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Autore: Mantheniel    01/07/2011    10 recensioni
SPOILER 3X24! Questo è come io mi immagino i primissimi minuti della prima puntata della quarta stagione, quando arriva l'ambulanza per prendere Beckett e l'arrivo in ospedale con SPOILER! l'incontro tra Josh e Castle.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Castle non si rese neanche conto dell'arrivo dell'ambulanza. Ad un certo punto sentì delle mani che lo presero e lo allontanarono da Beckett e un insieme di voci concitate "Codice rosso!Codice rosso!", "Allertate la sala operatoria!che al nostro arrivo sia tutto pronto per una cardiochirurgia!", "Barella presto!barella qui!". "No...", non voleva lasciarla andare. Se se ne fosse andata sarebbe scomparsa. Dove? Non voleva immaginarlo. No..no..no..Kate non lasciarmi. Kate ti amo. "No..".

"Papà vieni, vieni con me, lasciala"; un altro paio di mani lo prese ai lati delle spalle, tirandolo gentilmente via. Castle si lasciò trascinare, alzandosi, mentre gente in divisa circondava Kate. La sua visuale era vuota. L'unica cosa che vedeva era Beckett circondata da paramedici che la intubavano, che le facevano cose...non riusciva a mettere a fuoco; vedeva solo lei, il suo viso quasi dormiente. Dove sei in questo momento, Kate? torna, non te ne andare, torna per me...La sua vista si fece improvvisamente poco chiara; non riusciva a vedere chiaramente il mondo intorno a sé, con il dorso di una mano si avvicinò al viso per togliere quelle che erano lacrime, e venne colpito da qualcosa di rosso nella sua visuale. Inizialmente si voltò alla sua desta dove c'era Alexis che gli stava a fianco, appoggiandosi al suo braccio, ma poi si rese conto che il rosso era il sangue nella sua mano. Sangue di Kate, come quello che era rimasto per terra, intriso nel terreno del cimitero. Dove fossero gli altri non sapeva, e non gliene importava. La sua testa era completamente incapace di formulare qualsiasi pensiero coerente.

Guardò di nuovo verso l'ambulanza, verso la quale ormai si erano diretti i paramedici con Beckett. Non vide la gente che c'era tra lui e il veicolo; era come se tutto fosse trasparente, inutile e senza senso, se non l'ambulanza e chi vi era dentro. Mentre le porte dell'ambulanza si stavano per chiudere, fu come se il tempo rallentasse il suo corso, e pochi attimi diventassero un'eternità. In quei secondi, mentre i medici si muovevano frenetici intorno a Beckett, con gesti e movimenti incomprensibili, Castle vide una mano della detective scivolare lentamente dalla barella e rimanere sospesa a mezz'aria, inerte.

Il viaggio verso l’ospedale fu fulmineo. L’unica cosa di cui Castle era consapevole era il suono continuo della sirena che echeggiava nell’aria vuota. Ancora. Ancora. Ancora.

Il successivo luogo e momento in cui se rese conto di essere fu l’arrivo nella sala d’attesa del reparto dell’ospedale. Luci bianche, gente in camici bianchi e divise colorate che parlava concitata e correva in qua e in là. C’era una quieta agitazione nell’aria. Un altro caso grave arrivato, lo staff si stava preparando per l’operazione. Beckett. Solo un’altra operazione per i medici. Kate. Magari il paziente ce l’avrebbe fatta, magari no. Kate. Loro avrebbero fatto tutto il possibile, ma non potevano garantire nulla. Kate… Era praticamente tutto pronto; in questi casi la sala operatoria e il personale erano già pronti all’arrivo del paziente. Mente lucida e mani ferme; avrebbero mantenuto quel freddo distaccamento che permette di vedere tutto da un’altra prospettiva, di rimanere attenti e metodici anche nelle peggiori situazioni. Castle avrebbe voluto essere all’interno di un suo libro in cui la situazione era sempre sotto controllo e gli permetteva di riuscire sempre ad essere un minimo distaccato dalla storia, per vedere la prospettiva giusta e identificare gli errori. Non qui. Kate… Un’attesa interminabile si prospettava davanti a Rick, a chiunque si trovasse in quella sala d’aspetto. A chiunque fosse lì per Kate. Ryan ed Esposito, Lanie, Alexis e Martha; tutte mute maschere di preoccupazione raccolte intorno ad una flebile speranza. Fa che…

