Capitolo Primo_ “Hello
Brooklyn”
“Hello
Hey LA,
take the streets all night,
‘cause we sleep all day…
When the world comes cr..”
“Pensi di averlo finito
il concertino,puoi scendere da questa macchina?”
“Sara! Mi hai
spaventata! Sì,adesso scendo…”
“…che poi quale
Brooklyn,stiamo a Milano ti ricordo. Dai forza,vieni a darmi una mano con
questi scatoloni.”
Finalmente eravamo
arrivate in questa città,dopo una cosa come sei ore di viaggio in macchina,per
non contare tutte le pause bagno che servivano a Sara.
Avevamo,o forse sarebbe
più onesto dire,avevo scelto di trasferirmi a Milano subito dopo la fine
dell’ultimo anno di liceo. Devo ammettere che non era stato per niente facile
prendere questa decisione,ma sono sempre stata del parere che le decisioni più
difficili possono portarti ad un successo maggiore ,oppure ad un fallimento
enorme. Mi ero concentrata solamente sulla prima opzione,questo perché volevo
diventare una ragazza indipendente,volevo essere capace di poter realizzare i
miei sogni con le mie forze. La spinta maggiore che mi aveva portato a prendere
questa scelta era stata lei,la mia grande passione:la musica. Lei c’era sempre
stata,c’era e ci sarebbe sempre stata per me,c’avrei messo la mano sul
fuoco,magari quella che ha il polso occupato dal tatuaggio di una piccola
chiave di sol. Così avevo caricato il mio cuore di tanto coraggio e
volontà,avevo chiuso la porta di casa a Roma,avevo salutato la mia famiglia ,
avevo aperto la portiera della mia auto e mi ero trasferita quassù. Volevo
diventare una giornalista per poter scrivere su una rivista di musica e avrei
voluto poter lavorare anche in radio,così mi ero iscritta in una scuola di
giornalismo molto famosa,che avrebbe dovuto indirizzarmi verso i miei
obiettivi. Volevo vivere di musica e volevo essere libera di poterlo fare a
questa età. Mmm,com’era quella canzone? Ah sì!
“I wanna be free, I wanna be loved, I wanna be more than you're thinking
of… Everything seems to be estranged when you're alone…”
Ho questo piccolo vizio
di associare ogni situazione o parola a qualche canzone,una cosa che
innervosisce parecchio la mia migliore amica,Sara. Di lei si potrebbero dire
tantissime cose,ma forse quelle principali sono che ama Roma e odia Milano. Ah
sì,mi adora,anche se non lo mostra spesso. Aveva deciso di venire con me in
questa città,seguendo qui i suoi corsi di filosofia all’università, perché non
voleva lasciarmi sola e perché ,parole sue,”voglio crescere e diventare donna
insieme a te”. Nonostante questo,sapevo già che avrebbe fatto di tutto per
farmi odiare questa città,ma non ci sarebbe riuscita,io adoravo Milano. Lei sa
tutto di me,o quasi,perché, come anche lei spesso mi rimprovera,sono una
ragazza molto introversa e tendo a tenermi dentro tutto il mio mondo di
pensieri. Ci somigliamo molto comunque,il suo soprannome non è di certo
“l’estroversa”. È fidanzata da quasi 3 anni con un ragazzo di Bologna,Giovanni,
e questo fatto è uno dei mezzi che avevo usato per convincerla a seguirmi lì.
“Zur! Zur! Corri!”
“…aspetta,tutte queste
scale”,dissi con il solito fiatone che avevo dopo appena dieci scalini,
“…e non chiamarmi
Zur,non lo sopporto!”
“Va bene AZZURRA”,mi
rispose con tono acido.
“Insomma,che volevi?”
Ero appena entrata nel nostro appartamento,non era grande,aveva una piccola
cucina,un bagno e un mini salotto occupato per un quarto da una scala e da un
ponteggio in legno che sorreggevano quella che sarebbe diventata la nostra
“stanza da letto”.Su una parete del salotto si apriva un’immensa finestra che
dava su un piccolo terrazzino nel bel mezzo del giardino condominiale.
