Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: ImFaffa    30/06/2011    7 recensioni
Ciel non riesce a dormire, ma ciò che lo preoccupa non è un semplice incubo ...
Genere: Dark, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Una notte, simile a molte altre, avvertii il freddo tagliente della neve oltre le finestre della mia camera, avvicinarsi tanto al mio cuore da raggelarlo, lasciando una scia di ghiaccio dietro di sé, che pian piano avvolse la mia anima, fino al punto più recondito e nascosto di essa. Avvertii una voce, lontana, senza comprendere il nesso delle sue parole, ma udendo solo ciò che potrebbe essere definito come un lamento tetro. Scostai le numerose coperte che avvolgevano la mia esile figura, per poi alzarmi dal letto e avanzare nel buio della mia stanza, cercando di capire da dove provenisse, al fine di raggiungerla. Non dovetti camminare molto. Dopo qualche passo, scorsi
nell’oscurità, simili a dardi infuocati, due occhi. Conoscevo bene quello sguardo impenetrabile che ogni giorno mi fissava, lasciando che la mia mente si interrogasse su cosa realmente celasse. Sapevo che non sarebbe scomparso tanto facilmente, almeno finché non si fosse nuovamente presentato. Notai l’immobilità delle sue membra, così decisi di avvicinarmi per primo, avanzando ancora. Lui rimase fermo, in posizione eretta, dinnanzi a me, senza accennare minimamente a muoversi. Percepii il fievole rumore dei miei passi sul pavimento mentre mi avvicinavo e intravidi i lineamenti tenui che lo contraddistinguevano da chiunque altro. L’increspatura lieve delle labbra fini e delicate, simili a petali di rosa. Il taglio degli occhi, così raffinato. Le lunghe dita affusolate, perennemente avvolte da quei quanti bianchi. La forma perfetta del corpo, avvolta da strati di tessuto nero. Alzai lentamente la mano fino a sfiorare la pelle diafana del suo volto, sebbene fosse appena palpabile, dopo di che, ritraendola, mi accorsi delle numerose gocce rosse, dal sapore ferroso, che la adornavano. Sollevai lo sguardo e ne vidi molte altre lungo le sue membra scendere, simili a pendenti scarlatti, fino a raggiungere il colletto candido dell’abito e imbrattarlo di sangue.
Mosse le labbra, ma non ne uscì alcun suono e io non riuscii a capire ciò che stava tentando di dirmi. Gli accarezzai dolcemente il volto, cercando di cacciarle via, ma finii solo col rimanerne ricoperto anch’io. Così scesi con le dita fino a raggiungere l’altezza del suo cuore, ascoltandone i battiti ritmici e appena udibili, per poi accorgermi che stava sanguinando anch’esso. Una macchia rosso scuro che si espandeva sempre più velocemente. Scorsi il suo sguardo spegnersi lentamente, inghiottito da una morsa scura. Le pupille scomparvero, sostituite dalle iridi, ora nere, che si espansero fino a rivestire completamente le orbite ormai vuote. Cercai di staccarmi dalle sue membra, ma Lui fu più veloce e mi strinse a sé, mentre, senza alcuna fretta, scompariva nel buio della stanza. Udii il suo respiro farsi sempre più lieve, come i battiti del suo cuore, fino a dissolversi del tutto, lasciandomi per terra, sul pavimento freddo della stanza, con gli abiti imbrattati di sangue. L’ultima cosa che disse, quando era ormai troppo lontano perché riuscissi a scorgerlo, fu il mio nome. La sua voce rimbombò nella mia mente fino a confondermi, prima di sparire, come il suo detentore. Avvertii un brivido freddo corrermi lungo la schiena, simile a un pezzo di ghiaccio, che mi raggelò. Continuai a fissare il buio davanti a me, che sembrava inghiottire il mio cuore per trascinarlo in un baratro scuro e privo di fondo, dal quale, sentivo, non sarei mai più risalito. Mi scostai appena, quasi impercettibilmente, come fossi stato colpito da una scossa, continuando a pensare al movimento delle sue labbra, senza riuscire, però, a capire ciò che aveva cercato di dirmi. Appoggiai la mano sul mio volto, ma sentii solo il calore della mia pelle. Il sangue era sparito. Ruotai appena lo sguardo e mi accorsi che la finestra si era aperta, lasciando ai fiocchi di neve la possibilità di entrare nella mia stanza, cadendo dolcemente sul pavimento, prima di trasformarsi in acqua e dissolversi. Mi alzai lentamente, cercando di riacquistare le facoltà motorie che sapevo bene di possedere, dopo di che mi avvicinai. Avvertii il freddo pungente degli stessi incidere le mie membra, quasi a scolpire la Sua presenza su di me. Ma furono brevi istanti. Una folata di vento li sospinse lontano dalla mia persona ed io non potei fare altro che rimanere a guardare.
 
“Sebastian . . .”.
 
Mormorai, richiudendo le vetrate e lasciando che qualche filo d’aria mi accarezzasse ancora un po’ il volto, prima di ritrovarmi nuovamente solo nella mia stanza. Nera come il Suo cuore. 
   
 
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