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Autore: nightswimming    05/07/2011    5 recensioni
Io mi sono sopravvalutato, tutto qui. Ho deciso di passare un po’di tempo a saltellare da un lato all’altro della barricata – disimpegno, impegno, disimpegno, impegno, disimpegno, impegno - sicuro che al momento giusto avrei saputo scegliere quello opportuno.
E naturalmente ho sottovalutato Bellamy.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Brian.M/Matthew.B
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: figurarsi se sono miei. Figurarsi se fanno certi discorsi cretini – oddio, a pensarci bene non ci metterei la mano sul fuoco. Diciamo figurarsi se li fanno insieme.
Last but not the least, figurarsi se ci guadagno qualcosa. E’ puro fangirling slegato dalle leggi di mercato XD
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Distogli lo sguardo, troppo velocemente. Sorrido.
Beccato.
- Allora? – chiedo, allargando le braccia.
Tieni gli occhi fissi sulla tv, testardo.
- Allora cosa? – rispondi, strascicando le parole con fare assente.
- Allora come sto. – insisto, avvicinandomi a passi lenti e misurati. Riesco a vedere i riflessi colorati della tv specchiarsi nei tuoi occhi falsamente distratti.
- Bene. – mugugni, appoggiando il mento alle braccia incrociate sulle lenzuola. Aggrotto le sopracciglia.
- Solo bene…? – mi lamento, sedendomi accanto a te. Riesco distintamente a sentire un tuo lunghissimo sospiro.
- Molto bene. –
- Davvero? –
Ti giri a guardarmi. Alla buon’ora, penso. Per quanto pensavi di resistere?
- Sì. – confermi, un sorriso tremulo sulle labbra. Io, ringalluzzito, tiro su la schiena.
- Ma molto bene nel senso di benissimo oppure… -
E tu finalmente esplodi.
- Oh, Cristo! Ma che vuoi che ti dica?! Eravamo rimasti che dovevamo uscire a cena, e tu esci dal bagno vestito… - deglutisci – “svestito”, sarebbe il termine più esatto, in un modo che… che… -
Mi rivolgi uno sguardo infuriato che mi fa quasi commuovere.
- Non sono fatto di pietra, sai? – sbotti, passandoti le dita fra i capelli. Sorrido, e comincio a passarci anche le mie.
- Lo so. Contavo sulla tua prorompente umanità, infatti. – ridacchio. L’occhiata che mi indirizzi è esilarante: tu stesso non riesci a capire se è più la voglia di prendermi a pugni o di fare altro.
- Adesso si chiama umanità? – chiedi, ironico. Con una luce diabolica negli occhi.
Io faccio spallucce.
- Umanità è anche quello, Bellamy. –
Ti alzi e ti metti di fronte a me, soppesandomi con lo sguardo. Sei così serio che stai per farmi scoppiare a ridere.
- Io ho prenotato per le otto e mezza. Sono le otto e un quarto. – scandisci, quasi minaccioso.
Io mi stendo sul letto.
- Oh, beh, allora… -
Ti slacci il primo bottone della camicia.
- Spiegherai tu al maitre il motivo per cui siamo arrivati in ritardo. –
- Inventerò una scusa plausibile. – rispondo, indifferente, facendoti segno di raggiungermi.
Ti slacci il secondo bottone.
- No. Gli dirai la verità. –
Alzo gli occhi al cielo. Sento il terzo bottone venir sfilato dall’asola con un piccolo fruscìo che mi mette i brividi.
- E cioè…? –
- E cioè che della cena non te n’è mai fregato nulla. Ti fregava solo di portarmi a letto. –
- Vero. –
Via il quarto bottone.
- Ah sì? Bene. La mia autostima, ora che so che per te sono solo un buco, ha raggiunto il picco massimo. – sussurri, acido. Ma stai scherzando, lo sento.
Deglutisco. Tanti saluti anche al quinto bottone.
- Come la fai melodrammatica. – ribatto, la voce un po’ roca. -  Dicevo che è vero che della cena non me ne frega nulla. Ma non è vero che voglio solo portarti a letto. –
Ti fermi per un attimo, le dita pallide a sfiorare il sesto bottone.
- Davvero? Cosa stiamo facendo, allora? – chiedi, un’espressione fintamente stupita sul viso.
Dio, Bellamy. Sto perdendo al mio stesso gioco.
- Tu, se gli occhi non mi ingannano, e davvero spero che non sia così, ti stai spogliando. – rispondo, cercando di mantenere un’aria disinvolta.
Increspi le labbra, malizioso. Non ci hai creduto neanche per un attimo.
E sfili il sesto bottone.
- Precisamente. Però in effetti fa caldo, qui dentro. Forse è per questo che sei uscito da quel bagno mezzo nudo. O lo sento solo io? –
Sorrido.
- No. –
- Lo senti anche tu? -
Settimo, eterno, maledetto bottone.
- Sì. – dico, digrignando i denti. Tu annuisci soddisfatto.
- Lo sospettavo. Per cui ora mi tolgo la camicia, la piego, la metto sul letto… Vado un attimo in bagno a rinfrescarmi e poi usciamo. –
Chiudo gli occhi e avverto il fruscìo della stoffa leggera che cade a terra. Mi sembra un rumore quasi assordante.
- Ok? – mi sussurri all’orecchio. E’ come se me l’avessi sussurrato dentro la testa: apro gli occhi di scatto e incontro i tuoi, vicinissimi, così come il tuo sorriso a pochi centimetri dalla mia bocca.
- Nemmeno per sogno. -
 