Castle si sedette in una sedia di metallo asettica, accanto a chi non sapeva, e, con i gomiti appoggiati alle ginocchia, si prese la testa tra le mani. Avrebbe voluto essere da solo, ma non poteva, quindi tentò di eliminare tutti i rumori e a rimanere l’unico nella sua testa. Ci riuscì quasi; solo due suoni non arrivò ad eliminare del tutto: il suono di plastica che facevano i medici e infermieri nel loro andirivieni, e quello delle porte degli ambulatori che venivano chiusi e aperti. Tum, tum, tum. Il tutto era come un tamburo nel suo silenzio, un martellio continuo nella sua testa. Basta, smettetela tutti. Voglio il silenzio, il nulla. Castle chiuse gli occhi, sperando di raggiungere una maggior calma. In quel momento sì udì l’improvviso rumore di una porta che veniva aperta violentemente, tanto da sbattere nel muro ai lati. Nell’esatto momento in cui Castle alzò la testa Josh lo vide, e gli si avvicinò a grandi passi, con il camice bianco svolazzante.
“Tu!” urlò, e in un ultimo passo raggiunse Rick, che si era appena alzato, e lo colpì con un pugno al viso, prendendolo poi per il colletto della giacca e sbattendolo al muro. “E’ tutta colpa tua!”, gli disse a pochi centimetri di distanza, continuandolo a scuoterlo contro il muro. “Solo tua!” continuò, avvicinandosi ancora di più.
Qualcuno tentò di separare Josh da Castle, senza risultato. Ma a Rick non importava. Lui guardava il dottore, in silenzio. Sapeva che era così. Se Kate era su quel letto da sala operatoria, lottando per la vita, era esclusivamente colpa sua. Se si fosse fatto i fatti propri, se non avesse voluto investigare per forza nella vita privata di Beckett, se non l’avesse incitata a riprendere il caso della madre in mano. Se, se, se. Ormai era inutile stare a ripensarci. Aveva tentato alla fine. Aveva provato a fermarla, ma anche lui sapeva che sarebbe stato inutile. Una volta che la detective si metteva qualcosa in testa non esisteva farle cambiare idea; ancora di più se riguardava il caso di sua madre che l’aveva ossessionata per tanto tempo, e ancora continuava a inseguirla. Quindi sì, Josh aveva ragione. Il dottore continuò, stringendo di più il colletto della giacca per la quale teneva Castle “Se…”, ma le parole parvero venirgli meno. Fu lì che Rick si svegliò dall’abisso profondo nel quale era caduto dal momento in cui Kate era stata colpita; guardò con nuovi occhi il dottore “Tu…”, anche Josh parve vedere Castle per la prima volta, con uno sguardo lucido, mentre lo scrittore finiva in un soffio “Tu non puoi operarla…”
Josh prese un passo indietro e lasciò andare Castle. “Se lei non…”, inspirò profondamente spostando lo sguardo verso un punto indeterminato del muro davanti a lui e, dopo qualche secondo,  riprese, riportando lo sguardo su Castle “Io ti riterrò il diretto responsabile.”concludendo la frase con un tono misto di paura e sfacciataggine. “Sappilo. Perché per me lei è..”
“Tutto.”, concluse quasi sussurrando Castle, guardando Josh negli occhi. Il dottore guardò di nuovo Rick come se non l’avesse mai visto prima, poi, d’un tratto, eppur lentamente, se ne andò, scansandosi dalla gente che si era radunata, uscendo per una porta secondaria del corridoio. Castle rimase in piedi, guardando per dove era scomparso Josh, quasi sperando che l’avesse colpito più forte, più volte, perché in quel modo avrebbe potuto distrarsi con il proprio dolore fisico, mentre ora l’unica cosa che gli rimaneva era confrontarsi con un angoscia e un peso che superavano il dolore di qualsiasi ferita
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