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Autore: HuGmyShadoW    09/07/2011    0 recensioni
Spesso, Georg si domandava che ruolo avesse nella band, quale fosse la sua posizione, come la gente lo vedesse.
Bill era quello bello, carismatico, quello divertente, stravagante e un po' infantile.
Gustav aveva l'etichetta di riservato, silenzioso, un osservatore poco imparziale dall'animo buono.
Tom era il casinaro, il SexGott, il donnaiolo, quello fin troppo sfrontato che andava con tutte.
E lui?

Un viaggio interiore alla scoperta del proprio io nel quotidiano caos di un pomeriggio con la propria band. Fra snack dalla dubbia funzione, film horror e Dive ferite, chi può dire chi sia davvero Georg Listing?
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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F r a m e




Era pazzo.
O perlomeno doveva avere qualche rotella fuori posto per mettersi a filosofeggiare davanti allo specchio. Insomma, parlandoci chiaro, non era mica Bill.
Con un sospiro si appoggiò al lavandino ghiacciato e strizzò forte gli occhi fino a vedere piccole stelle bianche esplodere nel buio.
Che gli prendeva? Non era da lui crollare in quel modo per una sciocchezza. No, non era da lui crollare e basta. Stava cambiando, tutto il suo mondo era in costante mutazione, da sempre, ma allora perché se ne stava rendendo conto solo ora?
Alzò la testa e ancora una volta incontrò il riflesso di un paio di occhi verdi opachi e malinconici. Esalò l'ennesimo sospiro studiando il proprio viso da tutte le angolazioni, fletté le braccia facendo un paio di sollevamenti sul bordo del lavandino, giusto per scaricare un po' di adrenalina, e infine si decise a tornare dai suoi compagni.
«Finalmente! Che ti è capitato, sei caduto nel cesso?»
Tom, fine come sempre.
Scosse la testa e si lasciò cadere pesantemente sul divano, proprio sopra a una busta di patatine.
«E sta' attento, scimmione; stai schiacciando i viveri».
Gustav stavolta. Alla faccia del giovanotto sensibile e perbenista.
«Georg, c'è qualcosa che non va?»
Il ragazzo alzò lo sguardo ad incontrarne uno nocciola, dolce e inspiegabilmente attento.
Si accigliò. «No, perché?»
«Hai una faccia strana» mugugnò quello ficcandosi in bocca una manciata di salatini. Questo era Bill, l'unico in grado di sfoderare un sesto senso da mamma esattamente nei momenti meno opportuni. Un giorno o l'altro gli avrebbe chiesto come diavolo ci riusciva.
«Volete stare zitti? Il film sta cominciando» grugnì Tom, stravaccato con eleganza coi piedi sul tavolino, un cuscino sulla pancia e una ciotola di popcorn accanto.
«Sono solo i trailer, manda avanti».
«Scordatelo, Gusti. Non vedi che pezzo di gnocca stanno passando?»
«Ma che te ne frega, vai al menu! I filmini porno te li guarderai quando sarai solo».
Suo malgrado, Georg sorrise: quando il caro, vecchio Gustav ci si metteva, risultava più piccato di un peperoncino messicano. Guardandolo con occhio esterno sembrava impossibile che un ragazzo all'apparenza tanto tranquillo e posato potesse dimostrarsi tanto testardo e rompiscatole. Ma d'altronde era stata proprio questa sua caratteristica doppia personalità che aveva sempre affascinato Georg. Lui, per quanto si sforzasse, non era in grado di chiudere a doppia mandata le emozioni in un angolo remoto della propria anima, e queste finivano sempre per fregarlo.
Come ora.
«Georg, sei sicuro che vada tutto bene?» intervenne a voce alta Bill per sovrastare i rumori animaleschi della lotta per il telecomando che si svolgevano proprio davanti a lui.
Il ragazzo lo fissò a lungo, nervoso, aprendo e chiudendo la bocca, indeciso. Se la sentiva di confidare i propri timori a quella specie di diva montata? Non aveva nulla contro Bill, sia chiaro, ma quando si trattava di ascoltare i problemi degli altri diventava incredibilmente acido oppure insopportabilmente dolce, e nessuno dei due atteggiamenti era prettamente indicato a risollevare il morale a qualcuno. Mentre il suo cervello lavorava febbrile, Tom e Gustav si separarono con strilli di rabbia e vittoria, quest'ultimo brandente il telecomando, e si voltarono verso di lui.
