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Autore: Kokky    11/07/2011    2 recensioni
"«Sai che non posso ragionare con tutto questo fracasso», ancora quella voce così... alienata? Lontana? Completamente sicura di sé? «Fracasso, dici?» «La tua stizza mi blocca, i tuoi pensieri sono rumorosi», spiegò." Sherlock, John e una loro giornata qualunque.
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Da un’idea di Mala_Mela (prompt: disturbo della quiete pubblica di John Watson, rating: a tua scelta, avvertimenti: slash), ho iniziato a scrivere su Sherlock. Spero vi piaccia :)


Titolo cercasi
(è andato disperso insieme alla maglietta di Sherlock Holmes)

«John».
Era una mattina di giugno, una di quelle afose giornate in cui l’unica cosa che si vorrebbe fare è alzarsi dal letto, nutrirsi e ritornare a ronfare. John Watson aveva proprio quell’intenzione: dormire e basta, fino alla fine dei suoi giorni – sì, solitamente era un drogato d’adrenalina pura, ma con quel caldo l’unica soluzione accettabile era quella.
Ovviamente non aveva considerato la precisa puntualità di Sherlock Holmes – suo coinquilino – nell’indovinare i momenti peggiori in cui iniziare una nuova indagine. Doveva avere un appuntamento con Sarah? Arrivava un circo cinese che trafficava oggetti antichi. Doveva andare a lavorare per salvarsi la faccia e guadagnare qualcosa? La sera prima finiva a inseguire criminali o a fare strane ricerche per lui.
«John».
«Che c’è?», un sospiro. Si maledisse per essere in salotto, invece che nella sua stanza da letto, e quindi facilmente raggiungibile dalla sua voce. Purtroppo era solo lì che una brezza leggera rinfrescava un po’ la casa, entrando dalla finestra che dava su Bakery Street.
«Il computer, passamelo», solito tono apatico.
«È davanti a te!», borbottò esasperato, alzandosi dalla poltrona e raggiungendolo.
«È chiuso».
Un cenno di accondiscendenza e John gli sistemò il pc, accendendolo.
«Sai che non posso ragionare con tutto questo fracasso», ancora quella voce così... alienata? Lontana? Completamente sicura di sé?
«Fracasso, dici?»
«La tua stizza mi blocca, i tuoi pensieri sono rumorosi», spiegò.
«Mi allontano, allora», si risedette sulla poltrona.
Sherlock lo osservò di sottecchi, sfiorando i tasti del computer; sembrò studiarlo – stava cercando altri sintomi della sua ira? –, poi fece una smorfia. «Continui a farti sentire».
«Forse dovrei spararmi, non trovi? Così tu riuscirai a pensare e io potrò finalmente riposare... ogni gesto è una sudata», John sbottò, fissandolo stancamente.
«Basterebbe che smettessi di arrabbiarti», mormorò.
«Oh», esclamò John.
Sherlock lo guardò interrogativo.
«Potevi anche dirmelo che non ti piace vedermi infuriato. E potresti smetterla di farmi fare delle commissioni assurde», un sorriso gli solcò il volto, il primo di quella mattinata.
Sherlock sogghignò. «Non credo sia questa la mia motivazione, John, è inutilmente faziosa e sentimentale. Ricorda che sono sposato con il mio lavoro».
«Come no», sussurrò John, chiudendo gli occhi e cercando di appisolarsi.
Sherlock lo osservò qualche istante, poi si voltò verso il pc e iniziò a digitare le sue riflessioni. «John».
«Mh», rassegnato.
«Ho caldo, mi togli la giacca?»
«Vai a quel paese».
Sherlock alzò le spalle. «Probabilmente non sono io ad essere influenzato dai sentimenti, ma tu. Posso notarlo dal modo in cui accavalli le gambe e stringi la mano contro il ginocchio».
«Non cercare di analizzare il mio vaffanculo». John si alzò dalla poltrona, ormai conscio che non avrebbe potuto dormire, e andò a prendersi dell’acqua in frigo. Prima controllò accuratamente che non ci fossero teste mozzate, occhi umani o simili – non si poteva mai sapere – e quindi si versò un bicchiere.
«La giacca».
«Arrivo», un mugugno infelice. «Dovresti smetterla di indossarla visto il caldo estivo», gli sfilò l’indumento borbottando. «O aveva ragione la signora Hudson ad avvertirmi su di te? “Non si sa mai cosa ci si può aspettare da quelli calmi come il signor Holmes. Prima o poi scoppiano”... è una scusa, questa?»
Sherlock finì di digitare, alzò lo sguardo su di lui e annuì. «Usciamo!»
«Eh? Cos-», John non completò la frase: Sherlock era già uscito di corsa e non gli rimaneva altro che inseguirlo.