“Quale letto scegli?”
“Sara,dobbiamo
scaricare le valigie e il resto,non mi sembra che sia il letto il nostro
problema ora…”
“Allora,io scelgo il
letto e la scrivania a sinistra”,mi aveva ignorata completamente.
“Non è giusto,c’è più
luce dalla tua parte!”
“Sì,ma ti lascio la
parete libera,così ci attacchi quello che ti pare..”
“va bene..”
Scaricammo la macchina
e iniziammo a sistemare le nostre cose nella casa nuova. Io mi occupai della
cucina e del salotto,Sara del resto. Questo lavoro impegnò gran parte del
pomeriggio e la sera eravamo distrutte.Mia madre mi chiamò e mi tenne per
un’ora al telefono con le sue solite raccomandazioni. Prima di andare a
dormire,presi dalla valigia il poster gigante della mia band preferita e lo
attaccai al centro della parete.
“A me mettono l’ansia
quei due che mi guardano in quel modo…”,disse indicando Brendon e Spencer dei
Panic! At the disco.
“Non ci pensare e
dormi. Anche perché domani mattina ci dobbiamo svegliare presto.”
Dovevamo andare entrambe
a lavoro.Sara aveva trovato un posto alle poste,io invece ero riuscita,dopo un
concorso,ad entrare in un ufficio di una piccola casa discografica. Ovviamente
non avrei fatto altro che portare caffè o sistemare fascicoli,ma ero comunque
così emozionata e agitata all’idea di lavorare in un posto simile.
“Ah Zur,volevo
chiederti una cosa…”
Feci una smorfia dopo
aver sentito il modo in cui mi aveva chiamata ancora una volta,ma avevo capito
che doveva chiedermi qualcosa di serio dal suo tono.
“Spara…”
“Hai detto a lui che ti
sei trasferita a Milano?”
“No. Ci ho pensato,ma
non ho trovato un buon motivo per farlo.”
“Bravissima,sono fiera
di te. Finalmente puoi ricominciare.”,disse soddisfatta.
“Sara,ci siam…mi ha
lasciata un anno fa”
“Lo so,ma almeno adesso
i chilometri che vi separano sono ancora di più e tu puoi buttarci una lastra
di cemento armato sopra.”
“Credimi,già l’ho
fatto. Buonanotte”
“Sogni d’oro Zur…”
Ogni volta parlare di
lui mi metteva sempre di cattivo umore e solamente pronunciare il suo nome mi
lasciava l’amaro in bocca. Luca,il ragazzo napoletano che avevo conosciuto in
vacanza due anni prima,quello della prima cotta,del primo bacio,del primo
innamoramento,quello che mi aveva lasciata senza spiegazioni,quello che mi
aveva fatto tanto male da farmi dimagrire non so quanto,quello che mi aveva
resa una ragazza piena di rabbia verso quello che tutti con un sorriso in
faccia chiamano amore.
Avevo messo in gioco me
stessa in quella relazione,c’erano
Basta. Non volevo
pensarci di nuovo. Quella sera,nel letto della nuova casa della mia “nuova vita”
non volevo pensare a quanto ero stata male,a quanto mi ero resa fragile per
colpa sua. Basta.
“Tanto tempo un mese e
ti ritrovi con qualche milanese matto come te”.
Sara non si era ancora
addormentata mentre io vagavo nel mio passato e stava cercando di farmi ridere
un po’,sapeva di aver toccato un tasto dolente.
“Dormi scema!”
Mi svegliai sulle note
di “Feeling this” dei Blink,era il modo migliore per avere subito il sorriso
stampato in faccia di prima mattina.
“Ma dico sei pazza?!
Vuoi farmi prendere un infarto o cosa?!”,urlò Sara lanciandomi un
cuscino,”tutto sto casino a tutto volume di prima mattina…io ti ammazzo!”
