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Autore: Sheep    08/07/2011    3 recensioni
"Se Nick mi aveva insegnato a credere, a pregare, ad affrontare la vita con la gioia tipica dei cristiani, Andrew aveva cercato di dipingere per me l’altra faccia della medaglia; avevo perso il conto delle volte nelle quali si era fermato per trovare le parole giuste, quelle per prepararmi alla vita là fuori(..) perché si sarebbe attribuito tutta la colpa se io un giorno fossi rimasta delusa. "
Semplicemente il punto di vista di una bambina (ormai cresciuta) sulle persone che ama di più al mondo. Piccolo Future Moment di The Last Rose, tutto sulla nostra Sophie.♥
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Beh … sorpresa!

Questa one-shot –che non avrebbe dovuto essere postata- è frutto del mix perfetto quale un pomeriggio d’estate, silenzio, solitudine e condizionatore. E’ moooolto diversa da come l’avevo immaginata, ma, cosa alquanto insolita, mi sento abbastanza soddisfatta del risultato.

Potremmo considerarlo un Future Moment di The Last Rose, un salto molto avanti nel tempo, anche se non sono proprio sicura che le cose si svolgeranno così :P *fa soffrire le lettrici*

Semplicemente, i nostri Andrew e Nicholas visti attraverso gli occhi di Sophie.

Buona lettura!

Alla piccola Sophie,

e a tutti coloro che,

fin dal primo istante

l’hanno amata come me.

Grazie.

 

Wonderful.

{Just how I see you.}

 

You tuck me in,
turn out the light.
keep me safe and sound at night.

Little girls depend on things like that.

 

Brush my teeth and combed my hair

have to drive me everywhere

you were always there when I looked back.

Ricordo, di quel pomeriggio, l’assurdo risentimento che provai nei confronti del telefono quando, all’ennesimo squillo, fui costretta ad abbandonare la chitarra sul tappeto per alzarmi ed andare a rispondere. La deposi con estrema delicatezza tra libri, enormi raccoglitori, fogli scritti e matite colorate, impiegandoci più tempo di quanto in realtà ne occorresse, e non solo per ripicca nei confronti di chi mi aveva brutalmente strappato alla musica, decidendo di telefonare.

 

Infatti ritenevo quell’acustica molto più che un semplice strumento musicale e mai mi sarei perdonata se le avessi procurato anche un solo graffio, nel punto più nascosto.

 

La bellissima Ophelia, assieme con mio fratello e Nicholas, era la migliore –o forse sarebbe stato più veritiero definirla l’unica- amica che avessi mai avuto e mi ero ripromessa, nel momento stesso in cui il mio adorato “signor” Nick, con un sorriso, me l’aveva riposta tra le mani dieci anni prima, che avrei fatto di tutto perché rimanesse per sempre così splendidamente integra.

 

Per me e per lui, il legittimo possessore a cui dovevo moltissime cose, le avrei dedicato la massima cura.

Ripensai, mentre mi avvicinavo pigramente al tavolino, al viso familiare dell’uomo che ci era stato più vicino di chiunque altro; i riccioli color cioccolato, ora molto più corti rispetto alla prima volta che li avevo visti, acconciati per essere adatti al viso di un adulto –ma pur sempre meravigliosi, le mani gentili, esitanti, le stesse che mi avevano mostrato la via per avvicinarmi alla mia Gibson, gli occhi rassicuranti, caldi e nocciola, e la voce che tante volte, cantandomi le canzoni più dolci, mi aveva convinta a smettere di piangere.

 

A Nicholas Jonas volevo un bene intenso, profondo ed inestimabile. Lo consideravo il mio angelo custode, e non perché ne fossi innamorata; sì, avevo avuto una cotta per lui all’età di undici, dodici anni, e avevo sofferto incredibilmente quando, a tredici, l’avevo visto bruciare della luce nuova e intensa dell’amore. Ma col tempo, mirabolante tiranno le meraviglie di cui –ne ero certa- ero destinata a beneficiare ben poco, col tempo avevo imparato a conoscere il mio sentimento, a comprenderne la natura e ad interpretarlo nella maniera più esatta.

 

Allungai una mano verso la cornetta, ancora immersa nei miei pensieri.

 

-Pronto?- Fu un attimo: la stanza vorticò pericolosamente intorno a me ed io, per riflesso condizionato, strinsi più forte la cornetta tra le dita. –Pronto?-

 

-Buongiorno, sto cercando Andrew.- La voce acuta e tagliente di una donna mi fece sospirare d’impazienza. “Ci risiamo” pensai. –Lei è la domestica? E’ in casa in questo momento?-

 

-Sono sua sorella. – Borbottai, seccata. –Drew non c’è, richiami più tardi.- E, senza nemmeno aspettare la risposta, riattaccai.

 

Odiavo le ragazze con cui mio fratello intratteneva – non troppo raramente- relazioni notturne; odiavo il fatto che, spesso e volentieri, riuscissero ad ottenere il nostro numero attraverso chissà quali giri di gossip e che le loro grida isteriche disturbassero il buffo e precario equilibrio del nostro appartamento.

 

Mi piaceva definirlo “uno sputo di New York nel cuore di Londra” e pensavo che, per quanto piccolo e silenzioso, fosse la dimora perfetta.

