Il posto
giusto
~ there and back
again
I’m freaking out; where am I now?
Jim
sbadigliò, docile. La spazzola procacciata chissà dove dalla
buona Jellia Jamb gli
massaggiava le lunghe membra ossute, e il mozzicone di peli che aveva per coda
si agitava placido, anche se nella corte del palazzo reale non sembravano
esserci mosche disposte a infastidirlo. Zeb rideva di
cuore di quest’immagine, gustandosi il familiare atto quotidiano della
strigliatura quanto il vecchio cavallo dello zio.
« Ti ci voleva proprio, eh, Jim? »
La bestia si limitò a sbuffare. Non
parlava quasi più, dalla prima e unica volta che aveva richiamato
l’attenzione del padroncino sulle incolmabili differenze che rendevano il
Paese di Oz un posto sbagliato per loro. Zeb non sapeva dargli torto. Per natura prendeva tutto sul
ridere, e davvero gli piaceva stare
con i vecchi amici di Dorothy, e ascoltare le storie dello Spaventapasseri e
assistere ai trucchi del Mago e sentire le canzoni del Boscaiolo, e ancor
più gli piaceva stare a guardare la Principessa Ozma
– anzi, questo forse gli piaceva un
po’ troppo. Ma riconosceva la verità nel giudizio del buon
vecchio Jim: quando Dorothy si guardava intorno a Oz
vedeva una seconda famiglia; loro vedevano soltanto un altro paese
irrimediabilmente diverso.
Magari era soltanto quello il motivo per cui, la
mattina del loro quinto giorno alla Città di Smeraldo, aveva chiesto a Jellia di procurargli una striglia e si era dedicato a
spazzolare il manto scuro del caro amico: era una cosa che gli ricordava la
California, che era l’unico posto giusto per loro – anche quando
comparivano crepe nel terreno pronte a catapultarti in una serie di altri
strampalati mondi.
« Che strano cerimoniale. »
Zeb sussultò al
sentire la voce morbida e dolce che gli risuonò alle spalle, nel patio deserto.
Si voltò per scoprire la Principessa in persona, bellissima nei suoi
abiti più informali, gli occhi scintillanti fissi sulla strigliatura di
Jim. Doveva essere uno spettacolo bizzarro, per lei, poiché il suo
Cavalletto non aveva alcun bisogno di essere spazzolato, neppure di rado quanto
Jim.
Zeb si costrinse a superare
l’impaccio che la presenza di lei gli provocava fin dalla prima sera,
quando Dorothy l’aveva trascinato al suo cospetto. Coraggio, poteva
farcela. Aveva o no giocato i Gargoyle e salvato
Dorothy e gli altri da morte certa? Parlare a Ozma
era uno scherzo!
Sorrise, alzando la mano munita di spazzola e
dando intanto una pacca al fianco scarno del cavallo. « Oh, lo sto solo ripulendo
un po’. Il vecchio Jim ne ha passate di tutti i colori, da quando siamo
caduti in quel buco, e non vorrei mai che appestasse l’aria di questo
splendido palazzo. »
Jim lo guardò di traverso, ma non fece
commenti. Il suo recente ammutinamento gli impediva persino di difendersi con
sdegno, come suo solito.
Ozma scese con lo sguardo su
di lui, e Zeb si sentì arrossire. Fu con
qualche difficoltà che sostenne quegli occhi assorti, e accorgendosi di
aver stritolato la striglia tra le
dita si affrettò ad allentare la stretta.
« Ho la sensazione che presto te ne
andrai, Zeb. »
Un po’ perplesso, il ragazzo si
voltò a guardare il calesse al quale aveva imbrigliato Jim poco prima. Rise
di nuovo. « Oh, questo? Pensavo di fare un giro in città questa
mattina... Solo per tenerlo un po’ in esercizio, ecco. »
Jim emise un basso nitrito seccato, ma Ozma non sembrava curarsi del calesse. Scosse la testa,
piano, gli occhi sempre puntati in quelli di Zeb.
« Non parlavo di qui e ora. Mi riferisco al
Paese di Oz. Vuoi lasciarlo; sento che è così.
»
Zeb continuò a
sorridere, perché dopotutto non c’era motivo di negare la pura
verità. Stringendosi un po’ nelle spalle, riprese a spazzolare il
cavallo con maggiore cura, sfuggendo allo sguardo di Ozma.
« Noi non siamo creature speciali,
Principessa » disse, « veniamo dal posto più comune del
mondo. Il Paese dei Mangabù era una prigione
senz’anima; la Valle di Voe era una terra d’inganni.
A Oz è tutto meraviglioso, certo, ma... »
Rimase per un attimo pensieroso, e poi scosse la testa. Le parole che Jim aveva
usato con lui gli sembrarono le più adatte. « Noi due qui non c’entriamo
niente. »
Questa volta Jim annuì, convinto,
chinando il lungo muso fin quasi a terra. Zeb si
voltò di nuovo a guardare Ozma.
