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Autore: pandamito    12/07/2011    3 recensioni
[Paring: Ungheria/Romania]
Mito ritorna con una nuova one-shot dedicata a questa coppia, premettendo che non è una delle solite ff creare in seguito ad un 'boom' momentaneo.
...Il sangue le si gelò, il cuore le si bloccò, aveva il fiato mozzo e dovette leggermente piegarsi in due per riprendere fiato a profondi e rumorosi respiri, ma aveva ancora le forza necessarie per reggersi in piedi e per tastare i lunghi guanti di seta che portava. [...] Il corpetto rosa le sembrava sempre più stretto e cercò a stenti - e tremando - di sciogliere i lacci neri che lo tenevano ben saldo...
Genere: Erotico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta
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Bene, un'altra mia ff. Era da mesi che volevo farla e ne ho approfittato subito quando ho scoperto che Hidekaz si era finalmente deciso a mostrare a tutto il mondo(?) il design di Romania. Non considerate la mia ff come l'ennesima dopo il 'boom', visto che personalmente fantasticavo sulla coppia da troppo tempo, ed ora sono un po' dispiaciuta dal fatto che è scoppiata improvvisamente questa mania per Romania e per la UngheriaxRomania, che avevo già 'scoperto' da quando mi documentai per la prima volta su Ungheria. Premettendo questo e sperando che questo #disagio *muoreperlabattutadeprimente* (se non avete mai visto Freaks! non potete capire 8D) passi. Vorrei ringraziare Himaruya-sama per aver creato Romania proprio come l'avevo ammaginato io e... tutti i personaggi presenti in questa fanfiction sono sotto il suo intero copyright. A fondo pagina ci sarà qualche piccola chiarizione...


