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Autore: Thaila    03/07/2011    9 recensioni
E se alla fine della battaglia contro Metallia l'unico a ricordare fosse soltanto Mamoru?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima serie
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Forse un giorno

Non capisco, davvero non ci riesco. La mia mente riprova ad analizzare la scena di stamattina ma non giunge ad alcuna soluzione, neanche un indizio, e così mi ritrovo di nuovo al punto di partenza: come avrà fatto a convincermi? 
Sono anni che conosco Motoki, uno dei miei più cari amici, anzi, il migliore vista la sua bravura nel sopportarmi. Una capacità davvero ammirevole che dipende, senza alcun dubbio, dal suo carattere mite e solare. Purtroppo quando si mette in testa qualcosa niente è in grado di smuovere le sue convinzioni, e per questo vuole sempre averla vinta sugli altri. Soprattutto quando considera di vitale importanza una cosa, allora ogni mezzo è lecito, anche i colpi i bassi. 
A me basta vedere come ha gestito la questione stamattina, quando me lo sono ritrovato dall'altra parte del telefono per chiedermi un favore. Piccolo ed innocuo lo ha definito. Almeno credo di averlo interpretato in questo modo, mentre cercavo di uscire dal torpore. Ma per mia grande fortuna Motoki ogni tanto prendeva una pausa, altrimenti la testa mi sarebbe scoppiata, come se non avessero già fatto abbastanza le pagine di anatomia. Così ho provato, con voce impastata dal sonno, di rimandare la conversazione a dopo, ma lui desiderava subito una risposta. E di sicuro non voleva che fosse negativa. Dunque ha ripreso a far valere le sue teorie, elogiando abbondantemente sulla nostra amicizia. Un tentativo davvero subdolo per farmi sentire in colpa, che però non era tanto forte quanto la voglia di stare a casa. O forse sì? Non riesco ancora a capire se è stato per questo o per la stanchezza, ma alla fine ho ceduto. Quando me ne sono reso conto era ormai troppo tardi, e mi sentivo un vero ingenuo, oltre che a pezzi. 
Pensandoci bene non è la prima volta che Motoki mi chiede un favore, tuttavia niente è mai stato così semplice come tenergli il locale per qualche ora. Inoltre sono estremamente convinto che questo lasso di tempo potrebbe essere coperto con la chiusura del posto, tanto non succederebbe niente di male. Peccato che il bar non possa andare avanti senza incassi quotidiani e, peggio ancora, non trovare il suo punto di ritrovo aperto potrebbe rovinare l'equilibrio di qualche giovane, o almeno così dice Motoki. Però non so quanto siano valide queste ipotesi dato che il tempo ha deciso di scatenare un acquazzone senza precedenti, senza dare alcun segno di cedimento. Un piccolo particolare che ha tenuto i clienti lontano dal bar, ma anche dalle strade principali e dai negozi che stanno dando il loro meglio con la stagione dei saldi. In fondo è pure una cosa normale. Quale persona sana di mente uscirebbe per prendersi una polmonite? 
Non faccio nemmeno in tempo a godermi la tranquillità del posto, che il campanello disposto in cima alla porta d'ingresso emette il suo suono, avvisandomi del nuovo arrivato. 
E, voltandomi per accoglierlo adeguatamente, secondo i suggerimenti dati da Motoki, scopro che si tratta di una ragazza della quale non riesco a vedere il volto, essendo questo inclinato verso terra e leggermente coperto dal fradicio cappuccio della felpa rosa. Il piccolo ostacolo però è di poca rilevanza, perché viene sfilato subito con un gesto deciso, facendo sì che la mia curiosità sia sostituita da un forte batticuore e da un nome che inizia a ronzarmi nella testa. 
Alla fine neanche mi stupisco di vederla. Molto probabilmente, anche se dicevo di non volerlo, speravo comunque di incontrarla, avendo in questo modo l' opportunità di parlarle. Soltanto che adesso le parole non hanno voglia di uscire, così rimangono lì, rigide nella mente, come io dietro a questo bancone da dove continuo a seguire la sua minuta figura che, con passo deciso, cammina tra i tavoli per raggiungere il suo posto preferito, senza guardarsi troppo intorno. Meglio per me. Non credo che sarei capace di raggiungerla se, per malaugurata sorte, il mio sguardo incrociasse il suo; fortunatamente le arrivo alle spalle senza alcun problema. 
