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Autore: Noirechatte_    27/06/2011    2 recensioni
1588: L'invincibile Armata è stata sconfitta, e Antonio si ritrova alle prese con l'amarezza dovuta alla perdita della sua ricchezza e fama. E'prigioniero di Arthur che, drogato d'euforia per la vittoria, troverà un'ulteriore maniera per umiliare lo sconfitto. [UkSp]
Genere: Erotico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ladro di anime

 

Antonio poteva sentire il calore del suo sangue scorrergli sulle labbra carnose, e poteva dire con certezza che quella sensazione era l’unica cosa che lo faceva sentire ancora vivo. Lo leccò velocemente, fermando il suo lento cammino.

I suoi occhi non riuscivano a penetrare nella densa oscurità, osteggiata solamente dalla fioca luce di una candela poggiata su un piccolo tavolo di legno, e perciò si sdraiò ancora più giù contro la parete, affondando con la sua gloria.

Abbassò lo sguardo, tentando di focalizzare l’attenzione sui polsi feriti da una robusta corda che gli teneva uniti, contribuendo solo ad aumentare la sua frustrazione. Picchiò la testa contro la parete, desiderando di evadere da lì.

Tuttavia, era impossibile. Si trovava chiuso a chiave nella sottocoperta della nave di Kirkland. Si trovava prigioniero di quel maledetto inglese, di quell’eretico comandato da una donna che aveva perso il lume della ragione, che non seguiva più il sentiero del Dio vero che portava alla salvezza eterna, alla pace dei sensi e alla beatitudine dell’anima. Era comandato da una donna troppo astuta, che aveva deciso di avere come marito solo la sua amata Inghilterra.

«Demonios…». Il suo sussurro sembrava un ringhio basso di un leone sconfitto che non accettava di abbassare il suo regale capo dinanzi al nemico.

Era stato uno sciocco. Era stato offuscato dall’oro lussurioso della sua potenza, aveva cercato di far conoscere la sua forza con ogni mezzo, in ogni maniera. Quella che era stata la Nazione più potente, più temuta, più corteggiata del suo tempo, si trovava in un angusto buco di una nave, priva della sua dignità.

Aveva visto i suoi compagni morire e cadere come patetici ramoscelli, aveva combattuto con tutta la sua forza e arroganza, con il capo sempre alto e con gli occhi ardenti di desiderio. Desiderio di potere, sadica fiamma che gli faceva scoppiare il cuore.

Ma, soprattutto, desiderio di vedere Arthur Kirkland in ginocchio, allo stesso livello della polvere, che lo guardava con il viso sporco di polvere e sangue, con l’orgoglio stracciato in mille pezzi come le ali di una delicata farfalla, con gli occhi carichi di odio. Desiderio di vedere il proprio volto decorato da una gioia bestiale, con un ghigno sadico a disegnargli le labbra. Era stato a un passo dal diventare veramente il padrone del mondo. Aveva toccato quel flebile e luminoso sogno con la punta del dito indice, e il momento dopo era stato bruscamente fatto cadere dal suo piedistallo d’oro e d’avorio, per ritrovarsi a sputare polvere e sangue mischiati insieme.

Il rumore dei passi che stavano scendendo fece scoppiare la sfera di vetro dove si stava consumando la sua disfatta. Il loro ritmo aveva un che di regale e fiero. Antonio non ci mise molto a capire che il suo nemico, colui che aveva distrutto sua bellezza, stava scendendo da lui, probabilmente per stuzzicarlo un po’. Spagna cercò di costruirsi una nera maschera sul volto, in modo che coprisse il dispiacere che offuscava come un velo i suoi occhi, facendo emergere solamente la rabbia.

La chiave fu infilata nella toppa, girata e la porta si aprì, facendo entrare un po’ di luce lunare in quel posto dimenticato da Dio, come lo aveva definito precedentemente il prigioniero. Dimenticato da Dio, dalla luce, dalla gloria.