*
 
- …Dovevi vedere i tuoi occhi: uno spettacolo! Ti giri che sono normali, placidi, un po’ annoiati, poi mi vedi e zac!, enormi. Due piattini da té. –
- Molto divertente. –
- Perso, totalmente perso. Nella tua testa c’era una lucina al neon con su scritto “sesso” che non la piantava più di brillare a intermittenza! –
- Che spasso, eh? –
- Non avevi mai visto niente di così bello prima, confessa. –
- Ebbene sì. Confesso. –
- Sì, perché poi… Che cosa? –
- E’ vero. Non avevo mai visto niente di così bello, fino a poco fa. –
- …Ah. -
- Ti ho zittito, eh? Non te l’aspettavi la rivelazione. –
- Non… -
- Saresti bello con un sacco e provocante con un saio. E sì, mi piaci da impazzire. Non riesco a resisterti. Mi basta vederti, vestito, semi-svestito o nudo non ha importanza, e mi va il sangue alla testa. Va bene, adesso? Il tuo ego è soddisfatto? –
- … -
- Io ho fame. Se ci sbrighiamo magari riusciamo a trovare ancora qualcosa di aperto. –
- Sì… Sì, h-ho fame anch’io. –
- Bene, allora vestiamoci e andiamo. –
- Matt. –
- Mh. –
- Pensavi quello che hai detto? O volevi solo chiudermi la bocca? –
- Conosco modi molto più efficaci per chiuderti la bocca. –
- … -
- … -
- Ok. Va bene. Questa me la meritavo. –
- Sì, te la meritavi. –
- Ora mi rispondi? –
- Sì. –
- Sì cosa? –
- Sì. Pensavo tutto quello che ho detto. –
 
*
 
Beh, è andata così. Mi ha fregato proprio così.
Banale, direte voi. E avete pienamente ragione. Un complimento detto ad arte e fine dello spasso.
Mi sembra di sentirvi: “su, andiamo… E’ bastato così poco?”
Sì. Dannazione, sì.
E non girate il coltello nella piaga, per favore.
Avrei dovuto saperlo. Scrive canzoni, cazzo, come me. Le conosco anch’io quelle trappole che sono le frasi ad effetto – e in passato le ho usate come e meglio di lui, per i miei sporchi fini.
Eppure mi ha fregato. Perché non me lo aspettavo. Perché credevo che non sarebbe mai potuto succedere.
Le premesse, fidatevi, mi davano ragione. Era cominciata come tutte le squallide, vuote, anaffettive storie di sesso che ho avuto prima di lui. Nessun tipo di coinvolgimento sentimentale.
Ed era buon sesso, questo sì, ma, posso essere sincero? Non il migliore. Oh no. Per nulla.
E lui non è neppure il più bello che mi sono portato a letto. Né il più esperto.
Forse è per questo che ho commesso l’errore di lasciarlo parlare, ogni tanto: perché il solo arruffamento di lenzuola mi annoiava. E i risultati sono stati questi.
Due chiacchiere che diventano una sigaretta fumata insieme. Un “ho fame” che si trasforma in un “andiamo a mangiarci un boccone”. Un “oggi ho poco tempo” che si muta in un vergognoso “peccato…”
E dire che lo sapevo. Sapevo che ci sono delle regole che non vanno trasgredite, se si vuole vivere in pace.
Regola numero uno: lasciar perdere tutto ciò che non concerne il sesso - che è la ragione unica e imprescindibile per cui io e Matt ci incontravamo. Se sei triste vai da Stefan, mi dicevo. Se hai un dubbio di qualunque genere, vai da Alex. Se vuoi divertirti, suona, guardati un film, leggi, ubriacati, insomma, sai cosa ti diverte, no? Ecco, fai quello.
Se vuoi scopare, e solo se vuoi scopare, vai da Bellamy. Così semplice.
Così semplice che non poteva fare a meno di complicarsi, prima o poi.
 