- Posso esserle d'aiuto? - domando con freddezza e cortesia mentre vedo l'interessata che sussulta e si gira verso di me, puntandomi addosso due occhi indagatori. Gli stessi che ho sempre amato per quello splendido colore azzurro paragonabile al cielo di primavera; gli stessi che però ora appaiono come due torce brucianti, capaci di incenerirmi vivo, se solo fosse possibile. 
Ma per il momento riescono soltanto a far crollare tutta la sicurezza che avevo trovato, comportando una certa difficoltà nel sostenere il suo sguardo. 
- E tu che ci fai qui? - mi sento dire con una certa incredulità nella voce, mescolata ad un pizzico di divertimento - Non credevo che i vampiri uscissero di giorno. - 
Ed eccola la battuta. Lo sapevo che prima o poi avrebbe detto qualcosa riguardo la mia presenza, però non immaginavo che sarebbe stata così veloce e puntigliosa. In fondo di cosa mi stupisco? Io sono il primo a non perdere occasioni per stuzzicarla, dando subito una forma e un suono sgradevole alle prime parole che mi passano per la testa. Questo lo faccio soltanto perché desidero fare parte della sua vita in qualche modo, anche se in uno particolare. Purtroppo così facendo l'unica cosa che sono riuscito a conquistare è stato il suo disprezzo, che mi dimostra ogni giorno senza troppi problemi. 
Scommetto che adesso preferirebbe trovarsi in qualsiasi posto, persino a scuola, piuttosto che con me. Ciononostante, anche se la cosa mi fa male, rimango impassibile e le rispondo con la stessa calma mentre indico fuori, dove la situazione è peggiorata: se prima la pioggia cadeva incessante adesso cade ancora più violenta, e mi è sembrato addirittura di vedere un lampo in lontananza. 
- Se guardi bene non c'è il sole. - 
- Lo vedo, anzi lo sento! I miei vestiti sono inzuppati. - 
- Allora non dovevi uscire. - le faccio notare, stroncando la sua lamentela. 
- Sempre con la battuta pronta, vero? Ma quello... - incuriosito dalle parole rialzo di nuovo lo sguardo su di lei, notando la sua mano che mi indica. Per l'esattezza sta facendo dei piccoli cerchi circolari verso qualcosa che di solito non fa parte del mio abbigliamento. - la cosa lì è un grembiule, giusto? Ciò significa che oggi fai il cameriere? - 
- Ma come siamo diventati intelligenti. Vedo che stai iniziando ad usare quella testolina buffa che ti ritrovi. - 
E' più forte di me, non so resistere. L'opportunità era fin troppo appetitosa per lasciarsela scappare, così ho scandito per bene quel nomignolo che tanto odia, tenendomi pronto per qualsiasi evenienza. Ma lei per tutta risposta rimane immobile, priva di alcuna emozione, come se le parole appena pronunciate non fossero riferite a lei. 
- Stavo per dirti che ti stava bene, ma credo che parlerò direttamente con il proprietario per raccontargli che persona cafona ha assunto. Anzi, Motoki dov'è?- 
- Mi spiace, Usagi, lui è uscito. - 
- Aveva una commissione importante?- 
- No, aveva semplicemente un appuntamento con la sua ragazza. - 
- Ah, capisco. - Le parole escono come un sussurro dalle sue labbra, tanto che fatico a sentirle, coperte da un tuono. Uno di quelli pressappoco leggeri, ma comunque in grado di attirare una certa attenzione se suscitano paura. vedere gli occhi della ragazza passare da una tristezza immensa ad una paura incontenibile. E anche se quest'ultima mi ha fatto un certa tenerezza, in cuor mio mi sono sentito orribile perché finalmente ho compreso le mie azioni: senza volerlo ho distrutto le sue illusioni d'amore. 