La decisione fu pressoché immediata.
«Ma certo, cosa vuoi che abbia?» rispose Georg scrollando le spalle e dimenandosi per tirare fuori le patatine spiaccicate. Figurarsi se poteva parlare dei deprimenti pensieri che gli vorticavano in testa davanti agli altri due: l'avrebbero preso in giro a vita.
«Qual è il film che abbiamo scelto, a proposito?» ruminò Bill sputando briciole di salatini addosso a Tom. Intimamente, Georg tirò un sospiro di sollievo e ringraziò la labile concentrazione del ragazzo.
«Quello più pauroso e sanguinolento dell'intera videoteca» rispose il gemello coi dread in tono cavernoso scoppiando poi in una risata malefica.
Dalla faccia di Bill sembrava che il ragazzo avesse preso uno schiaffo in pieno viso. «Ma Tomiiii! Avevi detto che prendevamo la commedia romantica!» piagnucolò stringendosi le lunghe gambe al petto.
«Ho mentito» sghignazzò Tom nella scarsa imitazione della voce della strega cattiva. «Figurati se prendevo quella roba sdolcinata da femminucce» sbuffò poi con la propria voce lanciandosi in bocca un popcorn. «Questo è appena uscito e dicono che sia una bomba, quindi taci e goditelo».
Bill mugugnò lamentosamente qualcosa di incomprensibile, poi agguantò un cuscino con la mano artigliata e si rannicchiò contro il fratello nascondendo il viso.
«E levati, sei appiccicoso!» sbottò Tom scrollandosi il fratello di dosso.
«Ma io ho paura!» strillò Bill sfoderando gli intramontabili occhi da Bambi. Nascosi un sorrisino con la mano per non rivelare che, in realtà, faceva il tifo per il Kaulitz più piccolo. Mi stiracchiai voluttuosamente dando una manata a Gustav, il quale rispose con fin troppa energia, dopodiché cercai di concentrarmi sul film. Inutile: la mente correva più veloce del vento e i pensieri si succedevano quasi più rapidamente delle gocce di pioggia che tamburellavano con energia i vetri delle finestre.
Il menù si aprì con uno strillo inquietante, che precedette lo squittio impaurito di Bill, la testa completamente nascosta dal cuscino. Mio malgrado mi focalizzai su di lui.
Quel ragazzo era incredibile, davvero. Riusciva a dimostrare una maturità anormale di fronte alle telecamere, solo quando gli pareva, chiaramente, e ai concerti sembrava un tutt'uno col pubblico; durante le prove non si lasciava sfuggire un lamento che fosse uno, ma appena fuori dallo studio eccolo trasformarsi in un ipocondriaco fatto e finito. Ciò che però aveva colpito Georg fin dal primo incontro era stata la sua inesauribile vitalità. Bill non era mai stanco, saltava qua e là tutto il giorno come una palla rimbalzante, neanche avesse delle batterie inserite nella schiena, e non la smetteva mai di parlare. Mai. Molto spesso, questa sua irrefrenabile energia sfociava in comportamenti infantili davvero adorabili, come stava succedendo in quel momento, oppure in un esagerato narcisismo, e in questo caso, a meno che non si chiudesse in bagno a passarsi maniacalmente la piastra o ad impiastricciarsi le unghie, Bill era raramente sopportabile.
Georg lo invidiava. Non era proprio un sentimento cosciente, piuttosto una sorta di fitta sorda all'altezza dello stomaco che ricompariva durante i pochi istanti di debolezza che, qualche volta, lo sopraffacevano.
Georg lo invidiava e lo ammirava. Perché lui non era mai stato e mai sarebbe diventato tanto espansivo, ed estroverso, e impulsivo rimanendo allo stesso tempo dolce, attento e coccolone. Gli aveva sempre bruciato non riuscire a dimostrarsi un po' più aperto, o un po' meno chiuso.
D'altronde, forse, essere Bill ventiquattr'ore su ventiquattro avrebbe bruciato tutta la sua dose di pazienza.
