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Autore: AnneInVegas    14/07/2011    0 recensioni
Azzurra vive la sua vita traccia dopo traccia,immaginandola come un disco d’epoca pizzicato continuamente dalla puntina che permette di far sentire al mondo quello che ha inciso sulla sua superficie scura,sulla sua pelle. Respira note musicali e affronta i suoi diciannove anni pieni di obiettivi con la grinta e la volontà di chi,con una chitarra in mano,vuole fare di tutto per far risuonare gli accordi al meglio.
Lascia che sia la musica a parlare per lei,la lascia entrare dentro alla sua mente per sentirsi viva,ricordandosi di mettere “pausa” ogni volta che qualcosa di diverso dall’affetto per la sua amica Sara e la determinazione nello studio possa risuonare dentro di lei.
Nonostante questo,nello stesso giorno in cui aveva disegnato la chiave di sol e stava iniziando a comporre un nuovo pentagramma della sua vita,incontra una nota bellissima e del tutto originale: Diego,il leader dei VH5,una band della casa discografica per cui lavora.
Quelle note avevano il diritto di essere suonate.
“… Una bella voce,un bel ragazzo,ecco tornata la paura di sbagliare qualcosa nel parlare,sempre così andava a finire.
“Pronto?” ”
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Graffio sul vinile

Capitolo Primo_ “Hello Brooklyn”

 