*
 
- Che cos’hai? –
- …Mh? –
- Che cos’hai? Sono dieci minuti che fissi il vuoto. –
- Ah. No, niente. –
- Non ci credo. –
Sbuffo.
- E non crederci. Non muore nessuno. –
- Dai, dimmelo. –
- No. –
Ti avvicini, sorridendo vittorioso. Ti sei appena rinfilato i pantaloni: sei a torso nudo, spettinato, con la pelle un po’ arrossata sul collo e lo sguardo lucido.
- Ah, allora qualcosa c’è! –
Bello.
- Sì, ma non è niente. –
- Andiamo. Se me lo dici, faccio tutto quello che vuoi. –
Inarco un sopracciglio, incuriosito.
- Rischi, Bellamy, lo sai questo, vero? –
Ti riavvii i capelli con le dita, un sorriso impertinente sulla faccia.
- Il sadomasochismo non ti piace. Sono passati mesi, ormai lo so. Non hai feticismi particolarmente disgustosi… –
- Ah beh, grazie mille. –
- Prego. Spifferare tutto in giro non converrebbe neanche a te, e dato che non sei stronzo non riesco a trovare nulla che… -
- Chi te lo dice che non sono stronzo? – lo interrompo, improvvisamente sospettoso. – Metà dello show business è capace di contraddirti, e anche metà di chi non fa parte dello show business. –
Fai spallucce.
- Non sei uno stronzo. Ne conosco, di stronzi: e tu non lo sei. –
- Cosa ti rende così sicuro? Noi due non ci conosciamo. –
Sei arrossito o me lo sono solo immaginato?
- Ma andiamo a letto insieme. – ribatti, deciso.
- Questo ci porta al massimo a sapere come ci piace scopare, nient’altro. –
Aggrotti le sopracciglia. Così serio, ancora una volta.
- Non è vero. Hai una visione molto riduttiva del sesso. – sputi fuori, velocissimo, come tutte le volte che sei nervoso.
Spalanco gli occhi, fintamente stupito.
- Sul serio? Sei il primo che mi dice una cosa simile. La maggior parte delle persone mi accusa di pensare solo a quello. – dico, scettico, accendendomi una sigaretta.
Tu fissi gli occhi sul sottile filo di fumo che soffio nella tua direzione.
- In parte hanno ragione. – continui, imperterrito.
Ma che ti è preso, si può sapere?
- Ah. Non del tutto…? – ti incalzo, sarcastico.
- No. –
Mi risistemo meglio sul cuscino, indispettito.
- Non capisco dove vuoi andare a parare. – sussurro, scuotendo la testa come a voler sminuire te e quello che stai dicendo.
Quando la rialzo un tuo sguardo duro mi perfora il viso.
- Credi di sapere tutto, vero? Dei letti e delle persone. Ma sei molto ingenuo, invece. –
Ti stai infervorando. E la cosa non mi piace. Non ne vedo il senso.
- Basta, Bellamy, mi sono rotto. Rivestiti e… -
- Perché fissavi il vuoto, prima? –
- Cazzi miei. E ora sparisci. –
Sali sul letto. Non ti ho mai visto così: sembri alto il doppio di quello che sei in realtà.
- Dimmi perché. Chiedimi quello che vuoi. –
- Perché ti interessa? –
- Perché non me lo vuoi dire? –
- Porca puttana, vattene! Non ho voglia di parlare con te. –
Mi spingi contro il cuscino. Le tue mani mi stringono dolorosamente le spalle.
- Me ne vado se me lo dici. – scandisci lentamente. Come una minaccia.
- Tu sei pazzo. – dico, cercando di divincolarmi. Ma non ci riesco: ti sei appoggiato con tutto il peso su di me. Sorridi, in un modo in cui non hai mai sorriso. Un modo che mi spaventa.
- No, non sono pazzo. – ribatti, dolcemente. Coi pollici mi accarezzi il collo. Lento. Quasi affettuoso.
- Se te lo dico – sussurro, senza fiato, - te ne andrai? –
Dici sì. Quasi in un sospiro. Quasi a malincuore.
Deglutisco.
- E’… E’ il dieci dicembre. – Ti guardo negli occhi. Mi sento in trappola. – E’ il mio compleanno. E lo sto passando insieme a te. – dico, quasi sprezzante. – Soddisfatto? -
Tu non distogli lo sguardo dal mio. Non ne hai la minima intenzione: sembra che tu stia cercando qualcosa. Rimani lì, con le ginocchia conficcate nelle lenzuola come pugnali nel legno bagnato, le mani sulle mie spalle, la fronte contro la mia. Mi bruciano gli occhi.
Mi baci.
E io penso che mi avevi promesso di andartene.
 