La tristezza che vide nei suoi tratti delicati
lo turbò, tanto da spingerlo a cercare qualche parola con cui rimediare.
« Potrei tornare, qualche volta »
suggerì speranzoso. « Potresti guardarmi nel tuo quadro magico e
farmi tornare, come fai con Dorothy. Non dovrai neppure aspettare di vedermi
nei guai... Sono sicuro che in qualunque momento sarei felice di rivederti. »
S’interruppe di colpo, temendo di avere
osato troppo. Andava bene superare l’imbarazzo – ma magari senza esagerare!
Sperò che la fanciulla non lo giudicasse
troppo sfrontato, e la fissò col fiato sospeso; ma sorprendendolo –
come sempre – Ozma gli sorrise con una dolcezza
inaudita e si avvicinò al punto in cui Zeb era
ancora rivolto per metà verso il cavallo dello zio Hugson.
« Sai » mormorò, passando una
mano sull’ampio dorso della bestia, fino a sfiorargli le dita che
stringevano la striglia; « non ho mai cavalcato un Cavallo Vero. »
Zeb non rispose, poiché
il contatto della sua pelle e la vicinanza del suo respiro e del suo profumo l’avevano
stordito parecchio. Ma Jim drizzò le orecchie e finalmente ruppe il suo
silenzio volontario.
« La cosa potrebbe non piacere al vostro
Cavalletto, giovane Maestà » obiettò, scettico. Non aveva
mai superato la sconfitta che il reale destriero di legno gli aveva inferto
nella corsa.
Ozma rise, e quel suono svegliò
Zeb come l’alba di un nuovo giorno. Subito abbandonò
la spazzola al suo destino e offrì aiuto alla fanciulla per arrampicarsi
sul vecchio Jim, che certo era ancora abbastanza forte da trasportare una
figurina così esile. Quando ebbe adagiato le gambe su un fianco del
cavallo, Ozma guardò in giù verso di
lui e gli sorrise con grazia.
Poi, consapevole di quanto Jim fosse compiaciuto
della cosa, il ragazzo corse a districarlo dal carretto, e gli assestò
un’altra pacca per incitarlo a muoversi.
« Gid-dap! »
esclamò; e il cavallo trottò nel cortile del palazzo reale della
Città di Smeraldo, con Ozma che si teneva alla
sua criniera disordinata e sorrideva al vento, e Zeb
che li seguiva con gli occhi.
Forse Oz non sarebbe
mai stato il posto giusto per lui e Jim; però, rifletté quando la
Principessa si volse a guardarlo con quello stesso sorriso sulle labbra, forse c’era qualcosa di Oz che in California gli sarebbe mancato da morire.
E adesso, oh, adesso capiva perché Dorothy
fosse stata così felice di tornare.
I found myself in Wonderland.
Spazio
dell’autrice
Fin da quando – subito, all’incirca – sono
rimasta incantata dal personaggio di Zeb, così
solare e allegro ma anche così impaurito di fronte a ciò che
è più grande di lui, ho sempre pensato a un suo eventuale affetto
per Dorothy. Perché, andiamo, si compensano in un modo incredibile:
sognatrice lei, realista lui; timoroso lui, coraggiosissima lei. Non per niente
è stato solo per Dorothy che Zeb, avanzando
nella storia, è stato in grado di tirar fuori un grande coraggio –
che culmina con l’episodio del furto delle ali dei Gargoyle
– e di aprirsi a possibilità nuove e inesplorate.
Ma poi sono arrivata a
leggere del primo incontro tra Zeb e Ozma, e lì è scattata un’altra
scintilla. Vi dirò, Ozma mi dice pochissimo
come personaggio – e la preferivo di sicuro quand’era ancora Tip;
ma la timidezza di Zeb davanti a lei mi fa
letteralmente sciogliere. ♥
Anche qui lascio una lista
di note che spiegano i dettagli più insignificanti: Jim è un
cavallo ordinario della California, ma pare che nelle terre incantate anche gli
animali provenienti da mondi non magici possano parlare; ho preferito scrivere ‘Mangabù’ piuttosto che la forma originale Mangaboos perché
comunque il suono è quello, e mi è sembrato meglio così
che non inserire nel testo una parola tanto americana; l’ultima frase si
riferisce al fatto che chiunque, come Dorothy, sarebbe felice di tornare a Oz, sapendo che anche in un posto così strano ci
sono persone di cui si sente la
mancanza. Ok, questo è un altro riferimento Spaventapasseri/Dorothy. Uccidetemi
xD
I versi in corsivo sono
tratti da Alice (Underground) di
Avril Lavigne. Il sottotitolo è un voluto omaggio a Lo hobbit di John Ronald Reuel Tolkien.
... Mi sento così insopportabile.
xD
Aya ~