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Autore: Essemcgregor    13/07/2011    6 recensioni
[Premetto non mi piace molto Twilight, ma con Kurt e Blaine al posto di Edward e Bella... vi lascio solo immaginare cosa può succedere!]
Kurt Hummel si è appena trasferito nella tranquilla, almeno così pare, cittadina di Forks. Si ritroverà in una scuola apparentemente normale, dove finalmente sarà libero di essere se stesso. Ma non immagina quanti segreti nasconda quella scuola, a partire dall'esistenza di un secondo Glee Club oltre quello ufficiale della scuola: I Warblers, di cui fa parte Blaine Anderson.
( Non penso seguirò per filo e per segno la storia di Twilight, perchè dovendolo adattare a Glee ci saranno alcuni cambiamenti. Spero vi piaccia comunque!)
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Dreaming the Twilight

 
Mia madre era morta quando ero piccolo, e mio padre non aveva mai avuto un lavoro fisso. Aveva cambiato lavoro fino a quando non gli venne proposto un posto fisso come poliziotto di una cittadina anonima nello stato di Washington: Forks.
Quando mio padre mi diede la notizia, strabuzzai gli occhi, ero felice per lui ovviamente, il suo lavoro saltuario era una situazione difficile da gestire, non riuscivo a farmi degli amici a causa dei continui trasferimenti.
Frequentavo il terzo anno delle superiori, cominciavo a soffrire per tutti quei trasferimenti, sentivo il bisogno di fermarmi, di farmi dei nuovi amici e smetterla di preoccuparmi per ogni cosa.
- Andremo a vivere a Forks!-
Forks, cittadina dello stato di Washington, tra l’altro vicinissima al confine con il Canada. Circondata dai monti, e dal parco Nazionale, tra l’altro con un commercio basato sulla vendita di legname e commercio di pesce.
Mi sarebbe mancata la calda California, e la sua vita frenetica.
Non ero molto entusiasta del trasferimento, se penso che per raggiungere il centro commerciale più vicino si trovava a Port Angeles, ad un’ora da Forks.
Evitai di lamentarmi, papà ce la stava mettendo tutta per rendermi felice e assicurarmi un futuro migliore, che non fosse fatto di continui trasferimenti.
 
Mi chiamo Kurt Hummel, ho 15 anni e tra poco ne compirò 16. Cosa posso dire di me? Amo la moda, leggere Vouge ( ho scatoloni interi di riviste vecchie ), e mi piace fare shopping.
Sono perfettamente a mio agio con la mia sessualità e non mi vergogno di dire in giro di essere gay, da poco sono riuscito a confidarlo a mio padre, e per mia fortuna, l’ha presa meglio di quanto pensassi.
 
- Spero ti troverai bene nella nuova scuola, ho chiesto il tuo trasferimento alla scuola superiore di Forks.-
Annuii.
- Non ti preoccupare, è famosa per la sua tolleranza zero contro i bulli.-
Avevo avuto molti problemi nelle altre scuole a causa del mio orientamento sessuale. Ho frequentato scuole dove essere gay è un crimine, scuole in cui i ragazzi non si facevano scrupoli a picchiarti o discriminarti se non eri come loro. Forse iniziando a frequentare quella scuola sarebbe cambiato tutto.
- Tra l’altro vorrei farti conoscere un vecchio amico, l’ho conosciuto durante uno dei miei viaggi quando ero giovane, è un indiano Quileute molto simpatico.-
Avevo sentito dell’esistenza della riserva Quileute, dove a quanto pare vivevano ancora dei discendenti di tribù indiane.
Quando finalmente entrammo in città, il mio umore scese di qualche gradino. Il clima era molto umido e uggioso, cominciai seriamente a temere per i miei capelli, di sicuro me li sarei ritrovati ogni giorno talmente gonfi, da sembrare un barboncino.
La Contea aveva assegnato a papà una casa appena fuori città, era una casa di due piani completamente in legno, lo stile era coloniale il che diceva tutto. Ma con un po’ di buona volontà ed un catalogo ikea, non ci avrei messo molto a renderla vivibile.
- Eccoci nella nostra nuova casa.-
Scesi dall’auto ed i miei piedi toccarono subito una parte fangosa del vialetto. Dovetti contenermi, di tutta la breccia presente sul vialetto, mio padre doveva parcheggiare nell’angolo pieno di fango. Ci sarebbero volute ore per togliere il fango dagli stivaletti e renderli lucidi.
