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Autore: Arwen297    11/07/2011    10 recensioni
Gesto che provoco per pochi secondi che sembrarono durare un eternità un incontrarsi delle loro mani. Un contatto delle loro pelli. Una scintilla che si accese. Un fuoco che iniziava ad ardere dentro di loro. Un arrossarsi sul viso della ragazza dai capelli verde acqua.
[One Shot iscritta al concorso: "One Shot dell'estate]
APPORTATE MODIFICHE ALLA TRAMA
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena | Coppie: Haruka/Michiru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Desclaimer: I personaggi appartengono al manga Bishojo Senshi Sailor Moon di Naoko Takeuchi che ne detiene i crediti e non alla sottoscritta. Questa storia è frutto della mia sola e unica fantasia e non è pubblicata a scopo di lucro.

Note al Racconto: Racconto iscritto al concorso One – Shot dell’estate.

Note dell’Autrice: Come al solito preferirei non ricevere recensioni dal pubblico maschile perchè sono fidanzata. Come One Shot è un po’ lunga ma spero comunque che possa essere di vostro gradimento =)

L’Estate che Mi cambiò La vita

Era una delle tante giornate che affollavano le sue estati: calda, con un’afa a dir poco soffocante e lei al contrario di qualsiasi altra ragazza di sedici anni era costretta a rimanere nel salone di casa dove era solita seguire le lezioni di musica con il suo insegnante privato.

Erano estremamente noiose, non per vantarsi ma era perfettamente conscia che suonando il violino da quando aveva cinque anni ormai non aveva più niente da imparare e anche il suo insegnante non sapeva più che cosa farle fare. I suoi genitori nonostante avesse più volte richiesto di non dover più studiare la musica, occupando così il suo tempo libero sulla spiaggia a poca distanza dalla villa di famiglia, come ogni ragazza che si rispetti, i suoi desideri furono lasciati cadere nel vuoto perché erano semplicemente delle richieste inutili.

In fondo questo atteggiamento di apatia e disinteresse nei confronti della sua vita, dei suoi desideri era una delle tante regole della famiglia, ciò che importava veramente a casa era la carriera di sua madre e quella di suo padre, per non parlare poi del percorso lavorativo che i suoi genitori avevano già immaginato per lei senza chiedersi veramente ciò che volesse realmente fare. Perché , stando a loro erano solamente tanti capricci i suoi. Erano arrivati anche a individuare un possibile futuro sposo per la giovane promessa della musica classica giapponese, un buon partito anche lui primogenito di una famiglia piuttosto in vista della Tokyo benestante.

Tutto questo le dava la nausea.

La faceva sentire soffocata.

Era in una prigione di cristallo.

Fissò fuori dalla finestra del grande salone il mare davanti a se, vederlo la rilassava, la tranquillizzava sembrava quasi che lui sappesse quanto erano simili. Quanto fosse simile lui al suo carattere a volte tranquillo, a volte tormentato come gli scogli durante una mareggiata.

“Signorina Kaioh un po’ di attenzione la prego, cosa le succede? La vedo molto distratta oggi” le disse il suo insegnante un uomo sulla sessantina d’anni, dai capelli brizzolati e dallo sguardo severo di chi ha un enorme cultura alle sue spalle.

“Si ha ragione professore, sa vorrei tanto essere una ragazza normale. Voglio andare al mare. Ora”

“Signorina la prego i suoi genitori mi hanno pagato tre ore di lezione, lei ne ha svolto solamente una; deve ancora esercitarsi in composizione e solfeggio”

“Sa meglio di me che potrei leggere ad occhi chiusi qualsiasi spartito musicale, e poi niente storie ho deciso.” Rispose. Si diresse verso la porta ben decisa a godersi una giornata di sole come qualsiasi persona normale. Andò verso la sua camera eccitata dall’idea che finalmente poteva compiere un azione che aveva deciso di fare con la sua testa, senza la paura di una sgridata o di essere ignorata, i suoi infatti sarebbero stati fuori per ben dieci giorni, ma era spaventata. Spaventata al solo pensiero della reazione dei suoi genitori al loro ritorno, era a dir poco terrorizzata, una bella sgridata non gliel’avrebbe tolta sicuramente nessuno e i coniugi Kaioh quando erano arrabbiati non facevano per finta. Mai.

D’altro canto non stava facendo niente di male ne che le potesse rovinare la salute: non stava andando a cercare di procurarsi della droga ne a bere senza ritegno in una discoteca. Niente di tutto questo, la spiaggia non costituiva sicuramente un pericolo e per di più i suoi non dovevano neanche avere paura delle cattive compagnie. Non perché il suo gruppo fosse affidabile ma perché lei un gruppo di amici sinceri non lo aveva mai avuto. I ragazzi la guardavano solamente per il suo corpo e volevano in fondo solo quello, le sue coetanee invece venivano rose dall’invidia per la sua bellezza e per il fatto che quando era presente tutto il genere maschile cercava di farsi vedere per avere una possibilità. Invidie e fisico a parte, c’era un’altra categoria di persone da cui difendersi: coloro che ti stanno vicino e fanno i finti amici solamente per il cognome che hai la fortuna di portare, nella speranza che potessero salire di scala sociale anche solamente sposandosi. Senza sapere che non essere una comune cittadina era solamente una tortura e un reprimere di desideri innocenti come quello di andare a prendersi un gelato perché i tuoi genitori pensano solamente al meglio per te secondo loro.

Michiru aprì le ante dell’armadio alla ricerca di quei pochi costumi che si era comprata nella speranza di riuscire ad andare al mare, erano ormai un anno e due mesi che covava in se questo desiderio, desiderio che fu prontamente distrutto dalla madre. Anziché perdere tempo in inutili giornate sulla spiaggia con le amiche, si perché i suoi genitori erano convinti a torto che lei avesse un folto gruppo di amiche, era sicuramente più produttivo esercitarsi con il violino o con la pittura. Non finiva di studiare mai. Quando non vi era la scuola, c’erano le lezioni private.

Dopo dieci minuti di indecisioni la ragazza scelse infine un costume nero che aveva comprato,come vestiario scelse invece un paio di pantaloncini di jeans che le arrivavano a metà coscia e una canottiera a righe bianche e azzurre che si intonava perfettamente alla borsa del mare anch’essa di questi colori, dopo un’ultima sistemata ai capelli uscì dalla vetrata scorrevole che aveva la sua camera al posto della finestra e che le donava un ampia vista sul mare. Semplicemente perfetta per una che come lei il mare lo amava. Uscendo dalla sua camera poi entrava nella parte del giardino più vicina al cancello che dava l’accesso alla strada principale sulla quale la villa era stata costruita e che dall’altro lato, sei metri più in basso era costeggiata dalle enormi spiagge. Si avviò a passo veloce verso la sua meta, vista l’ora il bagno asciuga era gremito di persone alle quali piaceva cuocersi sotto il sole come delle lucertole a sangue freddo. Erano tutte abbronzatissime, naturale visto che erano alla fine di Luglio. Lei invece sembrava appena uscita da un ospedale, la sua pelle candida e quasi diafana sarebbe saltata all’occhio di chiunque passante. Che vergogna. Si sentiva enormemente in imbarazzo. Doveva raggiungere una spiaggia un po’ meno affollata in modo da riuscire in quella giornata ad assumere un colore un po’ più umano.

Per fortuna dopo aver camminato per quaranta minuti raggiunse una piccola insenatura riparata dal vento, dove l’acqua aveva un colore cristallino quasi fosse un vetro fluido al di sotto del quale potevano vedersi chiaramente la moltitudine di pesci dai più svariati colori. Era decisamente un angolo di paradiso lontano dalla calca turistica di cui Kyoto era protagonista tutti gli anni. Scese la scalinata che dava l’accesso alla spiaggia e in pochi minuti si trovo a camminare sulla sabbia dopo tantissimo tempo per la prima volta. Si sentiva finalmente a casa. E soprattutto si sentiva libera di fare quello che voleva senza render conto a niente e a nessuno.

Prese il suo asciugamano dalla borsa e lo stese sulla sabbia prima di andare in acqua a fare il suo primo bagno della stagione, perché ne era certa non sarebbe stato sicuramente l’ultimo: aveva intenzione di cercare di far ragionare i suoi genitori e ottenere almeno un giorno libero durante la settimana per passare il tempo come voleva.

