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Autore: Ari_92    10/07/2011    9 recensioni
Ciao a tutti! Questa è la mia prima ff e spero vi possa piacere :)
Mi sono chiesta come sarebbero andate le cose se Kurt se Blaine si fossero conosciuti qualche annetto prima di quel giorno alla Dalton, e magari in altre circostanze.
Così è nata questa storia che mi auguro sia leggibile ^^ Ovviamente sono ben accetti suggerimenti, pareri e consigli. Anzi ve ne sarei molto grata dato che sono alle prime armi :)
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era un caldo pomeriggio di fine maggio, quel genere di giorni in cui perfino in  una cittadina sperduta come Lima le strade brulicavano di grandi e piccini, che si godevano la bella giornata con tanto di gelati gocciolanti in mano.

Praticamente nessuno era rimasto in casa, quel pomeriggio. Insomma, quasi nessuno.
Kurt Hummel era chiuso nel seminterrato dove aveva da poco trasferito la sua stanza, intento a contemplare la sua immagine riflessa nello specchio.
Prese a contare mentalmente i nuovi lividi che si erano recentemente formati sulla pelle chiara delle braccia, evitando accuratamente di incontrare i suoi stessi occhi nel riflesso: si rifiutava di mettersi a piangere di nuovo.
Era successo. Ancora.
Quella mattina aveva passato l’intervallo a sfogliare riviste con Mercedes e le ragazze, invece di unirsi al gruppetto di ragazzini che giocavano a football.
Aveva notato in effetti diversi occhi puntati su di lui quando non era andato con gli altri, e anche qualche commento bisbigliato alle sue spalle, tuttavia aveva deciso di non darci troppo peso. Mossa sbagliata, naturalmente.
“Devi smetterla di fare la ragazzina!” Gli avevano urlato all’uscita di scuola, solo poche ore prima. Non disse niente: era abituato a commenti di questo genere, anche se non riusciva davvero a capire cosa ci trovassero i suoi coetanei nel football e, soprattutto, perché gli importasse tanto che a lui non interessasse per niente.
“Ehi! Guardami in faccia quando parlo con te!” Kurt però non voleva guardare in faccia proprio nessuno, anche perché se l’avesse fatto, se avesse visto con che occhi lo fissavano gli altri ragazzini non era sicuro di riuscire a non piangere, cosa che non avrebbe fatto altro che dare loro un motivo in più per dargli della femminuccia.
“Dove pensi di andare?!” Non si era nemmeno accorto di essersi messo a correre, poco importava comunque, lo stavano già strattonando per un braccio.
Qualche spinta, qualche risata, qualche minaccia. Kurt aveva tenuto gli occhi chiusi tutto il tempo.
Non sapeva esattamente quanto fosse durato, ma rimase seduto a terra per svariati minuti, anche dopo aver sentito distintamente un rumore di passi allontanarsi fino a sparire.
 
Non succedeva sempre, ma ultimamente abbastanza spesso da essere diventato davvero difficile da sopportare. Certo, aveva le sue amiche, ma loro non potevano difenderlo in alcun modo e, soprattutto, non avrebbe mai permesso a nessuno di vederlo in quelle circostanze.
Si era anche chiesto quale fosse il vero motivo per cui lo trattavano in quel modo, per il quale nessun ragazzo era gentile con lui, ma non riusciva a darsi una spiegazione: sapeva solo che non avrebbe mai trovato un amico maschio, che non lo picchiasse insomma; quello era poco ma sicuro.
 
Kurt sospirò, sfiorandosi i lividi con la punta delle dita. Se solo avesse potuto ricominciare da capo alle superiori, se solo avesse avuto la certezza di dover sopportare soltanto un altro anno con quelle persone, allora magari non sarebbe stato così devastato.
Ma purtroppo era nato a Lima e i suoi compagni di seconda media se li sarebbe ritrovati tutti quanti al liceo, due anni più tardi.
 