«Sherlock», un gemito affaticato.
Questi stava correndo per le strade di Londra, senza dare l’impressione di volersi fermare. Watson lo raggiunse, afferrandolo per la maglietta, ma lui continuò ad avanzare.
«Cosa stai cercando di fare?»
«Sto cronometrando la tua resistenza. In caso non dovessimo trovare un taxi, potremmo correre. Non si sa mai, dipende dall’indagine che portiamo avanti».
«Io mi rifiuto», un ansito. «Avrei voluto dormire, Sherlock! Dormire. Sai, quella cosa che si fa sul letto, tra le lenzuola, quella cosa che ti porta una felicità incommensurabile?»
«Non è che stai parlando di qualcos’altro?»
John negò con la testa. «Per una volta... ascoltami», lo strattonò piano e questi si fermò. «Andiamo», lo trascinò dentro a un bar. Si sedettero al banco. «Due coche».
«Io non bevo Cocacola».
«Ora sì», afferrò il suo bicchiere e si sgolò la bevanda, rinfrescandosi.
Sherlock bevve di buon grado.
«Ho dimenticato i soldi a casa», esclamò John, tastandosi le tasche dei pantaloni.
«Già», inutile dire che lui l’aveva notato.
Lo squadrò. «E tu non ne hai».
«Non esattamente. Ce li ho nella giacca che è a casa», si alzò, avvicinandosi al barista. «Ho visto che ha le mani stanche», incominciò, «rovinate dal lavoro quotidiano. Dovrebbe stare attento alle sue unghie, una così bella mano sciupata per niente. So che è stressato, posso vederlo, ma dovrebbe fare attenzione al suo corpo; una crema come quella idratante potrebbe risollevare la sua situazione e migliorarla. Le donne apprezzano un tocco vellutato, ho notato dalla sudorazione accelerata che è in un stato di eccitazione perenne, potrà carezzarle al meglio. Oh, sì certo, non si preoccupi, è ovvio, lo faccio solo nel suo interess- come dice? Oh, non si deve sentire obbligato. Gratis? Se proprio insiste. Vede quell’uomo? È con me. Sì, ognuno ha le sue preferenze in fatto di compagnie, sì, ora devo scappare, e ancora grazie mille!», agguantò John per la collottola e lo portò fuori.
«Fantastico, Sherlock».
«Finirai per essere ripetitivo».
Uno sguardo fra i due, complice e sorridente. «Non importa, apprezzi sempre un riconoscimento verbale».
«Andiamo, devo contare quanto impieghiamo da qui a casa».

John si aggrappò al corrimano, ansimante e sudato. «Ho bisogno di bere», gorgogliò trascinandosi nell’appartamento fino al frigo.
«Anche io, passami un bicchiere».
John sospirò e glielo diede. «Guarda che sono stanco quanto te... e insomma, Sherlock, dovresti trovare un hobby, qualcosa, qualsiasi cosa oltre il lavoro. Studia chimica, fisica o magari cultura generale, visto le tue nozioni su Copernico... un hobby».
«Ne ho già uno», lo liquidò da dietro il bicchiere.
John lo fissò esterrefatto, poi capì. «Un hobby che non sia me».
«Non vedo cosa ci sia di meglio», ribatté, osservandolo divertito.
«Così non sarò mai in pace», sbottò.
«Non pensavo ti piacesse la tranquillità. Di solito ti porta tremori continui e ti fa zoppicare, ma se proprio ci tieni... se scappassi da Sarah finiresti suicida in meno di una settimana», ridacchiò, sedendosi su una poltrona. John si mise sull’altra.
«Quindi io sono il tuo hobby e tu sei la mia medicina», mormorò ruotando il bicchiere nella mano destra. «E entrambi siamo sudati da far schifo. Fai prima tu la doccia?»
Sherlock annuì e si diresse verso il bagno. «John!»
«Dimmi che non è quel che penso», si ritrovò a pregare.
«John!»
«Arrivo. Cos’è che ti serve?», gli chiese poggiandosi allo stipite del bagno.
«La maglietta, toglimela», aprì la porta rapidamente.
«Poi sono io ad essere quello sentimentale. Smettila di cercare scuse e denudati da solo», gridò John, arretrando di un passo.
«Eppure avrei scommesso che avresti preferito farlo tu al mio posto. Solitamente le mie deduzioni sono giuste».
John lo fissò pazientemente, scuotendo la testa con rassegnazione.
«Togli quel solitamente. Sono sempre esatte, Sherlock», disse sottovoce mentre si tendeva verso di lui.
   
 
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