“Ma è la mia sveglia
dal quinto ginnasio,sono i Blink”,dissi con aria innocente,ma lei continuava a
guardarmi malissimo,quindi cercai una via di fuga “vabbè,vado in bagno”.
Dopo essermi fatta una
lunga doccia,preparai la colazione e mi iniziai a vestire. Cercai di sistemare
al meglio i miei capelli che solitamente erano mossi in modo abbastanza
regolare,ma che quella mattina avevano deciso di fare i ribelli.
“Vuoi veramente andare
al tuo primo giorno di lavoro con la
maglia dei Ramones?”,Sara si fermò davanti alla porta del bagno,ancora nervosa
per il dolce risveglio.
“Dai,perché? È bella,mi
piacciono le cuciture,poi mi lascia le spalle libere di respirare…fuori faranno
40 gradi…”
“fa un po’ come ti
pare…”
Mi ricordai di prendere
la lista della spesa e le chiavi della mia Mini,lasciai un bacio sulla guancia
di Sara che si concentrava a spalmare la marmellata sulla fetta biscottata e
uscii.
Trascorsi almeno 40
minuti a capire dove si trovava la “Pullof records” poi finalmente,dopo aver
chiesto informazioni a varie persone,trovai l’edificio,parcheggiai e per poco
non rischiai di schiantarmi contro la porta d’ingresso,ma quello rientrava del
tutto nella mia goffaggine. Ero completamente nel panico e il risultato poteva
essere solo uno,tantissime figuracce. “Salve,posso fare qualcosa per te?”,mi
disse una ragazza che avrebbe dovuto avere più o meno la mia età,aveva un
sorriso dolce e subito la presi in simpatia. “Ciao,sono Azzurra Cesari,sono qui
per il posto del concorso…”
“Ah! Sei la ragazza che
viene da Roma?”,sorrise ancora.
“Già…”,cercai ,ancora
imbarazzata,di rispondere al suo sorriso.
“Dai vieni,ti porto dal
signor Pinzi,ti aspettava…”
“…scusami,ma chi è il
signor Pinzi?”
“Il direttore,no?”
Subito sgranai gli
occhi,cercai di nascondere la mia ansia,ma continuavo a giocherellare nervosa
con i miei capelli,come facevo da quando ero piccola nei momenti di tensione.
Entrai nell’ ufficio e
vidi questo signore sulla cinquantina,dall’aspetto piuttosto giovanile. Mi fece
entrare e sedere davanti a lui.
Mi salutò e iniziò a
farmi alcune domande. Mi emozionai un po’ quando mi chiese se mi piaceva
veramente la musica.
“Allora…il contratto
che ti serve è quello universitario,giusto?”
“Beh,sì…”
“Perfetto,allora sarai
qui dalle 17.00 fino alle 20.00, fatta eccezioni per i giorni in cui si deve
girare,come domani…”
“…girare?”
“Sì,i video per i
ragazzi…da oggi in poi sarai l’assistente di Jack,il nostro regista…pensi di
potercela fare?”,mi sorrise.
“Beh,sì,sì…è solo che
credevo di dovermi occupare di cose meno importanti…”
“…e perché? Hai fatto
un concorso per entrare qui dentro…comunque Jack starà per arrivare,ti chiarirà
tutto riguardo a domani e ai prossimi giorni. Quand’è che iniziano le lezioni
all’università?”
“Io frequento la scuola
di giornalismo…e i corsi dovrebbero iniziare a fine settembre…quindi non ho
problemi a lavorare anche di mattina per questo periodo…”
“Perfetto. Vedrai
Azzurra,ti troverai bene qui,ne sono sicuro. Per qualsiasi cosa,sai dove
trovarmi”
“Grazie mille,lei è
veramente molto gentile”.