Proprio mentre emetteva l’ennesimo sospiro della giornata il suo cellulare, che gli era stato regalato per il compleanno, squillò. Lanciò un ultimo sguardo allo specchio prima di rispondere.
“Pronto?”
“Ciao Kurt! Com’è andata oggi a scuola?”
“..Bene. Tutto bene.”
“Perfetto. Potresti venirmi a dare una mano in officina? Oggi ho molto lavoro da fare ed è ora che cominci a imparare un po’ di cose sui motori.” Kurt alzò gli occhi al cielo, ma non si sentì comunque di rifiutare.
“Arrivo subito.”
Sembrava davvero caldo là fuori. Kurt scelse velocemente una maglietta  a cui non teneva in modo particolare, poco importava se si fosse sporcata di grasso, olio e altre schifezze simili. Diede un’ultima occhiata alle sue braccia puntellate di viola, prima di riporre la maglietta e sceglierne una a maniche lunghe.
 
“Ti dispiace dargli una ripulita?” Chiese Burt Hummel indicando distrattamente un parabrezza impolverato, dopo aver finalmente rinunciato a insegnare a suo figlio come sostituire un carburatore.
“Sì, questo dovrei essere capace di farlo..” Si arrotolò le maniche armandosi di spray e panno.
“Aspetti qualcuno in particolare?”
“A dire il vero sì: lo stesso che era venuto qualche settimana fa a chiedermi informazioni sui prezzi delle auto d’epoca. Non ho idea di cosa voglia questa volta, ma a giudicare dalle cifre che ha a disposizione potrebbe essere un cliente importante.” Kurt annuì appena, continuando a passare lo straccio sul parabrezza.
“Kurt.. Cosa..?” Il ragazzino incontrò lo sguardo del padre, che fissava con tanto d’occhi i suoi avambracci. Con un gesto rapido si riabbassò le maniche, maledicendosi per la sua disattenzione.
“Sono caduto.” Si affrettò a dire, rifiutandosi di ammettere come stavano veramente le cose: sapeva quanto fossero importanti per suo padre le partite di football, i motori e altre cose del genere. Non voleva deluderlo facendogli sapere che a lui quelle cose non importavano, ed era proprio per questo che veniva trattato in quel modo, che si procurava quei lividi.
Prima che Burt potesse aggiungere qualsiasi cosa il campanello all’ingresso dell’officina trillò, annunciando un nuovo cliente.
Kurt lanciò un’occhiata distratta all’uomo appena entrato, senza smettere di lucidare il parabrezza.
“Buongiorno signor Anderson, la stavo giusto aspettando!” L’uomo mise su quella che sembrava tanto una faccia di circostanza.
“Buongiorno.. Senta, ci servirebbero alcuni pezzi di ricambio: ho sentito che la sua officina è piuttosto fornita, perciò..”
Il signor Anderson mosse qualche passo verso Burt, mostrando un ragazzino che, evidentemente, era rimasto dietro di lui tutto il tempo.
 