Hello Brooklyn,
Hey LA,
take the streets all night,
‘cause we sleep all day…
When the world comes cr..”
“Pensi di averlo finito il concertino,puoi scendere da questa macchina?”
“Sara! Mi hai spaventata! Sì,adesso scendo…”
“…che poi quale Brooklyn,stiamo a Milano ti ricordo. Dai forza,vieni a darmi una mano con questi scatoloni.”
Finalmente eravamo arrivate in questa città,dopo una cosa come sei ore di viaggio in macchina,per non contare tutte le pause bagno che servivano a Sara.
Avevamo,o forse sarebbe più onesto dire,avevo scelto di trasferirmi a Milano subito dopo la fine dell’ultimo anno di liceo. Devo ammettere che non era stato per niente facile prendere questa decisione,ma sono sempre stata del parere che le decisioni più difficili possono portarti ad un successo maggiore ,oppure ad un fallimento enorme. Mi ero concentrata solamente sulla prima opzione,questo perché volevo diventare una ragazza indipendente,volevo essere capace di poter realizzare i miei sogni con le mie forze. La spinta maggiore che mi aveva portato a prendere questa scelta era stata lei,la mia grande passione:la musica. Lei c’era sempre stata,c’era e ci sarebbe sempre stata per me,c’avrei messo la mano sul fuoco,magari quella che ha il polso occupato dal tatuaggio di una piccola chiave di sol. Così avevo caricato il mio cuore di tanto coraggio e volontà,avevo chiuso la porta di casa a Roma,avevo salutato la mia famiglia , avevo aperto la portiera della mia auto e mi ero trasferita quassù. Volevo diventare una giornalista per poter scrivere su una rivista di musica e avrei voluto poter lavorare anche in radio,così mi ero iscritta in una scuola di giornalismo molto famosa,che avrebbe dovuto indirizzarmi verso i miei obiettivi. Volevo vivere di musica e volevo essere libera di poterlo fare a questa età. Mmm,com’era quella canzone? Ah sì!
I wanna be free, I wanna be loved, I wanna be more than you're thinking of… Everything seems to be estranged when you're alone…
Ho questo piccolo vizio di associare ogni situazione o parola a qualche canzone,una cosa che innervosisce parecchio la mia migliore amica,Sara. Di lei si potrebbero dire tantissime cose,ma forse quelle principali sono che ama Roma e odia Milano. Ah sì,mi adora,anche se non lo mostra spesso. Aveva deciso di venire con me in questa città,seguendo qui i suoi corsi di filosofia all’università, perché non voleva lasciarmi sola e perché ,parole sue,”voglio crescere e diventare donna insieme a te”. Nonostante questo,sapevo già che avrebbe fatto di tutto per farmi odiare questa città,ma non ci sarebbe riuscita,io adoravo Milano. Lei sa tutto di me,o quasi,perché, come anche lei spesso mi rimprovera,sono una ragazza molto introversa e tendo a tenermi dentro tutto il mio mondo di pensieri. Ci somigliamo molto comunque,il suo soprannome non è di certo “l’estroversa”. È fidanzata da quasi 3 anni con un ragazzo di Bologna,Giovanni, e questo fatto è uno dei mezzi che avevo usato per convincerla a seguirmi lì.
“Zur! Zur! Corri!”
“…aspetta,tutte queste scale”,dissi con il solito fiatone che avevo dopo appena dieci scalini,
“…e non chiamarmi Zur,non lo sopporto!”
“Va bene AZZURRA”,mi rispose con tono acido.
“Insomma,che volevi?” Ero appena entrata nel nostro appartamento,non era grande,aveva una piccola cucina,un bagno e un mini salotto occupato per un quarto da una scala e da un ponteggio in legno che sorreggevano quella che sarebbe diventata la nostra “stanza da letto”.Su una parete del salotto si apriva un’immensa finestra che dava su un piccolo terrazzino nel bel mezzo del giardino condominiale.
“Quale letto scegli?”
“Sara,dobbiamo scaricare le valigie e il resto,non mi sembra che sia il letto il nostro problema ora…”
“Allora,io scelgo il letto e la scrivania a sinistra”,mi aveva ignorata completamente.
“Non è giusto,c’è più luce dalla tua parte!”
“Sì,ma ti lascio la parete libera,così ci attacchi quello che ti pare..”
“va bene..”
Scaricammo la macchina e iniziammo a sistemare le nostre cose nella casa nuova. Io mi occupai della cucina e del salotto,Sara del resto. Questo lavoro impegnò gran parte del pomeriggio e la sera eravamo distrutte.Mia madre mi chiamò e mi tenne per un’ora al telefono con le sue solite raccomandazioni. Prima di andare a dormire,presi dalla valigia il poster gigante della mia band preferita e lo attaccai al centro della parete.
“A me mettono l’ansia quei due che mi guardano in quel modo…”,disse indicando Brendon e Spencer dei Panic! At the disco.
“Non ci pensare e dormi. Anche perché domani mattina ci dobbiamo svegliare presto.”
Dovevamo andare entrambe a lavoro.Sara aveva trovato un posto alle poste,io invece ero riuscita,dopo un concorso,ad entrare in un ufficio di una piccola casa discografica. Ovviamente non avrei fatto altro che portare caffè o sistemare fascicoli,ma ero comunque così emozionata e agitata all’idea di lavorare in un posto simile.
“Ah Zur,volevo chiederti una cosa…”
Feci una smorfia dopo aver sentito il modo in cui mi aveva chiamata ancora una volta,ma avevo capito che doveva chiedermi qualcosa di serio dal suo tono.
“Spara…”
“Hai detto a lui che ti sei trasferita a Milano?”
“No. Ci ho pensato,ma non ho trovato un buon motivo per farlo.”
“Bravissima,sono fiera di te. Finalmente puoi ricominciare.”,disse soddisfatta.
“Sara,ci siam…mi ha lasciata un anno fa”
“Lo so,ma almeno adesso i chilometri che vi separano sono ancora di più e tu puoi buttarci una lastra di cemento armato sopra.”
“Credimi,già l’ho fatto. Buonanotte”
“Sogni d’oro Zur…”
Ogni volta parlare di lui mi metteva sempre di cattivo umore e solamente pronunciare il suo nome mi lasciava l’amaro in bocca. Luca,il ragazzo napoletano che avevo conosciuto in vacanza due anni prima,quello della prima cotta,del primo bacio,del primo innamoramento,quello che mi aveva lasciata senza spiegazioni,quello che mi aveva fatto tanto male da farmi dimagrire non so quanto,quello che mi aveva resa una ragazza piena di rabbia verso quello che tutti con un sorriso in faccia chiamano amore.
Avevo messo in gioco me stessa in quella relazione,c’erano 200 chilometri che separavano Roma da Napoli,ma non mi importava. Ero arrivata al punto di confessargli tutto,anche quello che non ero mai riuscita a dire a Sara,che conoscevo dall’asilo. Il risultato era stato quell’immaginaria forma rossa di porcellana ,a cui alludiamo tutti quando pensiamo al cuore,distrutta in tanti piccoli pezzi. Avevo passato giorni,mesi a cercare di poterla ricostruire,ma non c’era nessun super attak che potesse aiutarmi nell’impresa.
Basta. Non volevo pensarci di nuovo. Quella sera,nel letto della nuova casa della mia “nuova vita” non volevo pensare a quanto ero stata male,a quanto mi ero resa fragile per colpa sua. Basta.
“Tanto tempo un mese e ti ritrovi con qualche milanese matto come te”.
Sara non si era ancora addormentata mentre io vagavo nel mio passato e stava cercando di farmi ridere un po’,sapeva di aver toccato un tasto dolente.
“Dormi scema!”