- Papà… la prossima volta, centralo il vialetto.-
Mio padre guardò i miei stivaletti e fece una piccola smorfia.
- Scusami Kurt. Erano stivaletti di…?-
Lo guardai irritato.
- Prada.-
Non avevo molte cose di marca, ma quelle poche cose che avevo le conservavo come tesori preziosi.
Riepilogando, ero in una nuova città, avrei cominciato a frequentare una nuova scuola, e mi trovavo con zero amici. Tutto regolare.
- Ah guarda c’è Tom!-
Avevo appena finito di scaricare l’ultimo scatolone dal bagagliaio, alzai lo sguardo e uscii di casa per salutare l’amico di papà.
Mi ritrovai di fronte un uomo in carrozzella, con un vistoso cappello da indiano con tanto di piume. La pelle olivastra era segnata da rughe e cicatrici.
- E così lui è Kurt eh? Piacere ragazzo.-
Strinsi la sua mano, era così ruvida al tatto.
- Lui è mio figlio Blake.-
Da dietro il pick-up con il quale erano venuti, spuntò un ragazzo alto come me, i capelli castano scuro lunghi, erano sciolti sulle spalle, aveva la pelle abbronzata come il padre e gli occhi erano di un grigio intenso.
Mi guardò timidamente, facendomi un piccolo cenno con la mano.
- Bene Kurt, Blake ti mostrerà la tua nuova macchina.-
Guardai il Pick-up, era nero e … grosso, troppo grosso. E per quale motivo dovevo imparare a portarlo?
Mio padre mi sorrise orgoglioso.
- Consideralo un regalo da parte mia.-
Sorrisi felice, non potevamo permetterci una seconda macchina, cominciai a chiedermi quanti sacrifici avesse fatto per potermi fare questo regalo. Lo abbracciai forte, prima di avvicinarmi a Blake ed entrare in macchina con lui.
- Ehm non è proprio il massimo, è un po’ vecchiotta lo so, ma l’ho rimessa a posto e sistemato il motore.-
Non m’intendevo di macchine, ma dall’esterno pareva quasi nuovo. L’interno non era male, sedili in alcantara e plancia nera opaca.
Blake mi mostrò come metterla in moto, mi spiegò come usare il cambio, e mi mostrò le varie funzioni dell’auto.
Non so cosa mio padre gli abbia detto, ma non mi ha spiegato nulla di nuovo. Feci comunque finta di niente, non volevo ferirlo, sembrava così felice di potermi spiegare tutte quelle cose.
Lo ringraziai a fine spiegazione e quando scendemmo dal pick-up, ci fermammo a guardare mio padre e Tom che giocavano come due ragazzini.
- Mi ricordo di te, da piccoli giocavamo insieme.-
Inarcai un sopracciglio, io non mi ricordavo di lui, ma era il caso di dirglielo?
- Tra l’altro ricordo che un giorno girasti completamente nudo per la riserva perché perdesti il tuo costume da bagno in mare.-
Se era un modo per attaccare bottone allora aveva fallito in pieno.
- Già… ero un nudista appassionato.-
Blake mi guardò con sguardo perplesso. Bene non capiva le battute ironiche, se tutte le persone erano di quello stampo allora sì che mi sarei divertito.
Quando mio padre smise di comportarsi da bambino riacquistando un minimo di dignità, si avvicinò a me Blake sorridendoci.
- Spero allora di vederti presto Blake, magari puoi aiutare Kurt a farsi nuovi amici.-
Ok mio padre era per caso impazzito? Questo ragazzo avrebbe avuto il coraggio di raccontare in giro le mie prodezze da nudista ( perché a quanto pare solo quello ricorda di me ) solo per dire qualcosa di divertente e interessante, e non mi sembrava fosse un buon modo per costruirsi una reputazione decente.
- Frequento la scuola nella riserva, mi spiace. Ma sarò felice di venirti a trovare di nuovo Kurt. -
Feci un piccolo sorriso.
- Oh non sto più nella pelle.- risposi con fin troppo entusiasmo.
Ovviamente nessuno colse la leggera ironia nella mia voce, ma in che posto ero capitato! E poi per come andava in giro Blake potevano benissimo scambiarlo per un povero barbone. Quella camicia a quadri che indossava faceva così tagliaboschi!
Quando finalmente ci lasciarono soli, io e papà entrammo in casa.