Kurt si stupì: era convinto di aver visto tutti i ragazzini di quel buco di città ormai, evidentemente si sbagliava.
Aveva una quantità spropositata di riccioli neri, sparati in tutte le direzioni. In quel momento erano particolarmente buffi perché gli cadevano tutti sulla fronte e sugli occhi, così era costretto a spostarli continuamente, cosa che lo faceva arrabbiare ancora di più di quanto non lo fosse già.
A Kurt veniva da ridere: quel bambino mingherlino, imbronciato e un po’ più piccolo di lui era davvero buffo. Ovviamente si trattenne dal ridergli in faccia.
Notò anche, da dietro il suo parabrezza, che aveva un colore di occhi davvero insolito: non un nocciola comune, di quelli che si vedono in giro, no. Aveva una strana luce, un particolare riflesso che lo faceva avvicinare al color oro. Era davvero carino.
Kurt scosse la testa, come per scacciare quel pensiero: era già successo che trovasse carino un altro ragazzo, il quale l’aveva giustappunto spintonato in mattinata. Mai una botta gli aveva fatto tanto male.
“Blaine! Cosa fai lì impalato?!” Quello aggrottò le sopracciglia, sbuffando sonoramente.
“Non voglio riparare la macchina papà!” Protestò quel ragazzino minuscolo che a quanto pareva si chiamava Blaine. Kurt sussultò al suono della sua voce: non era quella di un bambino. Forse dimostrava meno anni di quelli che aveva. Il signor Anderson lanciò un’occhiataccia al figlio, rivolgendo poi un sorriso tirato a Burt, mentre scompigliava i capelli di Blaine.
“Questi ragazzi.. Cambiano idea continuamente!”
“Cosa?! Ma io non ti ho mai detto di voler..”
“Bene signor Hummel! Mi potrebbe mostrare alcuni pezzi per favore? Blaine, se devi essere tanto maleducato puoi anche aspettare qui.” Il ragazzino incrociò le braccia sul petto, Burt gli sorrise.
“Stai pure qui, puoi rimanere con Kurt.” Il signor Anderson e suo figlio si voltarono finalmente verso l’auto dietro cui Kurt era semi nascosto.
L’uomo, vedendolo, sembrava raggiante.
“Così aiuti già tuo padre in officina! Dovresti prendere esempio da lui, Blaine!” Blaine, però, non sembrava nemmeno aver sentito quelle parole. Si limitava a fissare Kurt accennando un timido sorriso, per la prima volta da quando aveva messo piede in quel posto.
Oh. Se Kurt aveva pensato che Blaine da imbronciato fosse carino, ora lo trovava decisamente più che carino. Sorrise di rimando anche lui, sperando di non sembrargli troppo stupido, con quella maglia a maniche lunghe in maggio.
“Da questa parte, signor Anderson.” L’uomo seguì Burt nello stipato magazzino dell’officina, lasciando Kurt e Blaine nell’ingresso.
 