*
 
- Brian. –
- Mh. –
- Ti ho spaventato prima, vero? Non volevo. Scusami. –
- Io… Sì. Sì mi hai spaventato. –
- Mi dispiace. Non ti avrei mai fatto niente di male. –
- Lo so. –
- Ma perché hai avuto paura, allora? –
- Non ho avuto paura quando mi hai costretto contro la spalliera. Ho avuto paura prima. –
- Di cosa? –
- Di… Ma nulla. Sciocchezze. –
- … -
- Non mi conficcare ancora le unghie nelle spalle, per favore. –
- Tranquillo. –
- … -
- …Brian? –
- Sì? –
- Buon compleanno. –
- … -
- … -
- …Grazie. –
 
*
 
 
Cosa mi aveva spaventato? Il fatto che invece di aver festeggiato il mio compleanno con le persone che realmente amavo, l’avevo trascorso con lui?
Sarò sincero ancora una volta: il compleanno non c’entrava. Ho smesso di festeggiarlo tempo fa - mi deprime terribilmente. Per me, da anni ormai, era un giorno come un altro. Non so perché mi sia venuto in mente quello strano pensiero.
Regola numero due: non attribuire significato a nulla - luogo, spazio, tempo e via così. Nulla. Ogni momento va bene perché è uguale all’altro. Ogni posto va bene perché in fondo si assomigliano tutti. Non esiste “mi piace di più farlo di mattina” né “però sarebbe bello se fossimo a Parigi”. Niente di tutto ciò. Quello è già un pericoloso embrione di intimità.
E l’intimità non ha nulla a che fare col sesso.
Promiscuità sì, intimità no.
Chiaro?
 
*
 
Il telefono squilla scavandomi un buco nella testa. Mi sono addormentato tre ore fa: non ho alcuna intenzione di rispondere.
Ma quel bastardo continua a fare un baccano d’inferno.
- Pronto? – ringhio, la bocca impastata dal sonno.
- Brian? –
Non è possibile.
- Bellamy. – constato seccamente, passandomi infastidito una mano sugli occhi.
- L’unico e il solo. – ridacchia dall’altra parte, a quanto pare divertito.
Ma da che cosa?
- Sì, meno male. Che cazzo vuoi? –
- Ci siamo svegliati col piede giusto, stamattina. –
- Tu mi hai svegliato, Bellamy. E non capisco davvero perché. –
- Per fare colazione. Mi pare ovvio. –
Sgrano gli occhi.
- Che cosa…? –
- Sciacquati la faccia e scendi giù. Ti aspetto davanti al portone. –
- Ma tu guarda… Non provarci nemmeno! Ci siamo visti ieri notte, ed è stato abbastanza per tutti e due, direi. Ora voglio dormire! –
Sbuffa. Davvero, sta sbuffando.
- Ti ho detto che voglio fare colazione, non che voglio che tu mi faccia un pompino da Starbucks. – dice in tono ovvio, come se avesse a che fare con un bambino un po’ scemo.
- BELLAMY! –
Bene. Ora sta pure gongolando, lo stronzo!
- Oh, finalmente un po’ di reattività. Offro io, andiamo. Scendi. –
 
