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Autore: Aesir    27/06/2011    1 recensioni
E se Dubhe avesse dovuto uccidere Dohor? E se non avesse mai liberato la Bestia? Seconda fic su questo personaggio, ancora una volta il testo riprende brani dell'originale. In pura tradizione Guerredelmondoemersiana, si inizia con una citazione dei Muse...
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dubhe
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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LA SPADA DI NIHAL, IL PUGNALE DI DUBHE

I'll be there as soon as I can
But I'm busy mending broken
Pieces of the life I had before

- Muse, Unintended

Raccolse da terra la spada di Forra e avanzò lentamente verso di lui. Era ancora vivo.
Il suo petto si alzava e si abbassava affannosamente.
Lo sovrastò e lo guardò con odio. Lo immaginò mentre costringeva Learco ad uccidere il vecchio nella Terra del Vento, e la rabbia traboccò, spazzando via ogni rimorso.
Alzò la spada e fissò i suoi occhi da moribondo.
Learco e Theana li stai portando alla Casa?
Forra allargò la bocca in un ghigno tirato. Ammazzami e non farla lunga, disse con difficoltà. Non crederai davvero
che mi abbassi a tanto.

Dubhe pensò agli altri omicidi che aveva compiuto in passato: al terrore, allangoscia al disgusto che infinite volte lavevano tormentata.Si era ripromessa di non sporcarsi più le mani, ma ora quel voto non aveva più importanza. Valeva la pena di perdersi definitivamente per una speranza.
Questo è per Learco disse a mezza voce e affondò la spada nel cuore di Forra.

E ora che faccio? Si chiese disperata. La scorta inviata dal Consiglio delle Acque non si faceva sentire.
Si impose di calmarsi, ma non era facile: il sangue le scorreva a rivoli dalle ferite, privandola sempre di più delle forze.
Non ora che ho una missione da compiere!
Si fece forza, e strisciò fra le ombre; strappò un lembo del mantello e stringendo i denti si fasciò la ferita, sforzandosi di non urlare.
Quando ebbe recuperato la lucidità sufficiente si sforzò di ragionare secondo la logica del nemico, come le aveva insegnato a fare Maestro Sarnek: era improbabile, quasi impossibile, che non avessero lasciato neanche un soldato di guardia a terra, e che questo non avesse avuto il buonsenso di nascondersi quandera iniziato lo scontro
Si sforzò di focalizzare lo sguardo, di vedere movimenti fra le ombre, e nel contempo di non muoversi, respirando appena.
Eccolo, infatti.
Luomo si avvicinò cautamente al corpo di Forra. Generale? chiese.
Poi la lama di una spada gli premette sulla gola: lassassina gli era scivolata alle spalle.
Learco e Theana li state portando alla Casa?
Rispondi, o ti ammazzo come un cane, ringhiò ferocemente Dubhe.
Chi?"
Il principe e la ragazza. Li state portando nella Casa? insistette lei.
No a Makrat per un processo…”
Quando? chiese disperatamente lei.
Fra una settimana e anche il giovane mezzelfo...
Ne sapeva abbastanza. Con lelsa della spada colpì alla nuca il soldato, mettendolo fuori combattimento, poi lo legò ad un albero.
Si fermò un momento a riposare, ma capì di non averne il tempo. Con le ultime forze che le restavano, eseguì lunico incantesimo che conosceva, che gli aveva insegnato Theana, per i casi di emergenza.
Estrasse da una tasca alcune pietre con incisi strani simboli, erano quelle che la maga aveva lasciato cadere prima di essere rapita, le dispose in cerchio e scrisse in fretta, perché sentiva di star per perdere le forze:
Sono nella Terra del Sole, vicino al confine; Theana è stata rapita, venitemi a prendere…”
Ido, pensò disperatamente.
Pozze nere si allungarono ai margini del suo campo visivo.
Perse i sensi prima di vedere le volute di fumo azzurro che indicavano la corretta esecuzione dellincantesimo alzarsi pigramente per essere disperse dal vento