Il contatto con l’acqua fredda le provocò un brivido che le salì velocemente lungo la spina dorsale, ma ciò non le impedì di tuffarsi dopo breve tempo nell’acqua cristallina trovandosi così in pochi minuti in compagnia dei pesci che curiosi per quella invasione di ambiente le giravano vicino alle gambe. I più timidi a ogni minimo movimento della ragazza scappavano, quelli più intraprendenti invece arrivavano a morsicarla per vedere che cos’era. Tocco al quale la ragazza non si sottraeva: amava tutto del mare e si perdeva delle ore davanti alle vasche dell’ acquario cittadino.

Il pomeriggio passò decisamente veloce. Fin troppo veloce e ben presto il sole iniziò a calare sull’orizzonte dipingendo il cielo di mille sfumature rosse, le stesse sfumature che poi tingevano il mare arricchito da mille scaglie luminose causate dai raggi del sole che si frangevano sulle onde, uno spettacolo decisamente mozza fiato.

Michiru dovette fare un grande sforzo di volontà per andarsene e tornare in quella casa che tanto odiava, sospirò pesantemente mentre si infilava le infradito sempre azzurre per incamminarsi verso casa, lungo la strada si fermò in una gelateria a prendere una granita alla menta per rinfrescarsi dopo la calura che aveva sentito durante la giornata.

Era a circa cento metri dalla sua abitazione quando praticamente all’improvviso fu colpita da una persona fin troppo poco attenta per i suoi gusti che stava liberamente correndo sul marciapiede con le cuffie nelle orecchie. Scontro che fece si che la granita si rovesciasse sulla sua maglietta nuova macchiandola con un enorme macchia verde. Andò decisamente in bestia.

“Mi scusi non l’avevo vista” disse lo sconosciuto, perché di ragazzo si trattava. Aveva un viso perfetto quasi fosse una statua scolpita da Michelangelo.

“Be credo proprio che se mi avesse vista sarebbe stato davvero più grave” rispose lei tagliante.

“ Mi permetta almeno di riparare al danno e di portare la maglietta in lavanderia” rispose il ragazzo. Si fissarono negli occhi per qualche istante.

Ha degli occhi incredibili, semplicemente fantastici. Pensò mentre le sue iridi verdi si incrociavano con quelle cobalto della ragazza che aveva appena scontrato.

Da parte sua Michiru si sentì come se quegli occhi le leggessero l’anima, si sentì decisamente vulnerabile sotto lo sguardo indagatore di quel perfetto e bellissimo sconosciuto.

“Non è necessario davvero stavo andando a casa abito poco distante da qui” si limitò a rispondere lei.

“Permettimi almeno di accompagnarti fino a casa” rispose l’altro.

Ecco che hai trovato l’ennesimo cascamorto Michiru. Sospirò ben decisa a non cadere nella trappola di lasciarsi infatuare da una persona come quella che al solo vederlo doveva essere un collezionista di ragazze incredibile. E d’altronde come poteva non dar torto alle persone di sesso femminile? Aveva un fisico perfetto almeno quanto il viso circondato da capelli biondi corti e liberi di muoversi sotto il vento che si era alzato lentamente in quei minuti.

“Come vuoi, se ti fa piacere accompagnarmi fai pure” Ma cosa stai dicendo Michiru? Lo conosci appena, non sai chi sia, da dove venga oppure se è un maniaco.

“Ah io sono Haruka Ten’ō” rispose porgendole la mano destra, prima di passarsi una mano tra i suoi capelli color del grano. Quel gesto fece arrossire la violinista che sentì un calore salirle verso le guance.

“Piacere Michiru…. Michiru Kaioh” mormoò lei mentre il rossore che aveva sul viso si accentuava ancora di più.

Quant’è bella quando arrossisce.Si ritrovò a pensare Heles mentre la osservava, sembrava tutto ad un tratto vulnerabile e insicura di se.

“Quindi ho la fortuna di conoscere l’ultima rampolla della famiglia Kaioh? Tutta pizzi, lustrini e buone maniere” disse il biondo portandosi le mani dietro la nuca mentre camminavano fianco a fianco.

“Detta proprio sinceramente a me la vita a cui sono costretta non mi piace affatto. Odio quella casa più di me stessa se potessi scapperei volentieri ma non sapere dove andare e la solitudine ancora più accentuata a cui sarei costretta mi ferma e non poco. Quindi sicuramente non faccio parte della categoria di oche che sospirano ad ogni bell’imbusto che incontrano” rispose lei senza guardare il suo accompagnatore, con sguardo fiero davanti a se.

Il biondo ragazzo era colpito dall’affermazione appena detta dalla ragazza, era positivamente colpito nel constatare che Kaioh nonostante sia cresciuta nello sfarzo e nel lusso più sfrenato, al contrario di qualsiasi altra ragazza odiava quella vita. Era diversa e questa diversità lo affascinava. Spingendolo a voler approfondire la loro conoscenza. Osservando bene la ragazza che aveva al suo fianco trovò che era un concentrato di eleganza e bellezza fuori dal comune, i giornali delle cronache mondane non scherzavano a dire che sarebbe divenuta in futuro la ragazza più corteggiata sul panorama cittadino. Sempre che non lo fosse già.

Michiru sentiva lo sguardo del ragazzo fisso su di se mentre camminavano verso il cancello del giardino di villa Kaioh, e si sentiva molto a disagio. Girò appena la testa verso Ten’ ō e i loro sguardi si incrociarono per una seconda volta, costringendo entrambi a volgere altrove il loro sguardo. La ragazza non poté far a meno di notare che il suo accompagnatore la guardava con uno sguardo divertito. Consapevolezza che la innervosì e non poco.

“Scusa potresti spiegarmi perché ridi? Mi trovi così buffa e divertente?” domandò piccata. Quel tipo le stava decisamente sui nervi. Ma chi si credeva di essere?

“No e che secondo me non hai mai avuto a che fare con un ragazzo sai, sei impacciata da morire” rispose l’altro con un ghigno che donava al suo viso un espressione da mozzare il fiato. Il cuore della pittrice perse un battito.

“Be dovresti rivalutare le tue certezze” rispose secca. “Siamo arrivati” concluse voltandosi verso il suo accompagnatore occasionale.

“ Ok allora ti aspetto così mi porti la maglietta e te la faccio lavare”

“Allora vieni con me non voglio che qualcuno ti veda perché altrimenti iniziano sicuramente a girare pettegolezzi e voglio decisamente evitare questa cosa”

Bella e riservata. Connubio perfetto.

Haruka seguì nel giardino la ragazza, un giardino con il prato che pareva essere di velluto, e sul cui lato vi era un piccolo viottolo circondato da muri di siepi che in alto formavano un arco verdeggiante. Ottimo posto non c’è che dire. Al termine del corto vialetto giunsero nel piccolo giardino separato da tutto il resto sul quale si affacciava la vetrata della camera della ragazza aperta come era stata lasciata dalla violinista ore prima. Lei entrò con non curanza gettando la borsa per il mare sul letto e sciogliendosi poi i capelli che fino a quel momento erano stati legati in una coda alta sopra alla testa. Il ragazzo invece si fermò al di fuori della vetrata, gli sembrava infatti di essere troppo invadente, si vedeva che quella stanza rappresentava in pieno l’essenza della persona che in quel momento le stava davanti, sobria ma con particolari che le donavano quel tocco di eleganza in più tipica delle persone raffinate. E Kaioh apparteneva proprio a quel genere di persone.

“Che fai non entri?” sentì la voce della ragazza provenire da un punto imprecisato all’interno dell’enorme cabina armadio all’interno.

“Non sono il genere di persona che invade gli spazi altrui se non invitata o non ben accetta” rispose lui sedendosi sul letto prima di essere raggiunto dalla ragazza che aveva indossato una camicetta piuttosto aderente e bianca che lasciava intravedere qualche forma in più del necessario.

Cavolo e chi se ne va più di qui ora. Pensò il biondo deglutendo anche vistosamente.

“Tieni” disse a un tratto Michiru dopo essersi seduta sul letto leggermente di lato quasi fosse una sirena con la coda su uno scoglio. “ Qui dentro c’è la maglietta, ma ripeto non ha importanza non sentirti in obbligo”

“Figurati nessun obbligo, l’ho sporcata io e la pulirò io” disse lui

“be allora grazie” rispose lei “come posso sdebitarmi?”

“Uscendo con me domani pomeriggio e sera” rispose lui facendola arrossire.

Un appuntamento? Oddio no! E’ troppo presto ci siamo appena conosciuti.