*
 
Regola numero tre: non c’è bisogno di spiegarsi nulla. Mai. Si sa entrambi cosa si sta facendo e perché, quindi le parole non servono, se non a scopo erotico.
Se avete seguito bene la vicenda fin qui, capirete che io della regola numero tre me ne sono sbattuto fin dal principio. Il motivo è molto semplice: Bellamy ha una bella voce, anche quando non canta. E anche se la usa in gran parte per dire cose inutili e stupide, qualche volta se ne esce con delle frasi non male.
La cosa non c’entra nulla col sesso, lo so. Però, come ho già detto prima, sarebbe stato tutto molto più noioso e banale senza le nostre discussioni. Punzecchiarsi era eccitante, non posso negarlo; e ancora di più lo era fantasticare su chi avrebbe vinto le nostre schermaglie verbali.
E’ finita per essere anche una questione di orgoglio, insomma.
Sbagliato? Certo che è sbagliato. Sto elencando le regole per mantenersi al di sopra della mischia quando si tratta di dover condividere qualche ora con una persona e sono partito già infrangendone una consapevolmente, senza rimorsi. L’orgoglio non deve mettersi in mezzo – perché per definizione non può essere ferito. Se si soffre, anche solo nell’orgoglio, qualcosa non va. Si è fuori dalla zona protetta e si entra nella giungla.
Io mi sono sopravvalutato, tutto qui. Ho deciso di passare un po’di tempo a saltellare da un lato all’altro della barricata – disimpegno, impegno, disimpegno, impegno, disimpegno, impegno - sicuro che al momento giusto avrei saputo scegliere quello opportuno.
E naturalmente ho sottovalutato Bellamy.
 
*
 
- Non hai fame? –
- No. Voglio dormire. –
- Ormai fai prima a saltare questa notte di sonno e andare a letto presto stasera. –
- Ma chi sei, mia madre? –
- Ti sto solo dando un consiglio. Io farò così. E siamo nella stessa identica situazione, quindi non ci guadagno nulla a prenderti in giro. –
- Bellamy, tu non mi puoi prendere in giro. Io non mi lascio prendere in giro da nessuno – tantomeno da te. –
- Sei davvero incazzato perché ti ho tirato giù dal letto? –
- Sì! –
- Oh. Mi spiace. –
- … -
- Credevo di fare una cosa gentile invitandoti a colazione fuori. –
- Ma perché? –
- Perché… Beh, perché ieri notte ero a casa tua. –
- E quindi? –
- Volevo ricambiare la cortesia. Insomma, sei stato ospitale.  –
- …Bellamy, nessuna cortesia. Avevamo voglia di scopare e piuttosto che farlo in strada abbiamo preferito stare comodi. Fine della storia!-
- Senti, mi andava. Non puoi stare zitto, ingurgitarti la tua ciambella e tornartene a dormire con la pancia piena? –
- Il punto non è il mio stomaco. Il punto è che… Che tutto questo non ha senso. –
- A me sembra abbastanza ovvio, invece. –
- Solo a te. E’ questo il problema! –
- E’ solo una colazione. –
- Sì, ma noi non ci incontriamo per fare colazione. Non interessa, a noi, la colazione. A noi interessa… -
- A me interessa. –
- …Cosa? –
- A me interessa. Cioè, mi piace fare colazione con te. –
- Ma se non l’avevi mai fatta prima! –
- Sapevo che mi sarebbe piaciuto. –
- … -
- Come sapevo che mi sarebbe piaciuto andare a letto con te. –
- Non… Non paragonare le due cose, ti prego, o mi sentirò male. –
- Mi hai capito. –
- … -
- Io… Ora vado. –
- Brian, aspetta. –
- No, senti, non ha senso continuare a parlarne. Grazie della ciambella e… -
- Non ti spaventare. E’ una colazione, non una dichiarazione di amore eterno. –
- Ma chi ci aveva pensato? Che c’entra? Non essere ridicolo. –
- E tu stai calmo. –
 
*
 
Giusto. Perché non ero calmo? Dov’era finito il mio gelido autocontrollo? Il mio menefreghismo?
La mia aridità, la mia cattiveria?
Avevo praticamente detto a Bellamy che ero uno stronzo, sebbene lui avesse continuato a negarlo: ora potevo dimostrare che aveva torto. Potevo approfittare del piccolo spiraglio che mi aveva offerto di sé per affondare il pugnale e fargli male.
E sapevo che gli avrei fatto male. Vedevo come mi guardava.
Regola numero quattro: concedersi tutto, non negarsi nulla, prendersi quello che si vuole. L’accordo è che non ci sono accordi. Se a un certo punto ci si stanca, abbandonare il campo.
Niente lo impedisce.
 