Si riprese straordinariamente in fretta: per la prima volta in vita sua stava apertamente trascurando gli ordini del proprio corpo di riposarsi e riprendere le forze. Era consumata da una smania dagire forte quanto la Bestia: sapeva benissimo cosa doveva fare.
Quando lo gnomo entrò dopo tre giorni nella sua stanza, la trovò vestita con un mantello nero, mentre stava scegliendo le armi disposte sul letto.
Ehi disse, dove credi di andare?
A Makrat, rispose lassassina con voce atona.
Ma sei impazzita?
Forse, ma ora ho trovato qualcosa per cui combattere, e non me lo farò portare via.
Ido chinò il capo. Era incredibile come le ricordasse Nihal.
Persino la stessa maledizione, gli incubi per luna, la Bestia per laltra.
Nella sua postura rivedeva una ragazzina magra e tormentata, le orecchie a punta e i capelli blu e arruffati, e nei suoi occhi scuri la stessa sofferenza che aveva visto in quelli viola della mezzelfa.
Ricordava che anche lei aveva quella stessa predilezione per i mantelli scuri e le tinte tetre, invece di abiti più femminili, e lo stesso carattere tormentato, almeno quando laveva conosciuta.
Poi gli venne una folgorazione.
Lassassino che aveva incontrato gli aveva detto che il rito non si sarebbe svolto che dopo una settimana.
La ragazza ora lo aveva informato del fatto che anche San si trovasse a Markrat dunque
Guardò meglio Dubhe, che adesso si stava infilando il pugnale nel fodero.
Senti come te la cavi con la spada? domandò improvvisamente.
Bene…” disse. Dato che ho ucciso io Forra…” aggiunse con qualche titubanza, arrossendo.
Era bella quando arrossiva. Sembrava che le nuvole che le gravavano sempre gli occhi si diradassero di colpo.
Faceva parte delladdestramento della Gilda, concluse. Perché?

No! Non possiamo avvallare una simile pazzia! Rischieresti la vita per nulla!
Dubhe notò che lei non era inclusa in quel rischieresti e sogghigno: in fondo lei era un sicario, il migliore che il Consiglio avesse a disposizione, ma nulla di più; la discussione, che continuava da più di unora, riguardava il fatto che lo gnomo la accompagnasse.
La ragazza guardava senza commentare. Conosceva l’apparato del potere dall’esterno, come lo aveva visto negli anni del suo lavoro, e ne conosceva anche la natura effimera. Li aveva visti tante volte, nell’intimità delle loro case, che ormai ai suoi occhi apparivano tutti inermi e meschini.
Ido squadrò freddamente gli uomini riuniti e disse: E sia. Mi dissocio dal Consiglio delle Acque.
Mormorii percorsero la sala. Ido, non puoi farci questo! Sei lanima della resistenza!
Se questa faccenda andrà a buon fine, non ci sarà più alcuna resistenza. Sennò, vuol dire che farete a meno di me.
E facendo un cenno allassassina, lasciò la sala.

Si fermarono sui bastioni di Laodamea.
Sai cosè questa? chiese lo gnomo, mostrando una spada di cristallo nero, con lelsa foggiata a drago nello stesso materiale e una Lacrima al posto della testa.
Dubhe annuì, quasi ipnotizzata: chiunque nel Mondo Emerso lavrebbe riconosciuta.
Allora ascoltami bene…” e in poche parole Ido spiegò il suo piano.
Questa spada ha già abbattuto un Tiranno, può ucciderne anche un altro, concluse.
Lassassina spalancò gli occhi, schiudendo le labbra in un sorriso malizioso.
Geniale, mormorò e si avvolse più strettamente nel mantello nero, tirando su il cappuccio. Avanti, andiamo!
Avrei voluto vedermela io con Dohor, lo sai però questa è una lezione che ho dovuto insegnare anche a Nihal, a volte i nostri desideri devono essere subordinati ad un bene più grande.
Uno per uno, mormorò lassassina, e Ido ci mise un po a capire cosa intendesse.
Entrambi stettero in silenzio per un po.
Il rito, combinato con la pozione, se lassumerai ogni giorno, basteranno a confinare la Bestia?
Suppongo di sì.
Fece un cenno ed unenorme figura alata si posò sui bastioni.
Hai mai cavalcato un drago?
Gli occhi rossi di Oarf si piantarono su quelli di Dubhe.
Lei fece un cenno di dinnego.
Hmmm, questo complica un po le cose…”

