Desclaimer:
I
personaggi appartengono al
manga Bishojo Senshi Sailor Moon di Naoko Takeuchi che ne detiene i
crediti e
non alla sottoscritta. Questa storia è frutto della mia sola
e unica fantasia e
non è pubblicata a scopo di lucro.
Note al Racconto:
Racconto iscritto al concorso One – Shot
dell’estate.
Note
dell’Autrice: Come al
solito preferirei non ricevere recensioni
dal pubblico maschile perchè sono fidanzata. Come One Shot
è un po’
lunga ma spero comunque che possa
essere di vostro gradimento =)
L’Estate
che Mi cambiò La vita
Era
una delle
tante giornate che
affollavano le sue estati: calda, con un’afa a dir poco
soffocante e lei al
contrario di qualsiasi altra ragazza di
sedici anni era costretta a rimanere nel salone di casa dove era solita
seguire
le lezioni di musica con il suo insegnante privato.
Erano
estremamente noiose, non per
vantarsi ma era perfettamente conscia
che suonando il
violino da quando aveva cinque
anni
ormai non aveva più niente da imparare e anche il suo
insegnante non sapeva più
che cosa farle fare. I suoi genitori nonostante
avesse più volte richiesto di non
dover più studiare la musica, occupando così il
suo tempo libero sulla spiaggia
a poca distanza dalla villa di famiglia, come ogni ragazza che si
rispetti, i
suoi desideri furono lasciati cadere nel vuoto perché erano
semplicemente delle
richieste inutili.
In
fondo questo
atteggiamento di
apatia e disinteresse nei confronti della sua vita, dei suoi desideri
era una
delle tante regole della famiglia, ciò che importava
veramente a casa era la
carriera di sua madre e quella di suo padre, per non parlare poi del
percorso
lavorativo che i suoi genitori avevano già immaginato per
lei senza chiedersi
veramente ciò che volesse
realmente fare.
Perché , stando a loro
erano solamente tanti capricci i suoi. Erano arrivati anche a
individuare un
possibile futuro sposo per la giovane promessa della musica classica
giapponese,
un buon partito anche lui primogenito di una famiglia piuttosto in
vista della Tokyo benestante.
Tutto
questo le
dava la nausea.
La
faceva
sentire soffocata.
Era
in una prigione di cristallo.
Fissò
fuori dalla finestra del
grande salone il mare davanti a se, vederlo
la rilassava, la tranquillizzava sembrava quasi
che lui sappesse
quanto erano simili. Quanto fosse simile lui al suo carattere a volte
tranquillo, a volte tormentato come gli scogli durante una mareggiata.
“Signorina
Kaioh un po’ di
attenzione la prego, cosa le succede? La vedo molto distratta
oggi” le
disse il suo insegnante un uomo sulla
sessantina d’anni, dai capelli brizzolati e dallo sguardo
severo di chi ha un
enorme cultura alle sue spalle.
“Si
ha ragione professore, sa vorrei
tanto essere una ragazza normale. Voglio andare al mare. Ora”
“Signorina
la prego i suoi genitori
mi hanno pagato tre ore di lezione, lei ne ha svolto solamente una;
deve ancora
esercitarsi in composizione e solfeggio”
“Sa
meglio di me che potrei leggere
ad occhi chiusi qualsiasi spartito musicale, e poi niente storie ho
deciso.”
Rispose. Si diresse verso la porta ben decisa
a godersi una
giornata di sole come qualsiasi persona normale. Andò verso
la sua camera
eccitata dall’idea che finalmente poteva compiere un azione
che aveva deciso di
fare con la sua testa, senza la paura di una sgridata o di essere
ignorata, i suoi
infatti sarebbero stati fuori per ben dieci giorni, ma era spaventata.
Spaventata
al solo pensiero della reazione dei suoi genitori al loro ritorno, era
a
dir
poco terrorizzata, una bella sgridata non gliel’avrebbe tolta sicuramente nessuno
e i coniugi Kaioh
quando erano arrabbiati non facevano per finta. Mai.
D’altro
canto non stava facendo
niente di male ne che le potesse rovinare la salute: non stava andando
a
cercare di procurarsi della droga ne a bere senza ritegno in una
discoteca.
Niente di tutto questo, la spiaggia non costituiva sicuramente un
pericolo e per
di più i suoi non dovevano neanche avere paura delle cattive
compagnie. Non
perché il suo gruppo fosse affidabile ma perché
lei un gruppo di amici sinceri
non lo aveva mai avuto. I ragazzi la guardavano solamente per il suo
corpo e
volevano in fondo solo quello, le sue coetanee invece venivano rose
dall’invidia per la sua bellezza e per il fatto che quando
era presente tutto
il genere maschile cercava di farsi vedere per avere una
possibilità. Invidie e
fisico a parte, c’era un’altra categoria di persone
da cui difendersi: coloro
che ti stanno vicino e fanno i finti amici solamente per il cognome che
hai la
fortuna di portare, nella speranza che potessero salire di scala
sociale
anche
solamente sposandosi. Senza sapere che non essere una comune cittadina
era
solamente una tortura e un reprimere di desideri innocenti come quello
di
andare a prendersi un gelato perché i tuoi genitori pensano
solamente al meglio
per te secondo loro.
Michiru
aprì le ante dell’armadio
alla ricerca di quei pochi costumi che si era comprata nella speranza
di
riuscire ad andare al mare, erano ormai un anno e due mesi che covava
in se
questo desiderio, desiderio che fu prontamente distrutto dalla madre.
Anziché
perdere tempo in inutili giornate sulla spiaggia con le amiche, si
perché i
suoi genitori erano convinti a torto che lei avesse un folto gruppo di
amiche, era
sicuramente più produttivo esercitarsi con il violino o con
la pittura. Non
finiva di studiare mai. Quando non vi era la scuola, c’erano
le lezioni
private.
Dopo
dieci
minuti di indecisioni la
ragazza scelse infine un costume nero che aveva comprato,come vestiario
scelse
invece un paio di pantaloncini di jeans che le arrivavano a
metà coscia e una
canottiera a righe bianche e azzurre che si intonava perfettamente alla
borsa
del mare anch’essa di questi colori, dopo un’ultima
sistemata ai capelli uscì
dalla vetrata scorrevole che aveva la sua camera al posto della
finestra e che
le donava un ampia vista sul mare. Semplicemente perfetta per una che
come lei
il mare lo amava. Uscendo dalla sua camera poi entrava nella parte del
giardino
più vicina al cancello che dava l’accesso alla
strada principale sulla quale la
villa era stata costruita e che dall’altro lato, sei metri
più in basso era
costeggiata dalle enormi spiagge. Si avviò a passo veloce
verso la sua meta,
vista l’ora il bagno asciuga era gremito di persone alle
quali piaceva cuocersi
sotto il sole come delle lucertole a sangue freddo. Erano tutte
abbronzatissime, naturale visto che erano alla fine di Luglio. Lei
invece
sembrava appena uscita da un ospedale, la sua pelle candida e quasi
diafana
sarebbe saltata all’occhio di chiunque passante. Che vergogna. Si sentiva enormemente in
imbarazzo. Doveva
raggiungere una spiaggia un po’ meno affollata in modo da
riuscire in quella
giornata ad assumere un colore un po’ più umano.
Per
fortuna
dopo aver camminato per
quaranta minuti raggiunse una piccola insenatura riparata dal vento,
dove l’acqua
aveva un colore cristallino quasi fosse un vetro fluido al di sotto del
quale
potevano vedersi chiaramente la moltitudine
di pesci dai più svariati colori. Era
decisamente un angolo di paradiso
lontano dalla calca turistica di cui Kyoto era protagonista tutti gli
anni.
Scese la scalinata che dava l’accesso alla spiaggia e in
pochi minuti si trovo
a camminare sulla sabbia dopo tantissimo tempo per la prima volta. Si
sentiva
finalmente a casa. E soprattutto si sentiva libera di fare quello che
voleva senza
render conto a niente e a nessuno.
Prese
il suo
asciugamano dalla borsa
e lo stese sulla sabbia prima di andare in acqua a fare il suo primo
bagno
della stagione, perché ne era certa non sarebbe stato
sicuramente l’ultimo:
aveva intenzione di cercare di far ragionare i suoi genitori e ottenere
almeno
un giorno libero durante la settimana per passare il tempo come voleva.
Il
contatto con
l’acqua fredda le
provocò un brivido che le salì velocemente lungo
la spina dorsale, ma ciò non
le impedì di tuffarsi dopo breve tempo nell’acqua
cristallina trovandosi così
in pochi minuti in compagnia dei pesci che curiosi per quella invasione
di
ambiente le giravano vicino alle gambe. I più timidi a ogni
minimo movimento
della ragazza scappavano, quelli più intraprendenti invece
arrivavano a
morsicarla per vedere che cos’era. Tocco al quale la ragazza
non si sottraeva:
amava tutto del mare e si perdeva delle ore davanti alle vasche
dell’ acquario
cittadino.