Non vi dico quale è stata la prima impressione, troppa carta da parati di colori improponibili, mobili colonici che solo a guardarli mi facevano venire i brividi, e quell’odore di tanfo che sentivamo per tutta la casa era insopportabile.
- Possiamo apportare tutti i miglioramenti che vuoi ovviamente.-
Mio padre mi seguiva passo passo e non gli era di certo sfuggita la mia faccia disgustata.
- Per fortuna so già come riarredare questa casa. Papà per prima cosa dovremo sbarazzarci di questa imbarazzante carta da parati, dici che è possibile?-
Continuai il mio sproloquio riguardo i lavori da fare in casa, mentre papà scriveva frenetico su un blocchetto di carta.
La mia stanza era in fondo al mini corridoio appena salite le scale, accanto al bagno. Quando vi entrai notai che era grande il giusto, con pochi mobili ed un letto decente. Una volta cambiate le coperte sarebbe sicuramente stato perfetto. Non potevo rimandare il mio giro all’ikea, perciò decisi che entro quella settimana avrei fatto tutto.
Passai il nostro primo fine settimana, a parlare con mio padre delle ristrutturazioni da operare, avremmo dovuto limitarci a lavorare nei weekend o durante i momenti in cui non aveva turni alla stazione di polizia. 
Ero teso lo ammetto, quando affrontai il mio primo giorno di scuola. Quando eravamo usciti per Forks, subimmo gli sguardi a raggi laser di tutti i passanti che incrociavamo.
Non doveva essere roba di tutti i giorni vedere gente nuova. Quel giorno il tempo non era dei migliori, era nuvolo e minacciava pioggia.
Mio padre era uscito presto quella mattina, perciò dovetti affrontare da solo il magone da ansia che si stava formando piano piano dentro di me.
Arrivai con il mio nuovo pick-up a scuola, e parcheggia nel primo posto auto disponibile. Ero arrivato con largo anticipo, ma c’erano già dei ragazzi che ciondolavano vicino le proprie macchine.
- Bella macchina!-
Il padrone della voce era un ragazzo alto con i capelli castani ed un giubbotto con il logo della squadra di football. Era insieme ad altri ragazzi e ragazze, e tutti mi guardavano.
Issai la borsa in spalla e sorrisi mentre mi recai all’ingresso di scuola. Nessuno mi aveva ancora fatto domande, nessuno mi aveva spinto per terra o fatto battute, il che era dire tanto dato il mio abbigliamento.
Nonostante il cappotto nero che indossavo e la mia sciarpa viola, si intravedevano degli stivaletti di pelle nera ed i miei jeans aderenti grigio scuro.
- Ciao sei Kurt Hummel giusto?-
Sussultai quando vidi una ragazza con un blocchetto in mano passeggiare accanto a me.
Aveva i capelli neri mossi, un paio di occhiali da vista e l’aria di volermi intervistare.
- Sono Melissa Cox, responsabile del giornalino della scuola. Volevo darti il benvenuto in questa scuola. Se hai bisogno di qualcosa, qualunque cosa, non esitare a chiedere.-
Mi fermai al centro del corridoio, aveva detto qualunque cosa. La guardai, sembrava quasi un cagnolino in attesa di ordini, era tra l’altro molto più bassa di me, e dal suo sguardo adorante capii che davvero avrebbe fatto qualunque cosa per me. Stavo per chiederle di issarmi sulle spalle e portarmi fino al mio armadietto, ma mi limitai a chiederle di accompagnarmi in segreteria.
Una volta giunti lì, lei rimase fuori in attesa, mentre io entrai per chiedere alla donna il mio orario di lezioni.
- Ecco a te Hummel, e questo è il numero del tuo armadietto e la tua combinazione.-
Ringraziai e uscii dalla stanza. Melissa voleva aiutarmi ancora, perciò ne approfittai per chiederle dove era ubicato il mio armadietto, e dov’era l’aula di letteratura.
Mentre camminavamo mi fece un resoconto dettagliato sugli studenti, mi mostrò le altre aule e si offrì volontaria per portare il mio zaino. Ammetto che tutte quelle attenzioni mi facevano sentire importante.
La maggior parte delle lezioni le avevo con Melissa, e quasi mi sentii a disagio ad averla sempre appiccicata. Speravo di liberarmi di lei a pranzo, ma insistette per presentarmi i suoi amici.