È questa la fede cieca degli assassini, la loro determinazione? È così che si è sentito quel ragazzo che mi ha innoculato la pozione, sapeva di essere morto non appena mise piede fuori dalla Casa?
Ma se anche dovessi morire, tutto ciò non avrebbe più importanza; se dovessi vincere, sarebbe linizio di un nuovo regno.
Cinquanta e cinquanta.
Vale la pena di scommettere la propria vita?

Limmagine di Learco, sofferente così come quando laveva liberato nella sua cella, le invase la mente.
Sì.

Larena dellAccademia, a Markrat, era gremita di gente.
Non accadeva spesso di poter assistere ad uno spettacolo gratuito, anche se stavolta non cera nulla da stare allegri: un processo per tradimento ad un principe che avevano sempre amato, da parte di un re che avevano sempre odiato.
La folla rumoreggiava, irritata, ma non osava ribellarsi per timore del sovrano.
Dohor aveva curato la scenografia nei minimi dettagli: in effetti, dopo che una ladra si era introdotta nel palazzo e aveva organizzato da sola unevasione di massa, aveva un disperato bisogno di recuperare popolarità.
La storia non era pubblico dominio, ma le voci correvano in fretta fra la popolazione civile.
Il re aveva laria severa e terribile del grande condottiero. Il regnante inflessibile e giusto, luomo che portava sulle spalle la responsabilità della vita del suo popolo, e che per essa era pronto a compiere atti persino crudeli. Era questa la maschera che Dohor amava indossare in pubblico, e pertanto per loccasione portava il lutto come un padre che anteponeva la salvezza della nazione alla vita di suo figlio.
Solo pochi sapevano quanto poco gliene importasse di questultima.
Quelle era solo un modo per umiliarlo ancora di più: un processo allaperto invece di poche, dure parole pronunciate nelle segrete del palazzo.
Fece condurre il figlio legato in catene; Learco, contrariamente a quanto si sarebbe aspettato, non supplicò né pianse, si limitò a guardarlo con gli occhi brucianti dodio. Laveva perso per sempre, e lo sapeva da quando gli aveva parlato lultima volta: ora lunica cosa che il figlio vedeva in lui era un patetico vecchio, reso folle dalla sete di potere, e ne desiderava ardentemente la morte.
Iniziò il suo discorso, insistendo sulla retorica e su argomenti che sapeva avrebbero confuso il popolo, convincendolo unaltra volta a dargli ragione, a comprendere le motivazioni che lo spingevano ad un gesto così estremo, almeno in apparenza, ma quando arrivò a Dunque confermi quanto detto?, si sentì un rumore.
Un rumore che conosceva bene
Il battito delle ali di un drago.