Arthur Kirkland scese i due scalini restanti lentamente, come per godersi l’attesa del momento in cui avrebbe veramente umiliato Antonio. Un ghigno tolse ogni traccia di purezza dal suo viso e un brivido passò sulla sua colonna vertebrale. Aveva bevuto qualche bicchiere di gin per festeggiare la vittoria, ed era proprio in mezzo a quella giungla di uomini che gridavano e brindavano in onore di Elisabeth, la Regina vergine, che gli era venuta l’idea geniale, l’idea perfetta per togliere ogni briciolo di dignità all’uomo che se ne stava seduto sul freddo e umido pavimento della sua nave, sempre che gliene fosse rimasta anche solo una briciola.

«Non credi che questo luogo ti si addica, Carriedo? E’ insulso e scialbo esattamente come te», disse Arthur prendendo una sedia e posizionandola di fronte a Spagna; vi si sedette, accavallando elegantemente le gambe.

Antonio ebbe la tentazione di tenere il viso basso, perché non sapeva se alla vista di quegli occhi odiosi, di quel viso malvagio, di quei costosi vestiti, di quella maledetta persona sarebbe riuscito a trattenersi dallo strappargli gli occhi dalle orbite. E se aveva le mani occupate, avrebbe usato la bocca. Tuttavia, Antonio alzò lo sguardo per dimostrare a Inghilterra che non lo aveva privato della sua dignità. O almeno, non totalmente.

«Sì», continuò Arthur imperterrito, «sei stato veramente un idiota. Hai visto che fine ha fatto la tua meravigliosa Armada Invencible? E’ annegata esattamente come la tua dignità, Carriedo. Mi dispiace annunciarti che non è finita qui», pronunciò l'ultima frase con un ghigno evidente, e si alzò per chiudere nuovamente a chiave la porta.

Antonio mosse gli occhi nervosamente e disse con disprezzo, tentando di nascondere l'ansia: «Che cosa vuoi dire, Kirkland?!»

«Lo vedrai presto, Carriedo, molto presto...» Un fremito di eccitazione gli corse nelle vene. Avrebbe mentito a se stesso se avesse detto che tutta questa storia lo intrigava solo per il desiderio di punire l'altro. Certo, aveva sempre pensato che Spagna fosse un individuo troppo gioviale, semplice e aperto per essere una Nazione estremamente potente come è, o meglio, come era, penso sadicamente. Non poteva però negare che c'era un’alchimia strana che lo attraeva verso il corpo dell'altro, e forse era anche grazie alla sfrontatezza che aveva più volte dimostrato nei suoi confronti. Si sarebbe divertito un sacco e avrebbe fatto sentire meno della polvere Carriedo. Era perfetto.

Arthur si avvicinò lentamente ad Antonio, che era costretto a guardarlo dal basso verso l'alto come uno schiavo, come un sottoposto. Dio, quando lo odiava. Inghilterra s’inginocchio davanti a lui e allungò la mano destra verso il suo viso, accarezzandolo lentamente. La sua pelle baciata dal sole era morbida, nonostante i furiosi giorni di battaglia che gli avevano visti come protagonisti e che soprattutto avevano visto Arthur come vincitore.

Antonio lo guardò con gli occhi spalancati, paralizzato dal tocco dell'altro. 

«Che diamine stai facendo, Kirkland?!». La mano dell'altro si avvicinò lentamente verso le labbra e con l'indice toccò delicatamente il labbro inferiore, pieno e soffice al tatto. 

Antonio sentì il cuore pulsare più forte e per difendersi, morse con forza il dito che lo stava toccando in maniera così intima e... piacevole. Era veramente tanto tempo che non toccava una donna, era normale che il suo corpo reagisse in questa maniera anche al minimo contatto fisico che accennasse a qualcosa di sessuale, giusto? Doveva contenere quel suo particolare e fastidioso bisogno e ricordarsi che aveva di fronte il bastardo che lo aveva distrutto.

Uno schiaffo violento gli colpì la guancia e una mano furiosa lo prese per i capelli, tirandoli. 

«Lasciami! Non ti sei divertito abbastanza per oggi?», gemette Antonio, fallendo nel tentativo di mantenere un tono fiero. 