Il
pomeriggio
passò decisamente
veloce. Fin troppo veloce e ben presto il sole iniziò a
calare sull’orizzonte
dipingendo il cielo di mille sfumature rosse, le stesse sfumature che
poi
tingevano il mare arricchito da mille scaglie luminose causate dai
raggi del
sole che si frangevano sulle onde, uno spettacolo decisamente mozza
fiato.
Michiru
dovette
fare un grande
sforzo di volontà per andarsene e tornare in quella casa che
tanto odiava,
sospirò pesantemente mentre si infilava le infradito sempre
azzurre per
incamminarsi verso casa, lungo la strada si fermò in una
gelateria a prendere
una granita alla menta per rinfrescarsi dopo la calura che aveva
sentito
durante la giornata.
Era
a circa
cento metri dalla sua
abitazione quando praticamente all’improvviso fu colpita da
una persona fin
troppo poco attenta per i suoi gusti che stava liberamente correndo sul
marciapiede con le cuffie nelle orecchie. Scontro che fece si che la
granita si
rovesciasse sulla sua maglietta nuova macchiandola con un enorme
macchia verde.
Andò decisamente in bestia.
“Mi
scusi non l’avevo vista” disse
lo sconosciuto, perché di ragazzo si trattava. Aveva un
viso perfetto quasi
fosse una statua scolpita da Michelangelo.
“Be
credo proprio che se mi avesse
vista sarebbe stato davvero più grave” rispose lei
tagliante.
“
Mi
permetta almeno di riparare al
danno e di portare la maglietta in lavanderia” rispose il
ragazzo. Si fissarono
negli occhi per qualche istante.
Ha
degli occhi incredibili, semplicemente fantastici. Pensò
mentre le sue iridi verdi si
incrociavano con quelle cobalto della ragazza che aveva appena
scontrato.
Da
parte sua
Michiru si sentì come
se quegli occhi le leggessero l’anima, si sentì
decisamente vulnerabile sotto
lo sguardo indagatore di quel perfetto e bellissimo sconosciuto.
“Non
è necessario davvero stavo
andando a casa abito poco distante da qui” si
limitò a rispondere lei.
“Permettimi
almeno di accompagnarti
fino a casa” rispose l’altro.
Ecco
che hai trovato l’ennesimo cascamorto Michiru.
Sospirò ben decisa a non cadere
nella trappola di lasciarsi infatuare da una persona come quella che al
solo
vederlo doveva essere un collezionista di ragazze incredibile. E
d’altronde
come poteva non dar torto alle persone di sesso femminile? Aveva un
fisico
perfetto almeno quanto il viso circondato da capelli biondi corti e
liberi di
muoversi sotto il vento che si era alzato lentamente in quei minuti.
“Come
vuoi, se ti fa piacere
accompagnarmi fai pure” Ma cosa
stai
dicendo Michiru? Lo conosci appena, non sai chi sia, da dove venga
oppure se è
un maniaco.
“Ah
io sono Haruka Ten’ō” rispose porgendole
la mano destra, prima di passarsi una mano tra i suoi capelli color del
grano.
Quel gesto fece arrossire la violinista che sentì un calore
salirle verso le guance.
“Piacere
Michiru…. Michiru Kaioh”
mormoò lei mentre il rossore che aveva sul viso si
accentuava ancora di più.
Quant’è
bella quando arrossisce.Si
ritrovò a pensare Heles mentre la osservava, sembrava tutto
ad un tratto
vulnerabile e insicura di se.
“Quindi
ho la fortuna di conoscere
l’ultima rampolla della famiglia Kaioh? Tutta pizzi, lustrini
e buone maniere”
disse il biondo portandosi le mani dietro la nuca mentre camminavano
fianco a
fianco.
“Detta
proprio sinceramente a me la
vita a cui sono costretta non mi piace affatto. Odio quella casa
più di me
stessa se potessi scapperei volentieri ma non sapere dove andare e la
solitudine ancora più accentuata a cui sarei costretta mi
ferma e non poco.
Quindi sicuramente non faccio parte della categoria di oche che
sospirano ad
ogni bell’imbusto che incontrano” rispose lei senza
guardare il suo
accompagnatore, con sguardo fiero davanti a se.
Il
biondo
ragazzo era colpito
dall’affermazione appena detta dalla ragazza, era
positivamente colpito nel
constatare che Kaioh nonostante sia cresciuta nello sfarzo e nel lusso
più
sfrenato, al contrario di qualsiasi altra ragazza odiava quella vita.
Era
diversa e questa diversità lo affascinava. Spingendolo a
voler approfondire la
loro conoscenza. Osservando bene la ragazza che aveva al suo fianco
trovò che
era un concentrato di eleganza e bellezza fuori dal comune, i giornali
delle
cronache mondane non scherzavano a dire che sarebbe divenuta in futuro
la
ragazza più corteggiata sul panorama cittadino. Sempre che
non lo fosse già.
Michiru
sentiva
lo sguardo del
ragazzo fisso su di se mentre camminavano verso il cancello del
giardino di
villa Kaioh, e si sentiva molto a disagio. Girò appena la
testa verso Ten’ ō e
i loro sguardi si incrociarono per una seconda volta, costringendo
entrambi a
volgere altrove il loro sguardo. La ragazza non poté far a
meno di notare che
il suo accompagnatore la guardava con uno sguardo divertito.
Consapevolezza che
la innervosì e non poco.
“Scusa
potresti spiegarmi perché
ridi? Mi trovi così buffa e divertente?”
domandò piccata. Quel tipo le stava
decisamente sui nervi. Ma chi si credeva di essere?
“No
e
che secondo me non hai mai
avuto a che fare con un ragazzo sai, sei impacciata da
morire” rispose l’altro
con un ghigno che donava al suo viso un espressione da mozzare il
fiato. Il
cuore della pittrice perse un battito.
“Be
dovresti rivalutare le tue
certezze” rispose secca. “Siamo arrivati”
concluse voltandosi verso il suo
accompagnatore occasionale.
“
Ok
allora ti aspetto così mi porti
la maglietta e te la faccio lavare”
“Allora
vieni con me non voglio che
qualcuno ti veda perché altrimenti iniziano sicuramente a
girare pettegolezzi e
voglio decisamente evitare questa cosa”
Bella
e riservata. Connubio perfetto.
Haruka
seguì nel giardino la
ragazza, un giardino con il prato che pareva essere di velluto, e sul
cui lato
vi era un piccolo viottolo circondato da muri di siepi che in alto
formavano un
arco verdeggiante. Ottimo posto non c’è che dire.
Al termine del corto vialetto
giunsero nel piccolo giardino separato da tutto il resto sul quale si
affacciava la vetrata della camera della ragazza aperta come era stata
lasciata
dalla violinista ore prima. Lei entrò con non curanza
gettando la borsa per il
mare sul letto e sciogliendosi poi i capelli che fino a quel momento
erano
stati legati in una coda alta sopra alla testa. Il ragazzo invece si
fermò al
di fuori della vetrata, gli sembrava infatti di essere troppo
invadente, si
vedeva che quella stanza rappresentava in pieno l’essenza
della persona che in
quel momento le stava davanti, sobria ma con particolari che le
donavano quel
tocco di eleganza in più tipica delle persone raffinate. E
Kaioh apparteneva
proprio a quel genere di persone.
“Che
fai non entri?” sentì la voce
della ragazza provenire da un punto imprecisato all’interno
dell’enorme cabina
armadio all’interno.
“Non
sono il genere di persona che
invade gli spazi altrui se non invitata o non ben accetta”
rispose lui
sedendosi sul letto prima di essere raggiunto dalla ragazza che aveva
indossato
una camicetta piuttosto aderente e bianca che lasciava intravedere
qualche
forma in più del necessario.
Cavolo
e chi se ne va più di qui ora. Pensò
il biondo deglutendo anche vistosamente.
“Tieni”
disse a un tratto Michiru
dopo essersi seduta sul letto leggermente di lato quasi fosse una
sirena con la
coda su uno scoglio. “ Qui dentro c’è la
maglietta, ma ripeto non ha importanza
non sentirti in obbligo”
“Figurati
nessun obbligo, l’ho
sporcata io e la pulirò io” disse lui
“be
allora grazie” rispose lei “come
posso sdebitarmi?”
“Uscendo
con me domani pomeriggio e
sera” rispose lui facendola arrossire.