Una gigantesca creatura si posò dal lato opposto sugli spalti, facendoli in parte franare, lanciando un ruggito.
La sua pelle era verde, opaca, solcata di cicatrici. Ai lati del cranio cerano due corna, e sotto gli occhi color brace si fissarono sul re, senza mai lasciarlo.
E il male stava nel fatto che era un drago celebre, tutti lo conoscevano bene: compariva spesso nelle statue che erano disseminate ovunque per il paese; si stava proprio chiedendo se per caso non avesse le allucinazioni, quando notò un altro dettaglio: sulle sue spalle cera una ragazza minuta, avvolta in un mantello scuro che la copriva interamente.
Il drago, e la spada di cristallo che pendeva al suo fianco, bastarono però a farla riconoscere da tutti.
NIHAL! NIHAL! cominciò ad inneggiare la folla.
Leccitazione aveva sconvolto gli equilibri in gioco, perché nessuno sapeva se la rediviva eroina avrebbe preso le parti del principe o del re del bene o del male.
Nella concitazione dunque non cè da stupirsi che nessuno ebbe occhio per lo gnomo vestito da guerriero che aveva tenuto le redini, nascosto dietro la ragazza, che scivolò in silenzio fra le file.
Dohor in particolare era impressionato: quella guerriera gli aveva rubato tutta lattenzione del pubblico. Ma non era, non poteva essere davvero Nihal! Nessuno la vedeva da più di trentanni!
Eppure la spada e il drago non lasciavano dubbi.
La ragazza saltò con grazia perfetta giù da Oarf, atterrando nella sabbia con le gambe piegate e una mano sulla spada, e si passò una foglia sotto la gola; era impregnata da un blando incantesimo che avrebbe amplificato le sue parole.
Dohor! disse, e il re tremò a solo udire il suo nome.
Non sono Nihal, Dohor! Ma per te, sarebbe meglio se lo fossi!
Lei è morta, più di ventanni fa, e non ha nulla a che fare con te!
Guarda il tuo popolo, ti sembra forse contento? Noi sappiamo il perché, non è vero? E giusto che anche il tuo popolo sappia.
La folla urlò e applaudì a quelle parole.
Per Dohor si metteva male: lì cera una pazza fanatica con il drago e la spada di Nihal, perché non potevano che essere loro, che lo accusava pubblicamente di fronte a tutti, e la cosa peggiore era che aveva assolutamente ragione.
In più riconobbe le frasi pronunciate durante il processo a Neor. Questa sgualdrina mi sta ritorcendo contro le mie stesse parole, pensò con sgomento. Cercò di darsi un contegno.
Chi siete, signorina? Vi avverto che se è uno scherzo non è affatto divertente.
Lo sai chi sono, Dohor! La ragazza gettò allindietro il cappuccio del mantello.
Non era una mezzelfa, bensì unumana. Non più di diciassette anni, un’espressione seria, gli occhi scuri, il viso pallido, i capelli castani tagliati corti, un volto infantile. In quegli occhi bruciava un odio che faceva apparire a confronto quelli del drago miti e gentili.
Stavolta fu il cuore di Learco a saltare un battito.
Non ti ho mai vista prima dora! sbraitò il re, una nota isterica nella voce.
Mi chiamo Dubhe, Dohor, e se anche il mio nome non ti dice niente…” Lassassina si tirò su la manica sinistra, rivelando un simbolo impresso nella carne: due pentacoli sovrapposti, uno rosso e uno nero, e due serpenti, degli stessi colori, avvolti al centro intorno ad un unico punto rosso.
Tu! mormorò il sovrano, e in quel momento fu come se il pubblico non esistesse.
Vai a cercare il tuo prezioso documento, re,- e qui la voce prese un tono sarcastico- dietro lottava linea del mare nellarazzo della battaglia navale del casato di tua moglie: non lo troverai.
Lho rubato io, nel tuo sorvegliassimo palazzo, te lho soffiato sotto il naso, così come ho liberato i prigionieri!
E qui la folla scoppiò in un altro applauso entusiasta.
La ragazza abbassò la voce. Sono qui per ucciderti, se ancora non lhai capito.
Il drago sottolineò le sue parole con una lunga fiammata che accecò per un istante chiunque la stesse guardandocioè tutti coloro che si trovavano nellarena, in definitiva.
La ragazza sguainò la spada di cristallo nero e lalzò, mostrandola alla folla.
Questa spada ha già abbattuto un Tiranno, può ucciderne anche un altro!
Dohor comprese con disperazione che quel duello era la sua unica via duscita. Una mano lo strattonò: Cosa vuoi? chiese, spazientito. Mio signore, forse posso…”
No, fu la secca replica.