«La parte migliore sta per arrivare proprio adesso, Carriedo. Ti dimostrerò che i cani devono solamente obbedire ai loro padroni», disse Arthur. Antonio stava per sputargli addosso, prima la sua saliva e poi le sue parole cariche di odio, ma la sua bocca aperta fu invasa dalla prepotente lingua di Inghilterra che lo teneva ancora per i capelli. 

Era come se una mano si fosse impadronita delle sue viscere e ci stesse versando sopra un liquido contenente disprezzo e desiderio non distillati. Antonio non riusciva a capire perché il suo corpo volesse unicamente ricambiare quel bacio bagnato e appassionato, mentre il suo cervello voleva solo fare a pezzi l'uomo che stava davanti a lui. Madre di Dio, da quando era attratto da Arthur Kirkland? Da quando il suo stupido corpo reagiva in maniera così vergognosa alla presenza del corpo di quel bastardo?

Prima che riuscisse a mordergli la lingua, Arthur separò le loro bocche. Si alzò e tolse il bottone dei suoi calzoni dall'asola, gettandoli nel buio della stanza, unico spettatore della sua malsana passione. Rivolse uno sguardo ad Antonio, e lo trovò immensamente eccitante con il mento sporco di saliva e lo sguardo furioso e frustrato, perché non poteva fuggire da lì. 

Antonio cerco di raccogliere le poche energie rimastagli, e si alzò, barcollante. Se non poteva lasciare la stanza, avrebbe cercato di resistere a quel nuovo tentativo di umiliarlo di Kirkland. 

Qualche secondo dopo, un pugno arrivò nello stomaco di Antonio, talmente forte da farlo cadere. Arthur torreggiava sopra di lui, osservandolo con disprezzo mentre tossiva. Gli mise un piede, precisamente il tacco del suo stivale, sul ventre, facendo pressione.

«Carriedo, mi sembra di averti detto che devi obbedirmi senza ribellarti, nasty dog». Premette con più forza, e il suo ego godette dei gemiti di dolore che l'altro soffocava per non dargli soddisfazione. Fece girare la corda che teneva imprigionati i polsi dell'altro attraverso una gamba del tavolino che era là vicino. Il nodo era talmente stretto che Antonio sentì chiaramente il dolore andare oltre la pelle, oltre i muscoli, ma direttamente al sangue che circolava nelle vene.

Arthur si abbassò su di lui, accarezzandogli il petto. Sentiva chiaramente il respiro accelerato dell'altro trasparire dai pettorali. Gli toccò piano un capezzolo, strusciandolo piano con l'indice. 

Antonio sentiva il suo cuore galoppare selvaggio, come un cavallo. Probabilmente per il piacere, probabilmente per la vergogna. Se guardava gli occhi di Kirkland, le sue mani, il suo corpo, sarebbe stata la fine per lui e il suo raziocinio. Doveva continuare a ribellarsi, dannazione, anche a costo di non avere più un osso al proprio posto.

Mentre Arthur armeggiava con il bottone dei suoi pantaloni, Antonio cominciò a scalciare come un puledro, tentando di colpire ogni centimetro della pelle dell'altro. Un suo colpo andò a buon fine, colpendo lo stomaco dell'inglese.

Inghilterra gli rivolse uno sguardo pieno di rabbia e i suoi occhi verdi come i propri, ma con una sfumatura diversa, lo guardarono come se si stesse rivolgendo a un ragazzino disobbediente con cui bisognava avere pazienza. Solo che, sfortunatamente per Antonio, Arthur non ne aveva per nulla.

«Avevo intenzione di far divertire un po' anche te Carriedo, ma a quanto pare non mi lasci scelta». Arthur gli tolse i pantaloni e l'intimo in un colpo solo, grazie all'ausilio di entrambe le mani, senza l'intralcio delle scarpe, poiché l'altro era a piedi nudi. Arthur si tolse dalle gambe di Antonio, ancora agguerrite. Studiò il suo corpo, rimanendone incantato. La sua carnagione era scura, da Dio del Sole. Il suo corpo era una tentazione infernale, era quello di uno schiavo vizioso che voleva far cadere nel peccato il padrone. E lui, da buon padrone, lo avrebbe punito. Sia perché temeva che la bellezza fanciullesca di Spagna gli facesse perdere il controllo del gioco che aveva inventato, sia perché, notò inarcando le sopracciglia e sogghignando con malizia, si stava eccitando anche lui.

