se era più stato usato.. era passato tanto di quel tempo dall’ultima volta... Salii le scale, diretta alla sua camera. Alla nostra camera. La porta era socchiusa, la aprii piano. Le finestre erano chiuse, il letto intatto. La mia vecchia toilette di legno bianca era vuota. Appoggiai la borsa sul letto, e tirai fuori il mio bel cucciolo paffuto: «ecco Kevin, sei libero... » sorrisi e Kevin abbaiò in risposta, poi cominciò ad annusare in giro per la stanza. Io sedetti sulla poltroncina della toilette, e scoprii lo specchio ovale. Lo sfiorai piano, e subito partirono i ricordi: me stessa, tanto anni prima, a truccarmi per una serata galante. Io che mi mettevo il profumo. Io che tiravo fuori dal cassetto un paio di orecchini di perla. Me, seduta come ora, che mi pettinavo i capelli... e poi lui, che arrivava piano, da dietro. Mi baciava il collo. Posava le mani sulle mie spalle. Sorrideva appoggiato allo stipite della porta dietro la toilette... ero tornata per quello, per lui. Per poter chiarire; per poter vivere di nuovo... Sobbalzai al sentire Kevin che abbaiava davanti alla porta. Mi alzai in fretta, precipitandomi per le scale. “magari è lui...” continuavo a pensare. Arrivai all’ingresso elettrizzata, ma mi bloccai di colpo, Kevin dietro di me. «Lily... » Stefan mi fissava allibito, la mano ancora sulla maniglia del portone. Io ero stupita quanto lui, ma mi ripresi presto. Mi buttai addosso a quel vampiro che per me era come un fratello, abbracciandolo forte. « ciao! » quasi urlai. Lui rispose all’abbraccio, e senza quasi accorgermene, iniziai a piangere, felice e triste, ansiosa ed eccitata. « ehi, mi sei mancata anche tu » sorrise gentile. Arrivammo fino al divano in sala, dove in pochi minuti mi ricomposi. Stefan mi fissava in silenzio, sorridendo mesto. « da dove vieni? Perché te ne eri andata? Sono...cinque anni che non ho tue notizie » io sorrisi tranquilla, accarezzando Kevin che si era seduto tra di noi. « sono successe molte cose. L’ultima volta la situazione mi era sfuggita di mano, per questo sono dovuta andarmene. Ho passato gli ultimi cinque anni ad aggiustare tutto. E ora eccomi. Sono tornata » risi, contenta dell’effetto che quelle parole mi facessero. Suonavano così vere... perché lo erano. Non me ne sarei più andata. « sono davvero contento di vederti. Ma... » Stefan si guardava le mani, cercando le parole giuste. « mio fratello sa che sei qui? » non c’era alcun tono d’accusa nella sua voce; niente che mi facesse pensare che ce l’avesse con me per essere sparita. « no, non lo sa. Sono qui da pochissimo » risposi guardandolo dritto negli occhi, per fargli sapere che capivo di aver sbagliato, e che aveva tutto il diritto di essere arrabbiato. « a proposito, dov’è ora? » chiesi. Lui mi fissò di rimando; mi prese la mando delicatamente. «Lily, c’è una cosa che devo dirti» disse piano. «e non ti piacerà. Lui è... cambiato. Non è più come lo ricordi tu» mi guardava in uno strano modo, come se temesse che avrei reagito male. Non capivo. «in che senso? Che vuol dire “cambiato”? Spiegati. » cercai si sembrargli assolutamente calma e pronta a tutto. Stefan fece un profondo respiro e disse: «quando te ne sei andata...lui non se lo aspettava. Ha sofferto molto... » mormorò. Lo incitai a continuare con un cenno. «beh, si è, come dire...chiuso in sé stesso. La tua scomparsa lo ha devastato. Il ragazzo che cerchi tu, non c’è