 

Tornai ad accucciarmi sul tappeto, prendendo a studiare ogni dettaglio di quella stanza, come se non lo conoscessi già a memoria. Amavo incondizionatamente quel posto: le librerie troppo piene, gli innumerevoli quadri sulle pareti, i finestroni luminosi che ci facevano sentire ‘abbracciati’ dal mondo. La confusione, le infinite tracce di Andrew, la sua tazza della colazione ancora lì, su una pila di cd accanto al divano. Sentivo lui, ovunque, lo vedevo nello specchio dell’ingresso e percepivo il suo profumo tra le trame del tappeto, era a casa anche quando non c’era.

 

La cosa che sopra tutte mi rendeva fiera di quell’appartamento era che Drew l’avesse praticamente costruito con le sue mani. Pezzo a pezzo, aveva lavorato giorno e notte, dipinto i muri con bellissimi graffiti, costruito mensole, raccattato denaro con due o tre occupazioni contemporaneamente e poi scelto le cose più consone al suo gusto.

Lì mi sentivo coccolata e protetta come non sarei riuscita da nessun’altra parte.

 

You had to do it all alone,
make a live, make a home

Must have been as hard as it could be.

 

And when I couldn’t sleep at night,

scary things wouldn’t turn out right

You would hold my hand and sing to me.

 

-Morning, babe.-

 

Mio fratello spuntò sulla porta della cucina in tutta la sua imponenza. Ventinove anni di salute, la cresta color fiamma scarmigliata, gli occhi ghiaccio ancora lucidi di sonno, i tatuaggi snodati dalle braccia al torace, liberi dalle restrizioni quotidiane quali gli abiti sobri con cui Andrew aveva preso a vestirsi –Buffo: se lo aveste visto un po’ tempo prima, anche voi avreste scommesso che mai un tipo del genere si sarebbe liberato delle felpe extralarge, invece …!

 

In quelle condizioni –e non solo perché era tutta la mia vita- lo credevo l’uomo più bello del mondo.

 

Era il mio eroe; lui mi aveva difesa, sempre, da qualunque minaccia potesse incombermi addosso. Mi aveva amata più di entrambi i miei genitori, cresciuta come una figlia. Lui mi aveva comprato i giocattoli nuovi e i dolciumi di cui andavo ghiotta, mi aveva incoraggiata a studiare e, qualche volta, anche aiutata con i compiti -non perché gli andasse, semplicemente perché sapeva che era importante che lo facesse-, mi aveva portata al cinema e, d’accordo con Malice, Diana e Keith, organizzato le mie feste di compleanno. Mi aveva rimboccato le coperte, ogni singola sera, ed inventato favole per me. Aveva anche smesso di fumare, per me e solo per me: perché quando mi abbracciava, non dovessi sopportare quel fastidioso odore di tabacco.

 

Se Nick mi aveva insegnato a credere, a pregare, ad affrontare la vita con la gioia tipica dei cristiani, Andrew aveva cercato di dipingere per me l’altra faccia della medaglia; avevo perso il conto delle volte nelle quali si era fermato per trovare le parole giuste, quelle per prepararmi alla vita là fuori - Non illudersi, ma mai arrendersi!, perché si sarebbe attribuito tutta la colpa se io un giorno fossi rimasta delusa.

 

Gli sorrisi e Drew ricambiò, scoprendo i denti bianchissimi e perfetti.

 

Osservandolo così, in tutta la sua naturalezza, non avevo alcun dubbio: se il Signore –chiunque egli fosse: Dio o Yaweh o Buddha o Allah - da lassù mi aveva fatto un dono, quello era mio fratello (e il mio Nicholas, anche lui).

 

A volte pensavo che fossero una specie di ‘premio’; qualcosa per ricompensare le ore della mia vita passate in una sala d’attesa, o i momenti di capogiro, svenimento, debolezza. Tutte le notti insonni in preda alla paura, o le lacrime cacciate in un cuscino ogni volta che non c’erano per consolarmi. Entrambi insieme erano la dimostrazione che quel Dio in cui Nick confidava tanto, lo stesso che pregavamo insieme e che aveva deciso di affidarmi un grande dolore come il diabete, esisteva, e, soprattutto, mi amava.

 

Vidi mio fratello maggiore attraversare il soggiorno e scavalcare le mie carte, fermarsi un momento a contemplarle, ghignare tra sé, inciampare in un cuscino più avanti, arrivare alla finestra.

 

-Piove ancora.- Disse, amareggiato.

 

Annuii, fermandomi a guardare le goccioline perlacee che s’infrangevano lungo la spessa lastra di vetro che costituiva la nostra parete.

 

Caterpillar in the tree, how you wonder who you'll be
can't go far but you can always dream.


Wish you may and wish you mine
don't you worry hold on tight.


I promise you there will come a day
Butterfly Fly Away

(Butterfly fly away- Miley Cyrus)

 

Ascoltai il lento frusciare delle lenzuola assieme col ritmico ticchettio della pioggia –ancora copiosa- e poi il respiro di mio fratello tornare regolare, accanto a me. Dormiva placidamente. Io, invece, preferivo restare sveglia, ritenendo ogni minuto passato a riposare una perdita di tempo prezioso: credo di assomigliare a Keith, in questo.

 

Fissai il soffitto pieno di bellissime stelle bianco fluorescente –Drew aveva pensato proprio a tutto, comprando una vernice apposita- e pensai al nostro destino, a Nicholas in viaggio verso l’America, a quanto ci sarebbe mancato per quell’unica settimana che sarebbe stato via. Pensai ai miei esercizi di chitarra che quel pomeriggio avevo lasciato a metà per vedere un film con mio fratello, a Londra e a tutti noi, uomini, una massa di marionette nelle mani di qualcosa di superiore.

 

E mi domandai se la mia vita, poi, fosse tanto diversa da quella di tutti gli altri.

 

 

  
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