Un
appuntamento? Oddio no! E’ troppo presto ci siamo appena
conosciuti.
“Toglimi
una curiosità”
“Dimmi”
“Fai
la corte così a tutte le
ragazze che incontri?” chiese lei quasi sfacciatamente. Ma poi anche se fosse cosa mi interessa? Tanto mi
deve solamente ridare
una maglietta e poi sicuramente non ci vedremo più.
Negli
istanti
immediatamente
seguenti la ragazza fu letteralmente ipnotizzata dallo sguardo smeraldo
dell’altro, sguardo che si stava avvicinando sempre di
più al suo. Pochissimo
dopo senti il fiato della persona che aveva affianco sul suo viso e
chiuse
istintivamente gli occhi. In quell’attesa che si viene a
creare negli istanti
immediatamente prima di un bacio.
“No
solamente a quelle graziose come
te” rispose lui allontanandosi di colpo e soprattutto quando
la ragazza se lo
aspettava di meno per alzarsi dal letto.
Michiru
lo
guardò leggermente
amareggiata, era impossibile non ammetterlo. Il suo sguardo
tradì la poca
lucidità.
“Be
ci vediamo allora” rispose lui
prendendo poi un foglio dalla scrivania per segnare il suo numero di
cellulare
con l’elegante calligrafia. “ci sentiamo per
l’ora” detto questo varcò la
vetrata che lo separava dal giardino per avviarsi verso
l’uscita.
Quando
l’ospite se ne andò la
ragazza uscì dalla camera per andare in bagno a farsi una
doccia rinfrescante
per togliere il sale dalla pelle.
Il
giorno
successivo diede il
buongiorno alla violinista con
lo stesso
identico sole che l’aveva salutata il giorno precedente.
Prese il cellulare e
dopo essersi cambiata si diresse in sala da pranzo per fare colazione,
i suoi
passi echeggiavano sul pavimento di marmo della grande casa silenziosa.
La sera
precedente era andata a dormire tardi, nella sua testa risiedeva
solamente un
unico chiodo fisso: Haruka. E non si capacitava di come potesse essersi
innamorata di un perfetto sconosciuto incontrato così per
caso. Oddio,
innamorarsi era una parola decisamente grossa era forse più
giusto dire che si
era invaghita ma non innamorata. O almeno questo era ciò che
pensava.
“Buongiorno
signorina Kaioh” le
disse la cameriera posandole la colazione sul tavolo, prima di iniziare
a
mangiare però la ragazza prese il cellulare con il numero
del ragazzo e gli
mandò un messaggio per chiedere a che ora avrebbero dovuto
vedersi il
pomeriggio.
“Buongiorno”
disse sorridente alla
cameriera prima di mangiare velocemente qualcosa con
l’obbiettivo di andare in
spiaggia anche quel giorno. “Ah Kaori dica al cuoco di non
prepararmi per
stasera perché non torno per cena”
“Signorina
i suoi genitori lo
sanno?”
“No
e
veda bene di non avvisarli.
Tanto per loro faccio solamente delle cose inutili”
sbottò con la voce tremante
prima di alzarsi e andare in camera sua per prepararsi per il mare.
Aveva
deciso di raggiungere nuovamente la spiaggia del giorno prima
perché era
conosciuta veramente da poche persone e il mare era puro e limpido.
Al
contrario
del giorno precedente
però visto che doveva poi rimanere fuori alla sera
optò per un vestitino senza
spalline a righe bianche e rosse molto sottili e un cappello di paglia
per
proteggersi dal sole che aveva un fiocco del medesimo tessuto
dell’abito e
delle scarpe bianche di stoffa legate alla caviglia con la zeppa sempre
di
paglia.
Appena
fu
pronta per uscire erano le undici, e ancora Haruka non le aveva
risposto, molto probabilmente era
occupato
chissà con chi e a fare cosa. Quel pensiero le
provocò un leggero fastidio.
Erano
ormai le
dodici quando giunse
in spiaggia e fece il primo bagno della giornata. Il mare e lei stessa
erano
come una sola cosa, quando era sulla spiaggia o anche solo se lo
osservava si
sentiva in pace con se stessa e si rilassava.
Era
talmente
presa dal mare che
scorreva attorno a se da non sentire neanche che qualcuno aveva fatto
il suo
ingresso in acqua e il più silenziosamente possibile si
stava avvicinando a
lei.
Fu
un attimo e
sentì due mani sulle
sue spalle e provò solamente un grandissimo spavento, con la
paura che fosse
solamente un malintenzionato iniziò a gridare per cercare di
attirare
l’attenzione di qualche passante che passeggiava sulla
spiaggia.
“Michiru
calmati…sono io…Haruka”
disse una voce vicino al suo orecchio. Sentirla così vicina
a se provocò a
Michiru i brividi lungo la schiena, sentire il suo corpo che aderiva
perfettamente al corpo di lui come se fosse la sua esatta copia.
“
Ma
sei deficiente? Ti sembrano
scherzi da fare?” si arrabbiò lei spingendolo
lontano per poi dirigersi verso
la spiaggia e lasciandolo li come un ebete.
Che
caratterino. Altro che tranquilla e docile. Pensò,
ma in fondo le ragazze che
tiravano fuori le unghie quando era necessario gli piacevano ancora di
più. La
raggiunse sulla spiaggia e senza neanche chiederle il permesso si
sedette
accanto a lei sull’asciugamano. Gesto che fece voltare la
ragazza in modo al
quanto impettito dall’altra parte.
“Come
siamo permalose”
“E’
uno scherzo cretino tutto qui.
Potevo bere dell’acqua. Non è una cosa piacevole
sai? Proprio per niente”
sbottò la violinista adirata.
Un
silenzio
carico di imbarazzo
scese tra i due, Michiru sapeva benissimo di aver esagerato ad
arrabbiarsi così
tanto per uno scherzo innocente ma per il suo orgoglio non
l’avrebbe mai ammesso.
Haruka invece non voleva minimamente affrontare l’idea di
chiedere scusa per
una cosa che le era sembrato un gesto carino e simpatico, in fondo la
violinista toccava con i piedi sul fondale e
l’eventualità che bevesse era
praticamente pari allo zero. Eppure si sentiva in colpa.
Fu
distratto
dalla ragazza che si
sdraiava al suo fianco, la posizione che aveva assunto metteva in
risalto ogni
minimo particolare del suo bellissimo corpo e ben presto il battito del
ragazzo
prese ad aumentare a quella vista mozzafiato. La pelle candida sotto il
sole
sembrava quasi che dovesse iniziare a luccicare, sposto lo sguardo sui
seni che
sotto al costume sembravano perfetti e soprattutto proporzionati alla
corporatura della pittrice. Fu ipnotizzato dal lieve movimento che
compivano
quest’ultimi seguendo il respiro della donna.
“Ma
non hai caldo a stare con la
maglia al mare?” la voce dell’altra lo
riportò ai suoi pensieri e la fissò come
un ebete senza sapere cosa dire. Non sapeva se ne valeva la pena di
rischiare di
perdere la loro amicizia per una stupida risposta. Alcune persone erano
schifate da quelli della sua “specie”.
Già specie. Non venivano considerati
neanche esseri umani quasi, e se le persone sapevano cosa era la
emarginavano.
Convinti che un diverso modo di amare era contro natura. E come poteva
essere
sicura che le cose con quella ragazza incontrata praticamente per caso
non
sarebbero cambiate quando avrebbe saputo la verità? Scelse
la tecnica più
sicura per non rispondere alla domanda. Aveva una tremenda voglia di
toccare
quell’esile corpo.
“Michi
andiamo a pranzo ti va? Sono
quasi le 13 e inizio a sentire fame”
Mi
ha chiamata Michi. È il primo che lo fa. Per tutti sono
Miku.
“
Si
come vuoi hai qualche idea di
dove mangiare?”
“
Conosco giusto un ristorante ad
una mezz’oretta di macchina da qui che da sul mare, pensavo
che potesse
piacerti” rispose di rimando.
“
Credo sia perfetto” rispose
l’altra alzandosi e iniziando a vestirsi.
Questo
vestito bianco e rosso le sta d’incanto.
Pensò Ten’ō. Si perse a fissarla. Anche ai gesti
più
naturali imprimeva un tocco di eleganza in più. Che
l’attirava come una
calamita.
“Andiamo?”
esordì lei dopo qualche
minuto sistemandosi il cappello di paglia un po’ inclinato
sulla testa dopo
essersi sciolta i capelli legati per non bagnarli nell’acqua
salata.
