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Autore: Un ragazzo qualunque    11/07/2011    2 recensioni
Il racconto parla di un giovane che decide di diventare Geisha nonostante le difficoltà...
L'Hanami è la festa della contemplazione dei ciliegi in fiore e il protagonista è come un fiore appena sbocciato :)
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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花見
Hanami



Era la fine dell'anno scolastico, nella scuola di Osaka che Keira aveva appena finito di frequentare. L'ultimo giorno, oltre che alla cerimonia di fine anno, presero parte all'orientamento. Mentre tutti i bambini sbuffavano annoiati mentre professori da diverse regioni presentavano una serie di scuole tutte uguali, arrivò il turno di una bellissima giovane, che indossava un kimono pregiatissimo, ed era truccata in modo tradizionale.
Lei si inchinò, muovendosi con un'eleganza da lasciare senza fiato. Parlò della scuola per geisha, raccontò di cosa significasse diventarlo, degli impegni, dei doveri, ma delle grandissime soddisfazioni e del prestigio se si riusciva ad arrivare in alto. Spiegò che le Geisha erano un tassello fondamentale del Giappone, perchè portavano dentro di sè la cultura di un intero popolo.

Non era solo un lavoro o una scelta, era uno stile di vita fra i più ricercati e pregiati. Permetteva di mettersi in contatto con nobili e di scegliere fra loro un danna, un amante. Avrebbero imparato l'arte del ventaglio, del canto, della musica, della danza, del cucito, del ricamo, dell'origami, dell'ikebana, del curare giardini e bonsai, del trucco, del vestire, dell'oreficeria…
Keira rimase a bocca aperta ad ascoltare e, quando la giovane chiese se ci fossero domande, alzò la mano, chiedendo se anche i maschi potessero diventare Geisha. La donna annuì, specificando che erano casi molto rari, e che per un uomo era molto più difficile diventare geisha ma che, se ci riusciva, riceveva un prestigio ancora maggiore.

Keira ne rimase a dir poco affascinato. Era rimasto catturato dall'eleganza della ragazza e dalle capacità descritte che avrebbero appreso le Geisha alla fine degli studi. I suoi occhi verdi acceso brillavano tra i suoi lineamenti occidentali, messi in risalto dai capelli neri come la pece più scura.
Una volta finita la presentazione, prese per mano la madre e il padre, mettendosi in mezzo tra i due. Lei era giapponese, capelli neri e occhi color nocciola, mentre il padre era finlandese, dagli occhi azzurri e dai capelli biondo chiaro.         
Una volta arrivati a casa e messi a tavola, Keira giocherellò con il cibo, perso nei suoi pensieri e nelle sue fantasie. Si vedeva con quel kimono elegante a reggere un ventaglio con un'eleganza maggiore.
Alla domanda della madre se ci fosse qualcosa che non andasse, lui rispose che gli sarebbe piaciuto, anzi voleva andare in quella scuola per diventare una Geisha.

Entrambi i genitori smisero di mangiare e si guardarono. "Non può" disse semplicemente il padre. La madre inarcò un sopracciglio e fece uscire il bambino. "Perchè mai?"  
"Vuoi che tuo figlio diventi una puttana?" fece irritato. La madre lo fulminò con lo sguardo. "Le geisha non sono puttane..." ribattè fredda.  
Ne uscì una discussione accesa, il padre con i pregiudizi tipici dell'occidente, e la madre che, nonostante fosse d'accordo con lui - anche a lei l'immagine di suo figlio con un danna molto più grande di lui, e delle punizioni fisiche per le trasgressioni, venivano i brividi - tentava di difendere la libertà di scelta del figlio.
La madre dopo poche ore andò a bussare alla porta del figlio. "Se lo desideri, partirai fra tre giorni per Hokkaido" sorrise incoraggiante. "Ma pensaci bene, non potrai tornare indietro"

Keira era sotto le coperte intento a leggere un libro illustrato quando la madre gli venne a dare la notizia. La abbracciò forte e iniziò a mordicchiarsi nervosamente un labbro. Poteva scegliere… andare in quella scuola, diventare Geisha, imparare tante cose e distinguersi per essere uno dei rari maschi, ma non avere la corda di sicurezza della famiglia, oppure restare con i genitori ma rischiare di fare un lavoro mediocre e rimpiangere per sempre di non essere partito.
"Mamma..." sussurrò attirandola a sé, facendola sedere sul letto. "Papà non ce l'ha con me, vero?" le chiese preoccupato. Aveva sentito le urla ed avere sulla coscienza di aver fatto un dispiacere ai genitori forse era anche peggio di pentirsi di non aver frequentato quella scuola.
"Voglio dire... Voi mi volete bene lo stesso, vero?" chiese per rassicurarsi.