«Mi riservi continui sorprese, Carriedo... E pensare che fai anche il ritroso...» Una mano di Arthur accarezzò con aria quasi casuale il glande di Antonio, udendo un gemito di frustrazione.

«Sono un uomo, Kirkland. Figurati se mi ecciterei volutamente per un bastardo come te!» Il respiro di Antonio si faceva sempre più affannoso, mentre osservava la mano di Arthur allontanarsi dalla sua erezione. Certo, Inghilterra era un bel ragazzo: Occhi verdi, capelli biondo scuro e un fascino da gentiluomo maledetto, ma era solamente un ladro che da sempre rubava i bei tesori che gli spagnoli portavano dal Nuovo Mondo. 

«Bastardo, ladro... Vedi di moderare i termini, cane». Approfittando della stanchezza dovuta alla battaglia e all'umiliazione di Antonio, con uno scattante movimento delle braccia, portò le gambe dello spagnolo sulle sue spalle. 

Antonio deglutì, realizzando che il suo corpo era incapace di reagire. Aveva perso i suoi tesori, la sua fama, la sua gloria ed era immensamente stanco.

«Che cos'altro vuoi rubarmi, demonio?», disse Antonio facendo trapelare tutta la sua rabbia e disperazione.

Arthur sorrise enigmatico. «L'anima, Carriedo. L'anima». Inghilterra entrò prepotentemente in Antonio, che si morse il labbro inferiore a sangue per evitare di far sentire il suo dolore.

Arthur spingeva velocemente e profondamente, toccando il membro di Antonio con carezze distratte. Una parte di lui voleva farlo godere fino a fargli bruciare la gola per le urla gridate contro il soffitto sia per soddisfazione personale che per umiliarlo, ma l'altra pensava che quest'eccessiva cura nei confronti del piacere dell'altro fosse fuori luogo, perché avrebbe fatto intravedere una traccia di umanità in lui.

«K-Kirkland... T-ti odio!». Antonio avrebbe voluto toccarlo, graffiargli la schiena, mordergli le labbra sottili.

Arthur si sporse in avanti, mordendogli il labbro. Mentre si stava per allontanare, Antonio allungò il collo e infilò la lingua nella bocca dell'altro.

Si baciarono, si leccarono e si morsero. Arthur non riuscì a resistere alla tentazione di mordergli il collo, per poi succhiarne la pelle sudata.

Quel rabbioso dondolio andò avanti per qualche minuto ancora, fino a quando Arthur non svuotò il suo piacere in Antonio, che venne poco dopo. Inghilterra uscì dall'antro caldo e stretto dell'altro, sporco di sperma e con tracce di sangue. Si rimise l'intimo e i pantaloni, aggiustandosi la camicia bianca stropicciata. S’inginocchiò vicino ad Antonio, ancora ansimante, con il volto arrossato e il ventre sporco di sperma. Lo liberò dalla corda, accarezzandogli il polso destro quasi viola. Antonio si liberò dalla stretta bruscamente, massaggiando prima il polso toccato da Arthur e poi il sinistro.

Arthur sorrise, congedandolo. «Vedo che stai cominciando a imparare, dog. Domani mattina sarai libero di tornartene a casa.» Una volta uscito dalla sottocoperta, girò la chiave nella toppa.

L'eco dei tacchi degli stivali scomparì velocemente, e Antonio rimase solo con i suoi fantasmi.

Era un sacco di tempo che volevo scrivere un UkSp ambientata in questo periodo storico, e quindi l'ho fatto. Spero di essere stata I.C con i personaggi e che questa one-shot vi sia piaciuta. Fatemi sapere!

  
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