 

Mi svegliai sulle note di “Feeling this” dei Blink,era il modo migliore per avere subito il sorriso stampato in faccia di prima mattina.
“Ma dico sei pazza?! Vuoi farmi prendere un infarto o cosa?!”,urlò Sara lanciandomi un cuscino,”tutto sto casino a tutto volume di prima mattina…io ti ammazzo!”
“Ma è la mia sveglia dal quinto ginnasio,sono i Blink”,dissi con aria innocente,ma lei continuava a guardarmi malissimo,quindi cercai una via di fuga “vabbè,vado in bagno”.
Dopo essermi fatta una lunga doccia,preparai la colazione e mi iniziai a vestire. Cercai di sistemare al meglio i miei capelli che solitamente erano mossi in modo abbastanza regolare,ma che quella mattina avevano deciso di fare i ribelli.
“Vuoi veramente andare al  tuo primo giorno di lavoro con la maglia dei Ramones?”,Sara si fermò davanti alla porta del bagno,ancora nervosa per il dolce risveglio.
“Dai,perché? È bella,mi piacciono le cuciture,poi mi lascia le spalle libere di respirare…fuori faranno 40 gradi…”
“fa un po’ come ti pare…”
Mi ricordai di prendere la lista della spesa e le chiavi della mia Mini,lasciai un bacio sulla guancia di Sara che si concentrava a spalmare la marmellata sulla fetta biscottata e uscii.