“Agli
ordini” disse lui alzandosi in
piedi. “ Raccontami un po’ di te, non so nulla che
ti riguarda che non siano le
notizie che escono fuori sul giornale. Ma onestamente credo che pompino
abbastanza
le notizie le giornaliste” disse poi quando furono arrivate
alla macchina
mentre le apriva lo sportello per farla salire. Gesto che
provocò per
pochi
secondi che sembrarono durare un'eternità un incontrarsi
delle loro mani. Un
contatto delle loro pelli. Una scintilla che si accese. Un fuoco che
iniziava
ad ardere dentro di loro. Un arrossarsi sul viso della ragazza dai
capelli
verde acqua.
“Be
la mia vita non è nulla di
speciale, non ho la libertà di fare ciò che
voglio. Sono libera di fare
qualcosa solamente se riguarda la musica, la pittura e il nuoto. Conta
solo
questo per i miei genitori. Tutto il resto sono solo cose
futili.” Rispose lei
tristemente.
“Ma
come mai sei fuori se dici così
questi due giorni?”
“Sono partiti per un tour anche loro suonano, e per questo
per loro la musica è
tutto ciò che dev’esistere al mondo. Tornano
domani mattina.” Sospirò cercando
di cacciare via il magone che le provocava pensare che per i suoi
genitori lei
non contava poi un granché. “ Non sai quanto ti
invidio, Haruka”
“Chiamami
Haru”
“Haru..
fai una vita totalmente
diversa dalla mia. Anche se non ne so niente mi basta vedere quanto tu
sia
libero per provare invidia. Le mie coetanee sbaverebbero dietro di te
come
delle sataniche, invidiandomi in questo esatto momento per il solo
fatto di
essere in macchina con un ragazzo come te. Io no. Io invidio te
perché puoi
fare ciò che ti pare.” La voce le tremava sempre
di più, gli occhi erano lucidi
e non sapeva neanche il perché aveva trovato il coraggio di
aprirsi a uno sconosciuto
che non aveva niente in comune con lei escluso il tormento che gli
leggeva
negli occhi. Quello era identico al suo. Ne era certa. Mosse una mano
nel
tentativo di asciugarsi qualche lacrima salata scappata alla prigione
dei suoi
occhi.
“Scusa
non volevo farti
piangere…perdonami. Sono una frana” disse lui
appoggiando la sua mano destra su
quella sinistra di lei nel tentativo di confortarla da quel malessere
che lui
stesso le aveva inflitto. Quella ragazza aveva ragione a dire che si
sentiva
libero di andare dove gli pare quando ne aveva voglia senza dar peso a
nessuno,
ma era anche vero che per far ciò aveva dovuto rendersi
indipendente correndo
con le moto o con le macchine nelle gare ad alta velocità.
Si sentiva libero a
contatto con il vento. Era come se fosse uno di famiglia. Un amico di
cui
fidarsi ciecamente e a cui svelare ogni suo segreto. Anche il
più intimo.
Michiru
anche
se tentava di
distrarsi con il panorama però non riusciva a impedire alle
lacrime frutto di
tanto nervoso, di tanto dolore represso, di fuori uscire alleggerendo
così il
suo essere. Compresso come la polvere da sparo prima di esplodere. E
forse era
successo proprio questo a lei: era esplosa.
“Ehi
Michi…” le disse lui girandole
delicatamente il viso verso se stesso per guardarla negli occhi. Quegli
occhi
così dolci le imprimevano un certo senso di tenerezza. Ma lo
facevano anche
annegare. Annegare in quel mare meraviglioso. “Io per te ci
sarò sempre capito?
Sempre. Qualsiasi cosa accada, se avrai voglia di una spalla su cui
piangere io
ci sarò. Sembra strano, ma dall’esatto momento in
cui ci siamo scontrate ieri
sera ho la sensazione che non posso far a meno di te. E non voglio
vederti
soffrire. Ho l’assoluta certezza che io e te siamo fatti per
stare insieme.”
Michiru arrossì a quelle parole, erano esattamente le sue
stesse emozioni, le
sensazioni che anche lei stava provando da quel esatto momento voluto
dal
destino avvenuto giusto il giorno prima. Il motociclista
accarezzò dolcemente
il viso della ragazza che spostò leggermente la testa contro
la sua mano
perdendosi a quel tocco che le dava brividi incredibili, conscia che
per la
prima volta nella sua vita era realmente completa. Fu una questione di
pochissimi
istanti e le loro labbra erano a pochi centimetri.
Un
clacson
risuonò potente dietro di
loro: era scattato il verde e immerse in quell’attimo
così intenso neanche se
ne erano accorte.
Maledetto.
Fu il primo
pensiero che riempì la mente di Haruka.
La
ragazza
invece aveva paura, paura
che anche lui fosse l'ennesimo play boy che voleva conquistarla per
gioco, magari
giungendo anche a portarla a letto per poi sparire e non farsi mai
più vedere o
peggio ancora poteva essere l’ennesimo morto di fame che
sperava di scalare la
società portandola all’altare. Aveva paura di
amare. Amare la persona
sbagliata. Ma prima di tutto aveva Paura di Soffrire.
Un
quarto
d’ora dopo giunsero nei
pressi del ristorante che era piccolo ma molto carino, con una terrazza
esterna
che dava sull’immenso Oceano Pacifico. Il sole risplendeva
più forte che mai, ma
il vento che soffiava leggero in una piacevole brezza fece si che il
caldo non
si sentisse.
Haruka
le
aprì la porta come un
perfetto gentiluomo e quando ebbe chiuso la macchina le
passò un braccio
intorno alla vita dietro la schiena sopra i reni. Un gesto che fece
inizialmente irrigidire la violinista ma che le infuse un bellissimo
senso di
protezione. Quel senso di protezione che i suoi genitori non le avevano
mai fatto
provare neanche lontanamente.
“Haruka
che piacere rivederti!”
esclamò un ragazzo di circa venticinque anni che a giudicare
dagli abiti
indossati doveva essere il meitre del locale. “Mi vuoi
presentare questa bella
signorina?”
“Mamoru
questa è Michiru Kaioh”
rispose il ragazzo.
“Piacere”
disse la violinista
porgendo la mano, che al contrario di quello che si aspettava ricevette
un
perfetto bacia mano.
“Piacere
mio Michiru” rispose il
giovane bruno. “Come stai?” chiese infine rivolto
ad Haruka.
“Non
c’è male solita vita… hai un
tavolo libero per due?”
“Certamente
seguitemi!” rispose il
cameriere facendo loro strada verso un tavolo un po’
appartato sulla terrazza.
Su
consiglio
del ragazzo entrambi
ordinarono il menù offerto dalla casa e mentre aspettavano
fu Michiru a
chiedere un po’ più di informazioni sulla persona
che le stava iniziando a
piacere.
“
In
confronto alla tua di vita la
mia non è niente di che…solo motori e
velocità. Niente che riguardi l’arte…
so
suonare il pianoforte ma niente di speciale. Mi piacciono
più i motori” al
sentire la parola pianoforte la ragazza si era decisamente illuminata.
“Da
quanto lo suoni?”
“Da
quando avevo sette anni”rispose
lui.
Le
parole
svanirono totalmente
all’arrivo della prima portata che era semplicemente squisita
e che fu
consumata dai due ragazzi in un batter di ciglio.
Il
pranzo
proseguì molto bene, e
dopo di esso si recarono nuovamente in giro raggiungendo una baia
decisamente
isolata e che nonostante fosse l’orario perfetto per un
abbronzatura come si
deve non era utilizzata da nessuno, a livello della spiaggia
c’era una piccola
grotta naturale che si estendeva per circa una decina di metri sotto la
scogliera. Era un posto bellissimo. Michiru si sentiva felice quasi
potesse
toccare il cielo con un dito e si sedette per qualche istante proprio
in una
delle rocce che spuntavano all’interno della piccola
insenatura uscendo dalla
sabbia quasi a imitare le grandi catene montuose o il monte Fuiji. Che
si
innalzano nella pianura erbosa all’improvviso proprio come
quelle piccole rocce
fuoriuscivano dalla sabbia.
Fu
raggiunta
pochi minuti dopo da
Haruka che si era attardata per inserire l’antifurto nella
macchina e che si
sedette sulla stessa roccia della ragazza.
“Cosa
ne pensi di questo posto? Ti
piace?”
“E’
semplicemente meraviglioso Haru”
rispose lei sgranando gli occhi quasi fosse una bambina davanti a una
bancarella di dolci.
È
adorabile.