“Toglimi una curiosità”

“Dimmi”

“Fai la corte così a tutte le ragazze che incontri?” chiese lei quasi sfacciatamente. Ma poi anche se fosse cosa mi interessa? Tanto mi deve solamente ridare una maglietta e poi sicuramente non ci vedremo più.

Negli istanti immediatamente seguenti la ragazza fu letteralmente ipnotizzata dallo sguardo smeraldo dell’altro, sguardo che si stava avvicinando sempre di più al suo. Pochissimo dopo senti il fiato della persona che aveva affianco sul suo viso e chiuse istintivamente gli occhi. In quell’attesa che si viene a creare negli istanti immediatamente prima di un bacio.

“No solamente a quelle graziose come te” rispose lui allontanandosi di colpo e soprattutto quando la ragazza se lo aspettava di meno per alzarsi dal letto.

Michiru lo guardò leggermente amareggiata, era impossibile non ammetterlo. Il suo sguardo tradì la poca lucidità.

“Be ci vediamo allora” rispose lui prendendo poi un foglio dalla scrivania per segnare il suo numero di cellulare con l’elegante calligrafia. “ci sentiamo per l’ora” detto questo varcò la vetrata che lo separava dal giardino per avviarsi verso l’uscita.

Quando l’ospite se ne andò la ragazza uscì dalla camera per andare in bagno a farsi una doccia rinfrescante per togliere il sale dalla pelle.

Il giorno successivo diede il buongiorno alla violinista con lo stesso identico sole che l’aveva salutata il giorno precedente. Prese il cellulare e dopo essersi cambiata si diresse in sala da pranzo per fare colazione, i suoi passi echeggiavano sul pavimento di marmo della grande casa silenziosa. La sera precedente era andata a dormire tardi, nella sua testa risiedeva solamente un unico chiodo fisso: Haruka. E non si capacitava di come potesse essersi innamorata di un perfetto sconosciuto incontrato così per caso. Oddio, innamorarsi era una parola decisamente grossa era forse più giusto dire che si era invaghita ma non innamorata. O almeno questo era ciò che pensava.

“Buongiorno signorina Kaioh” le disse la cameriera posandole la colazione sul tavolo, prima di iniziare a mangiare però la ragazza prese il cellulare con il numero del ragazzo e gli mandò un messaggio per chiedere a che ora avrebbero dovuto vedersi il pomeriggio.

“Buongiorno” disse sorridente alla cameriera prima di mangiare velocemente qualcosa con l’obbiettivo di andare in spiaggia anche quel giorno. “Ah Kaori dica al cuoco di non prepararmi per stasera perché non torno per cena”

“Signorina i suoi genitori lo sanno?”

“No e veda bene di non avvisarli. Tanto per loro faccio solamente delle cose inutili” sbottò con la voce tremante prima di alzarsi e andare in camera sua per prepararsi per il mare. Aveva deciso di raggiungere nuovamente la spiaggia del giorno prima perché era conosciuta veramente da poche persone e il mare era puro e limpido.

Al contrario del giorno precedente però visto che doveva poi rimanere fuori alla sera optò per un vestitino senza spalline a righe bianche e rosse molto sottili e un cappello di paglia per proteggersi dal sole che aveva un fiocco del medesimo tessuto dell’abito e delle scarpe bianche di stoffa legate alla caviglia con la zeppa sempre di paglia.

Appena fu pronta per uscire erano le undici, e ancora Haruka non le aveva risposto, molto probabilmente era occupato chissà con chi e a fare cosa. Quel pensiero le provocò un leggero fastidio.

Erano ormai le dodici quando giunse in spiaggia e fece il primo bagno della giornata. Il mare e lei stessa erano come una sola cosa, quando era sulla spiaggia o anche solo se lo osservava si sentiva in pace con se stessa e si rilassava.

Era talmente presa dal mare che scorreva attorno a se da non sentire neanche che qualcuno aveva fatto il suo ingresso in acqua e il più silenziosamente possibile si stava avvicinando a lei.

Fu un attimo e sentì due mani sulle sue spalle e provò solamente un grandissimo spavento, con la paura che fosse solamente un malintenzionato iniziò a gridare per cercare di attirare l’attenzione di qualche passante che passeggiava sulla spiaggia.

“Michiru calmati…sono io…Haruka” disse una voce vicino al suo orecchio. Sentirla così vicina a se provocò a Michiru i brividi lungo la schiena, sentire il suo corpo che aderiva perfettamente al corpo di lui come se fosse la sua esatta copia.

“ Ma sei deficiente? Ti sembrano scherzi da fare?” si arrabbiò lei spingendolo lontano per poi dirigersi verso la spiaggia e lasciandolo li come un ebete.

Che caratterino. Altro che tranquilla e docile. Pensò, ma in fondo le ragazze che tiravano fuori le unghie quando era necessario gli piacevano ancora di più. La raggiunse sulla spiaggia e senza neanche chiederle il permesso si sedette accanto a lei sull’asciugamano. Gesto che fece voltare la ragazza in modo al quanto impettito dall’altra parte.

“Come siamo permalose”

“E’ uno scherzo cretino tutto qui. Potevo bere dell’acqua. Non è una cosa piacevole sai? Proprio per niente” sbottò la violinista adirata.

Un silenzio carico di imbarazzo scese tra i due, Michiru sapeva benissimo di aver esagerato ad arrabbiarsi così tanto per uno scherzo innocente ma per il suo orgoglio non l’avrebbe mai ammesso. Haruka invece non voleva minimamente affrontare l’idea di chiedere scusa per una cosa che le era sembrato un gesto carino e simpatico, in fondo la violinista toccava con i piedi sul fondale e l’eventualità che bevesse era praticamente pari allo zero. Eppure si sentiva in colpa.

Fu distratto dalla ragazza che si sdraiava al suo fianco, la posizione che aveva assunto metteva in risalto ogni minimo particolare del suo bellissimo corpo e ben presto il battito del ragazzo prese ad aumentare a quella vista mozzafiato. La pelle candida sotto il sole sembrava quasi che dovesse iniziare a luccicare, sposto lo sguardo sui seni che sotto al costume sembravano perfetti e soprattutto proporzionati alla corporatura della pittrice. Fu ipnotizzato dal lieve movimento che compivano quest’ultimi seguendo il respiro della donna.

“Ma non hai caldo a stare con la maglia al mare?” la voce dell’altra lo riportò ai suoi pensieri e la fissò come un ebete senza sapere cosa dire. Non sapeva se ne valeva la pena di rischiare di perdere la loro amicizia per una stupida risposta. Alcune persone erano schifate da quelli della sua “specie”. Già specie. Non venivano considerati neanche esseri umani quasi, e se le persone sapevano cosa era la emarginavano. Convinti che un diverso modo di amare era contro natura. E come poteva essere sicura che le cose con quella ragazza incontrata praticamente per caso non sarebbero cambiate quando avrebbe saputo la verità? Scelse la tecnica più sicura per non rispondere alla domanda. Aveva una tremenda voglia di toccare quell’esile corpo.

“Michi andiamo a pranzo ti va? Sono quasi le 13 e inizio a sentire fame”

Mi ha chiamata Michi. È il primo che lo fa. Per tutti sono Miku.

“ Si come vuoi hai qualche idea di dove mangiare?”

“ Conosco giusto un ristorante ad una mezz’oretta di macchina da qui che da sul mare, pensavo che potesse piacerti” rispose di rimando.

“ Credo sia perfetto” rispose l’altra alzandosi e iniziando a vestirsi.

Questo vestito bianco e rosso le sta d’incanto. Pensò Ten’ō. Si perse a fissarla. Anche ai gesti più naturali imprimeva un tocco di eleganza in più. Che l’attirava come una calamita.

“Andiamo?” esordì lei dopo qualche minuto sistemandosi il cappello di paglia un po’ inclinato sulla testa dopo essersi sciolta i capelli legati per non bagnarli nell’acqua salata.

“Agli ordini” disse lui alzandosi in piedi. “ Raccontami un po’ di te, non so nulla che ti riguarda che non siano le notizie che escono fuori sul giornale. Ma onestamente credo che pompino abbastanza le notizie le giornaliste” disse poi quando furono arrivate alla macchina mentre le apriva lo sportello per farla salire. Gesto che provocò per pochi secondi che sembrarono durare un'eternità un incontrarsi delle loro mani. Un contatto delle loro pelli. Una scintilla che si accese. Un fuoco che iniziava ad ardere dentro di loro. Un arrossarsi sul viso della ragazza dai capelli verde acqua.