*
 
- Sono calmo. –
- No, invece. Sei un fascio di nervi. –
- Perché non capisco cosa vuoi. Stava andando tutto così bene… -
- Lo pensi davvero? –
- Sì. –
- Io penso che invece da un po’ di tempo stare con me ti inquieta. –
 - Non è vero. –
- Ti inquieta perché c’è qualcosa che non riesci a capire, in quello che facciamo. –
- Non c’è nulla di più semplice da capire, credimi. –
- E qui sbagli ancora. Vedi? Continui a fare lo stesso errore. Ti imponi un sacco di principi, ti circondi di campanelli d’allarme e poi inciampi nei tuoi stessi passi. –
- Io… -
- Tu credi che il sesso sia facile. Credi di poterlo ridurre a una pulsione animale, a uno sfogo, a un passatempo. –
- Quello con te sì, mi spiace ferirti, ma è così. –
- Non mi ferisci. –
- E allora? Che cosa stai cercando di dire? –
- Che per come sei fatto non riuscirai mai a rendere il sesso una cosa neutra. –
- Con te. Con te, perché non sono innamorato di te, il sesso è sesso allo stato puro. –
- Non esiste niente di puro, al mondo. –
- Stai solo cercando di provocarmi. –
- Anche. –
- Non giungerai a nulla. Mi hai sopravvalutato, Bellamy: dietro questo muro che stai cercando così caparbiamente di infrangere c’è il vuoto. Sono uno stronzo che non ama i bei sentimenti, mettila così. –
- Ecco, sono queste ridicole semplificazioni che ti fregano. Non ci credi neanche tu. –
- Senti, mi spiace mandarti a ‘fanculo, perché insieme a te mi sono divertito, ma vedo che non c’è nulla da fare. –
- Va bene. Mandami a ‘fanculo. Prima, però, torniamo su e ci facciamo un’ultima scopata per finire in bellezza. D’accordo? –
- No. –
- Stanotte non hai detto un solo no. –
- Stanotte. –
- Sai bene anche tu che non è cambiato niente. Mi vuoi come prima, sei solo infastidito.
- … -
- Non mi vedrai più. E’ un peccato lasciarci così, non trovi? –
- Noi non ci stiamo lasciando. –
- Certo che tu ti attacchi a tutto. –
 
*
 
In origine, queste regole erano concepite come semplici, immediatamente comprensibili, quasi intuitive. Ecco, se c’è una cosa che Matt possiede, è la capacità di stravolgere tutto e renderlo terribilmente complicato. Da un paio di accordi tira fuori una suite orchestrale di sette minuti, da due note cantate per riscaldarsi la voce uno dei suoi ritornelli assassini, da un paio di incontri a scopo ricreativo un… una… sì, insomma. Si era capito.
Quando glielo dico lui ride e mi risponde che semmai quello che complica tutto sono io. Che lasciare le cose nebulose, indefinite e ingarbugliate è la mia specialità: qualche volta però sento il bisogno che un altro le sbrogli per me. Qualche volta desidero che la vita si tramuti in una lunga linea retta senza curve in cui nascondersi. Qualche volta desidero che qualcuno abbia il coraggio di squarciare il velo. Qualche volta, inconsapevolmente, cerco e poi trovo – e quel che trovo me lo tengo stretto.
Qualche volta.
 
*
 
- Ora te ne andrai? –
- No. –
- Lo sapevo. –
- Perché mi hai fatto salire, se lo sapevi? –
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: dopo una fulminea incursione nel campo avversario (scusa, Nai XD) torno alla mia patria maltrattata *.*
E’ una cosina scritta in poco tempo, che però mi piace <3 Brian è adorabile come innamorato incansapevole che si contraddice di continuo  <3 E Matt… Beh, la scena iniziale penso valga l’intera storia, non so voi XDDD
(Mentre mi rendo conto che quella in cui “minaccia” Brian è veramente poco credibile – mentre la scrivevo pensavo: “dai, se si appoggia con proprio tutto tutto il peso ce la fa a bloccarlo. E comunque anche quell’altro è alto più o meno così, quindi peserà circa lo stesso. Sissì, i conti tornano”. Ma quando mai XD)
Il titolo è preso dall’omonimo romanzo di Bret Easton Ellis.
Mazel tov a tutti :*  
   
 
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