Non
passò molto tempo da li al
momento in cui con non curanza il motociclista passò il suo
braccio destro
sulle spalle della ragazza che rabbrividì al tocco di lui, e
i brividi non
erano causati per il freddo. La pittrice si voltò a guardare
quello che a tutti
in effetti poteva definire il suo ragazzo, anche se forse era troppo
presto per
usare quel parolone. Ogni volta che lui abbandonava il contatto fisico
con lei
però si sentiva vuota e persa, voleva costantemente stare al
suo fianco. Una
mano che le spostò una ciocca di capelli dal viso la
riportò alla realtà, anche
se a lei sembrava di vivere un sogno. Un sogno chiamato amore.
“Che
fai?” Mormorò dolcemente all’altro
mentre veniva spinta dal braccio sopra le spalle contro il petto di
lui, il
movimento la costrinse ad alzare un poco il viso verso
l’alto. E fu in
quell’istante che le loro bocche si incontrarono. In un bacio
prima dolce e
tenero che si trasformò in un breve istante in qualcosa di
più passionale non
appena Haruka le dischiuse le labbra con le sue per creare in questo
modo un
accesso per la sua lingua, che ben presto si ritrovò a
muoversi in una danza
accompagnata dal battito accelerato dei loro cuori, e dalla sinfonia
delle loro
emozioni che travolse entrambi raccontate al mare poco lontano e al
vento che
spirava dolcemente tra i loro capelli. La violinista si sciolse
lentamente
abbandonando quella rigidità iniziale di chi non
è sicuro di ciò che fa.
“Ti
amo, lo so che è presto per
dirlo, ma nessuna mai mi aveva provocato emozioni così
intense solo con un
bacio” mormorò lui sulle sue labbra, senza
spostare gli occhi dal suo viso
leggermente arrossato dalla timidezza ma anche dalle emozioni provate
fino a
qualche istante prima.
“
Per
me è esattamente la stessa
cosa” riuscì a mormorare lei. Se quello era amore,
avrebbe voluto essere
devastata ancora per mille anni da emozioni così forti.
“Prima
di dirlo è meglio che io ti
dica una cosa” mormorò Haruka con un velo di
tristezza sul volto.
“Cosa
c’è Haru? Stai con un’altra
vero?” il solo pensiero di essere stata usata
provocò una fitta al cuore della
ragazza dai capelli verde acqua. Che si tradusse nei suoi occhi che
si
riempirono di lacrime. Lo sapevo e come
una stupida ci sono cascata.
“No
sirenetta non è questo io fino a
ieri ero la persona single per eccellenza”mormorò
lui spostando una delle mani
di lei sotto alla camicia un po’ larga che indossava quel
giorno. Il battito
del cuore della ragazza accelerò furiosamente al solo
pensiero di ciò che
implicava quel gesto. Salì su fino al petto del ragazzo e il
suo cuore mancò un
battito. Nessun addominale scolpito. Niente di niente. La sua mano si
ritrovò
ad accarezzare una parte del corpo che lei conosceva fin troppo bene
visto che
la vedeva su se stessa ogni volta che si cambiava i vestiti. Haruka è una donna. La
certezza di
quello che pensava la colpì come un fulmine a ciel sereno. Sono
lesbica. Mi sono innamorata di una persona del mio stesso
sesso. Era
semplicemente stravolta, non si riconosceva decisamente più.
E se veramente era
così come l’avrebbe detto ai suoi genitori dalla
mentalità così antica?
Il
silenzio che
calò tra le due era
carico di pensieri e di tensione. Michiru non si capacitava di come non
potesse
essersi accorta prima che colui che aveva davanti era una donna dalla
bellezza
androgina. Haruka invece temeva, come spesso accadeva, che avrebbe
perso
la
persona che amava per sempre e soprattutto per l’ennesima
volta. Cadendo
vittima di offese e soprattutto di emarginazioni vittima come sempre
dell’amore. Un amore diverso e che per questo faceva
così tanta paura. Perché
solitamente e normalmente unisce due persone del sesso opposto. Ma poi
chi dice
che è normale questo amore? E se fosse il suo normale? Chi
decide cosa?
“Michi ti prego parlami…dimmi qualsiasi cosa, se ti faccio schifo ora basta dirlo ormai ci sono abituata” mormorò l’altra abbassando lo sguardo. E rimanendo decisamente spiazzata quando l’altra le accarezzò il volto e piegò la testa per unire le loro labbra nel loro secondo bacio. Un bacio carico di sicurezze e soprattutto di amore. Quell’amore che entrambe cercavano da tempo, troppo tempo. La violinista però non riusciva assolutamente a pronunciare qualcosa, la natura di quella notizia l'aveva totalmente sconvolta, la moltitudine di emozioni che le si affolarono nella mente erano fin troppe per i suoi gusti. Ma il primo tra tutti che venne a galla era la rabbia, il nervoso per essere stata presa in giro in quel modo da una perfetta sconosciuta che neanche la conosceva, e che ai suoi occhi era esattamente quello che era: uno sconosciuto. Eppure il suo istinto le aveva detto più volte che erano molto simili, ma in quello erano simili? Sciocchezze. Tutte Schiocchezze era impossibile. Si alzò di scatto e si diresse verso le sue cose. "Allora?" tornò a incalzare la bionda che la fissava mentre alzava dalla sabbia l'asciugamano e lo piegava.
"Allora che cosa è? Sei un essere spregievole. Come puoi solo pensare che io possa essere Lesbica!!! Come puoi farlo? Prendermi in giro in tal modo come se niente fosse. Come se fossi solamente un giocattolo" le disse gelida, gli occhi di un blu scuro e impenetrabile, metteva quasi paura.
"Mi duole farti notare che fino a qualche minuto fa quando ci siamo baciate" Baciate. Al solo pensiero di essersi baciata con quella le dava il voltastomaco. "Tu ci stavi, le cose si fanno in due" mormorò l'altra cercando di non far apparire il dolore provocato in lei dall'ennesimo rifiuto, per lo meno non le aveva detto che faceva schifo, se lo pensava non poteva saperlo.
"Ovvio
che ci stavo, pensavo fossi un uomo... e invece... invece sei una
donna! Una donna Haruka ma come ti è venuto in mente di
compiere un gesto così?" questa volta le parole le uscirono
tremolanti, mentre sentiva decisamente le lacrime rigarle le guance.
"Vuoi farmi un grandissimo favore? Dimenticami" concluse dopo qualche
istante prima di raccogliere la borsa per il mare e andarsene.
Dentro la
mente della violinista si stava
verificando una tempesta, una tempesta di quelle potenti che
sconvolgevano la
profondità del mare senza arrivare in superficie. E quella
tempesta era
provocata solamente da una parola: lesbica.
La ragazza dai capelli verde acqua non si capacitava di come potesse
esserlo, non avrebbe mai accettato una cosa così ripugnante.
Ma il
solo fatto di aver scoperto di esserlo la lasciava spaesata, doveva
imparare a
conoscere un universo e un lato della sua psiche che ancora fino a quel
momento
le era parso ignoto e neanche esistente. E questo la spaventava. Il suo
corpo
cercava una copia identica e non diversa, la sua mente anche. Aveva
flirtato in
passato con qualche ragazzo in qualche festa ma non aveva mai sentito
la necessità
di toccarlo, di sfiorare la sua pelle e mantenere sempre un contatto
fisico con
lui, e forse quella doveva essere una spia di allarme? Infondo tutte le
altre ragazze dell'alta società saltavano
letteralmente addosso ai buoni partiti, a lei di loro non era mai
interessato un granchè. Ma era anche vero che non le era mai
interessata una ragazza. Non poteva negare però che con
Haruka era stata bene.
La Motociclista la guardò allontanarsi sul marciapiede ai lati della strada, molto probabilmente alla ricerca di un taxi, dopo tutto quella ragazza non aveva assolutamente problemi economici. Man mano che la osservava allontanarsi sentiva il cuore sbriciolarsi in pezzi sempre più piccoli e fini. Era stufa di raccogliere tutti quei pezzi e riattaccarli sempre con più fatica con dello scotch. Doveva aspettarselo in fondo. Cosa poteva pretendere, che una ragazza così di buona famiglia potesse essere nata "storta" come lei? Era un'eventualità rara se non impossibile, e lei cosa aveva fatto? Invece di allontanarsi, come al solito aveva dato retta al cuore, senza opporsi. E quelli erano stati i risultati, si promise come faceva ormai ad ogni rifiuto di non cercarsi più una ragazza. Michiru sarebbe stata l'ultima con la quale si sarebbe messa a flirtare così liberamente, si era comportata come un mostro, e in fondo era ciò che era. Il suo aspetto androgino faceva solamente la parte rimanente del lavoro, se poi lei avesse voluto incontrarla nuovamente aveva il suo numero di cellulare. Sapeva dove cercarla, nella remota possibilità che quel bacio avesse fatto scoprire in lei la vera natura della sua sessualità. Sogna Haruka, Sogna. Si Alzò e si diresse su per le scalette, con il sole che giocava tra i suoi bei capelli biondi e la morte nel cuore.
