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Autore: superUnknown    06/07/2011    3 recensioni
Facciamo un patto: io vi porto in un mondo dove il death note non è mai caduto, dove Matt, Mello e Near sono ancora "reclusi" alla Wammy's House, e dove si presenti un'inaspettata occasione per allontanarsi da quel luogo.
Poi, catapulto (tanto per sadismo) in quest'occasione anche una ragazza dal passato tragicomico e un'intelligenza fuori dalla norma, condisco il tutto con invidia, bugie, amore e mistero, ci aggiungo le canzoni che mi hanno toccato l'anima e trasformo il tutto in una fanfiction.
Voi, in cambio, dovrete dirmi se vi è piaciuto questo mondo uscito dal mio sclero notturno/mattutino.
Affare fatto?
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Matt, Mello, Near, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Lonely Day                                                                                        
Lonely Day  such a lonely day, and It's mine.
                                                                                              

     

C'è una ragazza, oggi, al Charles de Gaulle di Parigi, diversa dal branco paurosamente uniforme e omogeneo di fantasmi grigi e sbiaditi che marciano su e giù per l'aeroporto.
L'aspetto potrebbe trarre in ingganno: potrebbe apparire come una normalissima ragazzina di 16 o 17 anni, nemmeno particolarmente bella.
I capelli scuri, ondulati  le incorniciano il viso ovale e ambrato: naso piccolo e dritto, labbra carnose, rosee e ben disegnate, zigomi alti e pronunciati, mento leggermente marcato. Una fisionomia che farebbe pensare a una ragazza orgogliosa, sprezzante, altezzosa, abituata a comandare, dal carattere forte.
Ma se gli occhi, tenuti volutamente nascosti da degli occhiali da sole fossero stati visibili, il precedente verdetto sarebbe svanito lasciando il posto al seguente (decisamente più veritiero):  una ragazza a cui hanno portato via tutto, strappato anche l'ultimo legame con il mondo, e che non ha la forza (o la possibilità?) di ribellarsi, un fiore appassito ancor prima di farsi ammirare.
E' seduta su una panchina a leggere da circa 3 ore. Anzi, precisamente, 3 ore, 27 minuti e 47 secondi.
Cosa legge? "La cognizione del dolore", di Emilio Gadda. Probabilmente per la trentesima volta.
Parla di uomo abbandonato a sé stesso, che non può realizzare le sue aspirazioni, né smettere di essere tormentato dai fantasmi del passato, e tutto ciò lo porta ad odiare il mondo attorno, la sua famiglia e, pian piano, anche se stesso.
Il tutto raccontato con un umorismo grottesco e perverso, quasi sadico.
Un po' come la vita della ragazza.
La mia vita.
Vista da fuori potrebbe addirittura far ridere(anzi, ne sono sicura: tanto è crudele l'uomo!): una vita dove ogni qualvolta riesco a trovare una sorta di felicità, o almeno di serenità, qualcosa (o più probabilmente qualcuno) distrugge tutto quello che  ho costruito con pazienza, costanza, caparbietà, "sprecando" il mio tempo. Tempo su cui hai solo l'apparente proprietà...
Buffo, no? E' chiaro che io mi senta annientata, impotente. Il mio passato, oramai, non ha più linee definite, si confonde sfocato col mio futuro, annebbiandomi la mente, rendendomi incapace di assaporare a pieno la dolce morte del presente. E' un ciclo continuo, che si ripete indipendentemente  da me. Ma non rinuncerò mai a tentare di spezzarlo.
Mai.
Eppure, nella mia vita non ci sono tragedie, almeno non intese nel senso letterale della parola.
Non ho subito perdite di familiari, i miei genitori sono vivi, e fin troppo presenti nella mia vita.
Non sono povera, non ho patito il morso della fame, non soffro di malattie incurabili o mortali, non ho né hendicap fisici, né mentali.
No, nel mio caso sono bastati un QI superiore alla media e un epiteto: "bambina prodigio".
Dio, come odio il suono di quelle due parole! Parole che mi hanno etichettata fin da quando ho memoria, che sono state il mio biglietto da visita, l'unica cosa che la gente voleva sapere di me.