"Certo, piccolo mio, noi ti vorremo sempre bene. Durante le feste potrai venire a trovarci, o potremo venire noi, e potrai scriverci lettere ogni giorno" disse in tono rassicurante. "Anche io da giovane volevo diventare Geisha, ma poi ho rinunciato per vari motivi... era molto difficile, e ho capito che non era la mia strada. Poi ho incontrato tuo padre, e ho abbandonato completamente il corso. Per te sarà molto più difficile, non sono ben visti i maschi nelle scuole per Geisha, ma quella di Hokkaido è una delle scuole migliori. Se deciderai di frequentarla, e ti impegnerai, raggiungerai livelli altissimi, e porterai molto onore alla nostra famiglia. E ti saremo sempre grati per questo. Se pensi sia quella la tua strada, seguila, non pensare a noi. Noi ci saremo sempre. Tuo padre ci tiene molto a te, per quello si è arrabbiato prima, teme che tu possa rimanere deluso. Hai tre giorni per pensarci... ora stai tranquillo e valuta i pro e i contro. Sei così giovane..." disse sorridendo. "Sarà un viaggio lungo, ma lì sarai molto più tranquillo: Hokkaido è piena di monti, foreste, fiumi... e nevica" gli fece l'occhiolino, il figlio adorava la neve. "L'aria di città a lungo andare fa male, lì non c'è nè inquinamento nè l'agitazione di qui. E poi chissà... potresti trovarti un bel danna" sorrise. "Un altro problema che aveva posto tuo padre era il fatto che..." esitò. "Dovrai... 'concederti' al tuo danna... sai a cosa ti riferisco?" disse incerta. Keira sapeva cosa fosse il sesso, seppur vagamente, e nonostante fosse giovane la madre ci teneva che valutasse anche questo aspetto.

Keira era commosso da quelle parole. Sapere che i genitori lo avrebbero sempre sorretto, che avrebbe portato loro molto onore e che a Hokkaido nevicava lo convinse ancora di più a partire.
"Penso di sì... Devo essere al suo servizio?" le chiese senza essere troppo sicuro di cosa volesse dire concedersi al danna.     
Le strinse la mano e la portò sulla propria guancia, per farsi fare le coccole.
"Ti voglio bene, mamma..." sussurrò baciandola sul palmo.

"Ti voglio bene anche io, Keira-chan" rispose lei, scompigliandogli i capelli. "Ora vai a dormire, è tardi" gli sistemò le coperte. "A domattina, piccolo mio" sorrise.

"A domani mamma, buonanotte..." mormorò prima di crollare nel sonno più profondo.
Il giorno dopo si alzò di buon'ora. Scostò le coperte e si infilò le pantofole di qualche misura di troppo più grande del piede, per poi andare in giardino dove era sicuro di trovare il padre che fumava. Infatti.         
"Papi..." chiamò Keira sedendosi affianco
all'uomo.
Gli appoggiò la testa sulla spalle, dimenticandosi quello che voleva chiedergli a proposito della sua scelta.

Suo padre non rispose, con lo sguardo fisso davanti a sè, mentre continuava a fumare nervosamente.

Keira rabbrividì e gli tirò una manica con delicatezza.     
"Papi..." lo chiamò con più timidezza di prima.    
Voleva parlargli, non voleva che l'altro ce l'avesse con lui. Voleva riappacificarsi, anche a costo di restare lì.
Vedendo che il padre non gli rispondeva, si alzò e si diresse verso la sala da pranzo.
"Volevo solo dirti che se tu non sei d'accordo lascio perdere tutto e resto qui con te e la mamma..." mormorò triste mentre entrava in casa.

"Ehi... vieni qui" disse suo padre, sospirando, e facendogli cenno di avvicinarsi.

Keira si sentì sollevato: il padre aveva risposto e senza toni cattivi. In più lo aveva invitato ad avvicinarsi.
Corse da lui con gli occhi che brillavano e lo guardò impaziente.
"Cosa c'è?" chiese sperando che non fosse arrabbiato.

Spense la sigaretta e sospirò, guardandolo e accennando un sorriso tirato. "Se è quello che vuoi, non ti impedirò di andare... solo... fai attenzione... ok?" fece incerto. "Ti voglio bene, ma Hokkaido non è dietro l'angolo, e tua madre mi ha sempre detto che quella per Geisha è una scuola difficile. Se vedi che è troppo rischioso, o hai problemi, lascia perdere l'onore e tutto e torna qui. È più importante la tua salute e la tua felicità dell'onore, ok?" gli sorrise e lo abbracciò. "Sei cresciuto tanto..." lo baciò sulla fronte.

Keira sorrise commosso e rispose all'abbraccio.
"Grazie mille, papi. Ti voglio tanto bene" gli sussurrò facendosi piccolo fra le sue braccia. Dopo un po' scoppiò a ridere.
"Basta papi! La barba mi fa il solletico" ridacchiò cercando di liberarsi delle braccia del padre.

"Ti fa il solletico? E questo?" rise, iniziando a fargli il solletico ai fianchi e alle ascelle, impedendogli di liberarsi.

Iniziò a ridere più forte, dimenandosi con più forza ma invano: il padre non voleva lasciarlo andare.
"Dai! Non respiro! Devo andare in bagno!" esclamò a fatica tra le risate mentre le lacrime iniziavano a scendergli sulle guance.           
"Mammaaaaa!!" esclamò senza riuscire a smettere di ridere.      