«Oh, questa scena devi vederla! Cazzo, che realismo. Dai, Bill, vieni fuori da là, non fa paura» esclamò Tom scrollando forte la spalla del fratello. Un occhio nocciola contornato dal perenne strato di matita nera fece capolino oltre il cuscino di protezione, sbirciò lo schermo, invaso dall'immagine del serial killer psicopatico intento nello squartamento di uno dei protagonisti e subito scomparve, seguito da uno strillo soffocato.
«Stupido, eccome se fa paura!» gridò con voce tremante allungandosi alla cieca per dare una manata al fratello.
«Sei tu che sei un idiota fifone» rise sguaiatamente Tom colpendo col piede il cuscino del gemello, che gli sfuggì dalle mani volando proprio oltre lo schienale. Ops.
Bill si lasciò sfuggire un «No!» intriso di terrore mentre seguiva con sguardo sbarrato la caduta della sua unica protezione, lanciò un'occhiata allo schermo e quasi simultaneamente si tuffò oltre il divano gemendo di paura.
«Finitela, non si sente niente!» tuonò Gustav lanciando una patatina al ketchup sulla testa di Tom.
Inorridito, il bassista levò una mano a nascondersi il viso e si infossò il più possibile contro il divano. Era la fine.
Tom si girò con lentezza esasperante, l'espressione non dissimile da quella del gemello quando aveva saputo che film avevano scelto a sua insaputa, e puntò lo sguardo su Gustav.
«Mi hai tirato addosso una patatina?» scandì mandando lampi dagli occhi. Georg gemette piano e si fece piccolo piccolo. Era iniziata l'apocalisse.
«Sì» rispose con aria di sfida il ragazzo biondo raddrizzando la schiena. «Facevi troppo casino, non si sentiva il film».
«Ma lo sai a chi hai tirato quella patatina?» riprese Tom sollevando l'arma incriminata con due dita.
“Ti prego, ti prego, non rispondergli, Gustav, ti prego...” supplicò mentalmente Georg desiderando possedere il dono della telepatia. Dato che però le sue capacità mentali erano solo appena sopra la norma e di poteri sovrannaturali non ne possedeva, il suo disperato pensiero non giunse a destinazione.
Difatti, il batterista si mise ancora più dritto e gonfiò il petto per sembrare più spaventoso.
«Eccome se lo so: l'ho tirata al cercopiteco cretino più casinaro, egocentrico, bisbetico...» Georg sibilò, «... impossibile, presuntuoso, arrogante...» Georg trattenne il respiro, «... insopportabile, tracotante e pure stupido del mondo» concluse con enfasi Gustav buttandosi a braccia conserte contro il proprio cuscino.
Georg allargò le dita e sbirciò attraverso di esse l'espressione del cercopiteco cretino, casinaro, egocentrico eccetera: sembrava dovesse ingoiare un limone intero da quanto aveva spalancato la bocca.
«Ah, davvero? È questo che pensi di me?» domandò Tom con un tono gocciolante ostilità.
«Evidentemente sì, dato che ho appena finito di dirlo» rispose tranquillamente Gustav.
«Ah, sì?»
«Sì».
«Allora prendi questo!»
E così ebbe inizio la battaglia. Per poco non si tuffò anche Georg dietro il divano assieme a Bill (a proposito, come mai non era ancora riemerso?), limitandosi invece a sollevare il proprio pacchetto di patatine schiacciate e mettere al riparo i suoi preziosi capelli.
Ben presto, le imprecazioni e gli insulti si trasformarono in risate spensierate e i pezzi di cibo volanti diminuirono fino a scomparire del tutto. Georg abbassò cautamente le patatine e finalmente poté rilassarsi constatando che tutto era tornato già sereno e tranquillo; il bello di quelle battaglie era che non duravano mai abbastanza per finire tutte le scorte di cibo. E infatti, i due combattenti già si stavano abbracciando goffamente – più che altro sembravano affettuosi lottatori di wrestling, ed era per essere gentili – e si affrettavano a riporre le armi, ossia a ingollarle come se fossero il loro ultimo pasto. Ah, gli adolescenti.
«È finito?» pigolò Bill facendo capolino proprio alle spalle di Georg, che trasalì dallo spavento.
«Siamo solo all'inizio, cagasotto. Siediti e smettila di fare l'idiota» bofonchiò Tom, la bocca talmente piena di popcorn che Georg si chiese come riuscisse ad articolare parole complete.