I giorni sucessivi per Michiru si trasformarono in un inferno sospeso nel limbo della sua camera, aveva annullato qualsiasi lezione, riguardante ciascuna materia che affrontava a casa nelle materie estive, cio che era al centro dei suoi pensieri, impedendole quasi anche di mangiare se non si fosse sforzata, c'era quel bacio. E tutti gli interrogativi che in lei aveva alzato, e alle quali non sapeva dare una risposta convincente. Però quando era tra le braccia di quella donna dai lati ancora totalmente o quasi sconosciuti, si sentiva bene, apprezzata per quello che era. Con i ragazzi con cui era venuta a che fare la questione era totalmente diversa, loro la cercavano solamente per ciò che caraterizza il sesso femminile, e la loro attenzione si fermava a quello. Alcuni facevano pure delle scommesse sul tempo impiegato da uno del gruppo per portarla a letto. Da mettere i brividi quanto potessero essere guidati dal testosterone. Con Haruka invece si era autoconvinta che la stesse prendendo in giro, perchè la considerava un ragazzo ed era convinta per tanto che non sarebbe stato diverso dagli altri. Aveva alzato delle barriere per non farsi attaccare, che tuttavia pian piano erano state messe fuori gioco. Con lei era inutile negarlo stava bene, fin troppo bene. Da quando l'aveva conosciuta si sentiva in pace con se stessa, sentiva che finalmente la sua vita ruotava intorno a un scopo che non fosse solamente l'essere uno spettacolo da baraccone come era stata abituata fin da piccola dal comportamento dei coniugi Kaioh. E da quando le aveva detto di dimenticarla si sentiva vuota, come se avesse dimenticato una parte di se stessa. Tutto questo voleva dire essere Lesbica? Il malessere che provocava in lei questo pensiero era fisico oltre che mentale. Si sentiva stanca, svuotata e neanche il violino e la pittura riuscivano a colmare quel senso di vuoto che aveva preso possesso della sua psiche. E poi come se non bastasse era tormentata dalla nausea, fin da piccola quando aveva un pensiero che la tormentava rendendole le giornate impossibili, le insorgeva anche quel disturbo alla bocca dello stomaco. E in quei giorni l'unico pensiero che aveva era uno. E lei sapeva fin troppo bene quale.
Erano passati cinque giorni da quando aveva conosciuto Ten'o, e nella sua mente era man mano cresciuto il desiderio più o meno accentuato di vederla. Sentiva che era necessario per capire in fondo i suoi sentimenti, era giunta alla consapevolezza che qualunque potesse essere il suo orientamento sessuale non avrebbe potuto certo cambiarlo, e anche se quella pillola era amara da mandar giù dopo di essa ci sarebbe sempre stato un cucchiaino di zucchero a cancellare quel brutto gusto. Accese quindi il telefonino che per tutti quei giorni aveva giaciuto dimenticato nel primo cassetto del suo comodino, il tempo che si agganciasse al segnale della compagnia telefonica, e vibrò. Una piccola finestra blu con una scritta bianca comparsa sul retina display rivelò un messaggio, e il mittente era Haruka. Il cuore perse un battito, in quella finestrella appariva solamente una riga dell'intero testo del sms, sopra di esso il nome o il numero di chi lo aveva spedito. Tocco con un dito il tasto visualizza sullo schermo, e si fece coraggio per leggere ciò che vi era scritto, pronta ad accettare qualsiasi emozione positiva le avesse provocato.
" Ciao, visto che quel giorno sulla spiaggia non me ne hai dato il tempo, volevo porgerti le mie più sincere scuse. Mi sono comportata in modo meschino, e in certi sensi egoista. Pensando a concetrarmi solamente sulle emozioni che la tua vicinanza mi provocava, senza chiedermi se era giusto comportarmi così nei tuoi confronti. Capisco cosa possa aver provocato in te quel bacio, la moltitudine di domande che stanno alleggiando nella tua testa, perchè questa motociclista impulsiva e demente ci è passata prima di te. E sa quanto può essere devastante il percorso di auto-accettazione, che potrebbe essere iniziato, e che potrà essere molto lungo. Se vorrai anche solo vedermi per confrontarti con una come me, sappi che ne sarei felice. Altrimenti cancella pure questo messaggio, se non riceverò nessuna risposta da parte tua capirò e ti lascierò in pace senza tediarti ulteriormente. Arrivederci e, nel caso, addio.
Haruka "
Michiru rimase stupita da quelle parole, ferita da quel "una come me" carico di sofferenza, frutto molto probabilmente dai pregiudizi delle persone. Pregiudizi che avrebbero colpito inevitabilmente anche lei se si fossero scoperti quelli che probabilmente si sarebbero evoluti nei suoi gusti sessuali, un lieve sospiro le fuoriuscì dalle labbra mentre scorreva la rubrica dell'iphone alla ricerca del numero della bionda, era decisa ancor prima di aver ricevuto l'sms di chiamarla, e dopo aver letto quelle parole la sua convinzione era aumentata ancora di più. Il telefono squillò un paio di volte prima che al di la della cornette risuonò la voce della motociclista.
"Pronto" era ancora addorementata per la lunga dormita che le aveva occupato tutta la prima parte della giornata facendole saltare anche il pranzo.
"Ciao Haruka sono Michiru" mormorò lei senza ben sapere come affrontare il discorso. Sentendo quelle parole la bionda si sedette di scatto sul letto con il telefono incastrato tra l'orecchio e la spalla, tutti si aspettava meno che quella dolce creatura per la quale ormai si era rassegnata, anche se il suo viso la tormentava anche nei sogni più agitati.
"Ciao, dimmi" rispose lei, cercando di tener a bada i suoi pensieri, e la smania di rivederla. Non voleva rovinare ancora di più quel precario equilibrio che a quanto pare il loro rapporto avrebbe potuto prendere.
"Senti...ecco io pensavo che magari ci si potrebbe vedere, magari proprio stasera. Per fare due chiacchiere a quattro occhi. Però se hai impegni fa niente"
"No figurati, cioè gli impegni ci sono ma posso disdirli in cinque minuti in quanto sono solamente le solite uscite senza ne capo ne coda, non riguardano ne gare ne corse" rispose lei, la sua voce a un tratto più squillante, immediato riflesso della leggerezza che andava a sostituire il macigno che sentiva da quasi una settimana sul suo cuore, da quando cioè aveva mandato quel messaggio comunicando all'altra che se non avesse ricevuto risposta da lei di nessun tipo sarebbe scomparsa dalla sua vita così come vi era entrata. Era la cosa giusta, per lei che giusta non era.
"A ok...allora va bene, a che ora?" chiese un pò più sollevata, vedendo la reazione tranquilla dell'altra.
"Direi che potremmo vederci verso le sette di sera, così andiamo a mangiare qualcosa al ristorante e poi parliamo quanto vuoi" propose Heles.
"Ok va bene, quando vieni però non suonare alla villa, esco io di nascosto perchè tanto la servitù alle 18.30 si trasferisce al piano superiore ed è come se non ci fosse"
"ok allora ci vediamo stasera" concluse la bionda, stava per schiacciare il tasto rosso sul telefono quando sentì l'altra che la chiamava per nome nella cornetta. "Dimmi"
"Non c'era bisogno che mi facessi le scuse...ciao a stasera" la salutò nuovamente, prima di chiudere la comunicazione e stendersi tutto ad un tratto sul letto in preda a una strana felicità.
Alle sette in punto di sera Michiru varcò il cancello dell'ingresso della tenuta ben decisa a non farsi vedere dalla cameriera che sapeva essere al piano di sopra,per la serata indossava una camicia bianca in raso e dei pantaloncini corti che le arrivavano a metà coscia di jeans chiaro. Arrivata sul bordo della strada non trovò ancora nessuno ad attenderla, e ciò non la sorprese visto il traffico che dilagava nelle vie di Kyoto a quell'ora.
Mentre si dirigeva verso la casa della ragazza, Haruka era ben decisa a far sentire l’altra a suo agio in tutto, sapeva che quella della compagna era la prima relazione di quel tipo e si ricordava ancora quando in lei era nata la consapevolezza della sua omosessualità. E del calvario che aveva dovuto affrontare nel corpo e anche nella psiche, sapeva i pensieri e le certezze che vengono meno con scoperte del genere e voleva rendere quel passaggio il meno doloroso possibile alla persona che le aveva letteralmente stregato il cuore. Indossava dei jeans e una giacca in pelle nera sotto la quale faceva bella mostra una polo viola. Appena voltò per raggiungere la villa la trovò già li ad attenderla appoggiata al muro del cancello, e non potè far a meno per l'ennessima volta di ammirare il suo fisico mozza fiato, in quei giorni di silenzio le era troppo mancato. Era andata in crisi d'astinenza.