“Be la mia vita non è nulla di speciale, non ho la libertà di fare ciò che voglio. Sono libera di fare qualcosa solamente se riguarda la musica, la pittura e il nuoto. Conta solo questo per i miei genitori. Tutto il resto sono solo cose futili.” Rispose lei tristemente.

“Ma come mai sei fuori se dici così questi due giorni?”
“Sono partiti per un tour anche loro suonano, e per questo per loro la musica è tutto ciò che dev’esistere al mondo. Tornano domani mattina.” Sospirò cercando di cacciare via il magone che le provocava pensare che per i suoi genitori lei non contava poi un granché. “ Non sai quanto ti invidio, Haruka”

“Chiamami Haru”

“Haru.. fai una vita totalmente diversa dalla mia. Anche se non ne so niente mi basta vedere quanto tu sia libero per provare invidia. Le mie coetanee sbaverebbero dietro di te come delle sataniche, invidiandomi in questo esatto momento per il solo fatto di essere in macchina con un ragazzo come te. Io no. Io invidio te perché puoi fare ciò che ti pare.” La voce le tremava sempre di più, gli occhi erano lucidi e non sapeva neanche il perché aveva trovato il coraggio di aprirsi a uno sconosciuto che non aveva niente in comune con lei escluso il tormento che gli leggeva negli occhi. Quello era identico al suo. Ne era certa. Mosse una mano nel tentativo di asciugarsi qualche lacrima salata scappata alla prigione dei suoi occhi.

“Scusa non volevo farti piangere…perdonami. Sono una frana” disse lui appoggiando la sua mano destra su quella sinistra di lei nel tentativo di confortarla da quel malessere che lui stesso le aveva inflitto. Quella ragazza aveva ragione a dire che si sentiva libero di andare dove gli pare quando ne aveva voglia senza dar peso a nessuno, ma era anche vero che per far ciò aveva dovuto rendersi indipendente correndo con le moto o con le macchine nelle gare ad alta velocità. Si sentiva libero a contatto con il vento. Era come se fosse uno di famiglia. Un amico di cui fidarsi ciecamente e a cui svelare ogni suo segreto. Anche il più intimo.

Michiru anche se tentava di distrarsi con il panorama però non riusciva a impedire alle lacrime frutto di tanto nervoso, di tanto dolore represso, di fuori uscire alleggerendo così il suo essere. Compresso come la polvere da sparo prima di esplodere. E forse era successo proprio questo a lei: era esplosa.

“Ehi Michi…” le disse lui girandole delicatamente il viso verso se stesso per guardarla negli occhi. Quegli occhi così dolci le imprimevano un certo senso di tenerezza. Ma lo facevano anche annegare. Annegare in quel mare meraviglioso. “Io per te ci sarò sempre capito? Sempre. Qualsiasi cosa accada, se avrai voglia di una spalla su cui piangere io ci sarò. Sembra strano, ma dall’esatto momento in cui ci siamo scontrate ieri sera ho la sensazione che non posso far a meno di te. E non voglio vederti soffrire. Ho l’assoluta certezza che io e te siamo fatti per stare insieme.” Michiru arrossì a quelle parole, erano esattamente le sue stesse emozioni, le sensazioni che anche lei stava provando da quel esatto momento voluto dal destino avvenuto giusto il giorno prima. Il motociclista accarezzò dolcemente il viso della ragazza che spostò leggermente la testa contro la sua mano perdendosi a quel tocco che le dava brividi incredibili, conscia che per la prima volta nella sua vita era realmente completa. Fu una questione di pochissimi istanti e le loro labbra erano a pochi centimetri.

Un clacson risuonò potente dietro di loro: era scattato il verde e immerse in quell’attimo così intenso neanche se ne erano accorte.

Maledetto. Fu il primo pensiero che riempì la mente di Haruka.

La ragazza invece aveva paura, paura che anche lui fosse l'ennesimo play boy che voleva conquistarla per gioco, magari giungendo anche a portarla a letto per poi sparire e non farsi mai più vedere o peggio ancora poteva essere l’ennesimo morto di fame che sperava di scalare la società portandola all’altare. Aveva paura di amare. Amare la persona sbagliata. Ma prima di tutto aveva Paura di Soffrire.

Un quarto d’ora dopo giunsero nei pressi del ristorante che era piccolo ma molto carino, con una terrazza esterna che dava sull’immenso Oceano Pacifico. Il sole risplendeva più forte che mai, ma il vento che soffiava leggero in una piacevole brezza fece si che il caldo non si sentisse.

Haruka le aprì la porta come un perfetto gentiluomo e quando ebbe chiuso la macchina le passò un braccio intorno alla vita dietro la schiena sopra i reni. Un gesto che fece inizialmente irrigidire la violinista ma che le infuse un bellissimo senso di protezione. Quel senso di protezione che i suoi genitori non le avevano mai fatto provare neanche lontanamente.

“Haruka che piacere rivederti!” esclamò un ragazzo di circa venticinque anni che a giudicare dagli abiti indossati doveva essere il meitre del locale. “Mi vuoi presentare questa bella signorina?”

“Mamoru questa è Michiru Kaioh” rispose il ragazzo.

“Piacere” disse la violinista porgendo la mano, che al contrario di quello che si aspettava ricevette un perfetto bacia mano.

“Piacere mio Michiru” rispose il giovane bruno. “Come stai?” chiese infine rivolto ad Haruka.

“Non c’è male solita vita… hai un tavolo libero per due?”

“Certamente seguitemi!” rispose il cameriere facendo loro strada verso un tavolo un po’ appartato sulla terrazza.

Su consiglio del ragazzo entrambi ordinarono il menù offerto dalla casa e mentre aspettavano fu Michiru a chiedere un po’ più di informazioni sulla persona che le stava iniziando a piacere.

“ In confronto alla tua di vita la mia non è niente di che…solo motori e velocità. Niente che riguardi l’arte… so suonare il pianoforte ma niente di speciale. Mi piacciono più i motori” al sentire la parola pianoforte la ragazza si era decisamente illuminata.

“Da quanto lo suoni?”

“Da quando avevo sette anni”rispose lui.

Le parole svanirono totalmente all’arrivo della prima portata che era semplicemente squisita e che fu consumata dai due ragazzi in un batter di ciglio.

Il pranzo proseguì molto bene, e dopo di esso si recarono nuovamente in giro raggiungendo una baia decisamente isolata e che nonostante fosse l’orario perfetto per un abbronzatura come si deve non era utilizzata da nessuno, a livello della spiaggia c’era una piccola grotta naturale che si estendeva per circa una decina di metri sotto la scogliera. Era un posto bellissimo. Michiru si sentiva felice quasi potesse toccare il cielo con un dito e si sedette per qualche istante proprio in una delle rocce che spuntavano all’interno della piccola insenatura uscendo dalla sabbia quasi a imitare le grandi catene montuose o il monte Fuiji. Che si innalzano nella pianura erbosa all’improvviso proprio come quelle piccole rocce fuoriuscivano dalla sabbia.

Fu raggiunta pochi minuti dopo da Haruka che si era attardata per inserire l’antifurto nella macchina e che si sedette sulla stessa roccia della ragazza.

“Cosa ne pensi di questo posto? Ti piace?”

“E’ semplicemente meraviglioso Haru” rispose lei sgranando gli occhi quasi fosse una bambina davanti a una bancarella di dolci.

È adorabile.

Non passò molto tempo da li al momento in cui con non curanza il motociclista passò il suo braccio destro sulle spalle della ragazza che rabbrividì al tocco di lui, e i brividi non erano causati per il freddo. La pittrice si voltò a guardare quello che a tutti in effetti poteva definire il suo ragazzo, anche se forse era troppo presto per usare quel parolone. Ogni volta che lui abbandonava il contatto fisico con lei però si sentiva vuota e persa, voleva costantemente stare al suo fianco. Una mano che le spostò una ciocca di capelli dal viso la riportò alla realtà, anche se a lei sembrava di vivere un sogno. Un sogno chiamato amore.

“Che fai?” Mormorò dolcemente all’altro mentre veniva spinta dal braccio sopra le spalle contro il petto di lui, il movimento la costrinse ad alzare un poco il viso verso l’alto. E fu in quell’istante che le loro bocche si incontrarono. In un bacio prima dolce e tenero che si trasformò in un breve istante in qualcosa di più passionale non appena Haruka le dischiuse le labbra con le sue per creare in questo modo un accesso per la sua lingua, che ben presto si ritrovò a muoversi in una danza accompagnata dal battito accelerato dei loro cuori, e dalla sinfonia delle loro emozioni che travolse entrambi raccontate al mare poco lontano e al vento che spirava dolcemente tra i loro capelli. La violinista si sciolse lentamente abbandonando quella rigidità iniziale di chi non è sicuro di ciò che fa.