Il pregio di Tom – perché sì, almeno uno ne aveva, oltre alla impressionante (per lui) capacità di coordinazione, indispensabile per suonare la chitarra – era il fatto di riuscire a far ridere, sempre e in ogni occasione. Sembrava avesse una scorta inesauribile di battute, smorfie assurde e nomignoli impensabili che sfoderava senza ritegno anche davanti alle telecamere, e non c'era persona con cui si risparmiasse. Georg aveva capito fin da subito che in realtà il ragazzo si serviva della sua apparente dimestichezza con le parole per mascherare un carattere timido e ipersensibile, ma ciò non gli aveva impedito di diventare il suo migliore amico, anzi, ne aveva accresciuto il fascino. Insomma, chi non vorrebbe un amico cretino con la battuta pronta che ti procura ragazze ogni volta che vuoi con un semplice sorriso, e che nei momenti seri si trasforma in una specie di topolino paranoico e insicuro? Probabilmente la metà sana della popolazione mondiale ne starebbe alla larga credendolo uno schizofrenico o qualcosa di simile, ma essendo Georg nettamente posizionato nella metà non-sana (bastava guardare i pazzi con cui conviveva), nulla lo tratteneva dal frequentare Tom. Perlomeno, le rimorchiate erano assicurate.
Molte volte Georg aveva provato ad assomigliargli, ad affilare la lingua e a fregarsene del giudizio altrui, ma le occhiate che gli riservava la gente quando cominciava a comportarsi diversamente da ciò per cui era conosciuto continuavano a scalfirgli implacabili la corazza, e alla fine aveva lasciato perdere. In momenti di crisi (di nuovo, vedi quello in corso) si sentiva un Tom mancato: i precedenti li aveva, la voglia di essere ammirato sgorgava a fiotti e la timidezza non mancava, eppure non riusciva che a chiudersi in se stesso giorno dopo giorno, sempre di più.
Georg batté gli occhi e fissò atterrito il rasta, impegnato nella piuttosto visibile e disgustosa masticazione di una patatina. Davvero stava pensando di voler essere come lui? Come Tom?! Dio, aveva bisogno di uno psicologo, e subito!
«Georg» pigolò Bill battendogli sulla spalla. «Mi passeresti il telecomando?»
Il ragazzo sospirò. «Poi si incazzano, lo sai». Oh, come gli sarebbe piaciuto veder Tom perdere le staffe. Non viveva che per momenti come quelli, quando il rasta diventava talmente rosso da confondersi con la tappezzeria e tutto ciò che riusciva a fare era stringere i pugni e urlare frasi sconnesse. Inutile aggiungere che poi lo prendeva per il culo finché memoria durava rinfacciandogli la sua tendenza ad arrossire come una mammola. Rimediava qualche “amichevole” pugno, è vero, ma ne valeva la pena, specie se dopo un po' il diretto interessato se ne andava pestando i piedi. Lo faceva sentire in pace col mondo, ecco.
«Per piacere, su. Non lo faresti nemmeno per me?» insistette Bill sbattendo le ciglia chilometriche. Georg lo fissò giusto un paio di secondi. «Ok, fammi da diversivo».
Il ragazzo gli sorrise sornione, poi si acquattò dietro il divano e Georg non lo vide più. Si guardò intorno. Tom era perso nella contemplazione quasi mistica dello schermo, la bocca piena e spalancata dalla mascella cascante, Gustav fissava dritto davanti a sé e ogni tanto la testa gli ciondolava sul collo. Il telecomando stazionava intoccato e a portata di mano, appena un po' in bilico, sul bordo del tavolino. Forse, se allungava un po' di più il piede e provava a prenderlo fra alluce e indice...
Bill decise di mettere in pratica il suo diversivo proprio in quel momento: spiccò un salto da cavalletta atrofizzata strillando come un ossesso e rovinò senza riguardi contro suo fratello in un indistricabile intreccio di braccia e gambe scalcianti.
Tom strillò come un ossesso dimenandosi per togliersi un ginocchio fasciato di jeans dalla faccia. «Bill! Dannato...» esclamò, ma nessuno seppe mai cosa volesse aggiungere perché una gomitata involontaria soffocò le sue imprecazioni.