Si guardarono in silenzio per qualche lungo instante. Kurt non riusciva ancora a trovare un nome che rendesse giustizia al colore degli occhi dell’altro, cosa che in effetti lo innervosiva parecchio. Si accorse d’un tratto che lo stava fissando da troppo tempo, si sentì un idiota maleducato, così riprese a strofinare il parabrezza.
“Ciao.” Cominciò poco dopo il ragazzino riccioluto, avvicinandosi all’auto che Kurt non accennava a voler lasciare in pace.
“Io sono Blaine.” Kurt alzò finalmente gli occhi dal vetro, incontrando le iridi color oro di fronte a lui. Era strano: era passato un sacco di tempo dall’ultima volta che aveva parlato con un ragazzo, in modo civile insomma. Nessuno si era mai preoccupato di essere gentile con lui.
“Io sono Kurt, piacere.” Gli sorrise di nuovo, rimettendosi subito a strofinare. Si sentiva piuttosto in imbarazzo a dire il vero, soprattutto perché quel Blaine era qualcosa in più che carino, e stava parlando con lui. Non che avesse molta alternativa comunque: erano da soli nella stanza.
“Che fai?”
“Io.. mmh.. Pulisco la macchina dalla polvere.”
“A me sembra già pulita.” Osservò Blaine squadrando l’auto.
“In effetti..” Ammise Kurt rassegnandosi all’appoggiare panno e spruzzino. Blaine ridacchiò e così fece anche lui. La risata di Blaine era davvero fantastica.
“Aiuti spesso tuo padre, con le macchine intendo?” No. Quella era la prima volta che ‘aiutava’ suo padre in officina. Prima di tutto perché non ne aveva mai avuto bisogno, poi a lui non piaceva sporcarsi i vestiti di grasso, e non ci capiva un accidente di motori.
“Sì.. spesso..” Mormorò ad occhi bassi. Probabilmente a Blaine piacevano il football, i motori e tutto il resto. Non era un suo compagno di scuola, non sapeva niente di lui, magari così gli sarebbe risultato simpatico.
“..Davvero?” Kurt tornò a incontrare lo sguardo del ragazzino, che adesso aveva appoggiato i gomiti sul cofano della macchina, e lo guardava col tipico sorrisino di chi la sa lunga stampato in faccia. Non aveva idea del motivo per cui si sentiva in quel modo, eppure sapeva di non essere in grado di mentire a quel mezzo sconosciuto con gli occhi color oro.
“..No.” Blaine rise di nuovo.
“Insomma, non sono molto portato per questo genere di cose..” Spiegò indicando con un cenno del capo l’ambiente circostante.
Blaine sgranò gli occhi, facendo pentire all’istante Kurt della sua sincerità. Ora anche quel ragazzino gentile avrebbe preso ad additarlo come ‘quello strano’.
“Dici sul serio? Anche tu?!” Kurt lo guardò a bocca aperta, espressione riflessa anche nel viso di fronte al suo.
“Ma.. Tu non ripari l’auto con tuo padre?”
“Sì, ma solo perché mi obbliga.”
“Ah sì? E perché?”
“Perché.. Mmh..” Blaine abbassò gli occhi sul cofano, arrossendo leggermente.
Kurt trovò che fosse poco carino indagare, soprattutto perché si conoscevano da pochi minuti e l’argomento sembrava metterlo piuttosto a disagio.
“..Comunque non ti ho mai visto da queste parti. Dove vai a scuola?”
Blaine sembrò sollevato dalla domanda, o più presumibilmente dal cambio di conversazione.
“Abito fuori città e frequento una scuola privata dalle mie parti. Alle superiori però andrò in una scuola pubblica.” Spiegò.
“Oh. E quindi tu quanti anni hai?”
“Dodici. Quasi tredici in realtà.”
“Anche io ne ho dodici, ma li ho compiuti da poco.” Blaine ridacchiò nel vedere l’espressione di Kurt, che in effetti era piuttosto sorpreso che quel ragazzino fosse più grande di lui.
“Lo so, non dimostro gli anni che ho.” Rise il riccioluto e anche Kurt, contento che non se la fosse presa.
Proprio in quel momento Burt Hummel rientrò nella stanza seguito dal signor Anderson, che reggeva tra le mani svariate parti di motore, piuttosto soddisfatto.
“La ringrazio signor Hummel! Torneremo presto per nuovi pezzi di ricambio: vedremo fino a che punto è ridotta male quella vecchia carcassa!” Kurt sorrise, felice che forse avrebbe potuto rivedere Blaine. Si sentiva un po’ stupido in effetti: avevano parlato solo pochi minuti dopotutto. Eppure Kurt era certo che ci fosse qualcosa di speciale in lui, anche perché era l’unico ragazzo che lo trattava con gentilezza, o almeno lo avrebbe fatto fino quando sarebbe rimasto all’oscuro dei suoi interessi, decisamente diversi da quelli dei suoi coetanei.
“D’accordo allora, a presto! È stato un piacere fare affari con lei signor Anderson.”
I due si strinsero la mano.
“Spero che questo ometto ti abbia infuso lo spirito giusto per riparare la macchina, Blaine.” Affermò l’uomo guardando con orgoglio Kurt, che insieme a Blaine soffocò a stento una risatina. Era bello sapere che non era l’unico a detestare i motori.
“Coraggio, la vecchia carcassa ci aspetta!” Esclamò battendo la mano sulla spalla del figlio, che roteò gli occhi facendo sorridere Kurt.
“Ciao Kurt!” Gli fece Blaine, regalandogli un ultimo sorriso. Senza sapere perché Kurt si ritrovò incapace di spiccicare parola, così si limitò a sorridergli.
“Ciao..” Mormorò quando l’altro era ormai fuori dall’officina.
 
Kurt, mentre riprendeva a strofinare il suo parabrezza, decise che sì: non vedeva l’ora di rivedere Blaine. 
  
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