- Guarda che posso svolgere tranquillamente il suo lavoro. - le faccio sapere cercando di riprendere la conversazione. 
- Dici? Allora quest'oggi ti farò lavorare come non mai. Dimmi, sai fare una cioccolata calda? - 
- Certo. - 
- Bene. In tal caso ne voglio una con tanta panna. - 
- D'accordo. Arriva subito. - 
Con il morale a terra e con un peso nel cuore me ne ritorno dietro il bancone, cercando di ricordare mentalmente i movimenti di Motoki, appuntandomeli per bene uno ad uno. Nel frattempo fuori altri lampi si susseguono, rompendo ogni tanto il silenzio del bar che, lentamente, sta iniziando ad ospitare una piacevole fragranza di cioccolata. Personalmente non sono amante dei dolci - a malapena li posso sopportare – ma mi rendo conto di aver fatto un buon lavoro e questo mi fa sentire realizzato. Così rimango attento, preciso nei minimi passaggi finché non mi sono accertato che tutto è pronto per essere versato in una tazza. E, anche se a malincuore, alla fine copro la superficie scura con della soffice panna sporcata da un leggero velo di cacao, dandogli in questo modo un aspetto a dir poco niente male. Poi come tocco finale estraggo dalla credenza un pacchetto con dentro tre semplici biscotti per disporli nel vassoio, accanto alla bevanda fumante destinata ad Usagi. 
- Ecco la cioccolata. - lo dico in maniera trionfante, come se si trattasse per davvero di un premio, mentre appoggio tutto sul tavolo. Peccato che lei non sembra per niente felice, anzi, appare restia. - Che ti prende? - 
- Chi mi assicura che non sia avvelenato? - 
- Te lo dico io. - 
- Siamo messi bene, - sbuffa. 
- Se davvero succedesse qualcosa in questo posto sono sicuro che Motoki me la farebbe pagare. Quindi stai pure tranquilla, la cioccolata non ha niente. - 
- Okay, mi hai convinto, ora la provo. - La mano, che prima stava giocando con una ciocca dei suoi capelli bagnati, ora si appresta a prendere un biscotto, immergendolo nella bevanda. 
- Allora? - Sono a dir poco impaziente di sentire il giudizio. 
- E' decente, - mugugna prima di mettersi in bocca un altro biscotto. - E sono viva. Complimenti! - 
- Grazie. - 
- Non riesco ... - Usagi fa a malapena in tempo ad iniziare la frase, che un altro tuono si fa sentire. 
- Stavi dicendo? - 
- Hai da fare? - 
- Come? - 
Tutto ad un tratto le guance di Usagi si tingono di rosso, segno che qualcosa la sta imbarazzando terribilmente. Di fatti le serve qualche minuto prima di riprendere la parola, muovendo le mani in maniera agitata. 
- Ehm... Senti, visto che non c'è nessuno che ne dici di farmi compagnia? - 
- Io? Ora? - 
- No, stamattina. - Mi risponde spazientita. 
- Se fai così ti lascio sola con il temporale. - 
- Cosa? Allora si vede. - 
- Abbastanza, - le rispondo senza pensare, pentendomene subito: per la seconda volta della giornata l'ho mortificata. Certo che se voglio sono proprio impossibile! 
Ci credo che dopo non abbia nessuna voglia di vedermi, tanto meno di sentirmi. Ma in questo momento mi sembra disposta a tutto pur di stare con me, nonostante gli screzi passati, e prima che cambi idea è meglio che agisca. 
- Guarda che non è un male avere paura, - le faccio notare mentre sposto la sedia davanti alla sua per prendere posto. 
- Sono tuoni! La cosa sembra sciocca. - 
- Lo è se tu lo fai pesare. - 
Da quando le nostre vite sono state azzerate, questa è la prima volta che parliamo in maniera civile e la cosa mi meraviglia non poco. Possibile che stia sognando? Dal momento che siamo due persone predestinate, forse no. 