Non le mie parole, non le mie azioni, i miei gusti: come persona, non sono mai realmente importata a qualcuno.
Beh, a nessuno, prima di incontrare loro.
-Ultima chiamata per i passeggeri del volo AZ8796 Parigi-New York, presentarsi immediatamente all'imbarco...Last call for passengers of the flight AZ8796, report immediately...-
Uff. Sarà meglio raggiungere in fretta l'imbarco.
Prendo una liquirizia, tanto per farmi coraggio.
Mi piace, il sapore della liquirizia.
Dolce ma amaro, particolare, o ne vai matto o la odi.
Non è da tutti apprezzare veramente la liquirizia...
Consegno il passaporto al grasso uomo in uniforme che mi sta davanti.
-Si chiama Roxanne, eh? Come quella vecchia canzone dei Police! Roxanne, you don't have to put on the red light...Era così, no?-
Sorrido debolmente. Roxanne Robinson...l'ho scelto io questo "falso nome", per proteggere l'unica cosa che ancora mi rimaneva di imo e personale: il nome. Unisce due canzoni che mi piacevano molto durante il mio periodo più buio, che coincide esattamente col periodo in cui sono arrivata a Parigi.
Il periodo in cui ho conosciuto Ambra, Sarah ed Evelina, altre tre "bambine prodigio" ( riecco l'orribile sensazione che provi ogni volta che pronunci quelle parole), conosciute per caso, e che presto sono diventate la cosa più simile a una famiglia che io abbia mai avuto.
Perchè la mia vera famiglia, una volta appreso (avevi solo quattro anni!) che il mio QI superava di gran lunga gli standard, mi hanno trasformata in un fenomeno da baraccone, in un esperimento umano.
A 7 anni, subito dopo aver conseguito il diploma, sono stata costretta ad abbandonare il Brasile, la mia terra natia, per soddisfare il sadico bisogno dei miei familiari di vedermi trasformata in un piccolo genio.
Seguirono 5 anni allucinanti, e penso che non sarei rimasta sana di mente a lungo (ammesso che io lo sia...), se non mi avessero mandato, a 12 anni, a fare qualche altra laurea alla Sorbona.
E così le avevi conosciute: Ambra, la genietta italiana della chimica e della fisica, aggraziata come un daino, dolce come il miele; Sarah, australiana, che prometteva di rinnovare totalmente il mondo dell'economia, con le sue brillanti intuizioni e il suo insuperabile senso dell'umorismo; e poi (come dimenticarla?) Evelina, la bellissima pittrice russa i cui dipinti avevano incantato i cuori vuoti e aridi della critica mondiale,e la cui pelle eburnea, le labbra rosse e gli occhi color mare avevano spezzato i troppo fragili cuori dei suoi ammiratori.
Vivevamo insieme, in un bell'appartamento nell'area della Sorbona, e, quando non eravamo impegnate all'università o da qualche altra "attività amena", andavamo in centro, al cinema, a teatro, all' Opéra, proprio come delle ragazze normalissime.
C'erano invece altri giorni, spesso quando pioveva, che passavamo in casa, parlando, sognando, progettando, discutendo.
Ricorderò sempre con affetto tutti i natali passati insieme, a scambiarsi i regali, o le estati nelle quali giravamo il mondo in tenda.
I giorni belli, brutti, tristi, noiosi, quando una di noi si preparava per un appuntamento, e le immancabili risate che ci si faceva sul povero malcapitato il giorno dopo.
Ma poi era arrivata  quella lettera, la proposta di passare un anno in una specie di college ( una manicomio, mi dicevo) per supergeni in erba come me, tutti rigorosamente al di sotto dei 20 anni.
E l'istinto predatorio della parentela si era risvegliato. Come avrei potuto rifiutare quest'occasione più unica che rara per affinare ulteriormente il mio intelletto?
Difatti, non ne ho avuto la forza. O la possibilità.
Tanto, fa lo stesso.
Ecco perchè sono qui, ora, seduta sulla poltroncina dell'aereo, a rimuginare su tutto ciò.
Alle mie tre coinquiline, amiche e unica vera famiglia, ho lasciato solo poche righe. Non ce l'avrei fatto a dire loro addio, avrei mandato al diavolo il volo e tutto, e sarei rimasta lì.
Forse avrei dovuto farlo veramente, ma cosa sarebbe successo dopo?
Sospiro, allacciandomi la cintura.
Tanto, ormai non ha più importanza.
Ecco...L'aereo prende velocità...Decolla.