ormai» c’era un che di scuse nel suo tono di voce. Come se non me lo aspettassi. Come se non me lo sarei mai aspettato. Ma ero preparata. «Stefan, me lo immaginavo» sorrisi per confortarlo. «dico sul serio. È ovvio che non mi fa piacere saperlo, ma posso sopportarlo. Perché sono qui. Ho risolto tutto quello che c’era da risolvere, e noi due ne abbiamo passate tante. So che mi ama, come io amo lui. Possiamo superare anche questa. » calma, convinta, inarrestabile. Niente e nessuno mi avrebbe impedito di stare con l’uomo che amavo. Nemmeno lui stesso. Sorrisi per sciogliere la tensione. «ok, basta ora. Sono tornata da quindici minuti, e voglio solo rilassarmi e farmi un giro. Quindi» mi alzai in piedi prendendo Kevin in braccio «lui dov’è? » chiesi elettrizzata. Volevo raggiungerlo, toccarlo, baciarlo, amarlo. Stefan fece una smorfia e rispose. «fuori città, torna domani» mi guardò, pronto ad una mia eventuale delusione. «oh...peccato» risposi abbattuta «beh pazienza, aspetterò. Ho aspettato cinque anni, qualche ora che sarà mai! » sorrisi allegra. In fin dei conti, ero a casa, vedevo Stefan dopo anni di lontananza, e il giorno dopo avrei rivisto l’amore della mia vita. Davvero non c’era di cui essere tristi. «insomma, che si fa? Io voglio andare in città! » dissi serena. Stefan sembrava meno preoccupato per me, ma sentivo che era a disagio per qualcosa. «ecco, in verità... » cominciò timido «dovrei vedermi con Elena. » sorriso in imbarazzo. «Elena? ...Oh-Oh! Qui qualcuno ha fatto centro! » scherzai. Stefan scoppiò a ridere. «oddio Lil, mi sei mancata... vieni con noi, te la voglio presentare» la sua voce si accese di entusiasmo. «oh...beh, ecco, non so... » oscillavo da una gamba all’altra, dubbiosa. «lo sai che non mi piace fare da terzo incomodo... » Stefan mi rivolse uno sguardo supplichevole. «ti prego! Fallo per me, ci tengo tanto... » distolsi lo sguardo dal suo, fingendo di soppesare la proposta. «uh...beh, se è così importante per te... » non potei nemmeno finire la frase che lui mi abbracciò fortissimo. Per tutta risposta, Kevin – che si sentiva soffocare – prese a leccargli la faccia, convincendolo ad indietreggiare. Ridemmo di gusto, godendoci quella scena familiare e dimenticata allo stesso tempo. «d’accordo allora, dammi un attimo e mi cambio» dissi quando riuscii a smettere di ridere. Lasciai a Stefan il mio cagnolino, e corsi su per le scale. Ovviamente non avevo nessuna valigia con me. Del resto, se sei una strega, una valigia è del tutto inutile. Una volta in camera, feci apparire dal nulla tre abiti diversi, indecisa se mettermi elegante o no. Mi trovai presto a indossare un paio di jeans neri stretti, con una maglietta a maniche corte bianca e un gilet nero sopra. Misi gli stivaletti neri col tacco. Aprii svelta un cassetto della toilette, dentro il quale apparve dal nulla un rossetto rosso. Lo misi con mano esperta, ravvivai un po’ i capelli. “accettabile” decisi. Agguantai la borsa sul letto e scesi a razzo le scale. Stefan mi aspettava sulla porta, Kevin era già fuori. «andiamo? » sorrisi. *** Conoscere Elena non fu strano come temevo. Ero davvero contenta di incontrare la ragazza di Stefan, visto che non lo avevo mai visto affezionarsi a qualcuna. Arrivammo davanti a casa sua, e lei già era fuori. Sorrisi eccitata e guardai Stefan, evidentemente a disagio. «ti prego, non spaventarla. » supplicò lui. «Tranquillo» ridacchiai «faccio la brava». Mi mossi verso di lei sorridente, Stefan dietro di me. Arrivata davanti ad Elena mi bolccai e la guardai in silenzio. “ottima scelta!” dissi a Stefan nella sua testa. “grazie” pensò lui di rimando, compiaciuto. Si mise accanto a lei e l’abbracciò, poi passò alle presentazioni. «Elena» disse solenne «Ti presento mia sorella Lily» e trattenne il fiato, in attesa. «S-sorella?» mi guardò confusa «Ma quanti siete?». Ridacchiai divertita «No tranquilla, sono solo una vecchia amica di famiglia» sorrisi per rassicurarla «Tanto piacere!». Lei mi guardò, poi guardò Stefan, che sorrise tranquillo. Era evidentemente a disagio. Poi di colpo mi guardò gentile e mi strinse la mano. «Il piacere è mio». Ci sedemmo sulla sua veranda a parlare con calma. Le raccontai la mia storia, perché ero dovuta andarmene e perché ero tornata. Quando capì che stavo con l’altro fratello Salvatore ci restò male. Cercò di non darlo a vedere , ma sentivo i suoi pensieri: “come può stare con lui? Sono così diversi, e lei sembra...cosi buona...” feci una smorfia. Era il prezzo da pagare, me ne ero andata io... passai un bel pomeriggio, e alla fine Elena ci convinse a restare per cena. Suo fratello e sua zia non c’erano. Aiutai a cucinare, risi tanto e mangiai fino a scoppiare. Verso le dieci di sera tornammo a casa, perché ero stanca. «Domani andiamo a scuola, non vorrai arrivare in ritardo, no?» aveva detto Stefan. Gli avevo accennato che mi ero iscritta pochi giorni prima che tornassi in città. Appena entrata nell’ingresso mi tolsi le scarpe, per sgranchire i piedi sfiniti. Diedi la buonanotte a Stefan e salii le scale, diretta in camera. Kevin si era già appropriato di mezzo letto, la sua metà. Mi spogliai con calma, e invece che far apparire un pigiama, scelsi di indossare una sua camicia. Oh, il suo profumo... quante volte lo avevo immaginato? Non era nemmeno paragonabile al miglior ricordo. Era cento, mille volte più buono. Mi stesi sulla mia metà del letto, quella destra, e Kevin si avvicinò poggiando la testa sulla mia pancia. Lo accarezzavo lentamente, guardando il soffitto. Ero lì, per restare. E il giorno seguente, anche lui sarebbe stato lì. Dovevo solo aspettare... chiusi gli occhi e caddi in un sonno profondo. *** Mi svegliai all’alba, come sempre. Aprii la finestra, inondando di sole la stanza. Kevin di girò su sé stesso e continuò a dormire beato. Mi ristesi sul letto e chiusi gli occhi, ascoltando il silenzio. Non so quanto rimasì lì ferma, ma ad un certo punto Stefan bussò alla porta. Scattai in piedi e corsi ad aprire, eccitata. «Buongiorno! È ora?» sorrisi. Stefan era già pronto: indossava una camicia scura, jeans e anfibi. Sorrise di rimando. «Buongiorno a te. Vestiti e andiamo» poi iniziò a scendere le scale. Io tornai in camera, mi tolsi la camicia e andai in bagno. Infilai i pantaloni di pelle nera, una maglietta stretta con la bandiera inglese stampata sopra. Scarpe da ginnastica bianche, giubbetto di pelle sopra. “pronta!” passai cinque secondi davanti alla toilette per aggiustarmi i capelli, salutai Kevin che stava ancora sul letto e mi fiondai fuori di casa. Quando varcai la soglia della scuola, mi sentii molto osservata. Camminavo svelta vicino a Stefab a testa bassa per non farmi notare, ma a quanto pareva non serviva a niente. mi fissavano tutti. Benché la considerassi violazione della privacy, mi concessi di leggere la