Trascorsi almeno 40 minuti a capire dove si trovava la “Pullof records” poi finalmente,dopo aver chiesto informazioni a varie persone,trovai l’edificio,parcheggiai e per poco non rischiai di schiantarmi contro la porta d’ingresso,ma quello rientrava del tutto nella mia goffaggine. Ero completamente nel panico e il risultato poteva essere solo uno,tantissime figuracce. “Salve,posso fare qualcosa per te?”,mi disse una ragazza che avrebbe dovuto avere più o meno la mia età,aveva un sorriso dolce e subito la presi in simpatia. “Ciao,sono Azzurra Cesari,sono qui per il posto del concorso…”
“Ah! Sei la ragazza che viene da Roma?”,sorrise ancora.
“Già…”,cercai ,ancora imbarazzata,di rispondere al suo sorriso.
“Dai vieni,ti porto dal signor Pinzi,ti aspettava…”
“…scusami,ma chi è il signor Pinzi?”
“Il direttore,no?”
Subito sgranai gli occhi,cercai di nascondere la mia ansia,ma continuavo a giocherellare nervosa con i miei capelli,come facevo da quando ero piccola nei momenti di tensione.
Entrai nell’ ufficio e vidi questo signore sulla cinquantina,dall’aspetto piuttosto giovanile. Mi fece entrare e sedere davanti a lui.
Mi salutò e iniziò a farmi alcune domande. Mi emozionai un po’ quando mi chiese se mi piaceva veramente la musica.
“Allora…il contratto che ti serve è quello universitario,giusto?”
“Beh,sì…”
“Perfetto,allora sarai qui dalle 17.00 fino alle 20.00, fatta eccezioni per i giorni in cui si deve girare,come domani…”
“…girare?”
“Sì,i video per i ragazzi…da oggi in poi sarai l’assistente di Jack,il nostro regista…pensi di potercela fare?”,mi sorrise.
“Beh,sì,sì…è solo che credevo di dovermi occupare di cose meno importanti…”
“…e perché? Hai fatto un concorso per entrare qui dentro…comunque Jack starà per arrivare,ti chiarirà tutto riguardo a domani e ai prossimi giorni. Quand’è che iniziano le lezioni all’università?”
“Io frequento la scuola di giornalismo…e i corsi dovrebbero iniziare a fine settembre…quindi non ho problemi a lavorare anche di mattina per questo periodo…”
“Perfetto. Vedrai Azzurra,ti troverai bene qui,ne sono sicuro. Per qualsiasi cosa,sai dove trovarmi”
“Grazie mille,lei è veramente molto gentile”.
Dopo qualche minuto arrivò Jack,un tipo che si potrebbe definire alquanto bizzarro,già dal suo abbigliamento. Beh,forse anche io quella mattina non ero da meno,visto che la prima cosa che mi disse fu che la mia maglia era assolutamente fantastica. Era un tipo simpaticissimo e a fatica riuscivo a vederlo nelle vesti del mio “futuro capo”,aveva una faccia veramente troppo buffa,per non parlare del modo di parlare. Non faceva altro che scherzare e fare battute e con me si divertiva parecchio,per quanto ero timida.
“Allora ci vediamo domani mattina alle 9.00 in questo posto qui…”,mi porse una mappa che indicava come arrivare nel posto in cui avremmo dovuto girare il video della band di cui non sapevo neanche il nome.
“Okay,va benissimo”,sorrisi.
“Ah,dimenticavo! Ci pensi tu ad avvisare i ragazzi della band,no? Senza di loro la vedo abbastanza complicata l’impresa”,e iniziò a ridere.
“C..certo…”,ecco,ero completamente nel panico,di nuovo.
Andai subito dalla ragazza che mi aveva accolta appena arrivata,si chiamava Giada.
Mi diede un fascicolo su questa band e mi portò nel mio ufficio. Era piccolino,ma era una cosa fantastica avere un ufficio tutto mio lì dentro. Iniziai a fissare ogni minimo oggetto,con la faccia piena di meraviglia. Era una stanza viola,con una grande finestra,una scrivania nera e ,cosa veramente grandiosa,un condizionatore.
Iniziai a sfogliare quel fascicolo,mentre bevevo il caffè che mi aveva portato Giada,era grandiosa quella ragazza e io credevo di vivere un sogno. Cercai dei video di quei ragazzi ,i “VH5”,su internet e iniziò a tornare il panico iniziale quando mi accorsi che l’unico contatto segnato su quei fogli era quello del cantante. Era un bel ragazzo,veramente un bel ragazzo e questo lo confermava anche il fatto che almeno un quarto dei commenti dei video erano indirizzati a lui. Che cosa infinitamente stupida però. È la loro musica quella che conta,non puoi commentare una canzone affiancando al nome del cantate infiniti cuoricini. Diego.
Il classico tipo capace di mettermi in soggezione,con quell’aria un po’ vintage e sicuramente,c’avrei scommesso,pieno di sé. Composi il numero e iniziarono gli squilli,poi rispose. Ero sicura che fosse lui,riconoscevo la voce delle canzoni appena ascoltate. Una bella voce,profonda e limpida,così naturale. Una bella voce,un bel ragazzo,ecco tornata la paura di sbagliare qualcosa nel parlare,sempre così andava a finire.
“Pronto?”
“Ciao,cioè salve…sono Diego e chiamo dalla Pullof Records,parlo con Azzurra?”
“ehm…devi aver…”
“No,no!Volevo dire,sono Azzurra e chiamo dalla Pullof Records,parlo con Diego Pinzi?”
Iniziò a ridere e io avrei voluto attaccare all’istante per la vergogna.
“Sì sono Diego,non Azzurra”,rise ancora “dimmi”. Bene,almeno mi concesse subito di dargli del tu.
“Sì,scusami. Volevo solo avvisarti che domani l’appuntamento è alle 9.00 e il posto è stato confermato.Okay?”
“ Certo. Grazie mille… Azzurra”,sì era sicuramente un ragazzo pieno di sé,il suo modo di parlare la diceva tutta.
“Prego. Arrivederci…”,tentai di darmi un tono e attaccai.
Ero diventata tutta rossa,continuavo a domandarmi come avevo potuto confondere il mio nome con il suo.
Salutai Giada e tornai a casa. Sara non c’era,mi preparai una tazza di latte freddo con dei cereali e iniziai ad ascoltare un po’ di musica dall’iPod. Questo era veramente solo l’inizio,pensai un po’ divertita pensando a quello che mi aspettava.

 

 

NOTE:

La prima citazione è una frase della canzone degli All Time Low,”Hello Brooklyn”,mentre la seconda è tratta dalla canzone “I wanna be free” dei Panic! At the Disco.

  
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