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Autore: AlenaC    14/07/2011    1 recensioni
Un'altra delle mie storie :) buona lettura e recensite
grazie
AlenaC
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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BASTA FUGGIRE
 
I capelli mossi e biondi di Mattia si distinguevano a malapena in quella gelida notte di dicembre. Con la brama di gatti affamati in cerca di cibo strisciavamo silenziosi lungo la parete di un vecchio edificio. Le ombre si allungavano nette e spigolose, minacciose. Eravamo in quattro : Mattia, Filippo, Luca ed io. I quattro più esperti della compagnia, in questo genere di cose. Quattro incoscienti che non avevano nulla da perdere.
“Questo è un colpo grosso” sorrise malizioso Mattia.
“Anche il rischio è grosso” disse Filippo, forse il più giudizioso.
“Tirati indietro, se ti caghi sotto” dissi io sputando per terra. I codardi proprio non li sopportavo.
“Zitti !” ci ammonì Luca.
“è la seconda volta che tentiamo, ci sono tanti altri posti…” continuò Filippo.
“Taci ! Nessuno ti obbliga a restare !” gli ringhiai contro.
“è una vittoria unica ! Hai una vaga idea di quello che possiamo prendere ?” domandò Mattia.
“Si, se vinciamo…ma se perdiamo ? Qual è la posta ? La vita ?” chiese Filippo, sempre più convinto.
Sbiancammo tutti e quattro, meno Luca naturalmente, perennemente menefreghista e impassibile.
Da quelle parti sorvegliava la cricca di Massimo, le cui regole erano più ferree di chiunque altro. Erano in sei, i “poliziotti” del quartiere, e i nostri acerrimi nemici. Chi commetteva un errore doveva pagare. E naturalmente eravamo sempre noi, i delinquenti per eccellenza, costretti a scontare le pene. La delinquenza ci scorreva nel sangue. Era assurdo come punissero la violenza con una violenza ancora più feroce. Ma probabilmente, in quella sperduta cittadina, nulla aveva realmente un senso. Sapevamo che avevamo scelto un pessimo momento per agire. Era passato poco tempo dall’ultima volta che avevamo ucciso un uomo e poco prima tentato una rapina al supermercato principale della città ed entrambe le volte l’avevamo scampata per un pelo. Era una settimana che ci nascondevamo, sapevano che eravamo stati noi. Se questa volta ci beccavano, era la fine. In quell’edificio, vecchio e pericolante, viveva la donna ormai leggenda per i suoi capitali vinti giocando a poker.
“Ok allora, Filippo rimane di guardia qui fuori, Mattia a te assegno la difesa” disse Luca, il capo, consegnando a Mattia una piccola pistola.
“Alessio, tu vieni con me” mi disse.
Filippo si nascose dietro un cespuglio mentre Luca scassinava in un lampo la serratura, merito dell’esperienza.
“Troppo facile” disse con un sorriso beffardo mentre spingeva il portone di legno. L’ingresso era freddo ed enorme. Dalle lunghe e strette finestre penetrava una debole luce lunare che rendeva ogni cosa sinistra e spettrale. Mattia si appoggiò allo stipite del portone stringendo tra le mani la pistola.
“Alessio, di qua” mi disse. Mentre salivamo le lunghe scale di marmo che portavano al piano di sopra, ero totalmente a mio agio. Ormai quel genere di cose facevano parte della mia vita. Sapevamo già dov’era il denaro, sembrava tutto fin troppo facile, non c’era divertimento.
Arrivati al lungo corridoio Luca bisbigliò:
“Aspettami qua”
“Non rompere” dissi. E lo seguii.
La seconda porta a sinistra era spalancata. Sul letto si scorgeva il profilo della donna che dormiva. Ci avvicinammo alla credenza e aprimmo il cassetto facendo il minimo rumore possibile. Luca iniziò a trafficare al suo interno.
“Hai finito ?” domandai.
“Si, muoviti, usciamo di qua.
Al terzo gradino uno scoppio assordante ci fece sobbalzare. Ci lanciammo uno sguardo e ci precipitammo giù per le scale, mentre un urlo acuto si sentì al piano di sopra. La vecchia doveva essersi spaventata parecchio.
Al piano terra non c’era nessuno, e nemmeno fuori. L’urlo inconfondibile della cricca di Massimo arrivò fino a noi, insieme all’immancabile sorriso di sfida.
“Io li ammazzo quei cretini” dissi.
“Muoviamoci, quegli imbecilli staranno andando verso il magazzino per rifugiarsi, riveleranno il nostro nascondiglio”
“Ma come cazzo hanno fatto a farsi sentire ?”