“Ti amo, lo so che è presto per dirlo, ma nessuna mai mi aveva provocato emozioni così intense solo con un bacio” mormorò lui sulle sue labbra, senza spostare gli occhi dal suo viso leggermente arrossato dalla timidezza ma anche dalle emozioni provate fino a qualche istante prima.

“ Per me è esattamente la stessa cosa” riuscì a mormorare lei. Se quello era amore, avrebbe voluto essere devastata ancora per mille anni da emozioni così forti.

“Prima di dirlo è meglio che io ti dica una cosa” mormorò Haruka con un velo di tristezza sul volto.


“Cosa c’è Haru? Stai con un’altra vero?” il solo pensiero di essere stata usata provocò una fitta al cuore della ragazza dai capelli verde acqua. Che si tradusse nei suoi occhi che si riempirono di lacrime. Lo sapevo e come una stupida ci sono cascata.

“No sirenetta non è questo io fino a ieri ero la persona single per eccellenza”mormorò lui spostando una delle mani di lei sotto alla camicia un po’ larga che indossava quel giorno. Il battito del cuore della ragazza accelerò furiosamente al solo pensiero di ciò che implicava quel gesto. Salì su fino al petto del ragazzo e il suo cuore mancò un battito. Nessun addominale scolpito. Niente di niente. La sua mano si ritrovò ad accarezzare una parte del corpo che lei conosceva fin troppo bene visto che la vedeva su se stessa ogni volta che si cambiava i vestiti. Haruka è una donna. La certezza di quello che pensava la colpì come un fulmine a ciel sereno. Sono lesbica. Mi sono innamorata di una persona del mio stesso sesso. Era semplicemente stravolta, non si riconosceva decisamente più. E se veramente era così come l’avrebbe detto ai suoi genitori dalla mentalità così antica?

Il silenzio che calò tra le due era carico di pensieri e di tensione. Michiru non si capacitava di come non potesse essersi accorta prima che colui che aveva davanti era una donna dalla bellezza androgina. Haruka invece temeva, come spesso accadeva, che avrebbe perso la persona che amava per sempre e soprattutto per l’ennesima volta. Cadendo vittima di offese e soprattutto di emarginazioni vittima come sempre dell’amore. Un amore diverso e che per questo faceva così tanta paura. Perché solitamente e normalmente unisce due persone del sesso opposto. Ma poi chi dice che è normale questo amore? E se fosse il suo normale? Chi decide cosa?

“Michi ti prego parlami…dimmi qualsiasi cosa, se ti faccio schifo ora basta dirlo ormai ci sono abituata” mormorò l’altra abbassando lo sguardo. E rimanendo decisamente spiazzata quando l’altra le accarezzò il volto e piegò la testa per unire le loro labbra nel loro secondo bacio. Un bacio carico di sicurezze e soprattutto di amore. Quell’amore che entrambe cercavano da tempo, troppo tempo. La violinista però  non riusciva assolutamente  a  pronunciare  qualcosa,  la natura di quella notizia l'aveva totalmente sconvolta, la moltitudine di emozioni che le si  affolarono nella mente erano fin troppe per i suoi gusti. Ma il primo tra tutti che venne a galla era la rabbia, il nervoso per essere stata presa in giro in quel modo da una perfetta sconosciuta che neanche la conosceva, e che ai suoi occhi era esattamente quello che era: uno sconosciuto. Eppure il suo istinto  le aveva detto più volte che erano molto simili, ma in quello erano simili? Sciocchezze. Tutte Schiocchezze era impossibile. Si alzò di scatto e si diresse verso le sue cose. "Allora?" tornò a incalzare la bionda che la fissava mentre alzava dalla sabbia l'asciugamano e lo piegava.

"Allora che cosa è? Sei un essere spregievole. Come puoi solo pensare che io possa essere Lesbica!!! Come puoi farlo? Prendermi in giro in tal modo come se niente fosse. Come se fossi solamente un giocattolo" le disse gelida, gli occhi di un blu scuro e impenetrabile, metteva quasi paura.

"Mi duole farti notare che fino a qualche minuto fa quando ci siamo baciate" Baciate. Al solo pensiero di essersi baciata con quella le dava il voltastomaco. "Tu ci stavi, le cose si fanno in due" mormorò l'altra cercando di non far apparire il dolore provocato in lei dall'ennesimo rifiuto, per lo meno non le aveva detto che faceva schifo, se lo pensava non poteva saperlo.

"Ovvio che ci stavo, pensavo fossi un uomo... e invece... invece sei una donna! Una donna Haruka ma come ti è venuto in mente di compiere un gesto così?" questa volta le parole le uscirono tremolanti, mentre sentiva decisamente le lacrime rigarle le guance. "Vuoi farmi un grandissimo favore? Dimenticami" concluse dopo qualche istante prima di raccogliere la borsa per il mare e andarsene.
Dentro la mente della violinista si stava verificando una tempesta, una tempesta di quelle potenti che sconvolgevano la profondità del mare senza arrivare in superficie. E quella tempesta era provocata solamente da una parola: lesbica. La ragazza dai capelli verde acqua non si capacitava di come potesse esserlo, non avrebbe mai accettato una cosa così ripugnante. Ma il solo fatto di aver scoperto di esserlo la lasciava spaesata, doveva imparare a conoscere un universo e un lato della sua psiche che ancora fino a quel momento le era parso ignoto e neanche esistente. E questo la spaventava. Il suo corpo cercava una copia identica e non diversa, la sua mente anche. Aveva flirtato in passato con qualche ragazzo in qualche festa ma non aveva mai sentito la necessità di toccarlo, di sfiorare la sua pelle e mantenere sempre un contatto fisico con lui, e forse quella doveva essere una spia di allarme? Infondo tutte le altre ragazze dell'alta società  saltavano letteralmente addosso ai buoni partiti, a lei di loro non era mai interessato un granchè. Ma era anche vero che non le era mai interessata una ragazza. Non poteva negare però che con Haruka era stata bene. 

La Motociclista la guardò allontanarsi sul marciapiede ai lati della strada, molto probabilmente alla ricerca di un taxi, dopo tutto quella ragazza non aveva assolutamente problemi economici. Man mano che la osservava allontanarsi sentiva il cuore sbriciolarsi in pezzi sempre più piccoli e fini. Era stufa di raccogliere tutti quei pezzi e riattaccarli sempre con più fatica con dello scotch. Doveva aspettarselo in fondo. Cosa poteva pretendere, che una ragazza così di buona famiglia potesse essere nata "storta" come lei? Era un'eventualità rara se non impossibile, e lei cosa aveva fatto? Invece di allontanarsi, come al solito aveva dato retta al cuore, senza opporsi. E quelli erano stati i risultati, si promise come faceva ormai ad ogni rifiuto di non cercarsi più una ragazza. Michiru sarebbe stata l'ultima con la quale si sarebbe messa a flirtare così liberamente, si era comportata come un mostro, e in fondo era ciò che era. Il suo aspetto androgino faceva solamente la parte rimanente del lavoro, se poi lei avesse voluto incontrarla nuovamente aveva il suo numero di cellulare. Sapeva dove cercarla, nella remota possibilità che quel bacio avesse fatto scoprire in lei la vera natura della sua sessualità. Sogna Haruka, Sogna. Si Alzò e si diresse su per le scalette, con il sole che giocava tra i suoi bei capelli biondi e la morte nel cuore.