Virág egy vámpír

L’albino si congedò, scambiando con lei un malizioso sguardo d’intesa e trattenendosi a lungo sul baciamano che aveva appena lasciato sulla morbida e candida pelle della donna - la quale quella sera fu stranamente permissiva, sempre a modo suo, nei confronti dell’uomo - assaporando fino all’ultimo il profumo intenso di tulipani che emanava la giovane ed il buon gusto che lasciava sulle labbra di chiunque provasse a sfiorarla: una voglia irrefrenabile di divorarla. Si allontanò, ritirandosi all’interno del palazzo austriaco per proseguire con la festa in corso, per - così lui pensava - accontentare ed onorare gli altri ospiti con la sua presenza e magari donando una manciata di balli a qualche damigella. Per quanto riguardava la bella ungherese al chiaro di Luna, quel giorno Gilbert poteva davvero apparire elegante e gentiluomo ai suoi occhi, forse.
Restò ancora fuori dalla struttura, a godersi la fredda serata invernale austriaca, oramai era abituata a sopportarle, specialmente quando Roderich si metteva in mente di organizzare una di queste serate di gala. Sentì una strana tensione nell’aria, la stessa che rigida e sadica si divertiva a sferzare forti ventate gelide affinché la bella fanciulla si congelasse, conservandosi in un suntuoso cristallo di vetro. Così bello e così fragile, allo stesso tempo. Avanzò in avanti - alzando la lunga gonna rosa per non sporcarla, facendo attenzione a non strappare il leggero tulle nero che rivestiva una parte del vestito sotto il bacino -, addentrandosi ancor più nel giardino, per sentir meno la musica ed il brontolio di fondo che proveniva dalla sala, quando all’improvviso vide un piccolo stormo di pipistrelli neri che volava nel cielo; il sangue le si gelò, il cuore le si bloccò, aveva il fiato mozzo e dovette leggermente piegarsi in due per riprendere fiato a profondi e rumorosi respiri, ma aveva ancora le forze necessarie per reggersi in piedi e per tastare i lunghi guanti di seta che portava, assicurandosi che sotto uno di essi vi fosse un appuntito paletto di legno. Il corpetto rosa le sembrava sempre più stretto e cercò a stenti - e tremando - di sciogliere i lacci neri che lo tenevano ben saldo. Forse era solamente Gilbert che l’aveva legato male prima, quando si era offerto per legare il suo meraviglioso vestito: scusa usata solo per approfittarne e per concedersi qualche altro minuto a lei, ammaliato dal sapore della pelle dell’ungherese che non poteva riuscire a smetter di toccare per quanto delicata e diafana era. Bianca come la Luna, la stessa che la giovane donna si era concessa di guardare per qualche attimo, ritornando dritta col busto ed immergendo i suoi occhi verde smeraldo nel pallore bianco di quella sfera, quella notte così perfetta.
« Nem találja furcsának, hogy te vissza1, Radu? » chiese la donna nella sua lingua d‘origine, voltandosi lentamente ed accarezzando il piccolo paio di geranei con cui aveva ornato i capelli.
Di fronte a se, a braccia conserte nel buio, un ragazzo dai capelli folti e disordinati, di color castano chiaro, sorrideva maliziosamente, mostrando chiaramente due canini bianchi che risplendevano nella coltre nera - stesso colore dello smocking che portava - che lo avvolgeva. 
« Soarta chiar mai ciudat, este luna plina in seara asta. Nu a fost gasit2, Elizabeta? » rispose di domanda, con lo stesso tono dell’altra, avvicinandosi verso di lei e facendo apparir più visibile il suo pallido viso alla luce della Luna, la quale non era tanto differente di colore dalla carnagione dell’uomo.Non lasciò scorrere un secondo prima di prendere il mento della castana e premere le sue labbra contro quelle dell’altra per assaporare intensamente il suo sapore, per poi avvicinarsi ancor più a lei, corpo a corpo, e prenderle ad accarezzarle una delle gambe nude con i polpastrelli - provocando un brivido di piacere nella giovane - che aveva scoperto da uno dei due spacchi laterali della gonna. Elizabeta ghignò soddisfatta, fermando il rumeno, prendendo dai capelli e stringendo sempre più forte il pugno su di essi. Si avvicinò alle labbra del castano, per mostrare chi era che comandava lì.
« Hol járatok, devenér?3 » cantilenò lei, eccitata nel vedere il rumeno soffrire per quella presa.
Aspettando che abbassasse la guardia, Radu rubò il prezioso geraneo che decorava i lunghi meravigliosi fili castani della donna, che lo guardò stupita, sgranando i suoi grandi occhi verdi nel vedere come, con agilità, quello si era liberato dalla sua presa, schernendola ed indietreggiando di un passo.
Rigirò ed annusò il delizioso fiorellino dalle sfumature intonato all’abito rosa che portava quella stasera. « Naturalmente nel luogo che mi appartiene, iubitul meu flori.4 » ridacchiò osservandola coi suoi piccoli occhi rosso sangue, tanto pareva che voleva divorarla lì, a morsi.
Elizabeta scattò in avanti, afferrando il suo fiore, il quale, inevitabilmente, diede l’occasione al rumeno di bloccarle un polso. Si guardarono entrambi negli occhi, con aria di sfida e sorrisi divertiti e pieni di malizia. Radu si prese la libertà di far scendere - con la mano libera - una spallina del suntuoso vestito rosa e l’ungherese, osservando come la delicata stoffa del guanto di Radu percorreva la sua spalla nuda - e sentendone l’eccitante sensazione che la scuoteva - non riuscì a trattenere un sospiro di piacere, il quale scatenò una vittoriosa risatina nel ragazzo, con l’imminente conseguenza della frustrazione della giovane, che ora si torturava il labbro inferiore per essersi mostrata così debole proprio di fronte a lui. L’uomo, subito dopo, andò a poggiare la testa nell’incavo del collo della brunetta, cingendole la vita con una mano, e posando le sue labbra sui seni, aiutandosi con l’altra mano a scostare il vestito volontariamente, desideroso di farla sempre più sua.
« No. » obiettò la fanciulla con un lamento di disapprovazione.
L’altro non l’ascoltava, proseguiva come se la sua bocca, la sua lingua ed i seni di lei fossero tutt’uno, fremendo ad ogni soffio che le concedeva sul turgido capezzolo. Il giovane venne spintonato bruscamente indietro dai vari tentativi di liberarsi da parte della donna, che lo guardava contrariata.
« Ho detto di no. » affermò in modo duro, fissando le iridi rosse dell’altro.
Occhi rossi. Un po’ mortificata abbassò lo sguardo, risalendo su la coppa del vestito. L’uomo con lo smocking nero la guardò scocciato, inclinando la testa da un lato.
« Eppure non ti sei opposta affatto a quella specie di tedesco. » sputò disgustato lo spasimante respinto.
I denti si strinsero, la carnagione chiara diventò improvvisamente rossa dalla rabbia - se solo il giovane avrebbe potuto vederla nel buio - ed il forte palmo di una mano si posò violentemente sulla pallida carnagione di chi aveva osato insinuare una tale affermazione, facendo contrasto col segno che quello schiaffo gli aveva lasciato. Rimase un po’ stupito e dolorante, all’inizio, non azzardandosi a muovere la testa verso di lei e lasciandola a guardar di lato a se; quando poi ebbe il coraggio di incrociare le iridi verdi della donna con le sue rosso sangue, allora si bloccò di nuovo il tempo, fermando i due a restare immobili in quella posizione, col silenzio rotto solo dai loro respiri, dal vento che frusciava fra gli alberi e dal rumore della musica classica che proveniva dall’edificio. 
Un impetuoso bacio fece avvinghiare i due, che non si staccarono fino a che non ebbero più fiato, con la paura di dividere le labbra fra di loro, che unite combaciavano perfettamente come due metà rincontratesi. Il braccio maschile teneva ancora stretta a se la donna, cullandola e facendola leggermente inclinare all’indietro, scostando i suoi capelli castani e facendoglieli cadere all’indietro, per andare ad odorare il profumo di tulipani che emanava il collo della dama, profanandolo con le sue labbra che andavano a sfiorarlo, mostrando per l’ennesima volta i canini, ma stavolta senza il minimo cenno di un sorriso, ed infine sussurrandole qualcosa a fior di pelle.
« Ceea ce decide?5 Che cosa decidi, floare mica mea?6 » domandò, aspettando una risposta molto importante, che avrebbe potuto decidere finalmente quel maledetto destino.
Elizabeta si concesse di dare uno sguardo verso la villa, scorgendo nelle luci che la sala emanava attorno a sé, il suo così familiare albino, solitario e forse in cerca di lei, mentre si teneva stretta con le braccia attorno al collo di Radu, mentre abbassava uno dei guanti per poter così sfiorare il sottile paletto celatosi per tutto il tempo all’interno di esso. Alzò gli occhi al cielo per l’ennesima volta, immergendosi nella splendente luce che emanava la Luna piena quella sera, quasi da potersi immergere in essa, riflettendo la propria immagine come uno specchio. E mentre sentiva la freddezza dei canini posati sul proprio collo, osservava la figura impura che si rispecchiava all’interno di lei, ipnotizzata dalla bellezza di quella sfera bianca, militandosi solo a proferire: « Sajnálom.7 »