“Zitto e corri” ringhiò Luca.
I piedi si muovevano veloci e instancabili mentre la città addormentata scorreva rapida davanti ai nostri occhi. Il magazzino era ancora lontano.
“Eih, scorciatoia” dissi infilandomi in un vicolo.
A breve il telaio sgangherato del nostro nascondiglio apparve rassicurante di fronte a noi. Ci infilammo dentro. Era buio pesto, e c’era un insolito silenzio. Il cuore iniziò a battere più veloce. I profili dei vecchi macchinari arrugginiti avevano un che di inquietante.
“Luca ?” chiamai.
Non rispose nessuno.
Una mano mi afferrò per il colletto e mi trascino dietro un muro, un’altra mano mi coprì la bocca impedendomi di urlare.
“Non fare casino sono io” disse Mattia.
“Che avete combinato ? “ gli gridai contro.
“Zitto vuoi farti sentire ?”
“è inutile, saranno qui tra breve” la voce di Luca era come sempre priva di espressione.
“Quel cretino ci teneva a far sentire com’era efficace quella cazzo di pistola” disse Filippo sprezzante.
“Imbecille” sbottai.
Mattia ci ignorò entrambi.
Sentimmo la macchina di Massimo sgommare di fianco all’edificio.
“Usciamo dal retro”
Rapidità, era quello il nostro segreto.
“No aspettate, dividiamoci. Alessio e Mattia da quella parte. Filippo, tu seguimi” ordinò Luca con tono autorevole. Io e Mattia uscimmo dal punto indicato. Ci allontanammo il più possibile raggiungendo la casetta in mezzo ai campi che costeggiavano la città. Era quello il punto di ritrovo accordato prima dell’inizio della missione. Imprevisti come quello erano scontati. Attendemmo Luca e Filippo. Ma non si facevano vivi. Cercavo di non darlo a vedere, ma il cuore non smetteva di battere così veloce, e le mani mi sudavano. Non sapevo spiegarmelo, ma avevo uno strano presentimento.
La figura lunga e sottile di Luca apparve all’improvviso.
“Veloci, sono vicini” ordinò
“Dov’è Filippo ?” chiesi.
Nessuna risposta. Corremmo veloci tagliando per i campi, finchè non raggiungemmo la città.
“Dove stiamo andando ?” domandò Mattia.
“Al fiume” disse Luca.
Nessuno fece obiezioni. Aveva una strana luce negli occhi. Lo conoscevo da troppo tempo, per non accorgermene. Il presentimento aumentò.
“Luca…dov’è Filippo ?”
“Morto…sul colpo…uno degli uomini di Massimo” rispose lui, impassibile, senza voltarsi. Scese il silenzio. Solo lo scalpiccio dei piedi sull’asfalto, in fuga. Era così la mia vita, dura e crudele. Le lacrime non erano ammesse.
Raggiungemmo il fiume. Un nastro nero come il petrolio.
“Sotto il ponte, veloci. Setacceranno tutta la città, questo è l’unico posto dove forse abbiamo qualche possibilità di salvarci. Alessio, devi andare ad avvertire il resto del gruppo, sarà uno dei primi posti dove andranno, ora che hanno perso le nostre tracce. Vai”
L’asfalto scorreva sotto di me nero e veloce. Evitavo le luci dei lampioni, per non essere visto. Il resto del gruppo era nascosto in una casupola vicino alla ferrovia. Tagliai per un prato incolto. Per un attimo temetti di essermi perso, nel buio, ma poi la luce giallastra del lampione che illuminava la ferrovia apparve davanti a me. Sentii la campana che avvertiva dell’arrivo del treno. Il solito senso di sfida scoccò dentro di me e accelerai il passo. Il treno si avvicinava. La sua luce diventava sempre più accecante, per i miei occhi abituati al buio. Veloce, veloce, veloce. Quaranta metri, venti, dieci, cinque… Filippo… Saltai.
Atterrai sull’erba morbida mentre il vento mosso dal treno mi scompigliava i riccioli scuri. Come sempre, ero sfuggito al pericolo per un pelo. Il pericolo era il mio migliore amico. Mentre correvo per raggiungere il gruppo pensavo ai soldi rubati. Mi dispiacque, un pochino. Ma il senso di colpa scomparve subito, e scomparve anche tutto il resto dei miei pensieri, quella notte. La nuova sfida era raggiungere il gruppo in tempo. Nient’altro aveva importanza.
  
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