«Gara di solleticooo!» strillò Bill pizzicando con le dita artigliate qualunque centimetro del gemello a sua disposizione e lanciando poi un'occhiata allusiva, ma purtroppo inutile, a Georg. Questi infatti era troppo impegnato a piegarsi in due dalle risate per ricordare la sua missione e Gustav era ormai partito per il mondo dei sogni – come riuscisse a dormire con un tale fracasso rimaneva un mistero. Bill roteò gli occhi, si districò dall'ammasso di stoffa ululante che era Tom e si gettò sul telecomando. Lo brandì trionfante e senza indugi fermò il film, proprio un attimo prima che il maniaco raggiungesse l'ennesima ragazza urlante.
«Che diavolo fai, idiota?» sbraitò Tom riprendendo fiato.
«Dato che non mi avete ascoltato ora pagate e restate senza film» gli fece una linguaccia Bill.
«Neanche per idea! Molla il telecomando, cretino!»
Tom balzò in piedi con agilità sorprendente e prese a rincorrere il fratello, che strillò in tono acutissimo e corse via, scomparendo nell'atrio.
Georg tese le orecchie. Udì porte sbattute, intimidazioni, altre grida e poi l'esclamazione di trionfo del vincitore. Chissà chi aveva vinto...
La porta del salotto si riaprì di colpo, facendo sobbalzare il bassista. Ne uscì Tom, scompigliato e col cappello di traverso, un sorriso vittorioso che gli andava da orecchio a orecchio. Nella mano tutta graffiata, il telecomando riluceva sotto la luce della lampada a stelo.
«Finalmente possiamo riprendere» sospirò con tranquillità buttandosi di peso accanto a Gustav, il quale si svegliò in un sussulto. Premette play e il maniaco agguantò la ragazza per i capelli. Tom emise un gridolino di eccitazione, completamente preso dalla trama, già dimentico della battaglia appena consumata.
«E Bill?» chiese Georg.
Tom scrollò le spalle, distratto, e contemporaneamente dei passi pesanti rimbombarono nella stanza.
Alzarono tutti gli occhi, tranne Tom che era troppo concentrato ad analizzare lo sgozzamento di un ragazzo per voltarsi.
Bill era lì, dritto in piedi, i pugni stretti lungo i fianchi e i capelli più in disordine che mai.
«Tom!» strillò con voce tremula. «Non è valido che abbia vinto tu, non è giusto! Non hai nessuna pietà per il tuo povero fratellino?»
Tom non rispose, riavvicinò la ciotola delle patatine e se ne lanciò con precisione una in bocca.
Il mento di Bill tremò.
«Bene!» gridò con forza. Alzò la testa, batté un colpo di tacco e se ne uscì a grandi falcate sbattendo con violenza la porta.
Georg sospirò. Non gli piaceva quando i gemelli litigavano, anche se si trattava quasi sempre di liti momentanee come quelle. In qualche modo, era sempre convinto di esserne un po' responsabile. Una conseguenze dell'essere il maggiore, probabilmente.
Per di più, se non si andava subito a consolare Bill c'era il rischio di ritrovarsi a coabitare con una primadonna incazzata nera, o peggio, con un piccolo fantasmino depresso che spuntava dagli angoli più impensati facendo venire un infarto a chiunque assalendo il malcapitato con la sua più irresistibile espressione triste.
Il ragazzo spostò gli occhi verdi sui due compagni rimasti. «Chi ci va stavolta?»
Tom scrollò ancora le spalle e grugnì qualcosa che pareva un dissenso.
Gustav crollò la testa di lato, lasciò cadere il braccio e si espresse in un'illuminante russata.
«Va bene, ho capito» sbuffò Georg. Si alzò stiracchiando i muscoli delle gambe e con una determinazione appena superiore alla sua volontà di alzarsi di lunedì mattina ciabattò fino alla stanza di Bill, che, ovviamente, era chiusa.
Alzò una mano e senza indugi batté due colpi leggeri. «Bill? Mi apri?» chiese.
«Vattene» rispose una voce intrisa di lacrime.
«Avanti, non fare così. Sono un tipo sensibile, potrei mettermi a piangere anch'io» finse sporgendo il labbro inferiore anche se non poteva vederlo. «Parliamo, ti va?»