I giorni sucessivi per Michiru si trasformarono in un inferno sospeso nel limbo della sua camera, aveva annullato qualsiasi lezione, riguardante ciascuna materia che affrontava a casa nelle materie estive, cio che era al centro dei suoi pensieri, impedendole quasi anche di mangiare se non si fosse sforzata, c'era quel bacio. E tutti gli interrogativi che in lei aveva alzato, e alle quali non sapeva dare una risposta convincente. Però quando era tra le braccia di quella donna dai lati ancora totalmente o quasi sconosciuti, si sentiva bene, apprezzata per quello che era. Con i ragazzi con cui era venuta a che fare la questione era totalmente diversa, loro la cercavano solamente per ciò che caraterizza il sesso femminile, e la loro attenzione si fermava a quello. Alcuni facevano pure delle scommesse sul tempo impiegato da uno del gruppo per portarla a letto. Da mettere i brividi quanto potessero essere guidati dal testosterone. Con Haruka invece si era autoconvinta che la stesse prendendo in giro, perchè la considerava un ragazzo ed era convinta per tanto che non sarebbe stato diverso dagli altri. Aveva alzato delle barriere per non farsi attaccare, che tuttavia pian piano erano state messe fuori gioco. Con lei era inutile negarlo stava bene, fin troppo bene. Da quando l'aveva conosciuta si sentiva in pace con se stessa, sentiva che finalmente la sua vita ruotava intorno a un scopo che non fosse solamente l'essere uno spettacolo da baraccone come era stata abituata fin da piccola dal comportamento dei coniugi Kaioh. E da quando le aveva detto di dimenticarla si sentiva vuota, come se avesse dimenticato una parte di se stessa. Tutto questo voleva dire essere Lesbica? Il malessere che provocava in lei questo pensiero era fisico oltre che mentale. Si sentiva stanca, svuotata e neanche il violino e la pittura riuscivano a colmare quel senso di vuoto che aveva preso possesso della sua psiche. E poi come se non bastasse era tormentata dalla nausea, fin da piccola quando aveva un pensiero che la tormentava rendendole le giornate impossibili, le insorgeva anche quel disturbo alla bocca dello stomaco. E in quei giorni l'unico pensiero che aveva era uno. E lei sapeva fin troppo bene quale.

Erano passati cinque giorni da quando aveva conosciuto Ten'o, e nella sua mente era man mano cresciuto il desiderio più o meno accentuato di vederla. Sentiva che era necessario per capire in fondo i suoi sentimenti, era giunta alla consapevolezza che qualunque potesse essere il suo orientamento sessuale non avrebbe potuto certo cambiarlo, e anche se quella pillola era amara da mandar giù dopo di essa ci sarebbe sempre stato un cucchiaino di zucchero a cancellare quel brutto gusto. Accese quindi il telefonino che per tutti quei giorni aveva giaciuto dimenticato nel primo cassetto del suo comodino, il tempo che si agganciasse al segnale della compagnia telefonica, e vibrò. Una piccola finestra blu con una scritta bianca comparsa sul retina display rivelò un messaggio, e il mittente era Haruka. Il cuore perse un battito, in quella finestrella appariva solamente una riga dell'intero testo del sms, sopra di esso il nome o il numero di chi lo aveva spedito. Tocco con un dito il tasto visualizza sullo schermo, e si fece coraggio per leggere ciò che vi era scritto, pronta ad accettare qualsiasi emozione positiva le avesse provocato.

" Ciao, visto che quel giorno sulla spiaggia non me ne hai dato il tempo, volevo porgerti le mie più sincere scuse. Mi sono comportata in modo meschino, e in certi sensi egoista. Pensando a concetrarmi solamente sulle emozioni che la tua vicinanza mi provocava, senza chiedermi se era giusto comportarmi così nei tuoi confronti. Capisco cosa possa aver provocato in te quel bacio, la moltitudine di domande che stanno alleggiando nella tua testa, perchè questa motociclista impulsiva e demente ci è passata prima di te. E sa quanto può essere devastante il percorso di auto-accettazione, che potrebbe essere iniziato, e che potrà essere molto lungo. Se vorrai anche solo vedermi per confrontarti con una come me, sappi che ne sarei felice. Altrimenti cancella pure questo messaggio, se non riceverò nessuna risposta da parte tua capirò e ti lascierò in pace senza tediarti ulteriormente. Arrivederci e, nel caso, addio.

Haruka "

Michiru rimase stupita da quelle parole, ferita da quel "una come me" carico di sofferenza, frutto molto probabilmente dai pregiudizi delle persone. Pregiudizi che avrebbero colpito inevitabilmente anche lei se si fossero scoperti quelli che probabilmente si sarebbero evoluti nei suoi gusti sessuali, un lieve sospiro le fuoriuscì dalle labbra mentre scorreva la rubrica dell'iphone alla ricerca del numero della bionda, era decisa ancor prima di aver ricevuto l'sms  di chiamarla, e dopo aver letto quelle parole la sua convinzione era aumentata ancora di più. Il telefono squillò un paio di volte prima che al di la della cornette risuonò la voce della motociclista.

"Pronto" era ancora addorementata per la lunga dormita che le aveva occupato tutta la prima parte della giornata facendole saltare anche il pranzo.

"Ciao Haruka sono Michiru" mormorò lei senza ben sapere come affrontare il discorso. Sentendo quelle parole la bionda si sedette di scatto sul letto con il telefono incastrato tra l'orecchio e la spalla, tutti si aspettava meno che quella dolce creatura per la quale ormai si era rassegnata, anche se il suo viso la tormentava anche nei sogni più agitati.

"Ciao, dimmi" rispose lei, cercando di tener a bada i suoi pensieri, e la smania di rivederla. Non voleva rovinare ancora di più quel precario equilibrio che a quanto pare il loro rapporto avrebbe potuto prendere.

"Senti...ecco io pensavo che magari ci si potrebbe vedere, magari proprio stasera. Per fare due chiacchiere a quattro occhi. Però se hai impegni fa niente"

"No figurati, cioè gli impegni ci sono ma posso disdirli in cinque minuti in quanto sono solamente le solite uscite senza ne capo ne coda, non riguardano ne gare ne corse" rispose lei, la sua voce a un tratto più squillante, immediato riflesso della leggerezza che andava a sostituire il macigno che sentiva da quasi una settimana sul suo cuore, da quando cioè aveva mandato quel messaggio comunicando all'altra che se non avesse ricevuto risposta da lei di nessun tipo sarebbe scomparsa dalla sua vita così come vi era entrata. Era la cosa giusta, per lei che giusta non era.

"A ok...allora va bene, a che ora?" chiese un pò più sollevata, vedendo la reazione tranquilla dell'altra.

"Direi che potremmo vederci verso le sette di sera, così andiamo a mangiare qualcosa al ristorante e poi parliamo quanto vuoi" propose Heles.

"Ok va bene, quando vieni però non suonare alla villa, esco io di nascosto perchè tanto la servitù alle 18.30 si trasferisce al piano superiore ed è come se non ci fosse"

"ok allora ci vediamo stasera" concluse la bionda, stava per schiacciare il tasto rosso sul telefono quando sentì l'altra che la chiamava per nome nella cornetta. "Dimmi"

"Non c'era bisogno che mi facessi le scuse...ciao a stasera" la salutò nuovamente, prima di chiudere la comunicazione e stendersi tutto ad un tratto sul letto in preda a una strana felicità.

Alle sette in punto di sera Michiru varcò il cancello dell'ingresso della tenuta ben decisa a non farsi vedere dalla cameriera che sapeva essere al piano di sopra,per la serata indossava una camicia bianca in raso e dei pantaloncini corti che le arrivavano a metà coscia di jeans chiaro. Arrivata sul bordo della strada non trovò ancora nessuno ad attenderla, e ciò non la sorprese visto il traffico che dilagava nelle vie di Kyoto a quell'ora.

Mentre si dirigeva verso la casa della ragazza, Haruka era ben decisa a far sentire l’altra a suo agio in tutto, sapeva che quella della compagna era la prima relazione di quel tipo e si ricordava ancora quando in lei era nata la consapevolezza della sua omosessualità. E del calvario che aveva dovuto affrontare nel corpo e anche nella psiche, sapeva i pensieri e le certezze che vengono meno con scoperte del genere e voleva rendere quel passaggio il meno doloroso possibile alla persona che le aveva letteralmente stregato il cuore.  Indossava  dei jeans e una giacca in pelle nera sotto la quale faceva  bella mostra una polo  viola. Appena voltò per raggiungere la villa la trovò già li ad attenderla appoggiata al muro del cancello, e non potè far a meno per l'ennessima volta di ammirare il suo fisico mozza fiato, in quei giorni di silenzio le era troppo mancato. Era andata in crisi d'astinenza.

"Buonasera" esclamò appena l'altra salì in macchina.

"Ciao" le rispose la violinista sporgendosi verso di lei per darle un bacio sull'unica parte disponibile del suo viso: la guancia, in un gesto così tanto pieno di naturalezza che fece voltare l'altra in un'espressione al quanto stupita.