mente di qualche ragazzo, tanto per capire che avessi di sbagliato. Seguii il suono di pensieri di un ragazzo che guardava appoggiato alla porta: “Dio, quanto è bella. Devo conoscerla..” incrociai il flusso di pensieri di una ragazza bionda in piedi davanti agli armadietti: “...ma chi si crede di essere?! Guarda come la fissano! E pure Jared!!! Oh, se prova a toccarlo io...” continuai a camminare con un mezzo sorriso in volto. Potevo sopportarlo, non era la prima volta che succedeva. Stefan mi aiutò a trovare la classe di letteratura; entrai in aula, e andò tutto bene. Pranzai in giardino con il mio mezzo fratello e la sua ragazza. Conobbi Bonnie e Caroline, che mi chiesero di entrare nella squadra delle cheerleader dopo che Stefan aveva “accennato casualmente” alle mie doti da ginnasta. Dopo venti minuti di suppliche accettai, e mi diressi al campo di football accompagnata da Elena e Stefan, che andò ad allenarsi con la squadra. Il provino andò bene e fui ammessa nel gruppo. Caroline, che era il capitano, ci comunicò l’orario del prossimo allenamento. Ma non sentii una parola. Perché una macchina blu aveva appena parcheggiato, e il fratello maggiore dei Salvatore aveva aperto la portiera. Si voltò, girò intorno all’auto e mi vide. Ci fissammo in silenzio, incapaci di dire niente. eccolo lì, finalmente. Damon. Il cuore smise di battere; il sangue mi si gelò nelle vene; sbiancai. Non riuscivo a crederci, come se in tutta quell’attesa fosse diventato un miraggio. E invece era lì, a venti metri da me. Reale. Mi guardava con gli occhi sgranati, che riflettevano la luce del sole come mille scaglie luminose. Sorrisi e azzardai un passo in sua direzione. Mi accorsi appena di Elena che era scesa dagli spalti, e di Stefan accanto a lei che mi guardava in ansia. C’era lui, lui e nessun altro. Un altro passo, più convinta. Poi un altro, e un altro. Sempre più svelta. Mancava così poco, ero così vicina... e poi qualcosa cambiò. Caroline corse incontro a Damon. Lo abbracciò. Lo baciò appassionatamente. «Ma che fine avevi fatto? Mi sei mancato» sorrise raggiante. Damon si riprese all’improvviso, mi fissò sconvolto, e la scansò. «No!» sussurrò. Ma era tardi. Il cuore ora batteva, andava veloce. Molto veloce. Troppo. Indietreggiai lentamente. Mi muovevo a scatti, agitata. I miei respiri erano corti e veloci, mi mancava l’aria. Spostavo lo sguardo la lui a Caroline, che guardava confusa la vicenda. Andai in iperventilazione, incapaci di ricordare azioni basilari come inspirare ed espirare. La mia testa era un esplosione di immagini, suoni, ricordi. Alternavo la visione della scena attuale con quella di pochi istanti prima. “NO!” urlava il mio cervello. Damon si allontanò dalla ragazza e fece per prendermi il braccio, ma io mi scansai in preda al panico, nascondendomi dietro Stefan. Elena mi strinse la mano, ripetendo parole vuote. «Lily, calmati, per favore...» gemetti dal dolore. Il cuore era dilaniato, la testa mi esplodeva. «Non può essere...Damon...» mi si annebbiò la vista, quasi caddi a terra. «Elena, porta Lily a casa tua» sussurrò svelto Stefan «io mi occupo di Damon.». Lei mi sospinse verso il parcheggio. Mi lasciai trascinare fino al SUV nero, sconvolta. Voltai indietro lo sguardo una volta sola, e vidi Damon bloccato dal fratello ancora lì sull’erba, la scena offuscata dalle lacrime.
  
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