La pioggia cadeva incessantemente da qualche ora sulla città di Londra.
Le luci delle case cominciavano ad accendersi mentre il giorno lasciava spazio alla notte.
In un lussuoso appartamento, un ragazzo non si dava pace continuando a camminare nel grande ed elegante salotto.
Mille pensieri gli attraversavano la mente. Il ragazzo, Duncan James, si sedette sul divano in pelle bianca.
"Cosa devo fare? Dirlo oppure no?" continuava a ripetersi da ormai troppo tempo. Eppure la sua famiglia lo sapeva e lo sapevano anche i suoi compagni d'avventura. Simon, Lee e Antony. Sapevano di quel segreto che ormai si portava dentro da troppo tempo.
"Come lo prenderanno le fans?" si chiedeva. I pregiudizzi erano ancora radicati in molte persone.
Eppure non faceva che continuare a pensare a Robert. Glielo aveva presentato il suo amico Jared. Appena lo aveva visto si era sentito strano. Farfalle nello stomaco, la bocca secca, la voce tremolante... La "diagnosi" era chiara: si era innamorato. Di un uomo.
Aveva passato molto tempo con lui, e quando non potevano vedersi, perché lui era in giro per il mondo, si sentivano per telefono, email e skipe.
Quando Robert gli aveva detto "Duncan io... Io mi sono innamorato di te!" il suo cuore era come se fosse uscito dal petto, e fosse partito per la luna. Il cantante lo aveva baciato felice come forse non lo era mai stato.
Ma poi erano iniziati i dubbi, le domande senza risposta. Eppure le persone vicino a lui lo appoggiavano, infondo gli volevano bene come sempre, non importava loro se a lui gli piacevano gli uomini o le donne o tutte e due.
Eppure lo aveva lasciato. Aveva lasciato Robert. Era uscito da quella casa cercando di essere forte. E ci era quasi riuscito. Ad un semaforo era scoppiato a piangere, e aveva continuato a farlo anche a casa. Per giorni, settimane aveva pianto ogni volto che sentiva pronunciare il suo nome, anche se non era riferito a lui. Poteva succedere al parco, quando una madre chiamava il proprio figlio per dirgli che era ora di tornare a casa. Succedeva ovunque. Sentiva quel nome e piangeva.
"Sei un'idiota!" gli aveva urlato Lee un giorno, stanco di vedere il suo amico con gli occhi rossi e lo sguardo triste.
"Tu non puoi capire:" aveva ribattuto l'altro. Lee gli si era avvicinato e gli aveva posato le mani sulle spalle, "Io capisco solo che tu sei scemo. Perché l'hai lasciato? Solo per delle stupidissime seghe mentali che ti fai?" gli aveva chiesto.
Duncan aveva abbassato lo sguardo. "Ma io l'ho fatto per noi, per il gruppo... Cosa penseranno di noi se lo sapessero?" aveva chiesto con un filo di voce.
Lee scosse la testa. "Alle fans non devono interessare i tuoi affari amorosi, ma solo la nostra musica. Sul serio, non riesco a capirti." aveva detto.
Ormai da quella conversazione erano passati alcuni mesi. Forse sì, forse era davvero uno stupido. E forse era arrivato il momento di cambiare.

Robert era seduto sul divano. Gli ultimi mesi per lui erano stati d'inferno.
Il campanello suonò prendendolo di sorpresa. Lentamente si avviò alla porta e l'aprì. Spalancò la bocca sorpreso.
"Tu... Tu..." balbettò. Il suo ospite lo abbracciò.
"Perdonai. Io... Io ti amo. Sono stato un coglione."
Robert annuì, gli occhi pieni di lacrime.
"Sei qui. Sei qui. Ti amo anche io Duncan."