Il re scese nellarena. Era come tornare ai tempi dellAccademia, a quando il maledetto Ido aveva rovinato tutto.
Ma stavolta non era lo gnomo, era una ragazzina.
Ma una ragazzina con la spada di Nihal, pensò.
Una ragazzina che lo odiava con tutta sé stessa.
Era sempre così, qualcuno che voleva umiliarlo.
Si gettò in campo, infuriato, menando fendenti quasi a casaccio con quello stile impetuoso che già laveva portato alla sconfitta una volta. Nellira, si era scordato di prendere la corazza.
Dubhe lo lasciò fare: che si stancasse pure. Lei si limitò a schivare con la sua innata agilità da assassina, e a parare di tanto in tanto.
Poi, quando vide la mano del re tremare per lo sforzo, contrattaccò.
Si sentiva pervasa da unenergia sovrannaturale, ma non come quando era posseduta dalla Bestia: le sembrava piuttosto di sentire Nihal che guidava la sua spada, mossa per mossa, che le suggeriva cosa fare.
Dohor, esausto, umiliato e sbeffeggiato da quella bambina che saltellava dappertutto, che non era neanche riuscito a sfiorare con la spada, giocò la sua ultima carta ed estrasse un coltello che aveva tenuto nascosto.
Attenta, sussurrò una vocina a Dubhe, e lei fermò larma non con la spada, ma con il suo pugnale, quello che le aveva regalato il Maestro.
Scintillò, mentre bloccava la lama nemica, poi la fece scivolare verso il suolo, innocua, e quasi animato di volontà propria, si piantò nel cuore di Dohor.
La folla, che fino ad allora aveva trattenuto il respiro, esultò.
Il re alzò gli occhi verso di lei, e lassassina ricambiò gelida lo sguardo, mentre la lama scivolava fuori, mentre sentiva la Bestia dentro di sé ruggire per lultima volta; guardò di lato e vide, per un secondo, una mezzelfa con i capelli azzurri e gli occhi viola, vestita con unarmatura scintillante, nera, con inciso sul petto lemblema di Seferdi, in ianco, che le sorrideva.
Scostò con un gesto aggraziato i corti capelli castani, che le erano scivolati sugli occhi, e alzò la spada e il pugnale mostrandoli al popolo, che li accolse alla vista come reliquie sacre. Pochi spettatori abbandonarono la scena mormorando. Dohor non era certo stato un monarca molto amato.
Dubhe! urlò Learco, che intanto si era trovato libero, dato che le guardie erano troppo impegnate a guadare il duello per tenerlo stretto e corse ad abbracciarla.
Fermo! gridò lei, e un coltello da lancio si piantò dove si sarebbe trovato il principe un secondo più tardi.
La ragazza alzò il capo, il pugnale in una mano, la spada nellaltra, pronti, in tempo per vedere la Suprema Guardia della Gilda venir gettata al suolo da un individuo basso, uno gnomo, e poi trafitta dalla sua lama curva.
Avevi ragione! La testa del serpente è caduta, speriamo che il corpo faccia altrettanto! esclamò Ido, mettendo via larma.
Dubhe sorrise e gli indirizzò un bacio scherzoso, un gesto del tutto insolito per lei.
Ma leuforia per la ritrovata libertà superava anche le abituali barriere.
Learco intanto, che laveva raggiunta, le cinse la vita con un braccio e rise: Piano, che potrei offendermi!
La ragazza rimase rigida per un secondo; si chiese che cosa ci facesse in quellarena, abbracciata al principe e con la folla che lacclamava: sentiva distintamente che il suo posto non era lì, ma celata nelle ombre dei palazzi, con un pugnale in mano, sola e maledetta. Perché maledetta lo era sempre stata, già prima della Bestia, ed era un’illusione credere di potersi liberare.
Poi la sensazione passò, e rispose allabbraccio.
San dovè? chiese.
Chi?
Il ragazzino, il mezzelfo.
Nelle prigioni, adesso lo farò tirare fuori.
Mmmhh ora, dicevi a proposito di offenderti? Lex assassina se lo strinse addosso in un lungo bacio.
La folla prese ad acclamarli, ma sotto i loro nomi scanditi già qualcuno mormorava la presenza di Ido.
Si mette male…” disse lo gnomo, guardandosi intorno come a cercare una via di fuga, ma con sua gran sorpresa il
popolo aggiunse il suo nome alle ovazioni, e a quanto pare tutti pretesero di stringergli la mano almeno una volta e dirgli quanto il re si era sbagliato.