Dopo qualche minuto
arrivò Jack,un tipo che si potrebbe definire alquanto bizzarro,già dal suo
abbigliamento. Beh,forse anche io quella mattina non ero da meno,visto che la
prima cosa che mi disse fu che la mia maglia era assolutamente fantastica. Era
un tipo simpaticissimo e a fatica riuscivo a vederlo nelle vesti del mio
“futuro capo”,aveva una faccia veramente troppo buffa,per non parlare del modo
di parlare. Non faceva altro che scherzare e fare battute e con me si divertiva
parecchio,per quanto ero timida.
“Allora ci vediamo
domani mattina alle
“Okay,va
benissimo”,sorrisi.
“Ah,dimenticavo! Ci
pensi tu ad avvisare i ragazzi della band,no? Senza di loro la vedo abbastanza
complicata l’impresa”,e iniziò a ridere.
“C..certo…”,ecco,ero completamente
nel panico,di nuovo.
Andai subito dalla
ragazza che mi aveva accolta appena arrivata,si chiamava Giada.
Mi diede un fascicolo
su questa band e mi portò nel mio ufficio. Era piccolino,ma era una cosa
fantastica avere un ufficio tutto mio lì dentro. Iniziai a fissare ogni minimo
oggetto,con la faccia piena di meraviglia. Era una stanza viola,con una grande
finestra,una scrivania nera e ,cosa veramente grandiosa,un condizionatore.
Iniziai a sfogliare
quel fascicolo,mentre bevevo il caffè che mi aveva portato Giada,era grandiosa
quella ragazza e io credevo di vivere un sogno. Cercai dei video di quei
ragazzi ,i “VH5”,su internet e iniziò a tornare il panico iniziale quando mi
accorsi che l’unico contatto segnato su quei fogli era quello del cantante. Era
un bel ragazzo,veramente un bel ragazzo e questo lo confermava anche il fatto
che almeno un quarto dei commenti dei video erano indirizzati a lui. Che cosa
infinitamente stupida però. È la loro musica quella che conta,non puoi
commentare una canzone affiancando al nome del cantate infiniti cuoricini.
Diego.
Il classico tipo capace
di mettermi in soggezione,con quell’aria un po’ vintage e sicuramente,c’avrei
scommesso,pieno di sé. Composi il numero e iniziarono gli squilli,poi rispose.
Ero sicura che fosse lui,riconoscevo la voce delle canzoni appena ascoltate.
Una bella voce,profonda e limpida,così naturale. Una bella voce,un bel
ragazzo,ecco tornata la paura di sbagliare qualcosa nel parlare,sempre così
andava a finire.
“Pronto?”
“Ciao,cioè salve…sono Diego
e chiamo dalla Pullof Records,parlo con Azzurra?”
“ehm…devi aver…”
“No,no!Volevo dire,sono
Azzurra e chiamo dalla Pullof Records,parlo con Diego Pinzi?”
Iniziò a ridere e io
avrei voluto attaccare all’istante per la vergogna.
“Sì sono Diego,non
Azzurra”,rise ancora “dimmi”. Bene,almeno mi concesse subito di dargli del tu.
“Sì,scusami. Volevo
solo avvisarti che domani l’appuntamento è alle 9.00 e il posto è stato
confermato.Okay?”
“ Certo. Grazie mille…
Azzurra”,sì era sicuramente un ragazzo pieno di sé,il suo modo di parlare la
diceva tutta.
“Prego.
Arrivederci…”,tentai di darmi un tono e attaccai.
Ero diventata tutta
rossa,continuavo a domandarmi come avevo potuto confondere il mio nome con il
suo.
Salutai Giada e tornai
a casa. Sara non c’era,mi preparai una tazza di latte freddo con dei cereali e
iniziai ad ascoltare un po’ di musica dall’iPod. Questo era veramente solo
l’inizio,pensai un po’ divertita pensando a quello che mi aspettava.
NOTE:
La prima citazione è
una frase della canzone degli All Time Low,”Hello Brooklyn”,mentre la seconda è
tratta dalla canzone “I wanna be free” dei Panic! At the Disco.