Dall'altra parte solo silenzio.
«Bill?» chiamò di nuovo.
Ancora nessuna risposta. Georg scosse la testa e rinunciò, già riflettendo mestamente se portarsi appresso uno specchio per girare gli angoli oscuri o stazionare direttamente in cucina, e proprio allora, con uno scatto, la porta si aprì.
«Entra» tirò su col naso un Bill dagli occhi rossi.
Georg obbedì e prima che il cantante chiudesse la porta si lasciò cadere sul letto, rimbalzando un paio di volte.
«Allora, qual è il problema?» andò subito al sodo: sapeva che a Bill non piacevano i troppi giochi di parole.
«Tom! Ecco qual è!» esclamò Bill sbarrando gli occhi e mulinando le braccia.
«Sai com'è fatto...» azzardò Georg.
«E lui sa come sono fatto io, no? Sa benissimo che non mi piacciono i film horror, eppure lui li prende lo stesso. E sa benissimo quanto mi dia fastidio non essere ascoltato, come sa benissimo che non mi piaccia affatto essere chiamato “cretino”, “idiota” o altro! Siamo gemelli, cavolo! Tutte queste cose dovrebbe saperle!»
«Ma lui le sa».
«Non direi» ghignò amaramente.
Georg sorrise. «Bill, non lo capisci? Siete fratelli. Gemelli, come hai specificato. È normale litigare quando si ha un rapporto tanto profondo. A Tom piace creare casini, lo sai, e ancor di più gli piace provocarti. È fatto così».
«Che dovrei fare allora? Sorridere, dirgli grazie ed essere felice perché a quanto pare per lui sono solo un deficiente patentato?»
«Sai che non la pensa così. Se non mi fossi offerto io sarebbe venuto lui stesso in dieci minuti al massimo per scusarsi».
«Come fai a saperlo?» mugugnò Bill facendo il broncio.
«Perché questa è l'ottava volta che litigate solo questa settimana e tutto questo teatrino si ripete sempre uguale» alzò gli occhi verdi al cielo.
«È che Tom è così stupido!...» inveì Bill sedendosi accanto al bassista.
«Oh, eccome. Ma vorresti dirmi che non ti annoieresti con un gemello cervellone e so-tutto-io?» ghignò.
Bill ci rifletté qualche secondo, poi alzò la testa e sorrise. «Hai ragione, non sarebbe divertente».
«Bravo, hai capito. Avanti, fa' sparire quel broncio e torna di là. Troveremo il modo per fargliela pagare» sorrise Georg dando un paio di pacche affettuose sulla schiena al cantante, che rimase comunque senza fiato.
«Stavolta che ne dici se gli mettiamo le ciabatte nel freezer?» propose Bill alzandosi.
«Dico: perché non gli congeliamo anche il cuscino?» rise Georg dirigendosi verso la porta.
Bill si illuminò. «Questa sì che è un'idea! Ora torno di là, ormai dovrebbe essere finito quel dannato film». Fece per andarsene, ci ripensò, tornò indietro e si gettò al collo del bassista, cogliendolo di sorpresa.
«Grazie, Hagen. Meno male che ci sei tu» mormorò. Si staccò, gli regalò un enorme sorriso e schizzò via in un turbine di capelli.
Georg non lo seguì. Rimase immobile come una statua in mezzo alla stanza disordinata a ripetersi le parole di Bill.
“Meno male che ci sei tu”.
Spesso, Georg si domandava che ruolo avesse nella band, quale fosse la sua posizione, come la gente lo vedesse.
Bill era quello bello, carismatico, quello divertente, stravagante e un po' infantile.
Gustav aveva l'etichetta di riservato, silenzioso, un osservatore poco imparziale dall'animo buono.
Tom era il casinaro, il SexGott, il donnaiolo, quello fin troppo sfrontato che andava con tutte.
E lui?
Qual era il suo posto in un quadro così ben strutturato, così pieno di colori da non trovare posto per altre pennellate?
Da quando era entrato nella band era stato il suo pensiero fisso, l'unico compagno delle sue notti insonni. Spesso cercava di soffocarlo col fragore tonante del suo basso ma nonostante ciò, quello scivolava nella sua mente, attecchendo come un'erbaccia.