Ora, anche volendo, non potrei tornare indietro.
Tiro fuori dalla tasca la lettera...Quelle maledette quattro righe che "il miglior detective del mondo" si era preso il disturbo di mandarle.
Carissima T.L.,
Probabilmente questa lettera la lascerà leggermente perplessa, ma,per motivi che le verranno comunicati poi, gradirei avere la sua presenza al "Campus-Project Genesis" di New York.
Forse ne avrà sentito parlare. In caso contrario, troverà allegati dei plichi informativi, visto che io non posso dilungarmi troppo in inutili spiegazioni.
E' già stato inviato un fax ai suoi genitori, che hanno aderito al progetto senza alcuna riserva.
Aspetto sua conferma,  
                                         
                                                       L  Lawliet 

P.S.:
Non le lascio un mio recapito, in futuro sarò io stesso a contattarla.
        La conferma può comunque essere inviata all'email qui riportata:  Wammy_House@wmail.com

Getto ancora un occhiata alla foto che mi ritrae sorridente insieme a Evelina, Ambra e Sarah. Poi, mi abbandono sullo schienale, finalmente più rilassata .
Forse, ho addirittura sorriso prima di cadere addormentata, anche nel giorno più solitario della mia vita.
Un giorno a cui sono contenta di essere sopravissuta.


                                                         

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NOTE della SCONOSCIUTA: Allora, intanto ringrazio sinceramente tutti quelli che si sono presi la briga di leggere tutto, e che ora leggono addirittura le mie note finali (!). Vorrei dirvi tante cose, ma credo che, per evitarvi un inevitabile attacco di sonnolenza, dovrò stringere un po'.
Eviterò di scrivere la solita solfa sul fatto che questo è la mia prima fic, e che quindi dovrete essere "clementi" coi giudizi (altrimenti mi rinchiuderò in camera mia a piangere, rifiutandomi di mangiare e mi avrete sulla coscienza), etc..etc...
Riassumerò tutto in un unica parola: grazie. Grazie perchè per me è importante sapere che qualcuno ha letto il mio lavoro, frutto di "innumerevoli sforzi&sacrifici" (seeee...tanto non ti crede nessuno, rassegnati...). Vabbè.
Mi piacerebbe anche ricevere qualche recensione: intanto per darmi la sicurezza che non sto scrivendo a vuoto (c'è arrivata! lenta la ragazza!), eppoi perchè vorrei sapere cosa migliorare, cosa cambiare,
sopratutto nel mio stile di scrittura. Vi preeeeego :D
Ah, so benissimo che questo capitolo è una pena da leggere, figuratevi quindi da scrivere! Ma in qualche modo dovevo presentare 'sta benedetta pulzella, o no? Prometto che il resto della storia sarà meno deprimente.
Ultima cosa: la canzone che dà il titolo al capitolo
è Lonely Day dei System of a Down, vi consiglio di ascoltarla (se vi piace il genere) o comunque di leggere il testo, mentre le due canzoni con  cui  Roxanne crea il suo "falso nome" sono Roxanne dei Police e mrs. Robinson di Simon and Garfunkel (l'avrò scritto giusto?). Vi consiglio di ascoltarle.
Beh, ho finito di annoiarvi!
pace, amore e liquirizia
                                                                                                                  superUnknown

  
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