Il finale è ancora da decidere

 
Ogni impulso che soffochiamo, ci avvelena l'esistenza.
 

Si, la volevo.
Solo per me.
Mia.
Volevo sorriderle come un tempo.
Volevo guardarla come un tempo.
Volevo amarla come un tempo.
Il mio amore era rimasto sempre lo stesso.
Ma il suo … oh, il suo era cambiato.
In peggio.
Ora mi rivolgeva qualche volta la parola.
Molto timidamente. Si, Gwen sembrava una tosta, ma era una ragazza molto timida e con qualche paura.
Me lo aveva raccontato quel pomeriggio sotto casa mia.
O meglio, me lo raccontava ogni pomeriggio sotto casa mia.
Finita la scuola d’arte, prendeva l’autobus e veniva a pranzo da me, per poi passare interi pomeriggi a giocare o a parlare.
Me li ricordo. Tutti. Bellissimi e lunghi pomeriggi.
E poi? Cos’è successo?
Ah si.
Il Reality.
Duncan.
E tutto è volato via, come se il passato fosse solo uno stupido sassolino nella scarpa.
Mi ferì.
E anche molto.
Ma riuscii a superarlo.
Molte fan mi scrivevano, volenterose e tutto.
Ero diventato molto popolare. Essere scaricati in diretta in un Reality va molto di moda.
Ma ovunque andassi, ovunque girassi la testa, in ogni angolo vedevo un po’ di Gwen.
Il suo sorriso. I suoi occhi. La sua bocca.
Mia madre pensava che Gwen mi aveva colpito così fortemente da esser diventato il mio angelo.
Il mio angelo oscuro.
E Gwen lo era realmente.
La volevo incontrare. Volevo tornare a parlarle come una volta.
Volevo tornare a stringerla, anche da amico.
Mi bastava un semplice “ciao” da parte sua.
Solo questo, nient’altro.
Lei ha fatto la sua scelta.
Duncan a me.
Lo rispetto.
Perché io la amo, la amo veramente, e accetto tutte le sue scelte, nonostante mi feriscano o mi mandino letteralmente in bestia.
Dovevo alzarmi da quel letto.
Stavo sdraiato ormai da ore, a pensare a lei.
A guardare la mia stanza, piena di ricordi.
Piena di Lei.
Socchiusi gli occhi, tirandomi si.
Mi vestii in fretta, com’ero solito a fare.
Le tre di pomeriggio.
Gwen aveva appena finito la scuola.
Aveva pranzato alla mensa e ora, sicuramente, stava andando alla fermata dell’autobus.
O forse, Duncan era venuto a prenderla.
Impossibile.
Gwen odiava essere presa da scuola.
Preferiva tornare a casa da sola.
Scesi al piano di sotto.
Non c’era nessuno, fortunatamente.
Mia madre e mio padre stavano al lavoro.
Presi la mia chitarra, iniziando ad intonare qualche nota.
Canticchiai anche sotto voce, per me.
Canticchiai la nostra canzone.
Quella che le dedicai al nostro primo appuntamento.
“Il desiderio che,
ci porta lontano da qui,
è come un soffio sulla nostra anima”
Alzai leggermente la voce
“Il respiro che freme,
leggiadro come i passi,
come i sogni,
il vento vola via”
- E i pensieri che fuggono dal lontano passato che ci segue.-
Alzai di scatto la testa.
- Te la ricordi? Cioè … dopo tutto questo tempo? -
Gwen si era affacciata alla finestra, da fuori.
Non so quanti secondi, minuti, forse ore, rimasi a fissarla.
Immobile.
Lei continuava a sorridermi, tenendo in una mano il libro di Storia dell’ Arte, e nell’altra un biglietto per l’autobus timbrato.
Non seppi di preciso cosa successe dopo.
Dopo che la invitai ad entrare e che lei si sistemò comodamente sul divano.
Dopo che iniziò a parlarmi di sé e, forse, notò che io non smettevo mai di fissarla, felice come un tempo.
Dopo che rimase anche a cena.
Dopo che uscii di casa e mi sussurrò un leggero “ A domani! “

Angolino:
Allora, questa che state leggendo è la terza storia che pubblico nella raccolta "Il finale è ancora da decidere".
Se vi è piaciuta, potete dare un'occhiata lì, con altre due storie coinvolgenti come questa =)
(spero sia stata  coinvolgente ._. )