Georg si era sempre sentito fuori fuoco, soggetto immobile di una fotografia venuta male.
Fuori contesto, fuori dal mondo, fuori di sé quando si scopriva a scervellarcisi sopra ancora e ancora.
Ci aveva riflettuto, eccome, senza mai trovare una risposta. Ma quel giorno, inaspettatamente, la risposta aveva trovato lui.
“Meno male che ci sei tu”.
Era così semplice, così chiaro, e non l'aveva mai capito.
Era lui, Georg, a tenerli tutti insieme.
Era lui la cornice del quadro, l'unico sostegno in grado di mantenere uniti e proteggere tutti quei colori vivaci.
Era lui, a scattare la foto, non ad esserne il soggetto.
Il peso della rivelazione lo investì come un auto in corsa.
Avrebbe dovuto sempre saperlo, in fondo.
Chi era a spalleggiare Tom in ogni sua idea più insensata?
Chi aiutava Gustav a rilassare i muscoli dopo ogni concerto e poi gli offriva da bere?
Chi, come in quel caso, ascoltava le filippiche di Bill senza battere ciglio e assecondava la sua voglia di orsetti gommosi?
Sempre lui. Georg era la cornice, il sostegno.
Se lo ripeté a mente, se lo sussurrò, provò a masticarlo per vedere che sapore aveva.
Un sorriso dapprima timido e poi sempre più euforico gli illuminò le labbra.
Sì, funzionava.
Rise fra sé, assaporando la sensazione di completezza che gli si spandeva come vapore dallo stomaco fino ad ogni sua terminazione nervosa, poi imboccò la porta e si diresse in salotto.
Dai suoi amici. Dai suoi colori sulla tela.
Esitò un momento prima di aprire la porta, si appoggiò al muro e chiuse gli occhi. Per la prima volta percepiva con chiarezza la meravigliosa esperienza di avere una band, di essere vicino a dei compagni così speciali. Apprezzò immensamente il suono greve e quasi inudibile che produceva il suo basso, fondamentale per fornire un appoggio alla melodia e alla voce di Bill.
E immaginò chiaramente la scena che gli si sarebbe presentata davanti: una volta entrato, tre teste si sarebbero voltate nella sua direzione e tre sorrisi diversi ma ugualmente meravigliosi l'avrebbero salutato, ne era sicuro. Georg avrebbe risposto con un sorriso ancora più ampio, poi avrebbe dato una spinta giocosa a Gustav, svegliandolo anche sapendo di scatenare in questo modo tutta la sua ira, rabbia che avrebbe soffocato in un abbraccio capace di lasciare senza parole il batterista. Tom avrebbe fatto una battuta pungente sperando di farlo arrabbiare, ma Georg avrebbe riso, gli avrebbe rubato gli snack e quando il ragazzo avesse provato a riprenderseli l'avrebbe intrappolato in una stretta nella quale avrebbe cercato di riversare tutto il suo affetto. L'avrebbe lasciato andare e si sarebbe semplicemente voltato verso Bill, sorridente e luminoso come suo solito e si sarebbe fatto avvolgere dalle sue braccia esili, concedendogli ancora una volta di condurre i giochi, di farlo sentire padrone anche di piccole cose come quelle. In risposta ai loro sguardi interrogativi avrebbe semplicemente sorriso ancora per poi mettersi a sedere e fingere di addormentarsi, intimamente felice del suo ruolo marginale.
Georg riaprì gli occhi, prese un bel respiro e girò con sicurezza la maniglia. Era lui ad andare incontro al suo futuro, ora.















Note: Non sono soddisfattissima di com'è uscita questa shot, forse perché mi ero prefissata un obiettivo troppo alto, o perché ho provato a distaccarmi un po' dal mio stile abituale. Se il risultato è stato più o meno distastroso tocca a voi giudicare. Ah, l'età dei ragazzi non è specificata, immaginateli pure a che stadio evolutivo volete. (:
Tutto questo "sfogo creativo" per dare un po' di spazio in più all'uomo alato della mia vita conosciuto anche come Mr. Listing, così spesso messo da parte - a torto - per i due Kaulitz. Spero, come ho provato a immaginare qui, che effettivamente ciò non gli dispiaccia così tanto!




   
 
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