"Buonasera" esclamò appena l'altra salì in macchina.
"Ciao" le rispose la violinista sporgendosi verso di lei per darle un bacio sull'unica parte disponibile del suo viso: la guancia, in un gesto così tanto pieno di naturalezza che fece voltare l'altra in un'espressione al quanto stupita.
“
Per
stasera ho prenotato un
ristorante che secondo me ti piacerà molto, ed è
anche poco lontano da qui”
“Che
ristorante è?” chiese lei con
la curiosità tipica di una bambina.
“Sorpresa”
rispose
sorridendo all’espressione imbronciata, con il labbro
inferiore leggermente sporgente e le braccia conserte“Dai
andiamo o faremo
tardi”
L’aria
che sfiorava i loro volti
mentre la decappottabile sfrecciava lungo la costa era un tocca sana
dopo la calura di quel giorno, che portava le persone a sudare anche se
semplicemente erano sdraiate sul letto, sembrava di essere in una
grande sauna naturale.
Il
ristorante
si rivelò essere a circa un quarto d'ora di macchina e
appena ebbero parcheggiato nei posti ad esso dedicati Michiru fece
l’atto di scendere.
“Aspetta”
le disse la
motociclista prendendo
dal sedile
posteriore una sciarpa nera di seta “Voglio che sia una
sorpresa fino all’ultimo,
quindi legati attorno agli occhi questa e fidati di me ti guido
io” l’altra
rimase sorpresa da quella richiesta ma la divertiva molto, sembrava di
giocare
a mosca cieca. Dopo essersi legata la benda intorno agli occhi
aspettò il tempo
necessario ad Haruka per fare il giro della macchina e farla scendere,
dopo
aver chiuso la macchina inserendo anche l’antifurto la violinista
sentì le mani della
compagna sul suo
bacino che la guidavano
in quel posto a lei estraneo e sconosciuto, sentiva il corpo
dell’altra vicino
a lei, troppo vicino e soprattutto perfettamente aderente. Era un
contatto che per quanto si fosse ostinata a dimenticare e a non
accettare, le era mancato più di qualsiasi altra cosa al
mondo sulla faccia della terra, perchè sembrava che quella
parte che sentiva le mancasse fin da piccola, finalmente stava
svanendo. Si sentiva protetta come una bambina tra le braccia della sua
mamma.
“
Siamo quasi arrivati “ le mormorò
dopo un po’ Haruka all’orecchio. Suono che unito al
fiato provoco una sorta di
calore improvviso nel corpo della pittrice. Cosa
mi sta succedendo?. Avrebbe voluto che quella situazione non
finisse mai.
Il rumore di una porta che si apre e poi il cambio di temperatura
dovuto all’aria
condizionata che era in funzione nel locale la riportò alla
realtà. Il pavimento sembrava di
un
materiale simile alla pietra, e il rumore del mare era piuttosto forte
e
ritmico, l’odore della salsedine entrò prepotente
nelle narici di entrambe. Il ristorante
doveva essere abbastanza pieno visto il mormorio che sentiva delle
persone,
mormorio che prontamente cessò dopo alcuni minuti, minuti
che videro la benda
intorno ai suoi occhi sciogliersi permettendole di guardarsi intorno.
Rimase a
bocca aperta come un pesce rosso mentre osservava il ristorante davanti
a lei. Era
molto caratteristico e si estendeva per tutta la sua superficie in una
grotta,
loro erano in una grotta più piccola riservata solamente
alle coppie che a
quanto poteva vedere dava accesso per mezzo di una scalinata ricavata
nella
roccia ad un’insenatura sottostante a livello del mare. Su
ogni tavola vi era
un centro tavola formato da rose rosa e fiorellini bianchi con delle
candele
bianche nel centro i tavoli erano sia quadrati che rotondi, solitamente
quelli
rotondi erano per i tavoli per massimo quattro persone. Sul tavolo vi
erano
diverse forchette e diversi bicchieri segno che oltre ad essere
meraviglioso quel
locale era anche di un certo livello.
“E’
veramente bellissimo” mormorò
lei mentre si sedeva al suo posto. Si sentiva una principessa.
“Sono
felice che ti piaccia”
Il
menù si rivelo essere all’altezza
delle aspettative date dal locale: ostriche e champagne, aragoste,
caviale. Tutto
a base di pesce insomma ma veramente squisito poi a lei piaceva
moltissimo il
pesce e quindi si trovò perfettamente a suo agio. Agio che
crebbe moltissimo
quando dopo un silenzio iniziale entrambe iniziarono a parlare di tutto
e di
niente durante la cena, scoprirono di avere inaspettatamente qualche
cosa in
comune ma anche tante lati opposti. I loro caratteri si completavano
decisamente, e entrambe sapevano che sia il mare che il vento in natura
sono
praticamente inscindibili e loro quei due elementi li amavano
perché li faceva sentire
a casa. La pittrice scoprì che la bionda non era figlia
unica ma aveva una
sorella di quattordici anni di nome Usagi con una buffa acconciatura e
molto
piagnucolona per l’età che aveva. Era bionda come
la “sua” Haruka ma aveva gli
occhi color del cielo. Era da tantissimo che non si vedevano
perché la
motociclista abitando ormai da sola in modo stabile non andava
più a casa di
frequente. Dopo quegli argomenti frivoli, gli occhi verde smeraldo
virarono in un espressione decisamente più seria, consci
dell'argomento che la loro proprietaria stava per affrontare con
l'altra.
"Come ti senti?" le chiese.
"In che senso?" Era decisamente confusa, si sentiva bene, aveva una
fame da lupi il fisico era in ottima forma e tutte le preoccupazioni
che aveva erano scomparse quando era salita in quella macchina. A cosa
si riferiva?
"In quel senso Michi" mai possibile che l'altra non capisse a cosa
alludesse? O semplicemente non voleva capire per non iniziare il
discorso?
"Oh..." fu l'unica cosa che uscì dalle labbra rosee
dell'altra mentre anche i suoi occhi viravano in un espressione seria
che però non nascondeva un senso profondo di smarrimento e
paura. Sensazioni che la motociclista conosceva fin troppo bene. "Sono
confusa, voglio dire... con te sto bene ci passerei delle ore, e sono
consapevole che anche il mio corpo è in linea con
ciò che penso, ne ho avuto una conferma mentre ero bendata
però..." si bloccò su quel però, non
sapeva bene come andare avanti, esprimere ciò che provava,
le sue emozioni non le era mai risultato facile, specialmente in
momenti delicati come quello che stava vivendo, ma d'altronde chi
meglio della persona davanti poteva capirla?
"Però?"
"Però è tutto così...così
strano, nuovo mi sento come posso dire... smarrita ecco ma non so se
è il termine giusto" a quelle parole Haruka si
alzò e la prese per mano, facendole cenno di seguirla. Si
diresse dunque verso la scalinata che portava nella grotta naturale che
aveva notato al loro arrivo, era illuminata da una torcia posta sotto
la volta delle scale che vi davano accesso, e l'acqua che la riempiva
era cristallina. La violinsta si perse a guardare quello spettacolo per
qualche istante.
"Tornando al discorso di Prima Michi, tutto ciò che
è espresso è normale, è la tua prima
esperienza di questo tipo è naturale che ti senti
spaventata, ma dammi solamente la possibilità di starti
accanto in questo momento di transizione, purtroppo la consapevolezza
che ti piacciono le donne è difficile d'accettare e lo so
bene, ma non è assolutamente una cosa insopportabile da
mandare giù, no anzi alla fine diventa la tua
normalità e non ci fai più caso. Ma i pregiudizi
quelli sono duri da affrontare, quelli non finiscono mai di colpirti, e
sono molto peggio credimi" mormorò tristemente,
quella stessa tristezza che la pittrice aveva avvertito da alcuni
passaggi dell'sms letto quel pomeriggio.