“ Per stasera ho prenotato un ristorante che secondo me ti piacerà molto, ed è anche poco lontano da qui” 

“Che ristorante è?” chiese lei con la curiosità tipica di una bambina.

“Sorpresa” rispose sorridendo all’espressione imbronciata, con il labbro inferiore leggermente sporgente e le braccia conserte“Dai andiamo o faremo tardi”

L’aria che sfiorava i loro volti mentre la decappottabile sfrecciava lungo la costa era un tocca sana dopo la calura di quel giorno, che portava le persone a sudare anche se semplicemente erano sdraiate sul letto, sembrava di essere in una grande sauna naturale.

Il ristorante si rivelò essere a circa un quarto d'ora di macchina e appena ebbero parcheggiato nei posti ad esso dedicati Michiru fece l’atto di scendere.

“Aspetta” le disse la motociclista prendendo dal sedile posteriore una sciarpa nera di seta “Voglio che sia una sorpresa fino all’ultimo, quindi legati attorno agli occhi questa e fidati di me ti guido io” l’altra rimase sorpresa da quella richiesta ma la divertiva molto, sembrava di giocare a mosca cieca. Dopo essersi legata la benda intorno agli occhi aspettò il tempo necessario ad Haruka per fare il giro della macchina e farla scendere, dopo aver chiuso la macchina inserendo anche l’antifurto la violinista sentì le mani della compagna sul suo bacino che la guidavano in quel posto a lei estraneo e sconosciuto, sentiva il corpo dell’altra vicino a lei, troppo vicino e soprattutto perfettamente aderente. Era un contatto che per quanto si fosse ostinata a dimenticare e a non accettare, le era mancato più di qualsiasi altra cosa al mondo sulla faccia della terra, perchè sembrava che quella parte che sentiva le mancasse fin da piccola, finalmente stava svanendo. Si sentiva protetta come una bambina tra le braccia della sua mamma.

“ Siamo quasi arrivati “ le mormorò dopo un po’ Haruka all’orecchio. Suono che unito al fiato provoco una sorta di calore improvviso nel corpo della pittrice. Cosa mi sta succedendo?. Avrebbe voluto che quella situazione non finisse mai. Il rumore di una porta che si apre e poi il cambio di temperatura dovuto all’aria condizionata che era in funzione nel locale la riportò alla realtà. Il pavimento sembrava di un materiale simile alla pietra, e il rumore del mare era piuttosto forte e ritmico, l’odore della salsedine entrò prepotente nelle narici di entrambe. Il ristorante doveva essere abbastanza pieno visto il mormorio che sentiva delle persone, mormorio che prontamente cessò dopo alcuni minuti, minuti che videro la benda intorno ai suoi occhi sciogliersi permettendole di guardarsi intorno. Rimase a bocca aperta come un pesce rosso mentre osservava il ristorante davanti a lei. Era molto caratteristico e si estendeva per tutta la sua superficie in una grotta, loro erano in una grotta più piccola riservata solamente alle coppie che a quanto poteva vedere dava accesso per mezzo di una scalinata ricavata nella roccia ad un’insenatura sottostante a livello del mare. Su ogni tavola vi era un centro tavola formato da rose rosa e fiorellini bianchi con delle candele bianche nel centro i tavoli erano sia quadrati che rotondi, solitamente quelli rotondi erano per i tavoli per massimo quattro persone. Sul tavolo vi erano diverse forchette e diversi bicchieri segno che oltre ad essere meraviglioso quel locale era anche di un certo livello.

“E’ veramente bellissimo” mormorò lei mentre si sedeva al suo posto. Si sentiva una principessa.

“Sono felice che ti piaccia”