Beh, mi pigliasse un colpo, disse lui, meglio tardi che mai!
E si unì agli altri nel battere le mani e nel sillabare i nomi di Dubhe e di Learco.

I due intanto non si erano ancora staccati dal lungo bacio.
Invece la folla, osservandoli, si era accorta di alcuni tratti in comune negli uomini che cercavano di de filarsela, e non ci mise molto a scoprire la verità. Sono gli Assassini! Gli Assassini della Gilda! urlò qualcuno e la gente fece fronte compatto per affrontarli, schiacciarli con la forza del numero.
Allimprovviso una voce li fermò, un tono che non ammetteva repliche, la voce di chi comandava un esercito si aspetta dessere ascoltato allistante. Lo fu.
Fermi! disse Ido. Hanno sbagliato, ma non siamo come loro. Sarà un tribunale a giudicarli!
Gli abitanti della città si guardarono lun laltro, stupiti da quella proposta che non avevano nemmeno preso in considerazione, e dopo qualche titubanza seguirono lordine dello gnomo.
Gli Assassini furono condotti alle prigioni.

Nel frattempo, nellarena, due figure erano totalmente inconsapevoli di ciò che avveniva sugli spalti e in città.
Dubh
e e Learco erano ancora abbracciati, e si fissavano negli occhi.
La mano del principe, coperta il mantello nero da assassina, scivolò sul fianco della ragazza, sotto il corpetto.
Non davanti a tutta Markrat! protestò lei, ridendo.
Tanto con quel mantello, non se nè accorto nessuno! replicò il ragazzo, ridendo anche lui..
Learco chiese il silenzio e, utilizzando una delle foglie che erano avanzate alex assassina, in maniera che tutti potessero sentire, disse: La nostra guerra non è conclusa, abbiamo ancora molto da lavorare. La Gilda non è sconfitta dalla perdita del suo capo, e il tempio nero è ancora lì. Ci sono ancora persone che soffrono, troppe, ma vi prometto che queste cose cambieranno.
E sopra lapplauso che seguì aggiunse: E annuncio di aver scelto la mia compagna!
Il battito di mani divenne assordante.
Non notò che la ragazza era persa nei suoi pensieri, come ad ascoltare una voce che le parlava nella mente; forse non se ne sarebbe mai accorto, lasciandola sola con i suoi pensieri.
Con quella voce fatta doscurità e di tenebre che le parlava dal profondo del suo corpo, la voce della Bestia, quella che ormai aveva capito essere la parte più buia della sua personalità, la sua anima nera.
La vera Dubhe, pensò.
Ma lavrebbe accettata, e avrebbe imparato a conviverci.
Perché per quanto possiamo trovar conforto nella luce, ci sono prodigi che devono avvenire nelloscurità.*
Learco la abbracciò di nuovo: Non posso farcela senza di te…”
La vita era stata più forte. Era dura da accettare. Sarebbe stato altro dolore, lo sapeva, forse era come aveva detto il Maestro, sarà un morire a poco a poco, ma lei non era fatta per le scorciatoie, per le facili consolazioni. Lei sarebbe andata avanti fino alla fine.
Dubhe accantonò temporaneamente le tenebre che avvolgevano il suo cuore, lo guardò, e sussurrò: No, sono io che ho bisogno di te. Senza di te io non esisto. 






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* Walter Moers, Rumo e i Prodigi nell'Oscurità

 

 

   
 
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