"Haruka, i pregiudizi sono l'ultima cosa che mi interessa, voglio solo
ritrovare me stessa, sai sono cinque giorni che non tocco una nota e un
pennello. Non riesco, e senza di te... di qualcuno che ci sia passato
prima non so se sono in grado di affrontare una cosa simile" si volto
verso l'altra " Non saprei come vivere senza di te, prima che tu
entrassi nella mia vita mi sentivo così vuota. Ora credo che
tutta la mia esistenza ruoti attorno a te... e non attorno a un
palcoscenico come mi hanno sempre fatto credere i miei genitori. Per
quanto possa essere una cosa contro natura, non so se riuscierei mai a
reprimerla." Quelle parole provocarono negli occhi smeraldo un'emozione
nuova, era dura ammetterlo ma quelle parole l'avevano scavata nel
profondo, le si avvicinò e l'unica cosa che le venne
naturale fare fu stringerla forte a se, affondando il viso in quei
capelli verde acqua, sentiva così il battito del cuore
dell'altra seguire il suo come a intonare la stessa melodia. Michiru
aveva il viso nascosto nella sua maglietta, rapita dall'acqua di
colonia di colei che si era rivelata allo stesso tempo una condanna e
una benedizione, aveva un irreprememibile desiderio di sentire le sue
labbra sulle proprie, mosse leggermente il viso per guardare il suo
angelo biondo.
"Haru" bisbigliò
"Dimmi..." avrebbe potuto rimanere un'eternità a vivere quel
loro primo vero contatto così intimo,
così diverso da quello che le aveva unite sulla spiaggia
cinque giorni prima.
"Baciami" rispose l'altra guardandola dal suo metro e sessantacinque di
altezza, reso un poco più alto dai tacchi che indossava
quella sera.
"Non devi sentirti in obbligo, se non vuoi possiamo aspettare, non
voglio metterti fretta, so che potresti provare una repulsione enorme
perchè non ci sei abituata e non voglio che tu scappi ancora
una volta da me. Faremo tutto a tempo debito" quelle parole le
costavano e anche tanto poichè lei era la prima a voler
sentire le labbra carnose, rese un poco più rosse dal lieve
strato di lucidalabbra colorato che le copriva. Rappresentavano un
richiamo irresistibile al quale era difficilissimo dire di no, o almeno
lo era per lei.
"Non mi ci sento affatto... allora ti pieghi o no? Sei troppo alta non
ci arrivo!!" si lamentò lei, in effetti in quella posizione
sembrava molto una scimmia attaccata ad un alto banano dal quale vuole
razziare i frutti maturi. Al solo pensiero le venne da sorridere, poco
prima che, finalmente, le loro labbra venissero in contatto. Come
previsto dal "banano" quel contatto anche se così casto
provocò un lieve irrigidimento nel corpo della "scimmia".
Seguì qualche istante di silenzio prima che lei si
sciogliesse, ritornando a quella morbidezza a cui si era abbandonata
nell'abbraccio, furono costrette a separarsi poco più tardi
per la mancanza d'ossigeno.
"Come ti è sembrato?"
"Umido"
"Dubito che qualche persona abbia un bacio secco sai? Almeno che tu non
baci Pinocchio" la prese in giro l'altra "Seriamente"
"Normale...cioè... non c'è nulla di diverso.."
Momorò lei, prima di interrompere l'abbraccio e seguirla per
ritornare al loro tavolo, pagare e uscire per tornare a casa.
Durante il viaggio
scambiarono poche
parole perché entrambe avevano la paura di essere scoperte
dai camerieri che
lavoravano a villa Kaioh, anche se visto l’orario avrebbero
già dovuto dormire
da un pezzo. Ma soprattutto entrambe avevano il pensiero rivolto al
mattino
seguente quando avrebbero dato la notizia ai genitori del loro
rapporto. Questo
su scelta di Michiru, per la bionda infatti poteva passare benissimo il
tempo
necessario per far calmare la tempesta interiore che sapeva esserci
nella mente
della sua ragazza. Ma la violinista ormai aveva deciso: quello era un
pretesto
buono per lasciare quell’inferno fatto solo di obblighi e
niente affetto per
rifugiarsi nel paradiso chiamato Haru dove si sentiva protetta e
soprattutto amata.
Ed era irremovibile da quella decisione.
Arrivate
a
destinazione
parcheggiarono la macchina nei posti sulla strada per non dare troppo
nell’occhio
e si avviarono verso il cancello pedonale dell’entrata al
giardino dell’abitazione,
ripercorsero insieme nel buio il vialetto del giorno prima che portava
alla
vetrata della camera della ragazza, il giardino era illuminato
solamente dai
pallidi raggi lunari che si riflettevano sulla superficie piatta del
mare poco
lontano. La pittrice fece scorrere velocemente le mani sicure sul vetro
alla
ricerca del piccolo tasto che faceva si che essa si aprisse con un
click.
“Michi
aspetta” si sentì chiamare
dall’altra
“Cosa
c’è?” rispose dolcemente
“Permettimi
di darti la buona notte
come si deve” rispose Haruka traendola a se per il braccio e
facendola
appoggiare sul muro dell’abitazione in giardino. A quelle
parole la ragazza dai
capelli verde acqua sentì un rossore diffuso propagarsi sul
suo viso, per
fortuna erano al buio. La bionda troneggiava su di lei con i palmi
delle mani
rivolti contro il muro ai lati del suo viso. Il suo corpo che aderiva
perfettamente a quello dell’altra. Era in prigione, non che
le dispiacesse sia
chiaro.
“E
come la dai la buona notte tu?”
rispose lei provocandola.
“Mettimi
alla prova” le mormorò
sulle labbra con un tono appena sussurrato e carico di malizia prima di
morderle il labbro inferiore. Morso che provocò
letteralmente dei brividi caldi
nell’altra che furono esternati in un sospiro involontario
prima che la lingua
della sua prigione chiedesse l’accesso nella sua bocca in un
bacio carico di
passione durante il quale sentì un fuoco accendersi dentro
di lei. Kaioh passò
le dita nei capelli color grano per trarre la compagna ancora
più vicino a se
mentre sentiva le mani dell’altra accarezzarle le spalle per
poi andare più giù
verso i suoi fianchi mentre una gamba si insinuava tra quelle della
violinista.
La lingua umida della
motociclista
disegnava una scia rovente
sul collo
dell’altra che per favorirne l’operato piego la
testa leggermente verso destra
mentre sentiva il suo bacino spingere contro il suo. Provocandole
l’ennesimo
gemito.
“Mmm…come
siamo bollenti stasera”
disse Ten’o prima di prenderla in braccio per portarla in
camera e adagiarla
sul letto, dopo il cambio di posizione riprese a giocare con la sua
lingua sul
corpo della compagna accompagnando la cerniera del suo vestito che si
apriva
sotto il tuo leggero delle sue dita affusolate. Michiru
inarcò la schiena quel
tanto che bastava per permettere all’altra di farle togliere
il vestito che
sparì poco dopo in un punto imprecisato alle spalle della
bionda. Che la lascio
solamente con il pezzo di sotto del due pezzi che aveva indossato per
quella
giornata di mare. Si dedicò quindi al collo della ragazza
sotto di lei mentre
con una mano tormentava i seni perfetti. Sentendo l’altra
vibrare sotto di se
ad ogni suo tocco. Le emozioni provocate dal tocco di Haruka la
guidarono in un
oblio di sensi e sensazioni fortissimi e mai provate che si
impadronirono del
suo esile corpo quasi esso potesse vivere di volontà
propria. Aveva ormai perso
la lucidità e sentire le dita dell’altra toccare
le corde della sua
anima la mandò in estasi intorno a loro
non c’era più niente, solo loro e i loro sospiri
innamorati, i loro corpi
sudati e il fuoco che sentiva crescere sempre di più nel
basso ventre mentre le
dita di Ten’o suonavano alla perfezione quelle corde toccando
quelle giuste al
momento esatto.
Fu
una
questione di secondi e quel
fuoco si fece improvvisamente più acuto quasi fosse un
esplosione per poi
affievolirsi pian piano.
Haruka
fissò il mare agitato sotto
di lei attraverso la penombra argentata della luna. Quando faceva
l’amore era
ancora più bella. Gli occhi lucidi di desiderio e il lieve
rossore che si
impadroniva delle sue guance accese dalla passione di quegli attimi.
“Sei
bellissima quando godi” le
disse a fior di labbra prima di donarle un dolcissimo bacio.
“Come ti è
sembrato?” era la risposta che temeva maggiormente.
“
Bellissimo, Certo sensazioni nuove
ma infondo era la mia prima volta in ogni senso”
arrossì vergognosa l’altra
sotto di lei. Gli occhi smeraldo si piegarono in un sorriso.
La
motociclista
fece l’atto di
alzarsi erano già le due di notte e doveva tornare a casa,
fu però bloccata
dall’altra che l’afferrò per un braccio.
“Ti
prego non andartene, non
lasciarmi sola questa notte” a una richiesta così
esplicita non poteva
sottrarsi, fu per questo che tornò sul letto della sua
sirenetta per riprendere
a coccolarla fino a quando Morfeo
non li
colse entrambi.
Quei
giorni d’estate le avevano
cambiato la vita. Decisamente in meglio. Ora poteva essere
libera di amare. Libera di vivere.