La mensa era ubicata in un edificio staccato dal resto della scuola, ed unito ad esso tramite un corridoio all’aperto con tettoia. Una volta entrati la ragazza mi condusse ad un tavolo dove già c’erano altri ragazzi, tra di essi riconobbi il giocatore di Football che mi aveva salutato stamattina.
- Ragazzi lui è Kurt Hummel.-
Melissa si sedette guardandomi intensamente, mentre io come un cretino feci un cenno di saluto ai ragazzi, che come gli altri studenti, mi stavano squadrando da capo a piedi.
- Benvenuto! Finn Hudson, e loro sono Rachel Berry, Noah Puckerman, Quinn Fabray, Mercedes Jones. Gli altri penso arriveranno a momenti.-
Mi fecero cenno di sedermi e occupai il posto accanto a Rachel Berry. La ragazza aveva capelli marrone scuro, occhi del medesimo colore e una personalità a dir poco vivace.
Quinn invece era la classica bella ragazza della scuola, a giudicare dalla divisa era una delle Cheerleader, capelli biondi legati in una coda, fisico da modella, e occhi azzurri alla bambi.
Mercedes invece era una ragazza di colore dal viso paffutello. Quando la guardai mi sorrise e timidamente, ma presto avrei scoperto che tanto timida non era.
Noah invece mi metteva in soggezione, la sua cresta mi lasciò interdetto, sembrava un moicano.
Finn invece era il classico bello della scuola, alto e atletico, tra l’altro quarterback della squadra di football.
- Ragazzi noi andiamo, ci vediamo dopo Kurt.-
Vidi lui e Noah raggiungere gli altri atleti di football, Quinn invece rimase dov’era, fece solo cenno ad altre due ragazze di raggiungerci al tavolo, e me le presentò subito.
- Santana Lopez e Brittany S. Pierce.-
Santana aveva la pelle olivastra, due occhi neri intensi, e i capelli del medesimo colore legati a coda di cavallo. Brittany invece era bionda, occhi azzurri, quasi simile a Quinn, ma senza il suo portamento elegante e raffinato.
Le due ragazze mi salutarono con un sorriso prima di passare a parlare con Quinn di alcuni pettegolezzi.
- Eccoli stanno arrivando.-
Rachel guardava fisso la porta della mensa, e tutti quanti ci voltammo insieme a lei.
Vidi un gruppo di ragazzi entrare ridendo e scherzando, e non ci trovai nulla di male nel vederli.
- I Warblers…-
Quinn e le altre due Cheerleader li guardavano con ammirazione.-
Rachel si voltò verso di me per spiegarmi meglio.
- Sono il secondo Glee Club della scuola, composto solo ed esclusivamente da membri maschili, e sono bravissimi tra l’altro.-
Glee Club? Che razza di club era?
- Non li conosco tutti, ma quelli che stanno entrando ora sono Wes, Thad e David, sono le menti del gruppo. Se non sbaglio gli altri sono Trent, Andrew, Flint, gli altri non li conosco.-
Quinn e Santana indicarono nuovamente la porta.
- Eccolo, eccolo lì!-
Infine entrarono altri due ragazzi che Rachel identificò con il nome di Nick e Jeff, e per ultimo un altro ragazzo.
- Blaine Anderson.- disse Rachel sospirando.
Era poco più basso degli ultimi due, aveva capelli neri tenuti insieme da un quintale di gel, occhi grigio scuro, e un viso dai lineamenti euro-asiatici. Indossava una cappotto nero come gli altri Warblers, e quando se lo tolse, rivelò un fisico atletico avvolto da una maglietta a maniche lunghe di burberry, ed un jeans a sigaretta probabilmente di Tommy Hilfigher, color kaki.
Aprii e chiusi la bocca, e in quel momento mi godetti il mio povero piccolo cuore che si esibiva dentro di me in tante capriole. Quel ragazzo era bello da mozzare il fiato.
- Non metterci troppo gli occhi sopra, sono un gruppo abbastanza chiuso, non lasciano entrare nessuno.-
Lo disse in modo talmente amaro che pensai che lei ci avesse provato più e più volte ad unirsi a loro.
Proprio quando volsi lo sguardo nuovamente su di loro, notai che Blaine mi guardava, con un piccolo sorriso sul volto.
Pensavo che mai e poi mai mi sarei potuto avvicinare a Blaine Anderson, pensai che mai e poi mai avrei potuto parlare con lui. Sembrava inavvicinabile, irraggiungibile. Non mi rendevo per niente conto di quanto mi sbagliavo. 
   
 
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