Ma allora perché la guerra ha insabbiato tutto, cancellando la storia di noi due? Non è nemmeno la prima volta per giunta, eppure siamo di nuovo due estranei. Il peggio è che sono costretto a cavarmela da solo tra la realtà e i ricordi mentre tu conduci una vita serena, normale, come dovrebbe essere. E di ciò, in qualche modo, sono felice perché guardarti ogni giorno, constatare che stai bene per me è la mia più grande fonte di gioia, anche se non ti cammino più a fianco. Però ci sono volte che vorrei esserti vicino come adesso, per consolare la tua fragilità dinanzi alla tua paura più grande: i tuoni. 
Proprio loro mi hanno fatto riemergere un ricordo qualche sera fa, che ora si sovrappone all'immagine che ho davanti agli occhi. A guardarla bene mi sembra che risalga ad una giornata abbastanza tiepida, nonostante sia ottobre inoltrato, quindi perfetta per fare una passeggiata nel bosco vicino, senza una scorta che ci accompagni. Stranamente la proposta era nata da un tuo desiderio e la cosa mi aveva colpito molto, tuttavia non mi dispiaceva per niente. E poi, a causa di problemi, ero stato lontano per così tanto tempo dalla corte, che desideravo intensamente ascoltare i fatti direttamente dalla tua candida voce. Un vero piacere che difficilmente si poteva paragonare alla bellezza della natura circostante, che stava dando il suo meglio. 
Purtroppo non fummo abbastanza prudenti e solo quando un terribile diluvio ci sorprese ci accorgemmo di esserci allontanati troppo dal sentiero principale. Fortunatamente da lì a pochi passi si intravedeva una piccola grotta, dove ci rifugiammo ed accendemmo un fuoco, che comunque non servì a molto. Nonostante fossimo seduti accanto alla piccola fonte di calore, entrambi continuavamo a battere i denti. Tu poi ti eri stretta su te stessa e guardavi un punto indefinito della grotta. Ogni volta che un tuono si faceva sentire, immediatamente chiudevi gli occhi e mormoravi qualcosa. Forse pregavi che la smettesse, ma non ho mai capito davvero cosa stessi pronunciando. Però a me avevi scatenato un forte desiderio di proteggerti, di coccolarti come non mi era mai successo. Così annullai la distanza tra di noi e ti presi sotto le mie ali protettrici, facendoti poggiare la testa sul mio cuore in modo che il suo battere frenetico ti distraesse dai tuoni. Dopo però non ricordo cosa sia successo. 
Credo di averti raccontato qualcosa per farti rilassare, ma poi, inesorabilmente, il silenzio era calato tra di noi. Fu allora che tu alzasti il viso alla mia altezza in modo che i nostri occhi si trovassero, si parlassero di quel sentimento tanto decantato nei testi antichi, mentre le labbra si cercavano per assaporarsi. Chissà se ancora adesso hanno la stessa fragranza delle fragole che avevano allora. 
- Però è una cosa strana. - Ad un tratto sento la voce di Usagi che mi strappa dai ricordi della vita passata, portandomi dolorosamente alla realtà. 
- Eh? Cosa? Scusami ma stavo pensando ad una cosa. - 
- Ma grazie! - 
- Ti ho detto scusa. - 
- E' molto comodo dire così. - 
- Mi stavi spiegando perché avevi paura dei tuoni, giusto? - Le domando cercando di mostrarle un minimo di interesse. 
- No, stavo dicevo che mi piacciono. - Ammette portandosi la tazza alle labbra. 
- Non ti seguo. - 
- Io ho paura di loro, però mi piacciono. - 
- E perché? - 
- Non lo so, - ammette con le labbra piegate in un dolce sorriso, – ma ho come la sensazione di aver vissuto qualcosa di magico con loro.- 
Ho appena sentito bene, vero? No, è impossibile. Non mi dire che tu ricordi il primo bacio, il nostro grande amore! Ma se è così lo voglio sapere subito, immediatamente. 
- Mamoru, - mi sento chiamare con dolcezza, togliendomi l'occasione per parlare. 
Accorgendomi in quel momento che il suo sguardo ha assunto un'espressione seria, quasi indecifrabile. Forse ci siamo? Un brivido mi corre lungo la schiena, che appoggio allo schienale della sedia per avere un sostegno. Le mani invece sono incrociate tra di loro in segno di muta preghiera, mentre sudo come un dannato. 