La madre sentendolo gridare si affacciò preoccupata ma guardandoli giocare rise divertita. "Che c'è principessa, vuoi giocare anche tu?" rise suo padre, prendendo per mano la donna e facendo il solletico anche a lei, divertito.

Keira riuscì a liberarsi dopo un po', tenendo a stento l'urina. Corse in bagno e liberò la vescica con un sospiro di sollievo. Si alvò le mani e tornò in terrazza ma, quando stava per dire che aveva fame, vedendo i due genitori in un momento di intimità, rientrò in casa ed andò nella propria camera a leggere un libro.

La madre di Keira rientrò dopo poco e preparò da mangiare. Quando si misero a tavola, suo padre prese la parola. "Quindi hai deciso di partire?"

Il bambino esitò e mise giù le bacchette. Poi si decise a parlare, ricordandosi le parole di poco prima del padre.
"Sì, papà. Ci tengo tanto ad andarci" gli disse con gli occhi che brillavano.
"Vi scriverò sempre. Non dovete preoccuparvi, starò benissimo!" li rassicurò continuando a mangiare con appetito.

I due si guardarono. "Hai il nostro consenso" disse suo padre.
"Oggi pomeriggio ti accompagno in centro" propose sua madre "Così ti compro dei vestiti nuovi... voglio che tu faccia bella figura" spiegò.

"GRAZIE!" esclamò Keira con gli occhi che brillavano come pietre preziose dalla felicità.
Non vedeva l'ora di uscire con la madre a comprare i vestiti. Chissà come gli avrebbero presi. Di sicuro eleganti, a quanto diceva la madre.         
Lì partirono le fantasie, rivide gli abiti di quella che aveva presentato la scuola per Geishe e sentì i brividi di emozione sul collo.           
"Non possiamo andare subito? Ti prego" scongiurò.        
Aveva così tanta voglia di iniziare subito, era davvero impaziente.

"Va bene..." rise divertita la madre. "Dai, vai a prendere la giacca che usciamo" si alzò e andò a indossare delle scarpe e dei vestiti più comodi.

Keira corse in camera propria e si cambiò in fretta, infilò la giacca e corse giù da basso dove la madre lo aspettava. Infilò le scarpe e le afferrò la mano.      
"Pronto!" esclamò.        
Poi si guardò indietro.   
"Papi, tu non vieni con me e mamma?" chiese perplesso. "Così mi aiuti a scegliere i vestiti"

Scosse la testa "Mi dispiace piccolo... in questi giorni devo stare il più possibile in ufficio, per degli straordinari... stasera però possiamo andare a mangiare qualcosa tutti insieme, se torno presto" propose.

"Va bene papi" annuì andando a baciarlo sulla guancia ispida di barba mattutina. "A dopo"
Tornò dalla madre e le riafferrò la mano morbida.          
"Andiamo, dai!" esclamò emozionatissimo.

Pochi giorni dopo Keira venne accompagnato dai genitori nel luogo da cui doveva partire per Hokkaido.
Gli diedero le valigie, gli sistemarono i capelli e i vestiti. "Mi raccomando... abbi cura di te..." gli disse suo padre, prima di baciargli la fronte. "E ricordati di scriverci almeno una volta ogni due settimane" gli scompigliò i capelli, guardandolo sorridendo. In realtà era tristissimo per la partenza del figlio, ma non voleva darlo a vedere.
"Dimenticavo..." gli porse una piccola scarsella e la assicurò all'interno della sua giacca. "Ci sono più di 10875754 Yen... usali con attenzione, solo in caso di necessità e non farli vedere. Li mettevo da parte da tempo, prima o poi sapevo saresti partito, anche se non così presto... così in questi giorni ho lavorato di più per arrotondare la cifra... buona fortuna"         
Sua madre si inginocchiò davanti a lui, sorridendogli. Gli sistemò un piccolo fiore bianco fra i capelli "Porta fortuna" spiegò. Poi si sfilò un braccialetto e glielo infilò al polso. "Oro pesante e giada lavorata a mano... appartiene alla mia famiglia da secoli, è antico. Voglio che sia tu a tenerlo" gli porse anche una scatolina. "Fermagli per capelli in oro, smeraldi e giada, realizzati a mano da tua nonna. Anche questi... usali con molta attenzione, solo in occasioni speciali" gli baciò la guancia. "Se hai bisogno di qualcosa, noi ci siamo sempre per te... Ki wo tsukete, kiotsukete, Keira-chan. Itterasshai Sayoonara..." 
Suo padre alzò il pollice in segno di approvazione. "Ganbatte! "   
Keira ringraziò per tutto, felice di partire e orgoglioso di quello che gli avevano regalato i genitori.
"Ciao mamma, ti voglio bene!" esclamò verso la donna.  
"Hyvästi isä! Tulen pian takaisin, toivotan teille hyvin" disse ridendo verso il padre, a dimostrargli che, nonostante andasse in una scuola tradizionale del Giappone, non aveva dimenticato le origini occidentali della famiglia di cui andava fiero.     
"Ci vediamo presto, ciao!" salutò mentre il treno partiva sbuffando.         

  
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