Il menù si rivelo essere all’altezza delle aspettative date dal locale: ostriche e champagne, aragoste, caviale. Tutto a base di pesce insomma ma veramente squisito poi a lei piaceva moltissimo il pesce e quindi si trovò perfettamente a suo agio. Agio che crebbe moltissimo quando dopo un silenzio iniziale entrambe iniziarono a parlare di tutto e di niente durante la cena, scoprirono di avere inaspettatamente qualche cosa in comune ma anche tante lati opposti. I loro caratteri si completavano decisamente, e entrambe sapevano che sia il mare che il vento in natura sono praticamente inscindibili e loro quei due elementi li amavano perché li faceva sentire a casa. La pittrice scoprì che la bionda non era figlia unica ma aveva una sorella di quattordici anni di nome Usagi con una buffa acconciatura e molto piagnucolona per l’età che aveva. Era bionda come la “sua” Haruka ma aveva gli occhi color del cielo. Era da tantissimo che non si vedevano perché la motociclista abitando ormai da sola in modo stabile non andava più a casa di frequente. Dopo quegli argomenti frivoli, gli occhi verde smeraldo virarono in un espressione decisamente più seria, consci dell'argomento che la loro proprietaria stava per affrontare con l'altra.
"Come ti senti?" le chiese.
"In che senso?" Era decisamente confusa, si sentiva bene, aveva una fame da lupi il fisico era in ottima forma e tutte le preoccupazioni che aveva erano scomparse quando era salita in quella macchina. A cosa si riferiva? 
"In quel senso Michi" mai possibile che l'altra non capisse a cosa alludesse? O semplicemente non voleva capire per non iniziare il discorso?
"Oh..." fu l'unica cosa che uscì dalle labbra rosee dell'altra mentre anche i suoi occhi viravano in un espressione seria che però non nascondeva un senso profondo di smarrimento e paura. Sensazioni che la motociclista conosceva fin troppo bene. "Sono confusa, voglio dire... con te sto bene ci passerei delle ore, e sono consapevole che anche il mio corpo è in linea con ciò che penso, ne ho avuto una conferma mentre ero bendata però..." si bloccò su quel però, non sapeva bene come andare avanti, esprimere ciò che provava, le sue emozioni non le era mai risultato facile, specialmente in momenti delicati come quello che stava vivendo, ma d'altronde chi meglio della persona davanti poteva capirla?
"Però?" 
"Però è tutto così...così strano, nuovo mi sento come posso dire... smarrita ecco ma non so se è il termine giusto" a quelle parole Haruka si alzò e la prese per mano, facendole cenno di seguirla. Si diresse dunque verso la scalinata che portava nella grotta naturale che aveva notato al loro arrivo, era illuminata da una torcia posta sotto la volta delle scale che vi davano accesso, e l'acqua che la riempiva era cristallina. La violinsta si perse a guardare quello spettacolo per qualche istante.
"Tornando al discorso di Prima Michi, tutto ciò che è espresso è normale, è la tua prima esperienza di questo tipo è naturale che ti senti spaventata, ma dammi solamente la possibilità di starti accanto in questo momento di transizione, purtroppo la consapevolezza che ti piacciono le donne è difficile d'accettare e lo so bene, ma non è assolutamente una cosa insopportabile da mandare giù, no anzi alla fine diventa la tua normalità e non ci fai più caso. Ma i pregiudizi quelli sono duri da affrontare, quelli non finiscono mai di colpirti, e sono molto peggio credimi" mormorò  tristemente, quella stessa tristezza che la pittrice aveva avvertito da alcuni passaggi dell'sms letto quel pomeriggio.
"Haruka, i pregiudizi sono l'ultima cosa che mi interessa, voglio solo ritrovare me stessa, sai sono cinque giorni che non tocco una nota e un pennello. Non riesco, e senza di te... di qualcuno che ci sia passato prima non so se sono in grado di affrontare una cosa simile" si volto verso l'altra " Non saprei come vivere senza di te, prima che tu entrassi nella mia vita mi sentivo così vuota. Ora credo che tutta la mia esistenza ruoti attorno a te... e non attorno a un palcoscenico come mi hanno sempre fatto credere i miei genitori. Per quanto possa essere una cosa contro natura, non so se riuscierei mai a reprimerla." Quelle parole provocarono negli occhi smeraldo un'emozione nuova, era dura ammetterlo ma quelle parole l'avevano scavata nel profondo, le si avvicinò e l'unica cosa che le venne naturale fare fu stringerla forte a se, affondando il viso in quei capelli verde acqua, sentiva così il battito del cuore dell'altra seguire il suo come a intonare la stessa melodia. Michiru aveva il viso nascosto nella sua maglietta, rapita dall'acqua di colonia di colei che si era rivelata allo stesso tempo una condanna e una benedizione, aveva un irreprememibile desiderio di sentire le sue labbra sulle proprie, mosse leggermente il viso per guardare il suo angelo biondo.
"Haru" bisbigliò
"Dimmi..." avrebbe potuto rimanere un'eternità a vivere quel  loro primo vero contatto così intimo, così diverso da quello che le aveva unite sulla spiaggia cinque giorni prima.
"Baciami" rispose l'altra guardandola dal suo metro e sessantacinque di altezza, reso un poco più alto dai tacchi che indossava quella sera.
"Non devi sentirti in obbligo, se non vuoi possiamo aspettare, non voglio metterti fretta, so che potresti provare una repulsione enorme perchè non ci sei abituata e non voglio che tu scappi ancora una volta da me. Faremo tutto a tempo debito" quelle parole le costavano e anche tanto poichè lei era la prima a voler sentire le labbra carnose, rese un poco più rosse dal lieve strato di lucidalabbra colorato che le copriva. Rappresentavano un richiamo irresistibile al quale era difficilissimo dire di no, o almeno lo era per lei.
"Non mi ci sento affatto... allora ti pieghi o no? Sei troppo alta non ci arrivo!!" si lamentò lei, in effetti in quella posizione sembrava molto una scimmia attaccata ad un alto banano dal quale vuole razziare i frutti maturi. Al solo pensiero le venne da sorridere, poco prima che, finalmente, le loro labbra venissero in contatto. Come previsto dal "banano" quel contatto anche se così casto provocò un lieve irrigidimento nel corpo della "scimmia". Seguì qualche istante di silenzio prima che lei si sciogliesse, ritornando a quella morbidezza a cui si era abbandonata nell'abbraccio, furono costrette a separarsi poco più tardi per la mancanza d'ossigeno.
"Come ti è sembrato?"
"Umido"
"Dubito che qualche persona abbia un bacio secco sai? Almeno che tu non baci Pinocchio" la prese in giro l'altra "Seriamente"
"Normale...cioè... non c'è nulla di diverso.." Momorò lei, prima di interrompere l'abbraccio e seguirla per ritornare al loro tavolo, pagare e uscire per tornare a casa.
Durante il viaggio scambiarono poche parole perché entrambe avevano la paura di essere scoperte dai camerieri che lavoravano a villa Kaioh, anche se visto l’orario avrebbero già dovuto dormire da un pezzo. Ma soprattutto entrambe avevano il pensiero rivolto al mattino seguente quando avrebbero dato la notizia ai genitori del loro rapporto. Questo su scelta di Michiru, per la bionda infatti poteva passare benissimo il tempo necessario per far calmare la tempesta interiore che sapeva esserci nella mente della sua ragazza. Ma la violinista ormai aveva deciso: quello era un pretesto buono per lasciare quell’inferno fatto solo di obblighi e niente affetto per rifugiarsi nel paradiso chiamato Haru dove si sentiva protetta e soprattutto amata. Ed era irremovibile da quella decisione.
Arrivate a destinazione parcheggiarono la macchina nei posti sulla strada per non dare troppo nell’occhio e si avviarono verso il cancello pedonale dell’entrata al giardino dell’abitazione, ripercorsero insieme nel buio il vialetto del giorno prima che portava alla vetrata della camera della ragazza, il giardino era illuminato solamente dai pallidi raggi lunari che si riflettevano sulla superficie piatta del mare poco lontano. La pittrice fece scorrere velocemente le mani sicure sul vetro alla ricerca del piccolo tasto che faceva si che essa si aprisse con un click.
“Michi aspetta” si sentì chiamare dall’altra
“Cosa c’è?” rispose dolcemente
“Permettimi di darti la buona notte come si deve” rispose Haruka traendola a se per il braccio e facendola appoggiare sul muro dell’abitazione in giardino. A quelle parole la ragazza dai capelli verde acqua sentì un rossore diffuso propagarsi sul suo viso, per fortuna erano al buio. La bionda troneggiava su di lei con i palmi delle mani rivolti contro il muro ai lati del suo viso. Il suo corpo che aderiva perfettamente a quello dell’altra. Era in prigione, non che le dispiacesse sia chiaro.
“E come la dai la buona notte tu?” rispose lei provocandola.
“Mettimi alla prova” le mormorò sulle labbra con un tono appena sussurrato e carico di malizia prima di morderle il labbro inferiore. Morso che provocò letteralmente dei brividi caldi nell’altra che furono esternati in un sospiro involontario prima che la lingua della sua prigione chiedesse l’accesso nella sua bocca in un bacio carico di passione durante il quale sentì un fuoco accendersi dentro di lei. Kaioh passò le dita nei capelli color grano per trarre la compagna ancora più vicino a se mentre sentiva le mani dell’altra accarezzarle le spalle per poi andare più giù verso i suoi fianchi mentre una gamba si insinuava tra quelle della violinista.
La lingua umida della motociclista disegnava una scia rovente sul collo dell’altra che per favorirne l’operato piego la testa leggermente verso destra mentre sentiva il suo bacino spingere contro il suo. Provocandole l’ennesimo gemito.
“Mmm…come siamo bollenti stasera” disse Ten’o prima di prenderla in braccio per portarla in camera e adagiarla sul letto, dopo il cambio di posizione riprese a giocare con la sua lingua sul corpo della compagna accompagnando la cerniera del suo vestito che si apriva sotto il tuo leggero delle sue dita affusolate. Michiru inarcò la schiena quel tanto che bastava per permettere all’altra di farle togliere il vestito che sparì poco dopo in un punto imprecisato alle spalle della bionda. Che la lascio solamente con il pezzo di sotto del due pezzi che aveva indossato per quella giornata di mare. Si dedicò quindi al collo della ragazza sotto di lei mentre con una mano tormentava i seni perfetti. Sentendo l’altra vibrare sotto di se ad ogni suo tocco. Le emozioni provocate dal tocco di Haruka la guidarono in un oblio di sensi e sensazioni fortissimi e mai provate che si impadronirono del suo esile corpo quasi esso potesse vivere di volontà propria. Aveva ormai perso la lucidità e sentire le dita dell’altra toccare le corde della sua anima la mandò in estasi intorno a loro non c’era più niente, solo loro e i loro sospiri innamorati, i loro corpi sudati e il fuoco che sentiva crescere sempre di più nel basso ventre mentre le dita di Ten’o suonavano alla perfezione quelle corde toccando quelle giuste al momento esatto.
Fu una questione di secondi e quel fuoco si fece improvvisamente più acuto quasi fosse un esplosione per poi affievolirsi pian piano.
Haruka fissò il mare agitato sotto di lei attraverso la penombra argentata della luna. Quando faceva l’amore era ancora più bella. Gli occhi lucidi di desiderio e il lieve rossore che si impadroniva delle sue guance accese dalla passione di quegli attimi.
“Sei bellissima quando godi” le disse a fior di labbra prima di donarle un dolcissimo bacio. “Come ti è sembrato?” era la risposta che temeva maggiormente.
“ Bellissimo, Certo sensazioni nuove ma infondo era la mia prima volta in ogni senso” arrossì vergognosa l’altra sotto di lei. Gli occhi smeraldo si piegarono in un sorriso.
La motociclista fece l’atto di alzarsi erano già le due di notte e doveva tornare a casa, fu però bloccata dall’altra che l’afferrò per un braccio.
“Ti prego non andartene, non lasciarmi sola questa notte” a una richiesta così esplicita non poteva sottrarsi, fu per questo che tornò sul letto della sua sirenetta per riprendere a coccolarla fino a quando Morfeo non li colse entrambi.
Sarebbe stata per sempre grata a quell'estate a quella vita che le aveva riservato una persona al suo fianco da amare. Era sempre stata consapevole di essere sbagliata per quella parte della società, e sicuramente dopo che i suoi avessero appreso quanto lei fosse diversa dalle altre ragazze, quella consapevolezza sarebbe aumentata ancora di più. Lei non la sopportava, era la pecora nera della famiglia che invece adorava fronzoli e balletti che frequentava regolarmente. Lei no voleva essere libera di amare, di sognare come qualsiasi altra ragazza di sedici anni. Con i suoi sogni a guidarla e prendendo magari anche qualche facciata. Ma non più in una boccia di cristallo come una bambola da collezione alla quale puoi fare tutto. Tanto non si ribella. No quello assolutamente no. Grazie ad Haruka avrebbe avuto sicuramente le sue ore di libertà quotidiane, sarebbe stata pronta a smuovere mari e monti pur di rimanere al suo fianco, pur di sentirsi viva.
Quei giorni d’estate le avevano cambiato la vita. Decisamente in meglio. Ora poteva essere libera di amare. Libera di vivere.

   
 
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