- Sì? - Non volendo mi è mi uscita una voce stridula. 
- Dimmi la verità. - 
- Quale? - Lo pronuncio tremante. 
- Quanti clienti hai fatto scappare oggi? - 
Mi serve qualche minuto per comprendere appieno l'accaduto e, quando il significato appare chiaro, mi sembra di sentire il cuore a pezzi. Il colpo è stato così forte che molto probabilmente deve averlo sentito pure lei, anzi, spero di no. Se solo immaginasse cosa è successo, credo che non avrei più il coraggio di farmi vedere da lei. 
- Non rispondi, eh? Deve essere un gran numero. - Riprende con tono scherzoso, ridendo a crepapelle. 
- No, per niente. Con questo tempo sono entrate poche persone. - Riesco finalmente a dire, trascinando le parole. 
- Peccato che hai dovuto pensarci prima di rispondere, questo vuol dire che qualcuno se n'è andato insoddisfatto. Oh, povero Motoki. - 
- Non dire cretinate. Io so gestire le persone. - 
- Non farmi ridere. Non sei capace di comportarti in maniera umana nemmeno con me, figuriamoci con gli altri! - 
- Mi adeguo per le bambine. –
- Sei un arrogante, - urla furiosa. 
No, sono soltanto un idiota. Vorrei dirti che sto male, che mi hai ferito ma ci sono momenti in cui è meglio stare zitti, e questo è uno di quei casi. E poi non è male neanche litigare, perché in fondo è pur sempre una via di comunicazione. Che però viene interrotta da una stupida suoneria di cartoni animati. Non ho dubbi di chi sia. Senza perdere alcun tempo, ti vedo estrarre il cellulare della tasca dei jeans, rispondendo alla chiamata. 
- Pronto? Cos'hai detto? - La sento dire al cellulare non riuscendo a percepire niente riguardo il discorso o l'interlocutore, anche perché la conversazione dura poco. - Ok, adesso arrivo. - 
- Te ne vai? - Mormoro dispiaciuto mentre fisso la ragazza appoggiare il telefono sul tavolo, dove l'aspetta l'ultimo sorso di cioccolata. 
- Sì, devo. - 
- Con questo tempo? - 
- Per forza, altrimenti nessuno mi potrà salvare da Rei. - 
- Posso immaginare. - Ricordo abbastanza bene l'irascibilità dell'amica che non posso fare a meno di sorridere. Sono contento che fosse lei. Non so cosa avrei fatto se avessi scoperto che doveva vedersi con un ragazzo. Nel frattempo vedo Usagi che si alza, tira fuori i soldi per pagare la cioccolata e poi si sistema il cappuccio in testa. 
- Spero di non vederti per qualche altro giorno. A presto! - Esclama con serietà, agitando la mano in segno di saluto, che contraccambio fino a che la porta non si chiude dietro di lei. 
Dopodiché rimango immobile ad ascoltare lo scrosciare della pioggia e mi faccio cullare, mentre cerco di imprimere nella memoria il suo profumo ancora presente nell'aria. 
In verità vorrei avere la capacità di spostare le lancette del tempo, in modo da accelerare questo periodo tormentoso e di passare direttamente alla parte più bella. L'uomo non ha certo tale facoltà ma ho comunque la speranza di arrivarci. Sapere soltanto che è una questione di tempo e che il tuo inconscio ricorda qualcosa mi dà forza di volontà. In fondo la guerra ci ha già divisi una volta, è vero, ma il destino ci ha fatto rincontrare. 
E forse un giorno, chissà quando, una goccia ti racconterà di noi e allora io sarò fuori dalla tua porta, pronto ad accoglierti tra le mie braccia. 
  
Ringrazio, con tutto il cuore, Bea per aver corretto la storia. Senza di lei non sarei mai riuscita a mettere la parola fine.
Il titolo della storia è stata cambiata. Precedentemente era "Le parole 
non possono dire ciò che il cuore può sentire".
  
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