1. Non trovi strano il fatto che tu sia tornato, Radu?
2. Sorte ancor più strana è la luna piena di stasera. Non trovi, Elizabeta?
3. Dove voli, pipistrello?
4. Mio amato fiorellino.
5. Che cosa decidi?
6. Mio piccolo fiore?
7. Mi dispiace.

Queste sono le note di traduzione, dette sa Elizabeta sono in ungherese e dette da Radu in rumeno. Ma... non era per parlare di questo che vi aspettavo qui. 
Ah, contenti? 8D Eggià, questa one-shot non ha un finale e mi piace così. Ci sarebbero tre finali diversi per questa ff: il primo dove Elizabeta di fa mordere diventando la promessa sposa di Radu, la seconda dove uccide Radu col paletto e la terza... beh, Radu si trasforma in Edward Cullen ed inizia a sbrilluccicare *muore*. Naturalmente vi ho tenuto nel mitero anche con quell'ultima frase di Liz, "mi dispiace". A chi si riferisce, secondo voi? Beh, vi ho conceso libera fantasia di immaginare voi stessi il finale e naturalmente la persona a cui lo dedica dipende da quale delle due (o tre) opzioni decidete. Se volete potete anche fare voi un continuo della ff, del finale (sempre mettendo i credits, però eh!) ma non qui, la mia ff rimarrà impure e se volete scrivermi il finale dovrete aggiungere una nuova fanfiction. <3 Così è più divertente, no? Se lo fate ricordate di linkarmi la pagina della ff.
Se avete domande chiedetele e recensite. Baci e a presto. Vostra, Mito.
   
 
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